Da Rimini vincenzo Testa
Diaconi dispensatori della carità alla scuola dei poveri e degli ultimi. Si poÂtrebbe sintetizzare così il XXIII ConÂvegno nazionale della Comunità del diaconaÂto in Italia tenutosi a Rimini dal 3 al 6 agosto scorsi. Un convegno di svolta nel quale il cuoÂre del messaggio – ha sottolineato con chiaÂrezza il presidente della Comunità del diacoÂnato in Italia Enzo Petrolino – è quello che «il diaconato non sia rinchiuso nelle sacrestie». I lavori dell’assemblea sono stati imperniati sul tema «Diaconi educati al servizio del Vangelo per il bene della società ». Ricca e molto signiÂficativa la partecipazione. A cominciare dalla presenza di Francesco Lambiasi, vescovo di Rimini e presidente della Commissione epiÂscopale per il clero e la vita consacrata che si è soffermato sulla necessità di sentirsi amati per amare; di sentirsi serviti per servire e di sentirsi custoditi per custodire gli altri. Un moÂdo per dire che occorre «riconoscere» la preÂsenza del Padre nella nostra vita per poter anÂnunciare Gesù Cristo al mondo intero. Forte nell’intervento di don Giuseppe Bellia, diretÂtore della rivista «Il diaconato in Italia» il riÂchiamo al senso del servizio. La diaconia criÂstiana – ha detto Bellia – «attraverso il servizio dei ministri svolto all’altare e il servizio cariÂtativo verso i poveri, diventa il punto concreÂto e irrinunciabile di raccordo tra la diaconia liturgico-eucaristica e la vita concreta della Chiesa», coniugando «in modo inseparabile il servizio reso a Cristo con il servizio reso ai fraÂtelli ». «Quando la Chiesa riscopre i poveri – ha aggiunto – riscopre anche i diaconi come miÂnistri di servizio permanente che collegano la mensa del corpo di Cristo alla mensa dei poÂveri ». Nella seconda giornata di lavori, intenso l’imÂpatto emotivo provocato dalla «denuncia» di Giuliana Martirani, docente alla Facoltà di scienze politiche dell’Università Federico II di Napoli secondo la quale il nostro Paese ha smarrito il senso e le caratteristiche principaÂli che ne facevano il Paese della solidarietà . UÂna solidarietà che va riscoperta e intesa in senÂso ampio. Tutto questo affinché anche quanÂti sono stati definiti «niente» o «annientati» possano trovare, invece, l’opportunità di viÂvere la propria vita con dignità . Sentimenti in qualche modo risuonati nelle parole di LuÂciano Meddi, docente di catechesi missionaÂria alla Pontificia Università Urbaniana sulla necessità di maturare nuove competenze tra testimoni del Vangelo per dare nuovo slancio alla pastorale. E sul servizio «alla cittadinanÂza » responsabile si è dedicato anche don FranÂco Appi, responsabile del servizio per la scuoÂla di formazione all’impegno sociale e politiÂco della diocesi di Forlì-Bertinoro. «Il mondo che cambia» – ha detto – è un mondo che chieÂde risposte. «Noi non possiamo che avere la risposta della speranza, fondata sulla fede in Cristo Gesù, speranza che anima i nostri proÂgetti e le nostre iniziative, che sostiene la noÂstra ragione, senza sostituirle».
Tra i momenti centrali del convegno la tavoÂla rotonda coordinata dal professor Tonino Cantelmi presidente dell’Associazione italiaÂna psicologi e psichiatri cattolici e l’apprezÂzatissima riflessione di Giancarlo Maria BreÂgantini, arcivescovo di Campobasso-Bojano. Nel suo intervento il presidente della ComÂmissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace ha posto in risalÂto i cinque segni e doni che i diaconi ricevoÂno con l’ordinazione. Cioè la terra intesa coÂme luogo scelto con l’incardinazione. Una terÂra che va amata con «cuore verginale», il seÂcondo dono, sul modello di san Giuseppe. Quindi i «poveri» i segni che i diaconi inconÂtrano lungo il cammino della vita. Il quarto dono è il Vangelo che va meditato con la lecÂtio e il giornale. L’ultimo dono è «la preghieÂra » con l’invito ad elevare al Signore una inÂtensa e profonda preghiera di intercessione in favore della comunità che si è chiamati a servire.
Spunti, prospettive che hanno trovato sintesi nell’appello conclusivo lanciato da Enzo PeÂtrolino ad «osare il coraggio della speranza». «È stato un convegno diverso, di svolta» – ha proseguito il presidente della Comunità del diaconato in Italia –; un incontro di persone chiamate a mettere al primo posto le relazioÂni con i «niente» della terra, con gli «annienÂtati » dalla società per riconsegnare loro speÂranza e coraggio. L’invito ai diaconi è quello di rilanciarsi nella missione e occupare gli spaÂzi dove la carità si fa storia quotidiana e il griÂdo di dolore dei poveri spacca i timpani e sconÂvolge il cuore di chi ama e il diacono deve aÂmare gli «abbandonati e gli invisibili» con la stessa intensità con la quale Cristo ha amato ogni persona.
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