In questa 24.ma Domenica del Tempo ordinario la liturgia ci presenta il passo del Vangelo in cui Gesù, criticato da scribi e farisei perché sta in mezzo ai peccatori, racconta tre parabole sulla misericordia, tra cui quella del figlio prodigo. In questo racconto il padre si rivolge al figlio maggiore arrabbiato per l’accoglienza riservata al figlio minore dopo che ha sperperato metà dell’eredità:
“Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”.
Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del carmelitano, padre Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:
I farisei e gli scribi si guardavano bene dal sedersi a tavola con gente di dubbia onestà. Gesù va con tutti, senza pregiudizi. Ma sa che sotto sotto i capi lo criticano, e allora spiega le sue scelte con tre parabole, due brevi sulla pecorella smarrita e la dramma perduta, e una molto ampia, chiamata di solito del “figlio prodigo”, ma sarebbe meglio dire del “padre magnanimo”. La conosciamo bene, e sappiamo anche che finisce con una litigata fra il figlio maggiore arrabbiato e il padre che cerca di farlo ragionare e riconciliare col fratello minore, che se n’era andato, sciupando tutto, ma ora è tornato. Gesù si comporta come il pastore, come la donna di casa, come il padre che ha perso il figlio: cioè non perde di vista nessuno, e ce la mette tutta per recuperare tutti. La festa che esplode e che coinvolge vicini e amici, non è segno di superficialità, ma frutto di misericordia che largamente perdona. Dio ha un cuore tenero, non ci cerca per castigarci, ma per far festa. Perché a volte siamo così duri con chi sbaglia? Perché vorremmo che Dio punisse e non accogliesse? La misericordia è balsamo di vita, la durezza e la condanna rischiano di avvelenare la vita.
Fonte: RadioVaticana