Padre Fernando Armellini, biblista Dehoniano, commenta il Vangelo di domenica 28 Aprile 2019.
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Difficile credere, anche per chi ha visto
โBeati gli occhi che vedono quello che voi vedeteโ โ ha detto un giorno Gesรน (Lc 10,23). I discepoli che hanno accompagnato il Maestro durante tutta la vita pubblica sono chiamati da Luca testimoni degli avvenimenti successi tra noi (Lc 1,1-2). Eโ innegabile, sono beati perchรฉ hanno visto. Fra di loro cโรจ anche Tommaso.
Eppure questโesperienza รจ stata solo la prima tappa di un cammino impegnativo, quello che li doveva portare alla fede.
Tanti che come loro hanno visto non sono giunti a credere, basti pensare ai โguaiโ pronunciati da Gesรน contro le cittร del lago che hanno assistito ai segni da lui compiuti e non si sono convertite (Lc 10,13-15). Il vedere รจ causa di beatitudine, ma non รจ sufficiente.
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Dopo la Pasqua, il Signore โ che non puรฒ piรน essere visto da occhi materiali โ proclama unโaltra beatitudine: โBeati coloro che non hanno visto, eppure hanno credutoโ. Sono beati se, mediante lโascolto, giungono alla stessa meta, la fede. A costoro Pietro rivolge parole commoventi: โSenza averlo visto, voi lo amate; sebbene non lo vediate ora, credete in lui e godete di gioia ineffabile e sublimeโ (1 Pt 1,8).
Eโ la gioia assicurata a chi si fida della Parola, non quella degli uomini, ma quella di Cristo, contenuta nelle Scritture e consegnata alla chiesa dagli apostoli โ come ci ricorda Giovanni nella conclusione del suo Vangelo.
Per interiorizzare il messaggio, ripeteremo:
โBeati noi che, pur non avendo visto, crediamoโ.
Prima Lettura (At 5,12-16)
12 Molti miracoli e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli apostoli. Tutti erano soliti stare insieme nel portico di Salomone; 13 degli altri, nessuno osava associarsi a loro, ma il popolo li esaltava. 14 Intanto andava aumentando il numero degli uomini e delle donne che credevano nel Signore 15 fino al punto che portavano gli ammalati nelle piazze, ponendoli su lettucci e giacigli, perchรฉ, quando Pietro passava, anche solo la sua ombra coprisse qualcuno di loro. 16 Anche la folla delle cittร vicine a Gerusalemme accorreva, portando malati e persone tormentate da spiriti immondi e tutti venivano guariti.
La lettura descrive la vita della prima comunitร cristiana di Gerusalemme. Vediamone le caratteristiche perchรฉ esse dovrebbero essere riprodotte nelle nostre comunitร di oggi.
Era anzitutto una comunitร unita: โErano soliti stare insiemeโ (v.12).
La fede cristiana non puรฒ essere vissuta in solitudine, nellโisolamento dagli altri. Il cristiano non รจ uno che se la intende direttamente e da solo con Dio. La chiesa non รจ il luogo dove ogni singolo fedele va a prendere ciรฒ di cui ha bisogno per salvare la propria anima. I cristiani costituiscono una famiglia, sono solidali gli uni con gli altri e, in qualche modo, si sentono responsabili di tutto ciรฒ che accade ai loro fratelli.
Oggi, anche noi ci raduniamo per pregare, come facevano i primi cristiani di Gerusalemme. Durante la celebrazione ci stringiamo la mano, ci sorridiamo, uniamo le nostre voci per lodare il Signore, preghiamo gli uni per gli altri. Eโ bello, รจ un segno di ciรฒ che dovremmo essere sempre, non solo dentro la chiesa, ma anche fuori.
La seconda caratteristica dei primi cristiani: erano persone stimate. โIl popolo li esaltavaโ (v.13). La vita di coloro che avevano abbracciato la fede suscitava interesse ed ammirazione perchรฉ era radicalmente diversa da quella degli altri uomini. Non agivano per ostentare la propria integritร e superioritร morale. Anche per questo chi li osservava non era irritato, disturbato da questa vita singolare, ma invogliato a imitarla.
La terza caratteristica รจ la forte attrattiva che la comunitร primitiva esercitava su tutti: โAndava aumentando il numero degli uomini e delle donne che credevano nel Signoreโ (v.14).
Che cosa spingeva tante persone a divenire discepole di Cristo? Lo chiarisce la seconda parte della lettura (vv.15-16): โLa follaโฆ accorreva portando malati e persone tormentate da spiriti immondi e tutti venivano guaritiโ. Si noti che non si tratta di prodigi curiosi e strani; sono ben diversi da quelli attribuiti agli stregoni, ai fattucchieri, ai maghi di oggi. I gesti compiuti dagli apostoli sono gli stessi che ha compiuto Gesรน, sono le opere in favore dellโuomo: la cura dei malati, la salvezza di chi รจ oppresso dal male o vive in uno stato di infelicitร . Questa รจ la prova che Gesรน รจ vivo ed ha comunicato ai discepoli la sua stessa forza risanatrice.
Seconda Lettura (Ap 1,9-11a.12-13.17-19)
9 Io, Giovanni, vostro fratello e vostro compagno nella tribolazione, nel regno e nella costanza in Gesรน, mi trovavo nellโisola chiamata Patmos a causa della parola di Dio e della testimonianza resa a Gesรน.
10 Rapito in estasi, nel giorno del Signore, udii dietro di me una voce potente, come di tromba, che diceva: 11 Quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette Chiese.
12 Ora, come mi voltai per vedere chi fosse colui che mi parlava, vidi sette candelabri dโoro 13 e in mezzo ai candelabri cโera uno simile a figlio di uomo, con un abito lungo fino ai piedi e cinto al petto con una fascia dโoro.
17 Appena lo vidi, caddi ai suoi piedi come morto. Ma egli, posando su di me la destra, mi disse: Non temere! Io sono il Primo e lโUltimo 18 e il Vivente. Io ero morto, ma ora vivo per sempre e ho potere sopra la morte e sopra gli inferi. 19 Scrivi dunque le cose che hai visto, quelle che sono e quelle che accadranno dopo.
La lettura ci presenta la visione con cui si apre il libro dellโApocalisse. Lโautore โ che si identifica come Giovanni โ dice di trovarsi a Patmos, unโisola del mare Egeo. Eโ stato deportato lร a causa della sua fede in Cristo, probabilmente a causa del suo rifiuto di rendere culto allโimperatore.
I tempi sono difficili. Siamo negli anni in cui a Roma regna Domiziano, un megalomane che ha riempito lโimpero delle sue statue, che sullโesempio di Giulio Cesare e di Augusto ha dato il suo nome a un mese dellโanno e ha chiamato Domizio il mese di ottobre in cui รจ nato, che ha fatto erigere ovunque templi in suo onore, che ha stabilito che ogni circolare emanata in suo nome cominci con le parole: โDomiziano, il nostro signore e il nostro dio ordina cheโฆโ.
Questa pretesa dellโimperatore di essere adorato come un dio suscita conflitti di coscienza nei cristiani dellโAsia Minore; molti di loro rifiutano e per questo vanno incontro ad angherie e soprusi. Per incoraggiarli a rimanere saldi nella fede, lโautore dellโApocalisse scrive la sua visione e utilizza delle immagini che, per essere capite, hanno bisogno di una spiegazione.
Giovanni vede un figlio dโuomo in mezzo a sette candelabri; ha una veste bianca che gli arriva fino ai piedi ed รจ cinto con una fascia dโoro (vv.12-13).
Il figlio dellโuomo รจ il Signore risorto. La veste lunga โ che era la divisa dei sacerdoti del tempio โ indica che Gesรน ora รจ lโunico sacerdote. La fascia dโoro ai fianchi era il simbolo della regalitร . Gesรน, dunque, รจ indicato come lโunico re. I sette candelabri rappresentano lโinsieme delle comunitร cristiane (il numero sette indica la totalitร ). Va ricordato anche che, in Oriente, durante le cerimonie in onore dellโimperatore, si era soliti prostrarsi davanti ad una sua immagine, collocata in mezzo a dei candelabri.
Il senso di questa scena grandiosa รจ il seguente: il Signore risorto, non lโimperatore, sta al centro dellโadorazione di tutte le comunitร cristiane. Eโ lui il re che le guida e le governa con la sua parola; รจ lui il sacerdote che, donando la propria vita, offre lโunico sacrificio gradito a Dio.
Lโautore dellโApocalisse rivolge a tutte le comunitร cristiane lโinvito a fare una verifica e a chiedersi chi collocano al centro dei loro incontri nel giorno del Signore: รจ il Risorto e la sua Parola o sono altre persone e altre parole? Vuole che si chiedano a chi rendono culto, a quale re obbediscono: a Cristo o al potente di turno?
Vangelo (Gv 20,19-31)
19 La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesรน, si fermรฒ in mezzo a loro e disse: โPace a voi!โ. 20 Detto questo, mostrรฒ loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
21 Gesรน disse loro di nuovo: โPace a voi! Come il Padre ha mandato me, anchโio mando voiโ. 22 Dopo aver detto questo, alitรฒ su di loro e disse: โRicevete lo Spirito Santo; 23 a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessiโ.
24 Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dรฌdimo, non era con loro quando venne Gesรน. 25 Gli dissero allora gli altri discepoli: โAbbiamo visto il Signore!โ. Ma egli disse loro: โSe non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederรฒโ.
26 Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e cโera con loro anche Tommaso. Venne Gesรน, a porte chiuse, si fermรฒ in mezzo a loro e disse: โPace a voi!โ. 27 Poi disse a Tommaso: โMetti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere piรน incredulo ma credente!โ. 28 Rispose Tommaso: โMio Signore e mio Dio!โ. 29 Gesรน gli disse: โPerchรฉ mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!โ.
30 Molti altri segni fece Gesรน in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. 31 Questi sono stati scritti, perchรฉ crediate che Gesรน รจ il Cristo, il Figlio di Dio e perchรฉ, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
Il brano di oggi รจ diviso in due parti che corrispondono alle apparizioni del Risorto. Nella prima (vv.l9-23) Gesรน comunica ai discepoli il suo Spirito e con esso dร loro il potere di vincere le forze del male. Eโ lo stesso brano che ritroveremo e commenteremo a Pentecoste. Nella seconda (vv.24-31) รจ raccontato il famoso episodio di Tommaso.
Il dubbio di questo apostolo รจ diventato proverbiale. A chi manifesta qualche diffidenza si รจ soliti dire: โSei incredulo come Tommaso!โ. Eppure, a ben vedere, non pare abbia fatto nulla di male: chiedeva solo di vedere ciรฒ che gli altri avevano visto. Perchรฉ pretendere solo da lui una fede basata sulla parola?
Ma davvero Tommaso รจ stato lโunico ad avere dubbi, mentre gli altri discepoli sarebbero arrivati in modo facile e immediato a credere nel Risorto? Non pare proprio che le cose siano andate cosรฌ.
Nel Vangelo di Marco si dice che Gesรน apparve agli undici โe li rimproverรฒ per la loro incredulitร e durezza di cuore, perchรฉ non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risuscitatoโ (Mc 16,14). Nel Vangelo di Luca il Risorto si rivolge agli apostoli stupiti e spaventati e chiede: โPerchรฉ siete turbati e perchรฉ sorgono dubbi nel vostro cuore?โ (Lc 24,38). Nellโultima pagina del Vangelo di Matteo si dice addirittura che quando Gesรน apparve ai discepoli su un monte della Galilea (quindi molto tempo dopo le apparizioni a Gerusalemme) alcuni ancora dubitavano (Mt 28,17).
Tutti dunque hanno dubitato, non soltanto il povero Tommaso! Come mai allora lโevangelista Giovanni sembra voler concentrare su di lui i dubbi che invece hanno attanagliato anche gli altri? Vediamo di capire.
Quando Giovanni scrive (verso lโanno 95 d.C.) Tommaso รจ morto da tempo, dunque, lโepisodio non รจ certo riferito per mettere in cattiva luce questo apostolo. Se vengono posti in risalto i problemi di fede che ha avuto, la ragione รจ unโaltra: lโevangelista vuole rispondere agli interrogativi ed alle obiezioni che i cristiani delle sue comunitร sollevano con crescente insistenza. Si tratta di cristiani della terza generazione, di persone che non hanno visto il Signore Gesรน. Molti di loro non hanno nemmeno conosciuto qualcuno degli apostoli. Fanno fatica a credere, si dibattono in mezzo a tanti dubbi, vorrebbero vedere, toccare, verificare se il Signore รจ veramente risorto. Si chiedono: quali sono le ragioni che ci possono indurre a credere? Eโ ancora possibile per noi fare lโesperienza del Risorto? Ci sono delle prove che egli รจ vivo? Come mai non appare piรน? Sono le domande che anche noi oggi ci poniamo.
Ad esse, Marco, Luca e Matteo rispondono dicendo che tutti gli apostoli hanno avuto esitazioni. Non sono arrivati nรฉ subito nรฉ con facilitร a credere nel Risorto. Anche per loro il cammino della fede รจ stato lungo e faticoso, malgrado Gesรน abbia dato tanti segni che era vivo, che era entrato nella gloria del Padre.
La risposta di Giovanni รจ diversa. Egli prende Tommaso come simbolo della difficoltร che ogni discepolo incontra per arrivare a credere nella risurrezione di Gesรน. Difficile sapere la ragione per cui ha scelto proprio questo apostolo. Forse perchรฉ ha avuto piรน difficoltร o ha impiegato piรน tempo degli altri ad avere fede.
Ciรฒ che Giovanni vuole insegnare ai cristiani delle sue comunitร (e a noi) รจ questo: il Risorto possiede una vita che sfugge ai nostri sensi, una vita che non puรฒ essere toccata con le mani nรฉ vista con gli occhi. Puรฒ solo essere raggiunta mediante la fede. Questo vale anche per gli apostoli che pure hanno fatto unโesperienza unica del Risorto.
Non si puรฒ aver fede in ciรฒ che si รจ visto. Non si possono avere dimostrazioni, prove scientifiche della risurrezione. Se qualcuno pretende di vedere, constatare, toccare deve rinunciare alla fede.
Noi diciamo: โBeati coloro che hanno vistoโ. Per Gesรน invece beati sono coloro che non hanno visto. Non perchรฉ a loro costa di piรน credere e quindi hanno meriti maggiori. Sono beati perchรฉ la loro fede รจ piรน genuina, piรน pura, anzi, รจ lโunica fede pura. Chi vede ha la certezza dellโevidenza, possiede la prova inconfutabile di un fatto.
Tommaso compare altre due volte nel Vangelo di Giovanni e non fa mai โ diremmo noi โ una gran bella figura. Ha sempre difficoltร a capire, equivoca, fraintende le parole e le scelte del Signore.
Interviene una prima volta quando, ricevuta la notizia della morte di Lazzaro, Gesรน decide di andare in Giudea. Tommaso pensa che seguire il Maestro significhi perdere la vita. Non comprende che Gesรน รจ il Signore della vita e, sconsolato e deluso, esclama: โAndiamo anche noi a morire con luiโ (Gv 11,16).
Durante lโultima cena Gesรน parla della via che egli sta percorrendo, una via che passa attraverso la morte per introdurre nella vita. Tommaso interviene di nuovo: โSignore non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?โ (Gv 14,5). Eโ pieno di perplessitร , di esitazioni e di dubbi, non riesce ad accettare ciรฒ che non capisce. Lo dimostra una terza volta nellโepisodio narrato nel brano di oggi.
Sembra quasi che Giovanni si diverta a tratteggiare in questo modo la figura di Tommaso. Ma alla fine gli rende giustizia: mette sulla sua bocca la piรน alta, la piรน sublime delle professioni di fede. Nelle sue parole รจ riflessa la conclusione dellโitinerario di fede dei discepoli.
Allโinizio del Vangelo, i primi due apostoli si rivolgono a Gesรน chiamandolo Rabbรฌ (Gv 1,38). ร il primo passo verso la comprensione dellโidentitร del Maestro. Non passa molto tempo e Andrea che ha giร capito molto di piรน dice a suo fratello Simone: โAbbiamo trovato il Messiaโ (Gv 1,41). Natanaele intuisce subito con chi ha a che fare e dichiara a Gesรน: โTu sei il Figlio di Dioโ (Gv 1,49). I samaritani lo riconoscono come il salvatore del mondo (Gv 4,43), la gente come il profeta (Gv 6,14), il cieco nato lo proclama Signore (Gv 9,38), Pilato re dei Giudei (Gv 19,19). Ma รจ Tommaso a dire lโultima parola sullโidentitร di Gesรน, lo chiama: Mio Signore e mio Dio. Unโespressione che la Bibbia riferisce a YHWH (Sal 35,23). Tommaso รจ dunque il primo a riconoscere la divinitร di Cristo, il primo che arriva a capire cosa intendeva dire Gesรน quando affermava: โIo e il Padre siamo unoโ (Gv 10,30).
La conclusione del brano (vv.30-31) presenta la ragione per cui Giovanni ha scritto il suo libro: ha raccontato dei โsegniโ โ non tutti, ma quelli sufficienti โ per due ragioni: per suscitare o confermare la fede in Cristo e perchรฉ, attraverso questa fede, si giunga alla vita.
Il quarto evangelista chiama i miracoli segni. Gesรน non li ha compiuti per impressionare coloro che vi assistevano, anzi ha avuto parole di condanna nei confronti di chi non credeva se non vedeva prodigi (Gv 4,48) e Giovanni non li racconta per stupire i suoi lettori, per โdimostrareโ il potere divino che Gesรน possedeva.
I segni non sono prove, ma rivelazioni sulla persona di Gesรน, sulla sua natura e sulla sua missione. Arriva a credere in modo solido e duraturo chi, dal fatto materiale, si eleva alla realtร che esso indica. Non comprende il segno chi nella distribuzione dei pani non coglie che Gesรน รจ il pane della vita, o nella guarigione del cieco nato non riconosce che Gesรน รจ la luce del mondo, o nella rianimazione di Lazzaro non vede in Gesรน il Signore della vita.
Nellโepilogo del suo Vangelo, Giovanni usa la parola segni in senso ampio: intende tutta la rivelazione della persona di Gesรน, i suoi gesti di misericordia (le guarigioni, la moltiplicazione dei pani) e le sue parole (Gv 12,37). Chi legge il suo libro e comprende questi segni si trova davanti, nitida, la persona di Gesรน ed รจ invitato a fare una scelta. Sceglierร la vita chi riconoscerร in lui il Signore e gli darร la sua adesione.
Eccola lโunica prova che รจ offerta a chi cerca ragioni per credere: lo stesso Vangelo. Lรฌ risuona la parola di Cristo, lรฌ rifulge la sua persona. Non ci sono altre prove allโinfuori di questa stessa Parola.
Per capire, รจ utile richiamare quanto Gesรน dice nella parabola del buon Pastore: โLe mie pecore riconoscono la mia voceโ (Gv 10,4-5.27). Non occorrono apparizioni! Nel Vangelo risuona la voce del Pastore e, per le pecore che gli appartengono, il suono della sua voce basta per farlo riconoscere e per attirare a lui.
Ma dove si puรฒ ascoltare questa voce? Dove risuona questa parola? ร possibile ripetere oggi lโesperienza che gli apostoli hanno fatto nel giorno di Pasqua e โotto giorni dopoโ? Come?
Avremo sicuramente notato che ambedue le apparizioni avvengono di domenica. Avremo notato anche che coloro che fanno lโesperienza del Risorto sono gli stessi (โฆuno piรน, uno meno), che il Signore si presenta con le stesse parole: โLa pace sia con voiโ e che in ambedue gli incontri Gesรน mostra i segni della sua passione. Ci sarebbero altri particolari, ma bastano questi quattro per aiutarci a rispondere alle domande che ci siamo appena posti.
I discepoli si trovano riuniti in casa. Lโincontro al quale Giovanni allude รจ chiaramente quello che avviene nel giorno del Signore, quello in cui, ogni otto giorni, tutta la comunitร viene convocata per la celebrazione dellโeucaristia. Quando tutti i credenti sono riuniti, ecco comparire il Risorto. Egli, per bocca del celebrante, saluta i discepoli e augura, come nella sera di Pasqua e โotto giorni dopoโ: La pace sia con voi.
In quel momento Gesรน si manifesta vivo ai discepoli.
Chi, come Tommaso, diserta gli incontri della comunitร , non puรฒ fare lโesperienza del Risorto (vv.24-25), non puรฒ udire il suo saluto e la sua Parola, non puรฒ accogliere la sua pace e il suo perdono (vv.19.26.23), sperimentare la sua gioia (v.20), ricevere il suo Spirito (v.22). Chi nel giorno del Signore rimane in casa, fossโanche per pregare da solo, puรฒ sรฌ fare lโesperienza di Dio, ma non quella del Risorto, perchรฉ questi si rende presente lร dove la comunitร รจ radunata.
E chi non incontra il Risorto che fa? Come Tommaso avrร bisogno di prove per credere, ma di prove non ne otterrร mai.
Contrariamente a quanto si vede raffigurato nei quadri degli artisti, nemmeno Tommaso ha messo le mani nelle ferite del Signore. Dal testo non risulta che egli abbia toccato il Risorto. Anchโegli รจ giunto a pronunciare la sua professione di fede dopo aver ascoltato la voce del Risorto, assieme ai fratelli della comunitร . E la possibilitร di fare questa esperienza รจ offerta ai cristiani di tutti i tempiโฆ ogni otto giorni.
