ยซLa universale chiamata dei cattolici alla santitร ยป
Siamo entrati da pochi giorni nel cinquantesimo anniversario della chiusura del Concilio Vaticano II e nellโanno giubilare della misericordia per il quale, Santo Padre, le siamo tutti tanto grati. Dobbiamo dire che il legame tra il tema della misericordia e il concilio Vaticano II รจ tuttโaltro che arbitrario o secondario. Nel discorso di apertura, lโ11 Ottobre 1962, san Giovanni XXIII indicรฒ nella misericordia la novitร e lo stile del concilio:
โSempre, scriveva, la Chiesa si รจ opposta agli errori; spesso li ha anche condannati con la massima severitร . Ora tuttavia, la Sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia piuttosto che la severitร โ.
In un certo senso, a mezzo secolo di distanza, lโanno della misericordia celebra la fedeltร della Chiesa a quella sua promessa.
1. โSiate santi perchรฉ io, vostro Dio, sono santoโ
Il tema di questa seconda meditazione รจ il capitolo V della Lumen gentium, intitolato โLโuniversale vocazione alla santitร nella Chiesaโ. Nelle storie del Concilio, questo capitolo รจ ricordato solo per una questione, diciamo, di redazione. I numerosi Padri conciliari membri di ordini religiosi chiesero con insistenza che si dedicasse una trattazione a parte alla presenza dei religiosi nella Chiesa, come si era fatto per i laici. Fu cosรฌ che quello che era stato fino allora un capitolo unico riguardante la santitร di tutti i membri della Chiesa, si divise in due capitoli, dei quali il secondo (VI della LG), dedicato specificamente ai religiosi .
Lโappello alla santitร รจ formulato fin dallโinizio con queste parole:
โTutti nella Chiesa, sia che appartengano alla Gerarchia sia che da essa siano diretti, sono chiamati alla santitร , secondo il detto dellโApostolo:โQuesta รจ infatti la volontร di Dio, la vostra santificazione (1 Ts 4,3)โ .
Questo appello alla santitร รจ il piรน necessario e il piรน urgente adempimento del concilio. Senza di esso, tutti gli altri adempimenti sono o impossibili o inutili. Esso รจ invece quello che rischia di essere il piรน trascurato, dal momento che ad esigerlo e a reclamarlo รจ solo Dio e la coscienza e non invece pressioni o interessi di gruppi umani particolari della Chiesa. A volte si ha lโimpressione che, in certi ambienti e in certe famiglie religiose, dopo il concilio, si sia messo piรน impegno nel โfare i santiโ, che nel โfarsi santiโ, cioรจ piรน sforzo per portare sugli altari i propri fondatori o confratelli che per imitarne gli esempi e le virtรน.
La prima cosa che bisogna fare, quando si parla di santitร , รจ di liberare questa parola dalla soggezione e dalla paura che essa incute, a causa di certe rappresentazioni errate che ce ne siamo fatti. La santitร puรฒ comportare fenomeni e prove straordinari, ma non si identifica con queste cose. Se tutti sono chiamati alla santitร , รจ perchรฉ, intesa correttamente, essa รจ alla portata di tutti, fa parte della normalitร della vita cristiana. I santi sono come i fiori: non ci sono solo quelli che vengono messi sullโaltare. Quanti di essi sbocciano e muoiono nascosti, dopo aver profumato silenziosamente lโaria allโintorno! Quanti di questi fiori nascosti sono sbocciati e sbocciano continuamente nella Chiesa!
La motivazione di fondo della santitร รจ chiara fin dallโinizio ed รจ che Dio รจ santo: โSiate santi perchรฉ io, il Signore vostro Dio, sono santoโ (Lev 19, 2). La santitร รจ la sintesi, nella Bibbia, di tutti gli attributi di Dio. Isaia chiama Dio โil Santo dโIsraeleโ, cioรจ colui che Israele ha conosciuto come il Santo. โSanto, santo, santoโ, Qadosh, qadosh, qadosh, รจ il grido che accompagna la manifestazione di Dio nel momento della sua chiamata (Is 6, 3). Maria riflette fedelmente questa idea di Dio dei profeti e dei salmi, quando esclama nel Magnificat: โSanto รจ il suo nomeโ.
Quanto al contenuto dellโidea di santitร , il termine biblico qadosh suggerisce lโidea di separazione, di diversitร . Dio รจ santo perchรฉ รจ il totalmente altro rispetto a tutto ciรฒ che lโuomo puรฒ pensare, dire o fare. Eโ lโassoluto, nel senso etimologico di ab-solutus, sciolto da tutto il resto e a parte. Eโ il trascendente, nel senso che sta al di sopra di tutte le nostre categorie. Tutto questo in senso morale, prima ancora che metafisico; riguarda cioรจ lโagire di Dio e non solo il suo essere. Nella Scrittura sono definiti โsantiโ soprattutto i giudizi di Dio, le sue opere e le sue vie .
Santo non รจ tuttavia un concetto principalmente negativo, indicante separazione, assenza di male e di mescolanza in Dio; รจ un concetto sommamente positivo. Indica una โpura pienezzaโ. In noi, la โpienezzaโ non si accorda mai totalmente con la โpurezzaโ. Lโuna cosa contraddice lโaltra. La nostra purezza รจ ottenuta sempre purificandoci e togliendo il male dalle nostre azioni (Is 1, 16). In Dio no; purezza e pienezza coesistono e costituiscono insieme la somma semplicitร di Dio. La Bibbia esprime alla perfezione questa idea di santitร quando dice che a Dio โnulla puรฒ essere aggiunto e nulla toltoโ (Sir 42, 21). In quanto รจ somma purezza, niente gli deve essere tolto; in quanto รจ somma pienezza, niente gli puรฒ essere aggiunto.
Quando si cerca di vedere come lโuomo entra nella sfera della santitร di Dio e cosa significa essere santo, appare subito la prevalenza, nellโAntico Testamento, dellโidea ritualistica. I tramiti della santitร di Dio sono oggetti, luoghi, riti, prescrizioni. Intere parti dellโEsodo e del Levitico sono intitolate โcodice di santitร โ o โlegge di santitร โ. La santitร รจ racchiusa in un codice di leggi. Questa santitร รจ tale che viene profanata se uno si accosta allโaltare con una deformitร fisica o dopo aver toccato un animale immondo: โSantificatevi e siate santiโฆ, non contaminatevi con alcuno di questi animaliโ (Lv 11, 44; 21, 23).
Si leggono voci diverse nei profeti e nei salmi. Alla domanda: โChi salirร il monte del Signore, chi starร nel suo luogo santo?โ, oppure: โChi di noi puรฒ abitare presso un fuoco divorante?โ, si risponde con indicazioni squisitamente morali: โChi ha mani innocenti e cuore puroโ, e โchi cammina nella giustizia e parla con lealtร โ (cf. Sal 24, 3; Is 33, 14 s.). Sono voci sublimi che restano perรฒ piuttosto isolate. Ancora al tempo di Gesรน, presso i farisei e a Qumran, prevale lโidea che la santitร e la giustizia consistano nella purezza rituale e nellโosservanza di certi precetti, in particolare quello del Sabato, anche se, in teoria, nessuno dimentica che il primo e piรน grande comandamento รจ quello dellโamore di Dio e del prossimo.
2. La novitร di Cristo
Passando ora al Nuovo Testamento, vediamo che la definizione di โnazione santaโ รจ estesa ben presto ai cristiani. Per Paolo, i battezzati sono โsanti per vocazioneโ, o โchiamati a essere santiโ . Egli designa abitualmente i battezzati con il termine โi santiโ. I credenti sono โscelti per essere santi e immacolati al suo cospetto nella caritร โ (Ef 1, 4). Ma sotto lโapparente identitร di terminologia assistiamo a dei cambiamenti profondi. Santitร non รจ piรน un fatto rituale o legale, ma morale se non addirittura ontologico. Non risiede nella mani, ma nel cuore; non si decide fuori, ma dentro lโuomo e si riassume nella caritร . โNon ciรฒ che entra nella bocca rende impuro lโuomo; ciรฒ che esce dalla bocca, questo rende impuro lโuomo!โ (Mt 15, 11).
I mediatori della santitร di Dio non sono piรน luoghi (il tempio di Gerusalemme o il monte Carizim), riti, oggetti e leggi, ma รจ una persona, Gesรน Cristo. Essere santo non consiste tanto in un essere separato da questo e da quello, quanto in un essere unito a Gesรน Cristo. In Gesรน Cristo รจ la santitร stessa di Dio che ci raggiunge di persona, non un suo lontano riverbero. โTu sei il Santo di Dio!โ: due volte risuona questa esclamazione rivolta a Gesรบ nei vangeli (Gv 6, 69; Lc 4, 34). LโApocalisse chiama Cristo semplicemente โil Santoโ (Ap 3,7) e la liturgia le fa eco esclamando nel Gloria โTu solus Sanctusโ, Tu solo sei il Santo
In due modi noi entriamo in contatto con la santitร di Cristo ed essa si comunica a noi: per appropriazione e per imitazione. Di essi il piรน importante รจ il primo che si attua nella fede e mediante i sacramenti. La santitร รจ anzitutto dono, grazia ed รจ opera di tutta la Trinitร . Poichรฉ, secondo il detto dellโApostolo, noi apparteniamo a Cristo piรน che a noi stessi (cf.1 Cor 6, 19-20), ne consegue che, inversamente, la santitร di Cristo ci appartiene piรน che la nostra stessa santitร . โQuel che รจ di Cristo โ scrive il teologo bizantino Nicola Cabasilas โ รจ piรน nostro di quello che รจ da noiโ . Eโ questo il colpo dโala, o il colpo di audacia, che dovremmo realizzare nella vita spirituale. La sua scoperta non si fa, di solito, allโinizio, ma alla fine del proprio itinerario spirituale; non nel noviziato, ma piรน tardi, quando si sono sperimentate tutte le altre strade e si รจ visto che non portano molto lontano.
Paolo ci insegna come si fa questo โcolpo di audaciaโ, quando dichiara solennemente di non voler essere trovato con una sua giustizia, o santitร , derivante dalla osservanza della legge, ma unicamente con quella che deriva dalla fede in Cristo (cf. Fil 3, 5-10). Cristo, dice, รจ diventato per noi โgiustizia, santificazione e redenzioneโ (1 Cor 1,30). โPer noiโ: dunque possiamo reclamare la sua santitร come nostra a tutti gli effetti. Un colpo di audacia รจ anche quello che fa san Bernardo, quando grida: โIo, quanto mi manca me lo approprio (alla lettera, lo usurpo!) dal costato di Cristoโ .โUsurpareโ la santitร di Cristo, โrapire il regno dei cieliโ! Questo รจ un colpo di audacia da ripetere spesso nella vita, specie al momento della comunione eucaristica.
Dire che noi partecipiamo della santitร di Cristo, รจ come dire che partecipiamo dello Spirito Santo che viene da lui. Essere o vivere โin Cristo Gesรบโ equivale, per san Paolo, a essere o vivere โnello Spirito Santoโ. โDa questo โ scrive a sua volta san Giovanni โ si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha fatto dono del suo Spiritoโ (1 Gv 4,13). Cristo rimane in noi e noi rimaniamo in Cristo, grazie allo Spirito Santo.
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[ads2]ร lo Spirito Santo dunque che ci santifica. Non lo Spirito Santo in genere, ma lo Spirito Santo che fu in Gesรน di Nazareth, che santificรฒ la sua umanitร , che si raccolse in lui come in un vaso di alabastro e che, dalla sua croce e nella Pentecoste, egli effuse sulla Chiesa. Per questo, la santitร che รจ in noi non รจ una seconda e diversa santitร , ma รจ la stessa santitร di Cristo. Noi siamo veramente โsantificati in Cristo Gesรบโ (l Cor 1,2). Come, nel battesimo, il corpo dellโuomo รจ immerso e lavato nellโacqua, cosรฌ la sua anima รจ, per cosรฌ dire, battezzata nella santitร di Cristo: โSiete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesรน Cristo e nello Spirito del nostro Dioโ, dice lโApostolo riferendosi al battesimo (1 Cor 6,11).
Accanto a questo mezzo fondamentale della fede e dei sacramenti, deve trovare posto anche lโimitazione, le opere, lo sforzo personale. Non come mezzo staccato e diverso, ma come lโunico mezzo adeguato di manifestare la fede, traducendola in atto. Lโopposizione fede โ opere รจ un falso problema, tenuto in piedi, piรน che altro, dalla polemica storica. Le opere buone, senza la fede, non sono opere โbuoneโ e la fede senza le opere buone non รจ vera fede. Basta che per โopere buoneโ non si intendano principalmente (come purtroppo era al tempo di Lutero) indulgenze, pellegrinaggi e pie pratiche, quanto lโosservanza dei comandamenti, in particolare quello dellโamore fraterno. Gesรน dice che nel giudizio finale alcuni saranno esclusi dal Regno per non aver vestito lโignudo e dato da mangiare allโaffamato. Non ci si salva dunque per le buone opere, ma non ci si salva senza le buone opere. Possiamo riassumere cosรฌ la dottrina del concilio di Trento.
Avviene come per la vita fisica. Il bambino non puรฒ fare assolutamente nulla per essere concepito nel seno della madre; ha bisogno dellโamore di due genitori (almeno cosรฌ รจ stato fino ad oggi!). Una volta perรฒ che รจ nato, deve mettere in opera i suoi polmoni per respirare, succhiare il latte; insomma deve darsi da fare, altrimenti la vita che ha ricevuto muore. La frase di san Giacomo: โLa fede, senza le opere รจ mortaโ (cf. Gc 3, 26) va intesa in questo senso, cioรจ al presente: la fede senza le opere muore.
Nel Nuovo Testamento due verbi si alternano a proposito della santitร , uno allโindicativo e uno allโimperativo: โSiete santiโ, โSiate santiโ. I cristiani sono santificati e santificandi . Quando Paolo scrive: โQuesta รจ la volontร di Dio, la vostra santificazioneโ, รจ chiaro che intende proprio questa santitร che รจ frutto di impegno personale. Aggiunge infatti, come per spiegare in che consiste la santificazione di cui sta parlando: โche vi asteniate dallโimpudicizia, che ciascuno sappia mantenere il proprio corpo con santitร e rispettoโ (cf. 1 Ts 4, 3-9).
Il nostro testo della Lumen gentium mette in rilievo chiaramente questi due aspetti, uno oggettivo e lโaltro soggettivo, della santitร , basati rispettivamente sulla fede e sulle opere. Dice:
โI seguaci di Cristo, chiamati da Dio e giustificati in Gesรน Cristo non secondo le loro opere, ma secondo il disegno e la grazia di Lui, nel battesimo della fede sono stati fatti veramente figli di Dio e compartecipi della natura divina, e perciรฒ realmente santi. Essi devono quindi, con lโaiuto di Dio, mantenere e perfezionare, vivendola, la santitร che hanno ricevutaโ .
Poichรฉ, secondo Lutero, il Medioevo si era sviato sempre piรน nellโaccentuare il lato di Cristo come modello, egli accentuรฒ lโaltro lato, affermando che egli รจ dono e che questo dono tocca alla fede di accettarloโ . Oggi siamo tutti dโaccordo che non si devono contrapporre le due cose, ma tenerle unite. Cristo รจ anzitutto dono da ricevere mediante la fede, ma รจ anche modello da imitare nella vita. Lo inculca egli stesso nel Vangelo: โIo vi ho dato lโesempio perchรฉ anche voi facciate come io ho fatto a voi (Gv 13, 15); โImparate da me che sono mite ed umile di cuoreโ (Mt 11, 29).
3. Santi o falliti
Questo, lโideale nuovo di santitร del Nuovo Testamento. Un punto resta immutato, e anzi si approfondisce, nel passaggio dallโAntico al Nuovo Testamento ed รจ la motivazione di fondo della chiamata alla santitร , il โperchรฉโ bisogna essere santi: perchรฉ Dio รจ santo. โAd immagine del Santo che vi ha chiamato, diventate santi anche voiโ. I discepoli di Cristo devono amare i nemici, โper essere figli del Padre celeste che fa piovere sui giusti e sugli ingiustiโ (Mt 5, 45). La santitร non รจ dunque una imposizione, un onere che ci viene messo sulle spalle, ma un privilegio, un dono, un onore sommo. Un obbligo, sรฌ, ma che deriva dalla nostra dignitร di figli di Dio. Si applica ad esso, in senso pieno, il detto francese โnoblesse obligeโ.
La santitร รจ esigita dallโessere stesso della creatura umana; non riguarda gli accidenti, ma la sua stessa essenza. Egli deve essere santo per realizzare la sua identitร profonda che รจ di essere โad immagine e somiglianza di Dioโ. Per la Scrittura, lโuomo non รจ principalmente, come per la filosofia greca, ciรฒ che รจ determinato ad essere dalla sua nascita (physis), e cioรจ un โanimale razionaleโ, quanto ciรฒ che รจ chiamato a divenire, con lโesercizio della sua libertร , nellโobbedienza a Dio. Non รจ tanto natura, quanto vocazione.
Se dunque noi siamo โchiamati ad essere santiโ, se siamo โsanti per vocazioneโ, allora รจ chiaro che saremo persone vere, riuscite, nella misura in cui saremo santi. Diversamente, saremo dei falliti. Il contrario di santo non รจ peccatore, ma fallito! Si puรฒ fallire nella vita in tanti modi, ma sono fallimenti relativi che non compromettono lโessenziale; qui si fallisce radicalmente, in quello che uno รจ, non solo in quello che uno fa. Aveva ragione Madre Teresa quando a una giornalista che le chiese a bruciapelo cosa si provava ad essere acclamata santa da tutto il mondo, rispose: โLa santitร non รจ un lusso, รจ una necessitร โ.
Il filosofo Pascal ha formulato il principio dei tre ordini o livelli di grandezza: lโordine dei corpi o della materia, lโordine dellโintelligenza e lโordine della santitร . Una distanza quasi infinita separa lโordine dellโintelligenza da quello dei corpi, ma una distanza โinfinitamente piรน infinitaโ separa lโordine della santitร da quello dellโintelligenza. I geni non hanno bisogno delle grandezze materiali; queste non possono loro togliere o aggiungere nulla. Allo stesso modo, i santi non hanno bisogno delle grandezze intellettuali; la loro grandezza si colloca su un piano diverso. โEssi sono visti da Dio e dagli angeli, non dai corpi e dalle menti curiose; a loro basta Dioโ .
Questo principio permette di valutare nel modo giusto le cose e le persone che ci circondano. La maggioranza della gente rimane ferma al primo livello e neppure sospetta lโesistenza di un piano superiore. Sono quelli che passano la vita preoccupati solo di accumulare ricchezze, coltivare la bellezza fisica, o accrescere il proprio potere. Altri credono che il valore supremo e il vertice della grandezza sia quello dellโintelligenza. Cercano di diventare celebri nel campo delle lettere, dellโarte, del pensiero. Solo pochi sanno che esiste un terzo livello di grandezza, la santitร .
Questa grandezza รจ superiore perchรฉ eterna, perchรฉ รจ tale agli occhi di Dio che รจ la vera misura della grandezza e anche perchรฉ realizza quello che cโรจ di piรน nobile nellโessere umano, e cioรจ la sua libertร . Non dipende da noi nascere forti o deboli, belli o meno belli, ricchi o poveri, intelligenti o poco intelligenti; dipende invece da noi essere onesti o disonesti, buoni o cattivi, santi o peccatori. Aveva ragione il musicista Gounod, lui stesso un genio, quando diceva che โuna goccia di santitร vale piรน di un oceano di genioโ.
La buona notizia, circa la santitร , รจ che non si รจ costretti a scegliere tra uno di questi tre generi di grandezza. Si puรฒ essere santi in ognuno di essi. Vi sono stati, e vi sono santi, tra i ricchi e tra i poveri, tra i forti e tra i deboli, tra i geni e le persone senza cultura. A nessuno รจ preclusa questa grandezza di terzo livello.
4. Rimettersi in cammino verso la santitร
Il nostro tendere alla santitร somiglia al cammino del popolo eletto nel deserto. Eโ anchโesso un cammino fatto di continue soste e ripartenze. Ogni tanto il popolo di fermava e piantava le tende; o perchรฉ era stanco, o perchรฉ aveva trovato dellโacqua e del cibo, o semplicemente perchรฉ รจ faticoso camminare sempre. Ma ecco che giunge, improvviso, lโordine del Signore a Mosรจ di levare le tende e riprendere il cammino: โSu, esci di qui, tu e il tuo popolo, verso la terra che ho promessoโ (Es 33, 1.
Nella vita della Chiesa, questi inviti a rimettersi in cammino si ascoltano soprattutto allโinizio dei tempi forti dellโanno liturgico o in occasioni particolari come รจ il giubileo della misericordia divina da poco aperto dal papa. Per ognuno di noi, singolarmente preso, il tempo di levare le tende e rimetterci in marcia verso la santitร , รจ quando ne avvertiamo nellโintimo il misterioso richiamo che viene dalla grazia. Allโinizio, cโรจ come un momento di arresto. Uno si ferma nel vortice delle proprie occupazioni, prende, come si dice, le distanze da tutto per guardare la sua vita quasi dal di fuori o dallโalto, sub specie aeternitatis. Affiorano allora le grandi domande: โChi sono? cosa voglio? Cosa sto facendo della mia vita?โ
Nonostante fosse un monaco, san Bernardo ebbe una vita molto movimentata: concili da presiedere, vescovi e abati da riconciliare, crociate da predicare. Ogni tanto, dice il suo biografo, egli si fermava e, quasi entrando in dialogo con se stesso, si domandava: โBernardo, a che sei venuto?โ (Bernarde, ad quid venisti?) . Per che cosa hai lasciato il mondo e sei entrato in monastero? Noi possiamo imitarlo; pronunciare il nostro nome (anche questo serve) e domandarci: Perchรฉ sei cristiano? perchรฉ sei sacerdote o religioso? Stai facendo quello per cui sei al mondo?
Nel Nuovo Testamento รจ descritto un tipo di conversione che potremmo definire la conversione-risveglio, o la conversione dalla tiepidezza. Nellโ Apocalisse si leggono sette lettere scritte agli angeli (secondo alcuni esegeti ai vescovi) di altrettante Chiese dellโAsia Minore. Nella lettera allโangelo di Efeso, egli comincia col riconoscere ciรฒ che il destinatario ha fatto di bene: โConosco le tue opere, la tua fatica e la tua costanza โฆ Sei costante e hai molto sofferto per il mio nome, senza stancartiโ. Poi passa a elencare ciรฒ che, invece, gli dispiace di lui: โHai abbandonato il tuo amore di un tempo!โ. Ed ecco che, a questo punto, risuona, come uno squillo di tromba tra addormentati, il grido del Risorto: Metanรฒeson, cioรจ, convรฉrtiti! Scuotiti! Dรฉstati! (Ap 2, l ss.).
Questa รจ la prima delle sette lettere. Molto piรน severa รจ lโultima di esse, quella indirizzata allโangelo della Chiesa di Laodicea: โConosco le tue opere: tu non sei nรฉ freddo nรฉ caldo. Magari tu fossi freddo o caldo!โ. Convรฉrtiti e torna ad essere zelante e fervoroso: Zeleue oun kai metanรฒeson! (Ap 3,15ss.). Anche questa, come tutte le altre, termina con quel misterioso avvertimento: โChi ha orecchi, ascolti ciรฒ che lo Spirito dice alle Chieseโ (Ap 3,22).
Santโ Agostino ci dร un suggerimento: cominciare a ridestare in noi un desiderio di santitร : โTutta la vita del buon cristiano โ scrive โ consiste in un santo desiderio [cioรจ, in un desiderio di santitร ]: Tota vita christiani boni, sanctum desiderium estโ . Gesรบ ha detto: โBeati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perchรฉ saranno saziatiโ (Mt 5, 6). La giustizia biblica, si sa, รจ la santitร . Ci lasciamo perciรฒ con una domanda su cui meditare in questo tempo di Avvento: โIo ho fame e sete di santitร , o mi sto rassegnando alla mediocritร ?โ
1. Il Concilio Vaticano II. Documenti, Edizioni Dehoniane, Bologna 1967, p.47.
2. Cf. Storia del concilio Vaticano II, a cura di G. Alberigo, vol. IV, Bologna 1999, pp. 68 ss.
3. Lumen gentium, 40.
4. Cf. Dt 32,4; Dn 3, 27; Ap 16, 7.
5. Cf. Rom 1, 7 e 1 Cor 1, 2.
6. N. Cabasilas, Vita in Cristo IV, 6 (PG 150, 613).
7. S. Bernardo, Omelie sul Cantico, 61, 4-5 (PL 183, 1072).
8. Cf. 1 Cor 1, 2; 1 Pt 1,2; 2, 15.
9. Lumen gentium, 40.
10. Cf. Sรธeren Kierkegaard, Diario X 1,A 154 (ed. a cura di C. Fabro, Brescia 1962, vol. I, p. 821).
11. B. Pascal, Pensieri 593.
12. Guglielmo di St. Thierry, Vita prima, I, 4 (PL 185, 238).
13. S. Agostino, In Epist. Joh. 4, 6 (PL 35, 2008).
