Calcoli necessari
Oggi Gesรน sembra voler assottigliare le fila delle โmolte folle che andavano con luiโ (Lc 14,25). Le parole che rivolge loro presentano con forza e durezza cosa comporti il seguire Lui. Non chiunque puรฒ essere โsuo discepoloโ.
Ma solo chi si confronta con il suo volto rivolto verso Gerusalemme. ร interessante infatti il particolare che annota Luca per introdurre le parole di Gesรน del vangelo di oggi: โEgli voltatosi disse loroโฆโ. Mentre si segue Gesรน รจ necessario tenere vivo il confronto โfaccia a facciaโ con il suo volto perchรฉ la direzione che egli sta imprimendo al suo cammino รจ chiara: egli ha indurito il suo volto prendendo la ferma decisione di andare a Gerusalemme (cfr. Lc 9,51). Se questa รจ la forza della scelta del Maestro, il suo discepolo non potrร avere minore decisione, nรฉ altra direzione. Certo in questo modo molti della folla potranno ritirarsi. Ma la sequela รจ impresa sostenuta non tanto dalla forza del numero, o dalla buona volontร della nostra decisione, ma dalla radicalitร dellโaffidamento continuo a Colui che si segue.
Davanti alle esigenze che Gesรน pone, sembra quasi di vedere unโaltra scena biblica dove Dio chiama Gedeone ad affrontare il suo nemico non tanto appoggiandosi sulla propria forza, ma confidando in Dio che consegna nelle sue mani lโaccampamento nemico. Per questo Dio non permette che Gedeone scenda in battaglia con un esercito troppo numeroso, ma lo riduce fino a trecento uomini. In questo modo sarร chiaro che lโesito della battaglia sarร dono di Dio che opera nella debolezza di Gedeone (cfr. Gdc 7,2-22).
Allo stesso modo nel vangelo di oggi Gesรน pone condizioni tali a chi lo segue da far emergere la relazione con Lui come unica ragione, forza e meta dellโandare. Solo la scoperta di Lui come unico amore e come unico tesoro della vita fa di noi suoi discepoli (โSe uno viene a me e non mi ama piรน di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non puรฒ essere mio discepolo. (โฆ)chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non puรฒ essere mio discepoloโ).
Quanta forza in quellโaggettivo possessivo (โnon puรฒ essere mio discepoloโ) per il quale ogni amore diventa relativo e ogni bene diventa irrisorio!
Nella seconda condizione che Gesรน pone al suo discepolo, troviamo la chiave per comprendere perchรฉ Gesรน chieda di essere lโunico amore e lโunico bene del discepolo: โColui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non puรฒ essere mio discepoloโ. โPortare la croceโ e โandare dietroโ a Lui imprime al nostro modo di amare e di possedere un tratto particolare: infatti Gesรน non sta chiedendo di non amare il โpadre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e la propria vitaโ (anche se qui รจ addirittura usato il verbo โodiareโ); e non sta neppure dicendo che il discepolo non deve possedere nulla.
Ma sta dicendo che รจ โsuoโ discepolo solo chi ama padre, madre, moglie, figli, fratelli, sorelle e la propria vita nellโorizzonte del morire a se stessi e solo chi vive il rapporto con ogni cosa nel medesimo orizzonte dellโavere โcome se non possedesseโ (cfr. 1Cor 7,30). Allora saremo suoi discepoli solo se Lui e la sua Pasqua (โportare la croceโ) diventano la misura delle relazioni con la nostra famiglia, con la nostra vita e con tutte le cose.
La grandezza della chiamata ad essere suoi discepoli esige quindi una serietร nel calcolare se siamo in grado di perseverare per portare a termine lโimpresa iniziata della sequela! Questo non significa che per iniziare ad essere suoi discepoli occorre avere la certezza matematica che ce la faremo a seguirlo fino alla fine (chi aspetta questa โgaranziaโ non parte mai!). Si tratta di un calcolo da fare per valutare se abbiamo โi mezziโ per โcompletare lโoperaโ e per โvincereโ la battaglia della sequela!
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Di quale calcolo si tratta?
Mi sembra che le due piccole parabole (che solo Luca narra a questo punto del discorso) facciano allusione allโunico mezzo che dobbiamo avere per finire il lavoro di costruzione e affrontare le grandi opposizioni che incontreremo lungo il cammino: la fede in Colui che ci ha chiamati a costruire e a combattere per edificare la nostra vita in pienezza!
La prima parabola parla della โcostruzione di una torreโ, un lavoro che inizia con il gettare le fondamenta ma che chiede โmezziโ precisi per essere โportato a termineโ. In questo lavoro noi non siamo solo costruttori, ma in quanto โedificio di Dioโ (1Cor 3,9-16) che cresce sul fondamento di Cristo Gesรน, โveniamo edificati per diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spiritoโ (Ef 2,22). Dio รจ il sapiente costruttore che vuole edificare la nostra umanitร compiuta secondo il Suo disegno originario. E noi useremo i mezzi a nostra disposizione per lasciarci costruire fino alla fine? Cioรจ saremo tanto docili allโazione dello Spirito perchรฉ Lui possa portare a compimento lโopera delle sue mani (cfr. Sal 137,8)?
La seconda parabola parla non tanto di una guerra da vincere, ma della possibilitร di affrontare in modo appropriato il nemico che ci viene incontro con forze ingenti. La vita del discepolo รจ sempre una lotta dove siamo minacciati da forze che si oppongono a noi. Solo lโaffidamento a Colui che seguiamo ci farร scoprire che siamo fin dโora โpiรน che vincitoriโ (cfr. Rm 8,37) in Lui. Rimanendo attaccati a Lui, sperimenteremo che รจ Lui a combattere, fronteggiare lโavversario e vincere in noi (cfr. 1Tm 4,10).
La vita del discepolo quindi รจ vita in stato permanente di affidamento a Gesรน, tenendo sempre in mano gli attrezzi per costruire e la spada per combattere. Come facevano gli israeliti che ricostruivano le mura di Gerusalemme con la spada in mano per difenderle dal nemico che voleva abbatterle durante la notte (cfr. Ne 4,1-17 in particolare i vv. 10-12).
Se questa sarร la misura e la forza della nostra fede, nulla ci sarร impossibile!
Commento a cura delle Clarisse di S. Gata Feltrie
