Cari confratelli e โ permettetemi โ soprattutto cari amici,
sono ormai molti anni, dal 1994, che partecipo ai lavori della Conferenza Episcopale Italiana. Vi sento amici: per la conoscenza lunga e profonda, la comunione vissuta in momenti di fraternitร , la condivisione di responsabilitร e la discussione franca dei problemi della Chiesa italiana e del mondo. Desidero esprimere la mia piรน profonda gratitudine al Santo Padre per la fiducia e la premura che ha riposto nella mia persona affidandomi questo incarico. Un pensiero particolare lo rivolgo, inoltre, al Cardinale Angelo Bagnasco, per due mandati presidente della CEI. Lo ringrazio di cuore, a nome di tutti, per il suo servizio, la fedeltร al Papa e alla Chiesa, e lโattenzione dedicata ad ognuno di noi.
Pensando al territorio di cui siamo espressione, sento il dovere di esprimere una parola di profonda riconoscenza ai nostri parroci: sono costruttori di comunitร , strumenti della tenerezza di Dio, presbiteri che si spendono e si ritrovano nella caritร pastorale. Accanto a loro, mi รจ impossibile non accennare ai religiosi: uomini e donne che, nella varietร dei loro carismi, ci restituiscono il primato dellโamicizia con il Signore, la profezia della fraternitร e la feconditร delle opere.
Un ringraziamento doveroso, infine, in questa sede anche agli operatori della comunicazione, che ci consentono di arrivare nelle case della gente, con una parola che vuol essere di sostegno e speranza.
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Lโincarico che mi รจ stato affidato mi pesa sulle spalle, anche per lโetร . Mi consolano le parole che mons. Enrico Bartoletti scrisse nel suo Diario, lโ11 agosto 1972, quando gli fu comunicato il suo nuovo compito in CEI. Cosรฌ scrisse: ยซIn manus tuas, Domine! Signore, accetta il mio umile sacrificio e dammi la grazia di cercare solo teยป. Con gioia e commozione cerco di far mie queste parole con lโassoluta convinzione che senza lโaiuto di Dio non potrei far nulla. Sento una grande responsabilitร che si addolcisce nella consapevolezza di servire la Chiesa italiana.
Cari confratelli, รจ mia intenzione aprire il Consiglio Permanente rivolgendo un pensiero a quelle persone che ora sono nella sofferenza e nel lutto. Vorrei testimoniare la piรน sincera vicinanza a tutte quelle donne che in Italia, pressochรฉ quotidianamente, sono vittime di una violenza cieca e brutale. Un pensiero affettuoso va, anche, a tutte le popolazioni italiane ferite dal terremoto, da Ischia allโItalia centrale; ai cittadini di Livorno, colpiti da una tragica alluvione; e al Messico dove un terribile terremoto ha tolto la vita a centinaia di persone.
Un cambiamento dโepoca
Parlando a Firenze al Convegno ecclesiale nazionale, Papa Francesco ha detto che ยซoggi non viviamo unโepoca di cambiamento quanto un cambiamento dโepocaยป. Questo รจ uno snodo decisivo: il punto di partenza per la riflessione e lโimpegno.
Quasi nulla รจ piรน come prima. Dobbiamo assumere la piena consapevolezza che stiamo vivendo in un mondo profondamente cambiato, in unโItalia molto diversa rispetto al passato e con una Chiesa sempre piรน globale. In questa nuova realtร , sorgono nuove sfide e nuove domande a cui bisogna fornire, senza paura e con coraggio, delle risposte altrettanto nuove.
Oggi viviamo in una societร tecnologica e secolarizzata. Una societร , afferma Papa Francesco, che corre un ยซgrande rischioยป: quello di essere caratterizzata da ยซuna tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolataยป (Evangelii Gaudium 2). Lโuomo moderno รจ troppo spesso un uomo spaesato, confuso e smarrito. Un uomo ferito non solo perchรฉ ha perso il ยซsenso del peccatoยป, ma perchรฉ ยซcerca salvezza dove si puรฒยป. E cosรฌ si aggrappa a tutto e a chiunque sia in grado di fornire un significato alla vita.
Questa umanitร ferita, inoltre, abita un mondo dove รจ ormai emersa una nuova questione sociale che investe la sfera economica e quella antropologica, la dimensione culturale e quella politica, i cui riflessi si fanno sentire profondamente anche in ambito religioso. Basti pensare allโintroduzione della robotica nellโindustria, alle applicazioni biomediche sul corpo umano, allโimpatto ambientale delle grandi cittร , alle nuove forme di comunicazione e agli sviluppi dellโintelligenza artificiale. Questa nuova questione sociale รจ caratterizzata da almeno tre fattori: lo sviluppo pervasivo di un nuovo potere tecnico, come aveva intuito profeticamente Romano Guardini; la crisi dellโumano e dellโumanesimo che รจ il fondamento della nostra civiltร ; una manipolazione sempre piรน profonda dellโoikos, della nostra casa comune, della Terra.
In questo eccezionale ยซcambiamento dโepocaยป, da cinque anni, abbiamo la grazia di trovarci di fronte al messaggio profetico di Papa Francesco, che mette al centro di tutto il Vangelo di Gesรน, ci esorta ad andare verso i poveri e ci invita a guardare questo nuovo mondo da un angolo visuale diverso, quello delle periferie. Il cuore pulsante di questo messaggio profetico รจ la conversione pastorale. Che รจ, al tempo stesso, un richiamo tradizionale e radicale: รจ ยซlโesercizio della maternitร della Chiesaยป, di una Chiesa che รจ incarnata nella storia, che non si ritira nelle astrattezze moralistiche o solidaristiche e che parla i linguaggi della contemporaneitร in continuo movimento.
Questo messaggio richiede una autentica ricezione di tutta la Chiesa: dei vescovi, dei preti, dei religiosi, delle suore, dei diaconi e dei laici. Qui si gioca la nostra responsabilitร . Il Papa chiama ognuno a fare la sua parte. Sa che cโรจ bisogno di tutti. E chiede di liberarci dal clericalismo, perchรฉ ogni persona possa avere pienamente il suo spazio in una Chiesa autenticamente sinodale.
Quello che ci sta a cuore
La Chiesa italiana, per portare la luce di Cristo in questo mondo nuovo, deve far affidamento su alcune preziose bussole di orientamento. Si tratta di prioritร che coniugano una sapienza antica con lโattuale magistero pontificio: lo spirito missionario; la spiritualitร dellโunitร ; e la cultura della caritร .
Lo spirito missionario
Siamo chiamati, innanzitutto, ad essere Chiesa al servizio di unโumanitร ferita. Che significa, inequivocabilmente, essere Chiesa missionaria. E la prima missione dei cristiani consiste nell’annuncio del Vangelo nella sua stupenda, radicale e rivoluzionaria semplicitร . Un annuncio gioioso, come ci ricorda l’Evangelii Gaudium, che punti allโessenziale, ยซal kerygmaยป perchรฉ ยซnon cโรจ nulla di piรน solido, di piรน profondo, di piรน sicuro, di piรน consistente e di piรน saggio di tale annuncioยป (EG 165).
ร la visione francescana di un Vangelo sine glossa, quel Vangelo che dobbiamo ad ogni uomo e a ogni donna, senza imporre nulla. ร un annuncio dโamore per ogni uomo. Ricordando sempre, come ci ha insegnato don Primo Mazzolari, che ยซlโAmore non รจ colui che dร ma Colui che vieneยป e che puรฒ nascere in una stalla e morire sul Calvario ยซperchรฉ mi amaยป.
Molto si fa nelle nostre Chiese, ma questo cammino va accelerato. Crescono nuove generazioni, diverse dalle precedenti. Ha scritto il Santo Padre: ยซAffinchรฉ questo impulso missionario sia sempre piรน intenso, generoso e fecondo, esorto anche ciascuna Chiesa particolare ad entrare in un deciso processo di discernimento, purificazione e riformaยป (EG 30).
ร assolutamente necessario un deciso impegno per rivitalizzare le realtร che giร esistono al nostro interno, ma che forse hanno smarrito la tensione e la capacitร di animazione sul territorio. Va nella linea di un rilancio della pastorale missionaria anche la prima edizione del Festival nazionale, che questโanno si svolgerร Brescia dal 12 al 15 ottobre. La missione non solo รจ possibile, ma รจ il termometro della nostro essere Chiesa.
Abbiamo percorso questa strada con decisione e libertร da noi stessi e dal passato? Mi interrogo. Lโobiettivo, per la Chiesa italiana, รจ semplice quanto decisivo: concretizzare ยซil sogno missionario di arrivare a tuttiยป (EG 31). Un sogno che ci scuote dalle abitudini e dalla pigrizia e ci appassiona. ร il senso della nostra vita, come dice lโapostolo Paolo: ยซguai a me se non annuncio il Vangeloยป (1 Cor 9, 16). Che il ยซsogno missionarioยป diventi la nostra passione personale e quella del popolo di Dio.
Cosรฌ, nel cuore di questo ยซcambiamento dโepocaยป, la Chiesa italiana sta in mezzo al popolo con la semplicitร eloquente del Vangelo, senza altra pretesa che darne testimonianza. Il primato dellโannuncio del Vangelo fa tornare semplici. Talvolta fa archiviare progetti, non sbagliati, ma secondari rispetto a tale primato. Il nostro orizzonte diventa piรน semplice, ma non meno impegnativo: prima il Vangelo!
La spiritualitร dellโunitร
Uno dei fatti piรน belli della Chiesa italiana รจ la multiformitร , frutto di storia, radicamenti secolari, coraggiose intraprese, iniziative carismatiche, fedeltร costruttive. In questo tempo di particolarismi e allentamento dei legami ci puรฒ essere la tentazione di andare ciascuno per la propria strada. Isolarsi รจ una tendenza che puรฒ entrare anche allโinterno della Chiesa ma che va allontanata con decisione: un corpo รจ vivo solo se tutte le membra cooperano tra loro. Nessun membro del corpo puรฒ vivere da se stesso. Mi auguro che queste affermazioni siano accolte per quello che intendono essere: un forte richiamo a un maggiore apprezzamento tra le diverse realtร ecclesiali, in unโautentica gara a stimarsi e valorizzarsi a vicenda (cfr. Rm 12, 10).
La ricca complessitร della Chiesa, perรฒ, non puรฒ essere ordinata con una geometria pastorale calata dallโalto. ร necessario far maturare, in questo tessuto, una spiritualitร dellโunitร . Il cuore di questa spiritualitร conduce a parlarsi con parresia, ยซa voce alta e in ogni tempo e luogoยป (EG 259), a partire dal Consiglio permanente della CEI fino alla piรน piccola parrocchia dโItalia. Siamo chiamati a dare vita non ad una Chiesa uniforme, ma ad una Chiesa solidale e unita nella sua complessa pluralitร . Si tratta dunque di unโautentica vocazione alla collegialitร โ tra i vescovi e tutto il corpo della Chiesa โ e al dialogo.
Chi dialoga non รจ un debole ma รจ, allโopposto, una persona che non ha paura di confrontarsi con lโaltro.
La cultura della caritร
La cultura della caritร รจ la cultura dellโincontro e della vita, che si contrappone alla cultura della paura, dello scarto e della divisione. Essa รจ lโincarnazione della parabola del samaritano. ยซLโantica storia del Samaritanoยป, come disse Paolo VI alla conclusione del Vaticano II, ยซรจ stata il paradigma della spiritualitร del Concilioยป.
La Chiesa รจ chiamata a promuovere una cultura che si prefigge ยซlโinclusione sociale dei poveriยป perchรฉ essi ยซhanno un posto privilegiatoยป nel popolo di Dio (EG 186-216). E proprio perchรฉ ยซnon amiamo a parole ma con i fattiยป il Papa ha istituito la Giornata mondiale del poveri che si celebrerร per la prima volta il 19 novembre. Di fronte ai poveri la Chiesa italiana prende a modello san Francesco: quando incontra ยซil cavaliere nobile ma poveroยป si toglie il mantello per darlo a chi รจ nel bisogno. Perchรฉ i poveri, anche se non fanno notizia, ci lasciano intravedere il volto di Cristo.
ยซNon avrei mai pensato che in terra cristiana, con un Vangelo che incomincia con ยซBeati i poveriยซยป diceva don Mazzolari ยซil parlar bene dei poveri infastidisse tanta gente, che pure รจ gente di cuore e di elemosinaยป. Parole che sono attualissime perchรฉ la povertร , ancora oggi, รจ uno scandalo da nascondere e da occultare. Andare verso i poveri, invece, รจ inequivocabilmente una questione che investe la fede e che si riflette nel modo di vivere la Chiesa.
La cultura della caritร รจ anche sinonimo della cultura di una vita, che va difesa sempre: sia che si tratti di salvare lโesistenza di un bambino nel grembo materno o di un malato grave; e sia che si tratti di uomo o una donna venduti da un trafficante di carne umana. Noi abbiamo il compito, non certo per motivi sociologici o morali, di andare verso i poveri per una missione dichiaratamente evangelica.
Ambiti da non disertare
In questo contesto che ho sinteticamente illustrato vedo alcuni ambiti su cui la Chiesa italiana รจ chiamata a fare un serio discernimento: il lavoro; i giovani; la famiglia; le migrazioni.
Il lavoro
La Chiesa guarda al mondo del lavoro non certo per esprimere una rivendicazione sociale, ma per ribadire un principio evangelico: il lavoro รจ sempre al servizio dellโuomo e non il contrario. Anche dal lavoro passa la dignitร di una persona. ยซUn mondo che non conosce piรน i valori e il valore del lavoro โ ha detto Francesco a Genova recentemente โ non capisce piรน neanche lโEucaristiaยป.
Oggi il lavoro รจ senza dubbio la prioritร piรน importante per il Paese e la disoccupazione giovanile รจ la grande emergenza. Nonostante in Italia ci siano piccoli segnali di ripresa per lโeconomia, non posso non essere preoccupato di fronte agli 8 milioni di poveri descritti dall’Istat, la metร dei quali non ha di cosa vivere. Sono giovani, sono donne, sono coppie e sono cinquantenni che hanno perso il lavoro e che sono stati scartati dal sistema economico.
Le parole del Papa a Genova sono di cruciale importanza: ยซLa mancanza di lavoro รจ molto piรน del venire meno di una sorgente di reddito per poter vivereยป. Una societร a misura dโuomo si giudica dallโattenzione che riserva alla dignitร del lavoro, equamente retribuito, accessibile a tutti. Ci sono oggi tante affermazioni gridate, ma forse manca un ยซpensiero lungoยป sul Paese. In questa prospettiva si colloca la prossima Settimana Sociale di Cagliari dal titolo: Il lavoro che vogliamo: ยซlibero, creativo, partecipativo e solidaleยป. Auspico vivamente che questa riflessione, bene impostata nellโInstrumentum laboris, si trasformi presto in una proposta concreta da mettere al centro dellโagenda pubblica del Paese.
Infatti, non รจ sufficiente evocare il problema del lavoro, ma รจ necessario anche provare a discernere proposte e vie percorribili. Sono almeno tre le strade che, a nostro avviso, vanno percorse e su cui invitiamo le istituzioni a guardare con decisione: il lavoro e il Mezzogiorno dโItalia; il lavoro e la famiglia; il lavoro e i giovani.
I giovani
Sui giovani si gioca la parte piรน importante della missione della Chiesa. Accanto al lavoro, cioรจ al pane, i giovani hanno bisogno della Grazia di Dio. Di fronte all’effimera leggerezza con cui ci si riferisce alle giovani generazioni, si staglia la preoccupazione sapiente di una Chiesa che รจ un’autentica madre dei suoi figli. Tornano alla mente le parole di don Milani: ยซSu una parete della nostra scuola cโรจ scritto grande I care. ร il motto intraducibile dei giovani americani migliori. ยซMe ne importa, mi sta a cuoreยซยป. Cari confratelli i giovani ci stanno profondamente a cuore. Per questo siamo in cammino verso il prossimo Sinodo dei Vescovi.
Anche se oggi viviamo immersi in un mondo in cui la ยซcultura del frammentoยป e un ยซforte relativismo praticoยป allontanano i giovani dalla fonte della vita che รจ Cristo, questo รจ senza dubbio un tempo propizio per fermare il vortice quotidiano della societร consumistica e per dare una parola autentica di incoraggiamento e un senso a quella straordinaria sete dโinfinito che caratterizza i giovani di ogni generazione.
I giovani sono ยซcome le rondiniยป, diceva Giorgio La Pira,ยซsentono il tempo, sentono la stagione: quando viene la primavera essi si muovono ordinatamente, sospinti da un invincibile istinto vitale โ che indichi loro la rotta e i portiยป. I giovani, infatti, non hanno bisogno di qualcuno che gli indichi loro cosa sognare perchรฉ sono capaci a farlo da soli. Hanno molto piรน talento di noi vecchi e molta piรน capacitร di pensare e immaginare un mondo nuovo.
Quando si parla ai giovani bisogna parlare con parole di veritร . Senza ripetere ad oltranza una serie di frasi mielose e senza sostanza. Sui giovani, infatti, cโรจ una drammatica e stucchevole retorica, che purtroppo non viene sempre supportata dai fatti. Dovremmo impegnarci su questo. Cโรจ molto lavoro da fare.
La famiglia
La Chiesa italiana, pur tra molte difficoltร , รจ una Chiesa di popolo. E questo popolo รจ senza dubbio costituito da milioni di famiglie, che costituiscono la cellula basilare della societร italiana.
Il contesto attuale โ caratterizzato da un crescente aumento di convivenze, separazioni e divorzi, nonchรฉ da un tasso di natalitร che continua a diminuire drammaticamente โ ci impone di guardare alla famiglia in modo concreto, senza cercare alcuna scorciatoia, scorgendo nelle fragilitร della famiglia non solo i limiti dellโuomo, ma soprattutto il luogo della Grazia.
Sono almeno tre le sfide che la famiglia deve affrontare nel mondo contemporaneo. E queste sono altrettante sfide anche per la Chiesa italiana.
La prima รจ di tipo esistenziale e risiede nelle difficoltร di formare ed essere una famiglia. Spesso vedo molte coppie indugiare, dubbiose e incredule che sia possibile dar vita ad una relazione ยซper sempreยป. Infatti, le donne e gli uomini di oggi sono cresciuti in un clima dove tutto – perfino le relazioni umane – viene consumato in modalitร ยซusa e gettaยป.
La seconda sfida รจ di tipo sociale e consiste nel riuscire a rendere piรน a misura di famiglia la nostra societร , sempre piรน complessa e logorante. Questa faticosa civiltร urbana, come aveva giร intuito Paolo VI, produce una serie di ostacoli oggettivi alla vita familiare: la precarizzazione del lavoro, ad esempio, ferisce l’anima dei coniugi e impedisce di formare una base minima di stabilitร ; i ritmi ossessivi producono una sorta di nevrosi sociale impedendo di avere del tempo da dedicare al coniuge e ai figli; la mobilitร sociale rompe le tradizionali reti generazionali di mutua assistenza tra nonni e figli; e infine, la donna, sempre piรน spesso racchiusa tra una maternitร desiderata e un lavoro necessario, rischia di non comprendere piรน qual รจ il suo ruolo all’interno della famiglia e della societร .
La terza sfida ci introduce, infine, in uno dei piรน grandi temi di discussione degli ultimi decenni e si riferisce alla questione antropologica e alla difesa e alla valorizzazione della famiglia tra uomo e donna, aperta ai figli. Una sfida culturale e spirituale di grandissima portata.
Per questo motivo noi abbiamo di fronte due strade: innanzitutto, quella pastorale in cui dobbiamo impegnarci nelle Diocesi, nelle parrocchie e negli uffici pastorali per recepire con autenticitร lo spirito dellโesortazione apostolica Amoris Laetitia; in secondo luogo, quella sociale in cui chiediamo con forza alle Istituzioni โ a partire dalla prossima Conferenza Nazionale per la famiglia โ di elaborare politiche innovative e concrete, che riconoscano, soprattutto, il ยซfattore famigliaยป nel sistema fiscale italiano. Una misura giusta e urgente, non piรน rinviabile, per tutte le famiglie, in particolare quelle numerose. Una misura di cui avvertiamo lโassoluta importanza non solo perchรฉ avrebbe dei benefici sui redditi familiari ma perchรฉ potrebbe avere degli effetti positivi su un tema cruciale per il futuro della nazione: quello della natalitร .
Le migrazioni
Accogliere, proteggere, promuovere e integrare: sono questi i 4 verbi che Papa Francesco ha donato alla Chiesa per affrontare la grande sfida delle migrazioni internazionali. Una sfida complessa, in parte inesplorata ma dal significato antico.
Bisogna subito sgombrare il campo da un equivoco che potrebbe sorgere da un dibattito pubblico particolarmente aspro su questi temi: la Chiesa cattolica si รจ sempre occupata dellโospitalitร del forestiero e del migrante. E lo ha fatto non certo per unโidea politica o sociale, ma per amore di ogni persona. ร il cuore della nostra fede: di un Dio che si รจ fatto uomo. Lโospitalitร รจ, da tradizione, unโopera di misericordia e, come ci insegna Abramo, una delle piรน alte forme di caritร e di testimonianza della fede. Attraverso lโospite noi scegliamo di accogliere o respingere Cristo nella nostra vita (Mt 25, 35.43). Il richiamo alla difesa della dignitร inviolabile del migrante, inoltre, รจ un insegnamento presente in molti documenti della Santa Sede e che si รจ fatto carne nellโopera di alcuni grandi apostoli del passato, tra i quali molti italiani: Francesca Cabrini, Geremia Bonomelli, Giovanni Battista Scalabrini.
Oggi questa sfida antica si ripropone con tratti nuovi. E lo sguardo profetico di Papa Francesco ha il merito storico di aver tolto i migranti da quella cappa di omertร in cui erano stati confinati dalla ยซglobalizzazione dellโindifferenzaยป e di averli messi al centro della nostra attivitร pastorale. Promuovere una pastorale per i migranti significa, prima di tutto, difendere la cultura della vita in almeno tre modi: denunciando la ยซtrattaยป degli esseri umani e ogni tipo di traffico sulla pelle dei migranti; salvando le vite umane nel deserto, nei campi e nel mare; deplorando i luoghi indecenti dove troppo spesso vengono ammassate queste persone. I corridoi umanitari โ nei quali la Chiesa italiana รจ impegnata in prima persona โ sono, quindi, necessari per dare vita ad una caritร concreta che rimane nella legalitร .
Il primato dellโapertura del cuore al migrante ci fa guardare oltre le frontiere italiane. Ci invita a intensificare la cooperazione e lโaiuto allo sviluppo al Sud del mondo, per far risorgere tra i giovani la speranza di un futuro degno nella propria patria. ร una linea su cui si muove da tempo la CEI, sostenendo numerosi progetti di sviluppo e, recentemente, con la campagna Liberi di partire, liberi di restare. Si tratta di un progetto innovativo perchรฉ affronta il tema del diritto delle persone a restare nel proprio Paese senza essere costrette a scappare a causa della guerra o della fame.
Accogliere รจ un primo gesto, ma cโรจ una responsabilitร ulteriore, prolungata nel tempo, con cui misurarsi con prudenza, intelligenza e realismo. Non a caso il Santo Padre, di ritorno dalla Colombia, ha ricordato che per affrontare la questione migratoria occorre anche ยซprudenza, integrazione e vicinanza umanitariaยป. Tale processo va affrontato con grande caritร e con altrettanta grande responsabilitร salvaguardando i diritti di chi arriva e i diritti di chi accoglie e porge la mano.
Il processo di integrazione richiede, innanzitutto, di fronteggiare, da un punto di vista pastorale e culturale, la diffusione di una ยซcultura della pauraยป e il riemergere drammatico della xenofobia. Come pastori non possiamo non essere vicini alle paure delle famiglie e del popolo. Tuttavia, enfatizzare e alimentare queste paure, non solo non รจ in alcun modo un comportamento cristiano, ma potrebbe essere la causa di una fratricida guerra tra i poveri nelle nostre periferie. Unโeventualitร che va scongiurata in ogni modo.
Infine, alla luce del Vangelo e dellโesperienza di umanitร della Chiesa, penso che la costruzione di questo processo di integrazione possa passare anche attraverso il riconoscimento di una nuova cittadinanza, che favorisca la promozione della persona umana e la partecipazione alla vita pubblica di quegli uomini e donne che sono nati in Italia, che parlano la nostra lingua e assumono la nostra memoria storica, con i valori che porta con sรฉ.
LโItalia
Cari confratelli, tra queste prioritร irrinunciabili per il Paese che ho appena tratteggiato cโรจ un unico filo comune: lโItalia. A noi interessa che lโItalia diventi un Paese migliore. Bisogna perciรฒ avere la forza, il coraggio e le idee per rimettere a tema l’Italia nella sua interezza: con la sua storia, il suo carattere, la sua vocazione. LโItalia รจ un Paese bellissimo, straordinariamente ricco di umanitร e paesaggi, ma estremamente fragile: sia nel territorio che nei rapporti socio-politici. Ai cattolici dico che la politica, come scriveva La Pira, ยซnon รจ una cosa bruttaยป, ma una missione: รจ ยซun impegno di umanitร e santitร ยป. La politica come affermava Paolo VI, รจ una delle piรน alte forme di caritร . Papa Francesco ha piรน volte auspicato la necessitร dei cattolici in politica. Ma come?
Non spetta a me dirlo. Quello che mi preme sottolineare รจ che il cuore della questione non riguarda le formule organizzative. Il vero problema รจ come portare in politica, in modo autentico, la cultura del bene comune. Non basta fare proclami. La proclamazione di un valore non ci mette con la coscienza a posto. Bisogna promuovere processi concreti nella realtร .
Non รจ auspicabile che, nonostante le diverse sensibilitร , i cattolici si dividano in ยซcattolici della moraleยป e in ยซcattolici del socialeยป. Nรฉ si puรฒ prendersi cura dei migranti e dei poveri per poi dimenticarsi del valore della vita; oppure, al contrario, farsi paladini della cultura della vita e dimenticarsi dei migranti e dei poveri, sviluppando in alcuni casi addirittura un sentimento ostile verso gli stranieri. La dignitร della persona umana non รจ mai calpestabile e deve essere il faro dellโazione sociale e politica dei cattolici.
I cattolici hanno una responsabilitร altissima verso il Paese. Dobbiamo, perciรฒ, essere capaci di unire lโItalia e non certo di dividerla. Occorre difendere e valorizzare il sistema-Paese con caritร e responsabilitร . Perchรฉ il futuro del Paese significa anche rammendare il tessuto sociale dellโItalia con prudenza, pazienza e generositร .
Cari confratelli, lo Spirito Santo ci sostenga nel nostro servizio alla Chiesa e alimenti la nostra comunione; la preghiera comune e fiduciosa di tutti noi ottenga dalla Misericordia del Signore una crescita di tutti nella caritร e nellโamore per il Vangelo!
