Pasqua di Risurrezione – Dal Sussidio CEI – Quaresima 2015, a cura dell’Ufficio Liturgico Nazionale

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comunita-di-sant-egidio-resurrezione-2013«Lo dico a tutti, ch’egli vive / ed è risorto, / che tra di noi si muove / e ci sta sempre accanto. / Lo dico a tutti…che su tutti i luoghi albeggia ora / il nuovo regno dei cieli», scrive Novalis nei suoi Canti spirituali, e aggiunge: «Nelle profondità del mare / s’inabissa l’orrore della morte, / e ognuno può candido e lieve / guardare al suo avvenire». In Cristo risorto, infatti, l’uomo riacquista la dignità perduta a causa del peccato. In lui l’immagine infranta viene ricomposta ed è condotta alla sua pienezza. Per questo San Cirillo di Gerusalemme può affermare: «È questo il tempo della creazione del cosmo…La restaurazione avvenne in quel medesimo tempo in cui era avvenuta la perdita dell’immagine di Dio» (Catechesi XIV). Gli fa eco, molto tempo dopo, papa Francesco: «Gesù non è un morto, è risorto, è il Vivente! Non è semplicemente tornato in vita, ma è la vita stessa, perché è il Figlio di Dio, che è il Vivente (cf. Nm 14,21-28; Dt 5,26; Gs 3,10). Gesù non è più nel passato, ma vive nel presente ed è proiettato verso il futuro, Gesù è l’oggi eterno di Dio. Così la novità di Dio si presenta davanti agli occhi delle donne, dei discepoli, di tutti noi: la vittoria sul peccato, sul male, sulla morte, su tutto ciò che opprime la vita e le dà un volto meno umano». Credere in Cristo risorto vuol dire rinascere a un’umanità nuova; vuol dire riconoscere che la sua risurrezione è per l’uomo, per tutti gli uomini. «L’ultimo miracolo è che io creda al miracolo per eccellenza – la Risurrezione in cui si compie tutta la Rivelazione. E nessuno può ricevere questo miracolo senza entrare già, con la sua carne e il suo sangue, nell’unica Risurrezione» (J.-L. Marion).

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[ads2] A Bari è conservato uno splendido rotolo dell’Exultet – la pergamena in cui è contenuto il Preconio pasquale che il diacono canta la notte santa della Risurrezione del Signore, durante la liturgia del fuoco nuovo e della benedizione del cero, simbolo di Cristo risorto, luce del mondo – che contiene tutta la ricchezza di una celebrazione densa di significato, di storia e di spiritualità. Durante la solenne veglia di Pasqua, infatti, i catecumeni ricevono il battesimo e così passano dalle tenebre del peccato alla luce della grazia. In questa notte santa viene proclamata la vittoria di Cristo il quale,  stando ritto sul diavolo, trae fuori dal regno degli inferi Adamo ed Eva, inizio dell’umanità “incappata nei briganti” e sedotta dal peccato. Cristo risorto ha infranto le porte di ferro e la sua vittoria pasquale raggiunge l’intero universo, tanto che anche il sole e la luna, antropomorficamente raffigurate in alto, a sinistra e a destra, assistono stupefatti al “grande prodigio”. In questo magnifico testo liturgico, il Cristo appare come leggermente inclinato verso le due figure dei progenitori che sta liberando dal potere della morte, a indicare il cammino che ha percorso per farsi loro prossimo. Colpisce lo scambio di sguardi che avviene tra Gesù e i due personaggi. Ormai per loro brilla nuovamente la luce perché al mattino del primo giorno della settimana, Dio ha detto ancora una volta: “Sia la luce!”. All’eclissi del sole che seguì alla passione e morte di Gesù, alla notte del sepolcro, ora subentra la luce del mattino, la “stella che non conosce tramonto”. Il buio dei giorni appena trascorsi è come dissipato in un solo istante per la risurrezione di Gesù dal sepolcro. Gesù stesso è la pura luce. Egli è lo splendore di Dio. Questo, però, non si riferisce soltanto a Lui perché tutti siamo stati attirati nella nuova vita della risurrezione che vince ogni forma di buio. Egli è il “giorno” che Dio ha preparato per noi, per l’umanità intera rigenerata a vita nuova. Poiché Cristo è risorto, allora una nuova umanità è possibile poiché proprio lui è la primizia di un’umanità rinnovata, l’inizio del nuovo umanesimo.
«Nella vicenda pasquale del Crocifisso Risorto ogni uomo ferito, reietto, rifiutato, emarginato, scartato, eÌ anche “più uomo”, abbracciato nella figliolanza del Figlio, vivificato dal suo stesso Spirito che torna a gridare gioioso nel cuore di molti: AbbaÌ, Padre!” (cf. Rm 8,15-16 e Gal 4,6)» (Traccia per il Convegno Ecclesiale di Firenze 2015).
Il poeta ci ispira le parole per esprimere il senso di questo grande mistero: «Come l’angelo dal sepolcro vuoto / con la veste bianca di neve nel sole, / a dire: “Non cercate tra i morti colui che vive!”. / Mia Chiesa amata e infedele, / mia amarezza di ogni domenica, / Chiesa che vorrei impazzita di gioia / perché è veramente risorto. / E noi grondare luce / perché vive di noi: noi questa sola umanità bianca / a ogni festa / in questo mondo del nulla e della morte. Amen»
(D. M. Turoldo).

Gv 20, 1-9
Dal Vangelo secondo Giovanni
Dal vangelo secondo Giovanni.
Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.