Prolusione del Card. Gualtiero Bassetti, Presidente della CEI – Mediterraneo frontiera di pace

1896

Cari e venerati fratelli,

care e cari esperti e membri del comitato scientifico,

Vorrei rivolgere un saluto particolare al Presidente del Consiglio, Mario Draghi, che oggi รจ qui insieme a noi nella giornata inaugurale di questo secondo incontro su Mediterraneo frontiera di pace. Lo ringrazio calorosamente della sua presenza e soprattutto dello sforzo che quotidianamente rivolge allโ€™azione di Governo per lโ€™Italia, in un periodo cosรฌ difficile a causa della pandemia e della complessa opera di rilancio del Paese. Augurandomi che questโ€™azione sia sempre indirizzata verso il conseguimento del Bene comune, sono felice che il Presidente del Consiglio condivida con noi i motivi ideali che hanno animato questโ€™Incontro di dialogo e spiritualitร .

Cari Confratelli, eccoci di nuovo insieme!

Come รจ bello darvi il benvenuto a Firenze, culla dellโ€™umanesimo, la cittร  che Giorgio La Pira ha posto a servizio della pace del mondo e dellโ€™unitร  della Chiesa, e in particolare in questo antico convento domenicano dove fu celebrato il Concilio di unione. Sono trascorsi solo due anni dal nostro primo incontro di Bari: anni caratterizzati dalla pandemia e dalle conseguenti crisi economiche e sociali, sofferte soprattutto dai poveri. Ad un virus che corre a tutte le latitudini, indifferente ai confini, รจ stato difficile dare una risposta unitaria e globale. La pandemia ha accresciuto le divisioni sociali e ha funzionato come evidenziatore e moltiplicatore dei problemi. Naturalmente, non si sono moltiplicate solo le divisioni e le crisi, ma sono aumentate anche le espressioni di solidarietร  e di amicizia. Esse fanno meno rumore, spesso sono invisibili. Ma non per questo sono meno importanti. Anzi, sono il cuore pulsante della nostra speranza: perchรฉ bisogna capire โ€“ come diceva don Tonino Bello โ€“ che ยซla speranza รจ parente stretta del realismo. รˆ la tensione di chi, incamminandosi su una strada, ne ha giร  percorso un tratto e orienta i suoi passi, con amore e trepidazione, verso il traguardo non ancora raggiuntoยป.

Abbiamo avviato un processo

Fra i segni di speranza, cari amici e care amiche, cโ€™รจ anche il nostro ritrovarsi qui, oggi. A Bari, infatti, ci siamo incamminati su una strada, come diceva don Tonino Bello, ma non abbiamo ancora raggiunto il traguardo. Abbiamo solo avviato un processo. Papa Francesco, nel discorso che tenne nel 2020 nella Basilica di San Nicola, sintetizzรฒ con parole stupende il significato profondo di questo nostro cammino che abbiamo appena iniziato:

Ecco lโ€™opera che il Signore vi affida per questa amata area del Mediterraneo: ricostruire i legami che sono stati interrotti, rialzare le cittร  distrutte dalla violenza, far fiorire un giardino laddove oggi ci sono terreni riarsi, infondere speranza a chi lโ€™ha perduta ed esortare chi รจ chiuso in sรฉ stesso a non temere il fratello.

Queste parole devono essere scolpite nei nostri cuori perchรฉ rappresentano il fulcro della nostra missione. Ciรฒ che abbiamo avviato due anni fa a Bari รจ, infatti, unโ€™autentica missione di contemplazione e azione, come avrebbe detto Giorgio La Pira, che non deve essere blindata con progetti preconfezionati, perchรฉ il discernimento collegiale necessita di libertร  e di fraternitร . E ciรฒ รจ tanto piรน vero quanto piรน alta e profonda รจ la portata della nostra sfida. Una sfida che vorrei riassumere cosรฌ: restituire alle nostre Chiese e alle nostre societร  il respiro mediterraneo; riscoprire lโ€™anima autentica che ci accomuna da secoli; promuovere la ricostruzione di un luogo di dialogo e di pace.

Quello che abbiamo avviato รจ, dunque, un processo. Che non sappiamo come proseguirร  e neanche quando finirร . Non bisogna sentirsi padroni dei processi in cui si partecipa, occorre, invece, essere audaci nel cogliere i sentieri che il Signore ci schiude davanti. Oggi, ci troviamo allโ€™interno di un cammino straordinario: Sindaci e Vescovi del Mediterraneo riuniti a Firenze per riflettere sul ruolo delle nostre cittร  e delle nostre Chiese nella costruzione di un Mediterraneo della solidarietร , capace di superare le sue crisi e i suoi drammi. รˆ davvero significativo che, nel rispetto della distinzione delle competenze e dei ruoli, che richiede assemblee autonome, il lavoro dei Vescovi e dei Sindaci del Mediterraneo culmini in un momento comune e fraterno con papa Francesco, a Palazzo Vecchio, nel salone del Consiglio deโ€™ Cinquecento, voluto da Girolamo Savonarola per dare una struttura politica ai principii del discernimento collegiale e dellโ€™esercizio collegiale dellโ€™autoritร , nella cittร  in cui fu proclamata la regalitร  di Cristo contro lโ€™uso dispotico e senza limiti del potere.

Dalla fionda alla cooperazione

Venerati fratelli, lโ€™attuale sistema internazionale non sembra aiutare la crescita e lo sviluppo integrale dei popoli del Mediterraneo. La cornice geopolitica nei quali essi sono inseriti influenza notevolmente la loro vita interna, lo sviluppo economico e non sempre favorisce il rispetto dei diritti umani. Sono ormai molte le crisi che coinvolgono il Mediterraneo: penso, per esempio, ad alcune aree dei Balcani, del Medio Oriente, del Maghreb e, per ultimo, al Mar Nero che รจ storicamente, culturalmente, politicamente e anche spiritualmente parte integrante del Mediterraneo.

- Pubblicitร  -

Carissimi, qualcuno di voi, come me, ha subรฌto nella sua infanzia lโ€™ultimo conflitto mondiale; tutti abbiamo vissuto lโ€™incubo della guerra fredda e abbiamo davanti agli occhi le scene festose dellโ€™abbattimento del muro di Berlino. Ma cosa รจ successo dopo? Giร  a partire dal 1991, con la prima guerra del Golfo che san Giovanni Paolo II condannรฒ โ€“ inascoltato โ€“ con tutta la sua forza, siamo entrati progressivamente in un contesto di disordine internazionale in cui le ferite dei popoli si sono moltiplicate. In tante parti della nostra area mediterranea, intere generazioni sono nate e cresciute nella violenza, con cicatrici visibili per molti decenni a venire. Purtroppo, al crollo del comunismo non รจ prevalso un periodo di pace e di armonia sociale. Al contrario, sono aumentate le contraddizioni e i conflitti regionali in molte zone del pianeta. Anche la globalizzazione culturale che ha esportato nel mondo uno stile di vita occidentale spesso non ha prodotto consenso tra le popolazioni e non ha neanche generato una ricchezza diffusa.

Quale bilancio possiamo trarre a distanza di circa 30 anni dalla fine della guerra fredda? Le nuove democrazie, purtroppo, sono molto fragili e alcune di quelle che si ritenevano mature sono entrate in crisi; la diseguaglianza sociale รจ cresciuta intensificando il malessere nelle nostre societร ; i flussi migratori sono aumentati, depauperando i paesi di origine e generando marginalitร  e violenza in quelli di transito e destinazione. Il prezzo maggiore di questa difficile situazione viene pagato drammaticamente dalle popolazioni inermi, troppo spesso in ostaggio di guerre e tensioni che non sembrano avere una via di uscita.

Con grande umiltร  dobbiamo allora domandarci: il fatto di abitare nello stesso spazio mediterraneo e attingere alle medesime risorse deve generare necessariamente competizione e violenza? No, cari amici e amiche, non รจ una necessitร : รจ vero il contrario. Lโ€™accresciuta interdipendenza dei popoli se ben guidata รจ, infatti, una grande opportunitร  di crescita dellโ€™umanitร . Come comunitร  cristiane abbiamo il dovere morale e il compito missionario di favorire e promuovere, con fede e coraggio, nuovi equilibri internazionali basati, prima di tutto, sulla difesa e la valorizzazione della persona umana, oltre che su una solidarietร  fattiva e concreta.

Tuttavia, non bisogna farsi ingenue illusioni. Mi tornano in mente, a questo proposito, i versi di un grande poeta del Mediterraneo, Salvatore Quasimodo:

Sei ancora quello della pietra e della fionda, uomo del mio tempo

Cari amici e cari Confratelli, prendendo spunto da questi versi, dobbiamo porci altri interrogativi che investono sia la nostra azione pastorale, che quella dei capi di Stato: รจ realistico pensare che la ยซpietra e la fiondaยป possano essere ancora il metodo utilizzato per regolare la vita sul nostro pianeta, dopo che da circa 70 anni lโ€™umanitร  intera รจ posta sotto la spada di Damocle di una potenziale ecatombe nucleare? E ancora: รจ razionale pensare che le grandi sfide della pace e dellโ€™integrazione siano gestite soltanto dagli Stati e non si sente il bisogno, invece, di ascoltare il grido di amore e caritร  espresso dalle diverse comunitร  religiose? E infine: al di lร  degli egoismi e degli individualismi presenti nelle nostre societร , non cโ€™รจ un desiderio di caritร , pace e giustizia nel respiro profondo dei nostri popoli?

Ecco, cari amici, che torna il realismo di Giorgio La Pira: la guerra รจ impossibile nellโ€™era atomica, occorre trovare altre soluzioni per dirimere le questioni che dividono i popoli: non cโ€™รจ alternativa al negoziato globale. Anche il Covid-19 ci ha messi davanti alla necessitร  di passare dal paradigma del piรน forte a quello cooperativo e della solidarietร . Dobbiamo dirlo con chiarezza ai nostri popoli e ai leader dei nostri popoli: la prossima pandemia ci troverร  ancora impreparati se non garantiremo una sanitร  equa e giusta per tutte le persone della terra. Non รจ utopia, questa, ma una stridente necessitร ; come non pensare che per una sanitร  universale basterebbe una cifra molto inferiore a quanto costa la sciagurata corsa al riarmo?

Prendersi cura della persona umana ferita rappresenta da sempre un segno distintivo della caritร  cristiana. ยซLโ€™antica storia del Samaritano โ€“ ha detto Paolo VI nellโ€™allocuzione finale del Vaticano II โ€“ รจ stata il paradigma della spiritualitร  del Concilioยป. Ieri come oggi, la difesa e la promozione della dignitร  umana rappresentano la bussola del nostro agire sociale. Non casualmente, quando La Pira si ritrovรฒ a vivere la realtร  delle leggi razziali in Italia, nel 1938, non solo decise di opporvisi come dovere di testimonianza evangelica, ma attinse dal patrimonio antropologico della tradizione cristiana i ยซprincipiiยป della ยซsolidarietร  organicaยป del genere umano e della ยซreciproca attrazione e integrazione fra gli uominiยป.

Questi ยซprincipiiยป orientano la storia umana piรน profondamente dellโ€™istinto di sopraffazione e come pastori siamo quotidianamente e innumerevoli volte testimoni della forza della fraternitร  fra gli uomini: essa รจ il germe del Regno di Dio. Non รจ realistico, รจ ยซantistoricoยป direbbe La Pira, non considerare lโ€™importanza universale della fratellanza. La storia, anzi, va riletta alla luce di questa realtร , per trovarvi le tracce del percorso che unisce gli uomini in un cammino piรน profondo dei sentieri di prevaricazione che li dividono.

La fratellanza umana, sottolinea il Documento di Abu Dhabi, firmato da Francesco e dal Grande Imam di Al-Azhar, รจ frutto infatti della fede che ยซporta il credente a vedere nellโ€™altro un fratello da sostenere e da amareยป. Dal riconoscimento di questo ยซvalore trascendenteยป, il credente รจ infatti chiamato a salvaguardare ยซil creato e tutto lโ€™universo, sostenendo ogni persona, specialmente le piรน bisognose e povereยป. Il Papa, inoltre, ha ribadito nellโ€™enciclica Fratelli tutti questa ยซaspirazione mondiale alla fraternitร  e allโ€™amicizia socialeยป sostenendo che questo ยซsognoยป non si deve limitare ยซalle paroleยป ma necessita una ยซconcretaยป attuazione da parte di tutti gli uomini e le donne ยซdi buona volontร ยป.

Personalmente, ho cercato di dare forma alle parole del pontefice, prima di tutto, con questo secondo Incontro sul Mediterraneo e, poi, riflettendo sulla storia recente per vedere se vi trovavo anche le tracce di una coscienza pubblica della fraternitร . A me pare di scorgere queste tracce, lo dico senza pretesa di fare un discorso completo, nei processi avviati a Helsinki negli anni 1973-75 (ricordo lโ€™impegno del cardinale Casaroli) e a Barcellona nel 1995. Si tratta di processi molto ambiziosi che configurano la costruzione della duplice e intersecata ยซcasa comuneยป europea e mediterranea. Una casa comune europea e una casa comune mediterranea che รจ quella che qui noi rappresentiamo. I processi culturali, sociali e spirituali che costruiscono queste due ยซcaseยป sono correlati: si sostengono o si paralizzano vicendevolmente.

Se tutti i popoli europei non trovano garanzia di sicurezza nella loro cooperazione, fatalmente trasferiranno nel resto del Mediterraneo le loro tensioni; dallโ€™altra parte, finchรฉ i popoli mediterranei non troveranno nella loro cooperazione garanzia di sicurezza, i nodi irrisolti della loro convivenza peseranno sugli equilibri mondiali. Per questi motivi, occorre animare nei nostri popoli la persuasione che il solo principio di potenza non รจ in grado di garantire sicurezza; occorre mostrare loro che negli ultimi 30 anni, il ricorso alla forza non ha risolto alcuna crisi, ma รจ la causa principale delle loro sofferenze; occorre dir loro, infine, che edificare una casa comune mediterranea significa costruire, sulle orme della visione lapiriana, una ยซgrande tenda di paceยป dove ยซpossano convivere nel rispetto reciproco โ€“ ha detto Francesco โ€“ i diversi figli del comune padre Abramoยป.

Cari amici, mai come oggi risuona alle nostre orecchie la lezione di La Pira sul ruolo delle cittร  nel mondo per raggiungere la pace mondiale. In questo momento, infatti, mentre soffiano inquietanti venti di guerra dallโ€™Ucraina, gli Stati non sembrano avere la forza, a fronte dellโ€™eventuale buona volontร  dei loro leader, di superare il meccanismo strutturato dai rapporti di forza. I nostri popoli, le nostre cittร  e le nostre comunitร  religiose, invece, possono svolgere un ruolo straordinario: possono spingerli verso un orizzonte di pace e di fraternitร . Ecco unโ€™altra intuizione potente dellโ€™ex sindaco di Firenze che, a partire da domani, rivivrร  in Palazzo Vecchio: le cittร  bombardate e saccheggiate gridano anche oggi che non vogliono piรน sopportare e accettare le guerre degli Stati.

Le cittร , infatti, essendo a rischio di distruzione, detengono uno ius ad pacem in nome del loro intrinseco diritto ad esistere. Per questo motivo, al di lร  delle divisioni geopolitiche degli Stati cui appartengono, esse possono collaborare allโ€™unitร  del mondo e cooperare insieme. Le cittร , pertanto, rivendicano giustamente un ruolo internazionale, ma potranno partecipare efficacemente al dibattito pubblico, soltanto se sapranno crescere come nuove realtร , al tempo stesso sociali e spirituali. In queste nuove realtร , tutte le persone umane potranno sviluppare pienamente la loro vocazione e dar vita a una civiltร  che, usando le parole di La Pira, potremo definire come la civiltร  del ยซpane e della graziaยป. Il ยซsindaco santoยป, infatti, si prefiggeva di costruire ยซuna societร  nuovaยป nella quale ยซa tutte le creature umaneยป fosse ยซassicurato il lavoro, la casa, il paneยป e tutto quanto era essenziale per ยซuna modesta ma dignitosa vitaยป. Questa ยซsocietร  nuovaยป esigeva, perรฒ, che le sue fondamenta fossero ยซsaldamente poggiate sullโ€™Evangeloยป e soprattutto ยซradicate nella grazia di Cristoยป.

Cari fratelli, care amiche e cari amici, รจ grande, nelle cittร , la missione delle comunitร  cristiane, per quanto piccole esse possano essere!

La missione delle Chiese mediterranee

Le nostre Chiese mediterranee possono offrire energia spirituale e saggezza millenaria al contesto odierno del Mediterraneo. Questa la persuasione che deve animare i lavori di questi giorni. Senza alcuna pretesa di esaustivitร , voglio soffermarmi su alcune dinamiche delle Chiese mediterranee e della loro comunione che costituiscono un dono per tutti gli uomini e le donne del ยซgrande lago di Tiberiadeยป.

La prima dinamica รจ ciรฒ che fa nascere la Chiesa: la testimonianza della Resurrezione di Cristo. La nostra fede in Gesรน Risorto, alimentata dalle nostre diverse tradizioni liturgiche, dallโ€™ascolto della Parola, dalla vita fraterna, dallโ€™amicizia, non deve rimanere al nostro interno. Essere testimoni della resurrezione di Cristo, cosa ben diversa dal proselitismo, significa risplendere della speranza che la nostra vita e quella del nostro prossimo sono pensate e custodite fin dallโ€™eternitร  e per lโ€™eternitร  da un Dio che รจ Amore. Questa certezza, ricevuta nei vasi di creta che noi siamo, ci immette e ci mantiene in una dinamica di liberazione da ogni preoccupazione terrena: dallโ€™istinto di dominio, dalla logica della fionda e della pietra. Ecco perchรฉ la testimonianza dei tanti martiri dei nostri tempi, martiri miti, nonviolenti, รจ cosรฌ preziosa!

La resurrezione di Cristo ci costituisce come uomini miti che abitano ed ereditano la terra, le nostre comunitร  sono chiamate continuamente ad abbeverarsi alla beatitudine della mitezza e trasformare cosรฌ la nonviolenza in prassi politica! Trasformare, come dice Isaia, le armi in aratri! Lโ€™identitร  del cristiano non รจ ciรฒ che lo divide dallโ€™altro, lโ€™autentica identitร  cristiana รจ il Cristo vivente che unisce la famiglia umana. Diceva La Pira: ยซSe Cristo รจ risorto

โ€“ come รจ veramente risorto โ€“ รจ la cittร  di Dio, trionfante in Cristo, รจ la cittร  permanente e finale dellโ€™uomo: รจ la cittร  di approdo dellโ€™esistenza umana: la Gerusalemme della pace, della gioia, della bellezza eterna: la cittร  dei glorificati, ove gli uomini, a Dio per sempre uniti, sosterranno per sempre, felici (Ibi vocabimus et videbimus, videbimus et amabimus, amabimus et laudabimus, come dice Santโ€™Agostino al termine della Cittร  di Dio)ยป.

La seconda dinamica โ€“ lo dicevo giร  a Bari โ€“ nasce dalla ricezione sempre piรน profonda del Concilio Vaticano II: la nostra comunione โ€“ altra persuasione fondamentale del professor La Pira โ€“ รจ il germe fecondo dellโ€™unitร  del genere umano: ne deriva che lโ€™ecumenismo, il dialogo interreligioso, il dialogo con chi non professa alcuna religione, la collaborazione per la costruzione della pace, della giustizia, per la lotta alle nefaste conseguenze del cambiamento climatico non sono solo relazioni con gli altri, ma alimentano la nostra comprensione del mistero della Salvezza e lo rendono dicibile agli uomini del nostro tempo.

Sembra un paradosso ma non lo รจ; ne facciamo esperienza come pastori ogni giorno: piรน siamo capaci di ascolto di coloro che non condividono la nostra fede, piรน il nostro sguardo si fa capace di scorgere la presenza di Dio nella vita degli altri, nella loro ricerca di senso e di gioia per la vita, nella loro sete di giustizia e di pace. Piรน il nostro sguardo si fa chiaro e piรน riusciamo a trovare le parole, i silenzi, i gesti per rendere ragione della speranza che รจ in noi.

Cari fratelli, anche chi di noi vive nei contesti secolarizzati sta lentamente cominciando ad apprendere che la via del Vangelo รจ la via dellโ€™ascolto, della curiositร , della gratitudine per i cammini di vita che il Signore suscita anche fuori dai recinti delle nostre strutture ecclesiali, tanto preziose quanto difficili da rinnovare!

La terza dinamica รจ il primato della contemplazione che puรฒ essere da noi, tra lโ€™altro, affermato con la valorizzazione della rete che le monache del Mediterraneo, proprio per accompagnarci e sostenerci, hanno avviato. Ci accompagnano non solo con la loro preghiera e il loro affetto, ma anche con la loro acuta intelligenza spirituale della realtร  che nasce dal loro essere incardinate nei vari contesti e cittร  mediterranei. Invito a leggere il secondo opuscolo che raccoglie le loro riflessioni e chiedo che sia inserito fra i documenti ufficiali del nostro incontro. Per La Pira i monasteri erano avamposti del Vangelo e della Chiesa, ยซcentrali nucleariยป di preghiera alternative ai missili. Oggi lo sono ancora di piรน, non solo nelle ยซterre di missioneยป ma anche nella vecchia Europa. Sono tanti i monasteri โ€“ maschili e femminili โ€“ che senza far rumore si sono fatti laboratori di accoglienza delle diversitร  e hanno attivato nuove esperienze di studio, preghiera, liturgia, lettura condivisa della Scrittura, autentici centri di intelligenza della fede nel mondo caratterizzato dal pluralismo religioso e dalla secolarizzazione.

I nostri giovani, non solo in Europa, vivono questo paradosso: respirano molteplici tradizioni religiose e al tempo stesso sono immersi nella cultura materialista del consumo e dellโ€™individualismo. Il primato della contemplazione e la cura dellโ€™interioritร  sono ciรฒ che permette loro di accedere alla ricerca del senso della vita, in maniera libera e non bulimica e superando i due rischi opposti, ma ugualmente devastanti, del ยซconsumo non impegnativo dellโ€™offerta religiosaยป e dellโ€™identitarismo, che riguarda โ€“ non facciamoci illusioni โ€“ anche i giovani cattolici, che divengono cosรฌ, anche loro, facilmente strumentalizzabili. Io vedo il coordinamento dei giovani del Mediterraneo, che vorrei nascesse come coordinamento ecumenico e interreligioso, organicamente connesso anche alla vita monastica mediterranea.

La quarta dinamica รจ quindi lโ€™intelligenza della fede. Raccogliamo lโ€™invito fatto da papa Francesco a Napoli e adoperiamoci perchรฉ le nostre Chiese, insieme, producano una teologia del Mediterraneo, una teologia non astratta ma contestuale. รˆ un debito che abbiamo nei confronti della Chiesa universale perchรฉ le nostre Chiese sono depositarie della ricchezza millenaria di tradizioni liturgiche, spirituali, patristiche, bibliche e teologiche (le antiche e piรน recenti scuole di Antiochia, Alessandria, Roma, Costantinopoli, Edessa, Kiev, Neamt, Mosca, per citarne solo alcune). Le tradizioni greche, siriache, latina, copta, slave sono nate e convergono nel Mediterraneo e il paradigma ecumenico fa sรฌ che esse non ci dividano piรน, ma ci uniscano e arricchiscano reciprocamente. Anche a fronte delle rigiditร  che si erigono attorno alle questioni divisive, cโ€™รจ un dibattito teologico ricchissimo di cui il Mediterraneo รจ il naturale luogo di raccolta e di elaborazione e la naturale cassa di risonanza.

Un tesoro di arte, liturgia, teologia che deve respirare nella casa comune mediterranea per affrontare in profonditร  le sfide dellโ€™evangelizzazione, dellโ€™unitร  della Chiesa e anche delle attese della povera gente del nostro mediterraneo perchรฉ una testimonianza coerente del Vangelo รจ necessariamente prassi di liberazione dallโ€™oppressione della miseria, della violenza, della guerra, del fondamentalismo. I nostri fratelli schiacciati dalle guerre, dalla fame, dal cambiamento climatico, alcuni dei quali muoiono di freddo ai confini di Europa o annegano nel Mediterraneo, sono i primi e privilegiati destinatari dellโ€™annuncio evangelico.

Parlando di ricchezze delle tradizioni teologiche mediterranee non possiamo non esprimere la commozione nel prendere coscienza che รจ dal Concilio di Firenze che un numero cosรฌ cospicuo di vescovi non si riunisce in questo storico convento. Certo dobbiamo assumere con realismo e fede il fatto che la ricezione teologica ed ecclesiologica del Concilio di unione, a Mosca e a Costantinopoli รจ stata un fallimento, tanto che il Concilio di Firenze ancora oggi ci divide dai nostri fratelli e non ci unisce. Non possiamo fare finta di nulla: uno sguardo condiviso ecumenicamente sui diversi aspetti ecclesiologici del Concilio di Firenze, รจ difficile ed arduo costruirlo. Perรฒ cโ€™รจ un aspetto del Concilio fiorentino che ci unisce ed รจ lโ€™umanesimo, che questa culla fiorentina ha fatto crescere proprio grazie alla presenza dei padri e dei loro seguiti in cittร . Noi cristiani siamo ancora divisi, ma possiamo e dobbiamo offrire al mondo una visione condivisa dellโ€™uomo nella sua integralitร  e nella sua integrazione in un creato che ha bisogno della sua cura e della sua custodia.

La quinta dinamica รจ quella dello specifico apporto mediterraneo al processo sinodale della Chiesa universale. Esso ancora manca al percorso sinodale della Chiesa, ma darebbe tanta concretezza e anche tanto coraggio di accettare โ€“ allโ€™interno della comunione cattolica โ€“ la diversitร  delle prospettive teologiche e degli approcci pastorali. Lasciatemi confidare che alla soglia degli 80 anni mi riempie di entusiasmo e di gratitudine la prospettiva di un sinodo Mediterraneo di cui lโ€™arcivescovo Jean-Marc di Marsiglia ha parlato al Papa e scritto pubblicamente.

Cari e venerati fratelli, un nostro caro amico, David Sassoli, parlando proprio in questa cittร  come Presidente del Parlamento europeo, ha detto:

Per La Pira, il comune riferimento delle religioni monoteiste ad Abramo poteva costituire il polo magnetico attorno al quale costruire questi nuovi rapporti Euro- mediterranei. Quanta attualitร  cโ€™รจ in questa visione, in un momento di forti contrasti nellโ€™area del Mediterraneo. E quanta idea politica contiene la spinta ad una ricomposizione dei conflitti presenti, in un quadrante geografico che rappresenta per noi il nostro spazio vitale. Ma accanto a questo si dovevano anche intensificare gli scambi commerciali e il modello che proponeva era, ancora una volta, quello della cittร : anzi della nostra cittร . E la Firenze di La Pira non era solo un laboratorio teorico, ma il luogo in cui si stava combattendo il diritto alla casa per tutti, al lavoro per tutti, alla scuola e allโ€™ospedale per tutti.

Colgo queste parole come la consegna di un mandato Politico, con la P maiuscola, che appartiene alle nostre cittร , ma anche direttamente a noi vescovi e alle nostre Chiese. Voglio cosรฌ ricordare questo uomo buono, intelligente e capace, che รจ stato fra i primi grandi politici del Mediterraneo a cogliere lโ€™importanza del nostro cammino di vescovi mediterranei tanto da aver voluto essere con noi a Bari. Maria santissima patrona di questo convento e per volontร  dei suoi cittadini, Regina di Firenze, ci aiuti a leggere sempre piรน in profonditร  la realtร  in cui viviamo alla luce di Cristo risorto.

Firenze, 23 febbraio 2022