Le due meditazioni di p. Roberto per l’Avvento 2025 si concentrano sui temi della Parusia (il ritorno glorioso del Signore) e della necessità di vigilanza, e sul rinnovamento della Chiesa come comunità di credenti.
La Prima Meditazione: La Parusia del Signore
La prima meditazione invita a contemplare non solo la prima venuta del Signore, ma soprattutto il suo ritorno alla fine dei tempi, noto come Parusia, un termine greco che significa sia “presenza” che “venuta”. Questo tempo liturgico è un richiamo alla speranza, accompagnato dall’invocazione «Marana-tha» — «Vieni, Signore» — e richiede una vigilanza serena e operosa.
L’Attesa e la Grazia: Gesù, nei suoi discorsi escatologici (sulle “cose ultime”), ha preannunciato la sua Parusia, offrendo indicazioni per camminare con fiducia anche in un tempo segnato da tribolazioni e sconvolgimenti. Egli paragona l’attesa ai giorni di Noè, in cui le persone svolgevano attività ordinarie senza “accorgersi di nulla” fino all’arrivo del diluvio. Il monito è di accorgersi della grazia di Dio che opera nella storia, soprattutto in un’epoca caratterizzata da nuove sfide, dalla fragilità della pace, e dall’indebolimento del senso di trascendenza.
La Cancellazione del Male e il Diluvio: Il racconto del diluvio (Genesi 6–9) viene interpretato non come un progetto distruttivo da parte di Dio, ma come l’urgenza di “azzerare tutto” per non rinunciare al disegno d’amore originario. La malvagità umana aveva reso ogni intento del cuore “solo male, sempre”. Il male, dunque, non deve solo essere perdonato, ma deve essere cancellato perché la vita possa fiorire. Il concetto biblico di “cancellazione” è legato alla misericordia di Dio, che elimina i peccati e la morte. Noè, che “trovò grazia agli occhi del Signore”, fu colui che si accorse della pazienza divina.
L’Arca e l’Alleanza: Il diluvio è visto come un passaggio di “de-creazione” che apre alla ri-creazione. Dio chiede a Noè di costruire l’arca, che simboleggia il tempio perduto e la necessità di ricostruire la corretta immagine di Dio nel cuore dell’uomo. Al termine del diluvio, Dio stabilisce un’alleanza eterna, ponendo sulle nubi il suo arco (qeshet, strumento di guerra). Questo gesto simboleggia una solenne dichiarazione di non violenza, in cui Dio depone le armi e sceglie liberamente di non colpire, manifestando un amore e un’alleanza duratura. L’acqua del diluvio prefigura il Battesimo, che ora salva i cristiani. L’ignoranza del giorno del ritorno di Cristo spinge ogni generazione a vivere nell’attesa e a compiere il bene in modo stabile.
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La Seconda Meditazione: Ricostruire la Casa del Signore
La seconda meditazione si concentra sulla responsabilità della comunità di credenti di accogliere la grazia e di edificare la Chiesa, che è definita “il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano”.
Babele e l’Illusione dell’Uniformità: Dopo il diluvio, la benedizione di Dio genera differenze (popoli, lingue). Tuttavia, l’umanità, temendo la dispersione, tenta di costruire l’unità attraverso l’uniformità, come nel progetto della Torre di Babele. L’uso di mattoni standardizzati al posto delle pietre irregolari simboleggia la ricerca di un’unità ottenuta tramite l’eliminazione delle differenze e delle voci individuali. La storia e il presente (totalitarismi, social media, IA) mostrano come l’unità imposta tramite la soppressione delle differenze porti alla morte.
La Confusione come Terapia: L’intervento di Dio a Babele, che confonde le lingue, è un gesto di protezione, non di punizione. Dio interviene per prevenire una “deriva mortale” di uniformità, perché la differenza è la grammatica stessa dell’esistenza e l’alleanza non può esistere senza distanza. La dispersione diventa una cura, restituendo dignità alle singolarità. La Pentecoste, in contrasto con Babele, mostra come la diversità non debba dividere: non viene imposta un’unica lingua, ma si realizza la comunione nella pluralità.
La Ricostruzione del Tempio e il Rinnovamento Ecclesiale: La storia biblica mostra l’ambivalenza di racchiudere la presenza di Dio in un edificio costruito dall’uomo (il Tempio di Gerusalemme). Il faticoso ritorno dall’esilio e la ricostruzione delle mura di Gerusalemme (dove ciascuno restaura il tratto di fronte alla propria casa) offre un modello per il rinnovamento della Chiesa. I costruttori lavoravano con una mano e impugnavano l’arma con l’altra, simboleggiando la necessità di un combattimento spirituale continuo nel rinnovamento. La posa delle nuove fondamenta del Tempio vide contemporaneamente grida di gioia e pianto incontenibile dei più anziani, segno che il vero rinnovamento non è mai lineare, ma implica la disponibilità a portare il peso della comunione — la convivenza di entusiasmo e nostalgie.
Il Tempo del Declino: Il rinnovamento della Chiesa, come intuito da San Francesco d’Assisi, richiede una “continua riforma”. La Chiesa vive oggi un tempo di declino (di pratiche e numeri) che coesiste con nuovi fermenti spirituali. Questo declino, se affrontato senza paura e senza polarizzazioni ideologiche, può essere un tempo di grazia per riscoprire la natura sacramentale della Chiesa, che è un dono da ricevere e non un’organizzazione sociale da gestire o salvare con strategie umane. Il rinnovamento passa per i gesti umili e concreti di ciascuno, che si dedica a ricostruire la piccola porzione della “casa” che gli sta davanti.
