Alle ore 9 di oggi, nella Cappella Redemptoris Mater, alla presenza del Santo Padre Francesco, il Predicatore della Casa Pontificia, P. Raniero Cantalamessa, O.F.M. Cap., ha tenuto la prima Predica di Avvento sul tema: ยซTutto รจ stato fatto per mezzo di lui e in vista di luiยป (Colossesi 1,16).
Le meditazioni di Avvento di questโanno (due soltanto per ragioni di calendario) si propongono di rimettere la persona divino-umana di Cristo al centro delle due grandi componenti che, insieme, costituiscono โil realeโ, e cioรจ il cosmo e la storia, lo spazio e il tempo, il creato e lโuomo. Dobbiamo prendere atto, infatti, che, nonostante il gran parlare che si fa di lui, Cristo รจ un emarginato nella nostra cultura. Egli รจ del tutto assente โe per motivi piรน che comprensibili โ nei tre principali dialoghi in cui la fede รจ impegnata nel mondo contemporaneo: quello con la scienza, quello con la filosofia e quello tra le religioni.
Lo scopo ultimo non รจ pero di ordine teorico, ma pratico. Si tratta di rimettere Cristo anzitutto โal centroโ della nostra vita personale e della nostra visione del mondo, al centro delle tre virtรน teologali di fede, speranza e caritร . Il Natale รจ la stagione piรน propizia per una tale riflessione, dal momento che in esso ricordiamo il momento in cui il Verbo si fa carne, entrando, anche fisicamente nel creato e nella storia, nello spazio e nel tempo.
1. La terra era vuota
In questa prima meditazione riflettiamo sulla prima parte del programma annunciato: sul rapporto, cioรจ, tra Cristo e il cosmo. โIn principio Dio creรฒ il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano lโabisso e lo Spirito di Dio aleggiava sulle acqueโ (Gen 1, 1-2). Un autore medievale, lโabate inglese Alexander Neckam ( 1157- 1217), cosรฌ commenta in un suo poema questi versetti iniziali della Bibbia:
La terra era vuota perchรฉ il Verbo non si era ancora fatto carne.
La nostra terra era vuota perchรฉ non vi abitava ancora la pienezza della grazia e della veritร .
Era vuota perchรฉ non ancora resa ferma e stabile con lโunione alla divinitร .
La nostra abitazione terrena era vuota perchรฉ non era venuta la pienezza del tempo.
โE le tenebre ricoprivano lโabissoโ. Non era infatti venuta ancora la luce vera
Che illumina ogni uomo che viene in questo mondoโ .
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Credo che non si possa esprimere in modo piรน biblico e piรน suggestivo il rapporto che cโรจ tra creazione e incarnazione che leggendo in contrappunto lโinizio del libro della Genesi con lโinizio del Vangelo di Giovanni, come fa, appunto, questo autore. Lโenciclica Laudato siโ dedica a questo tema un paragrafo che, data la sua brevitร , possiamo ascoltare per intero:
Secondo la comprensione cristiana della realtร , il destino dellโintera creazione passa attraverso il mistero di Cristo, che รจ presente fin dallโorigine: โTutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di luiโ (Col 1,16). Il prologo del Vangelo di Giovanni (1,1-18) mostra lโattivitร creatrice di Cristo come Parola divina (Logos). Ma questo prologo sorprende per la sua affermazione che questa Parola โsi fece carneโ (Gv 1,14). Una Persona della Trinitร si รจ inserita nel cosmo creato, condividendone il destino fino alla croce. Dallโinizio del mondo, ma in modo particolare a partire dallโincarnazione, il mistero di Cristo opera in modo nascosto nellโinsieme della realtร naturale, senza per questo ledere la sua autonomia. (nr. 99).
Si tratta di sapere quale posto occupa la persona di Cristo nei confronti dellโintero universo. Questo รจ oggi un compito piรน urgente che mai. Maurice Blondel scriveva a un amico:
โDavanti agli orizzonti ingranditi della scienza della natura e dellโumanitร , non si puรฒ, senza tradire il cattolicesimo, rimanere su spiegazioni mediocri e a modi di vedere limitati che fanno del Cristo un incidente storico, che lo isolano nel Cosmo come un episodio posticcio, e sembrano fare di lui un intruso o uno spaesato nella schiacciante e ostile immensitร dellโUniversoโ .
I testi biblici su cui si fonda la nostra fede sul ruolo cosmico di Cristo sono quelli di Paolo e di Giovanni citati nellโenciclica che qui conviene richiamare per esteso. Il primo (anche in ordine cronologico) รจ Colossesi 1, 15-17:
โEgli รจ lโimmagine del Dio invisibile, il primogenito di ogni creatura; poichรฉ in lui sono state create tutte le cose che sono nei cieli e sulla terra, le visibili e le invisibili: troni, signorie, principati, potestร ; tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli รจ prima di ogni cosa e tutte le cose sussistono in luiโ.
Lโaltro testo รจ Giovanni 1, 3 e 10:
โTutto รจ stato fatto per mezzo di lui [il Verbo] e senza di lui nulla รจ stato fatto di ciรฒ che esisteโฆ il mondo รจ stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciutoโ.
Nonostante lโimpressionante consonanza di questi testi, รจ possibile individuare tra di loro una differenza di accento che avrร grande importanza nello sviluppo futuro della teologia. Per Giovanni, la cerniera che unisce creazione e redenzione รจ il momento in cui โil Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noiโ; per Paolo, essa รจ piuttosto il momento della croce. Per il primo รจ lโincarnazione, per il secondo รจ il mistero pasquale. Il testo di Colossesi prosegue infatti dicendo:
โร piaciuto infatti a Dio che abiti in lui tutta la pienezza e che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieliโ (col 1, 19-20)
La riflessione patristica, sotto lโincalzare delle eresie, ha valorizzato quasi soltanto un elemento di queste affermazioni: quello che essi dicono della persona di Cristo e della salvezza dellโuomo da lui operata; poco o nulla, invece, di quello che essi dicono della loro portata cosmica, cioรจ del significato di Cristo per il resto del creato.
Nei confronti degli ariani, questi testi servivano per affermare la divinitร e la preesistenza di Cristo. Il Figlio di Dio non puรฒ essere una creatura, argomentava Atanasio, dal momento che รจ il creatore di tutto. La portata cosmica del Logos nella creazione non trova un corrispettivo adeguato nella redenzione. Lโunico testo che si prestava a uno sviluppo in questo senso โ e cioรจ quello di Romani 8, 19-22 sulla creazione che geme e soffre come per le doglie di un parto โ non fu mai, che io sappia, il punto di partenza di una riflessione approfondita da parte dei Padri della Chiesa.
Alla domanda del โperchรฉโ della incarnazione, da santโAtanasio (De incarnatione) ad santโAnselmo da Aosta (Cur Deus homo), si risponde in sostanza con le parole del credo: โPropter nos homines et propter nostram salutem descendit de coeloโ: โPer noi uomini e per la nostra salvezza รจ disceso dal cieloโ. La prospettiva รจ quella antropologica del rapporto di Cristo con lโumanitร : non abbraccia, se non incidentalmente, il rapporto di Cristo con il cosmo. Questo affiora solo di riflesso nella polemica contro gli gnostici e i manichei che opponevano creazione e redenzione, come opera di due dii diversi e ritenevano la materia e il cosmo come intrinsecamente estranei a Dio e incapaci di salvezza.
A un certo punto dello sviluppo della fede, nel Medioevo, si fa strada unโaltra risposta alla domanda โPerchรฉ Dio si รจ fatto uomoโ. Puรฒ la venuta di Cristo, ci si chiede, che รจ il โPrimogenito di tutta la creazioneโ (Col 1, 15), dipendere totalmente dal peccato dellโuomo, intervenuto in seguito alla creazione?
Su questa linea, il Beato Duns Scoto fa il passo decisivo, sciogliendo lโIncarnazione dal suo legame essenziale con il peccato. Il motivo dellโIncarnazione, dice, sta nel fatto che Dio vuole avere, fuori di sรฉ, qualcuno che lo ami in modo sommo e degno di sรฉ . Cristo รจ voluto per se stesso, come il solo capace di amare il Padre โ ed essere da lui amato โ con un amore infinito, degno di Dio. Cristo si sarebbe incarnato anche se Adamo non avesse peccato, perchรฉ egli รจ il coronamento stesso della creazione, lโopera suprema di Dio. Il peccato dellโuomo ha determinato il modo dellโincarnazione conferendole il carattere di redenzione dal peccato, non il fatto stesso dellโIncarnazione. Questa ha un motivo trascendente, non occasionale.
2. La visione cosmica di Teilhard de Chardin
Quello di Scoto รจ un primo tentativo di dare un senso preciso alle affermazioni bibliche sul Cristo โper mezzo del quale e in vista del quale tutto รจ stato creatoโ; ma non si puรฒ certo parlare ancora, con lui, di una incidenza di fatto di Cristo su tutto il creato. Questo รจ invece possibile se facciamo un salto di secoli e, da Scoto, passiamo ai nostri giorni, a Teilhard de Chardin. Teilhard รจ preoccupato, come diceva Blondel, di evitare che, in una cultura dominata dallโidea dellโevoluzionismo, Cristo finisca per essere visto come โun incidente storico, isolato dal Cosmoโ.
Mettendo a frutto le sue indiscusse conoscenze scientifiche, Teilhard de Chardin vede un parallelismo tra la evoluzione del mondo (la Cosmogenesi) e la progressiva formazione del Cristo totale (Cristogenesi). Cristo, non solo non รจ estraneo allโevoluzione del cosmo, ma, misteriosamente, la guida dallโinterno e ne costituirร , al momento della Parusia, il compimento finale e la trasfigurazione, il โPunto Omegaโ, secondo il suo linguaggio.
Lโautore deduce da queste premesse tutta una visione nuova e positiva del rapporto tra cristianesimo e realtร terrene. Per la prima volta nella storia del pensiero cristiano, un credente compone un โInno alla materiaโ e un โInno dellโuniversoโ . Una fiammata di ottimismo attraversa un vasto settore della cristianitร , fino a far sentire il suo influsso su un documento del Concilio Vaticano II, la costituzione su โLa Chiesa e il mondoโ, Gaudium et spes. Cโรจ una rivalutazione delle attivitร terrene, prima tra tutte il lavoro umano. Le opere che il cristiano compie hanno un valore per se stesse, come miglioramento del mondo, non solo per lโintenzione pia con cui il cristiano le compie.
Teilhard de Chardin ha la penna particolarmente felice quando applica questa sua visione al sacramento dellโEucaristia. Attraverso il lavoro e la vita quotidiana del credente, lโEucaristia estende la sua azione allโintero cosmo. Ogni Eucaristia รจ una โMessa sul mondoโ .
โQuando, attraverso il sacerdote, Cristo dice: โQuesto รจ il mio corpoโ, le sue parole vanno ben al di lร del pezzo di pane sul quale sono pronunziate. Esse fanno nascere il corpo mistico tutto intero. Oltre lโOstia transustanziata, lโazione sacerdotale si estende al cosmo interoโ .
Non credo, tuttavia, che si possa definire questa spiritualitร cosmica, come una spiritualitร ecologica, nel senso attuale del termine. Prevale ancora nellโautore lโidea evolutiva del progresso, dellโascesa del creato verso forme sempre piรน complesse e diversificate, mentre non รจ presente, se non indirettamente, la preoccupazione per la salvaguardia del creato. A suo tempo, non si era ancora presa coscienza chiara del pericolo che lo sviluppo โ specie quello industriale โ puรฒ rappresentare per il creato, o almeno per quella minuscola parte di esso che ospita lโumanitร .
La fede biblica concorda con Teilhard de Chardin sul fatto che Cristo รจ il Punto Omega della storia, se per Punto Omega si intende colui che alla fine sottometterร a se tutte le cose, per consegnarle al Padre (1 Cor 15, 28), colui che inaugurerร โi cieli nuovi e la terra nuovaโ e pronuncerร il giudizio finale sul mondo e la sua storia (Mt 25, 31 ss.). Lo stesso Cristo risorto si definisce nellโApocalisse โlโAlfa e lโOmega, il primo e lโultimo, il principio e la fineโ (Ap 22, 13).
La fede non giustifica invece lโidea di Teilhard de Chardin secondo cui lโatto finale della storia sarร un โcoronamentoโ dellโevoluzione giunta al suo apogeo. Secondo la visione dominante in tutta la Bibbia, lโatto finale potrebbe essere il suo contrario, e cioรจ una brusca interruzione della storia, una crisi, un giudizio, il momento della separazione del grano dalla zizzania (Mt 13, 24 ss.). La Seconda Lettera di Pietro, dice che i cristiani aspettano โla venuta del giorno di Dio, nel quale i cieli in fiamme si dissolveranno e gli elementi incendiati fonderanno! (2 Pt 3, 12). Questa visione รจ quella che ha improntato il sentimento della Chiesa come si vede dalle parole iniziali del Dies irae: โDieae irae dies illa solvet saecclum in favilla: โGiorno dโira sarร quello, quando il mondo si sarร ridotto in cenereโ. Una fine dunque del male, piuttosto che un apogeo del bene, per quanto riguarda il mondo presente .
Questo lato debole della visione di Teilhard de Chardin dipende da una lacuna segnalata anche da studiosi ammiratori del suo pensiero . Egli non รจ riuscito a integrare in modo organico e convincente, nella sua visione, lโaspetto negativo del peccato e quindi neppure la visione drammatica di Paolo secondo cui la riconciliazione e la ricapitolazione di tutte le cose in Cristo avviene nella sua croce e nella sua morte.
3. Lo Spirito di Cristo
Esiste allora qualcosa che permetta di sfuggire al pericolo di fare di Cristo, come diceva Blondel, โun intruso o uno spaesato nella schiacciante e ostile immensitร dellโUniversoโ? In altre parole, Cristo ha qualcosa da dire sul problema scottante dellโecologia e della salvaguardia del creato, o questa si svolge del tutto indipendentemente da lui, come un problema che tocca semmai la teologia, ma non la cristologia?
La mancanza di una risposta chiara da parte dei teologi a questa domanda dipende, credo, come tante altre lacune, da una scarsa attenzione allo Spirito Santo e al suo rapporto con il Cristo risorto. โLโultimo Adamo, scrive Paolo, divenne Spirito datore di vitaโ (1 Cor 15, 45); LโApostolo arriva a dire, con una formula fin troppo concisa: โIl Signore รจ lo Spiritoโ (2 Cor 3, 17), per sottolineare che il Signore risorto agisce ormai nel mondo attraverso il suo โbraccio operativoโ che รจ lo Spirito Santo.
Lโaccenno alla creazione che soffre nel travaglio del parto รจ fatto da Paolo nel contesto del discorso sulle diverse operazioni dello Spirito Santo. Egli vede una continuitร tra il gemito della creazione e quello del credente: โEssa (la creazione) non รจ la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormenteโ (Rom 8, 23).
Lo Spirito Santo รจ la forza misteriosa che spinge la creazione verso il suo compimento. Parlando dellโevoluzione dellโordine sociale, il concilio Vaticano II afferma che โlo Spirito di Dio che, con mirabile provvidenza, dirige il corso dei tempi e rinnova la faccia della terra, รจ presente a tale evoluzioneโ . Quello che il Concilio afferma dellโordine sociale vale di tutti gli ambiti, compreso quello cosmico. In ogni sforzo disinteressato e in ogni progresso nella custodia del creato รจ allโopera lo Spirito Santo. Egli che รจ โil principio della creazione delle coseโ , รจ anche il principio della sua evoluzione nel tempo. Questa infatti altro non รจ se non la creazione che continua.
Cosa apporta di specifico e di โpersonaleโ lo Spirito Santo nella creazione e nella evoluzione del cosmo? Egli non รจ allโorigine, ma, per cosรฌ dire, al termine della creazione e della redenzione, come non รจ allโorigine, ma al termine del processo trinitario. Nella creazione -scrive san Basilio โ il Padre รจ la causa principale, colui dal quale sono tutte le cose; il Figlio la causa efficiente, colui per mezzo del quale tutte le cose sono fatte; lo Spirito Santo รจ la causa perfezionante .
Dalle parole iniziali della Bibbia (โIn principio Dio creรฒ il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano lโabisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acqueโ), si deduce che lโazione creatrice dello Spirito รจ allโorigine della perfezione del creato; egli, diremmo, non รจ tanto colui che fa passare il mondo dal nulla allโessere, quanto colui che lo fa passare dallโessere informe allโessere formato e perfetto, anche se va sempre tenuto presente che ogni azione che Dio compie fuori di sรฉ รจ sempre opera congiunta di tutta la Trinitร .
In altre parole, lo Spirito Santo รจ colui che, per sua natura, tende a far passare il creato dal caos al cosmo, a fare di esso qualcosa di bello, di ordinato, pulito: un โmondoโ appunto, secondo il significato originario di questa parola. SantโAmbrogio osserva:
โQuando lo Spirito cominciรฒ ad aleggiare su di esso, il creato non aveva ancora alcuna bellezza. Invece, quando la creazione ricevette lโoperazione dello Spirito, ottenne tutto questo splendore di bellezza che la fece rifulgere come โmondoโ โ .
Un anonimo autore del II secolo vede questo prodigio ripetersi, con impressionante corrispondenza, nella nuova creazione che si attua nella Pasqua di Cristo. Quello che โlo Spirito di Dioโ operรฒ al momento della creazione, lo opera ora โlo Spirito di Cristoโ nella redenzione. Scrive lโautore:
Lโuniverso intero era sul punto di ricadere nel caos e di dissolversi per lo sgomento di fronte alla passione, quando Gesรบ emise il suo Spirito divino esclamando: โPadre, rimetto il mio Spirito nelle tue maniโ (Lc 23, 46). Ed ecco che nel momento in cui tutte le cose erano agitate da un fremito e sconvolte per la paura, subito, allโeffondersi dello Spirito divino, come rianimato, vivificato e consolidato, lโuniverso ritrovรฒ la sua stabilitร .
4. Come Cristo agisce nel creato
Resta una domanda che รจ quella piรน rilevante di tutte quando si tratta di ecologia: Cristo ha qualcosa da dire anche sui problemi pratici che la sfida ecologica pone allโumanitร e alla Chiesa? In che senso possiamo dire che Cristo, operante attraverso il suo Spirito, รจ lโelemento chiave per un sano e realistico ecologismo cristiano?
Io penso che, sรฌ, Cristo svolge una funzione decisiva anche sui problemi concreti della salvaguardia del creato, ma la svolge in maniera indiretta, operando sullโuomo e โ attraverso lโuomo โ sul creato. La svolge con il suo Vangelo che lo Spirito Santo โricordaโ ai credenti e rende vivo e operante nella storia, fino alla fine del mondo (Gv 16,13). Avviene come allโinizio della creazione: Dio crea il mondo e ne affida la custodia e la salvaguardia allโuomo. La preghiera eucaristica IV lo esprime cosรฌ:
A tua immagine hai formato lโuomo,
alle sue mani operose hai affidato lโuniverso
perchรฉ nellโobbedienza a te, suo creatore,
esercitasse il dominio su tutto il creato.
La novitร recata da Cristo in questo campo รจ che egli ha rivelato il vero senso della parola โdominioโ, come esso รจ inteso da Dio, vale a dire come servizio. Dice nel Vangelo:
โVoi sapete che i governanti delle nazioni dรณminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarร cosรฌ; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarร vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarร vostro schiavo. Come il Figlio dellโuomo, che non รจ venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per moltiโ (Mt 20, 25-29).
Tutte le motivazioni che i teologi hanno cercato di dare allโincarnazione, al โperchรฉ Dio si รจ fatto uomoโ, si infrangono dinanzi allโevidenza di questa dichiarazione: โSono venuto per servire e per dare la vita per moltiโ. Si tratta di applicare questa nuova idea di dominio anche al rapporto con il creato, servendosi, sรฌ, di esso, ma anche servendolo, cioรจ rispettandolo, difendendolo e proteggendolo da ogni manomissione.
Cristo agisce nel creato come agisce nellโambito sociale, e cioรจ con il suo precetto dellโamore del prossimo. In rapporto allo spazio, in senso per cosรฌ dire sincronico, โprossimoโ sono quelli che, ora e qui, ci vivono accanto; in rapporto al tempo, in senso diacronico, prossimi sono quelli che verranno dopo di noi, a cominciare dai bambini e i giovani di oggi, ai quali stiamo togliendo la possibilitร di vivere in un pianeta abitabile, senza dover andare in giro con una maschera sul viso per respirare o โfondare colonie su altri pianetiโ. Di tutti questi prossimi, nello spazio e nel tempo, Gesรน ha detto: โLโavete fatto a meโฆ Non lo avete fatto a meโ (Mt 25, 40.45).
Come tutte le cose, anche la cura del creato si gioca su due livelli: il livello globale e il livello locale. Un detto moderno esorta a pensare globalmente, ma agire localmente: Think globally, act locally. Questo vuol dire che la conversione deve cominciare dallโindividuo, cioรจ da ciascuno di noi. Francesco dโAssisi era solito dire ai suoi frati: โNon sono mai stato ladro di elemosine, nel chiederne o nellโusarne oltre il bisogno. Presi sempre meno di quanto mi occorreva, affinchรฉ gli altri poveri non fossero privati della loro parte; perchรฉ fare altrimenti, sarebbe rubareโ .
Oggi questa regola potrebbe avere unโapplicazione quanto mai utile per lโavvenire della terra. Anche noi dovremmo proporci: non essere ladri di risorse, usandone piรน del dovuto e sottraendole cosรฌ a chi verrร dopo di noi. Tanto per cominciare, noi che lavoriamo di solito con le carte, potremmo cercare di non contribuire allโenorme e sconsiderato spreco che si fa di questa materia prima, privando cosรฌ madre terra di qualche albero in meno.
Il Natale รจ un richiamo forte a questa sobrietร e parsimonia nellโuso delle cose. Ce ne da lโesempio lo stesso Creatore che, facendosi uomo, si รจ accontentato di una stalla per nascere. Ricordiamo quei due versi semplici e profondi del canto โTu scendi dalle stelleโ di SantโAlfonso Maria dei Liguori: โA te che sei del mondo il Creatore โ Mancano panni e fuoco, o mio Signoreโ.
Tutti, credenti e non credenti, siamo chiamati a impegnarci per lโideale della sobrietร e del rispetto del creato, ma noi cristiani dobbiamo farlo per un motivo e con una intenzione in piรน e diversa. Se il Padre celeste ha fatto tutto โper mezzo di Cristo e in vista di Cristoโ, anche noi dobbiamo cercare di fare tutte le cose cosรฌ: โper mezzo di Cristo e in vista di Cristoโ, cioรจ con la sua grazia e per la sua gloria. Anche quello che facciamo in questo giorno.
1. A. Neckam, De naturis rerum, I, 2 (ed. Th. Wright 1863, p. 12 s).
2.M. Blondel et A. Valensin, Correspondance, Aubier, Parigi 1965.
3.Duns Scoto, Opus Parisiense, III, 7, 4 (Opera omnia, XXIII, Parigi 1894, p. 303).
4.Mon Univers (1924), in Inno dellโUniverso, a cura di N.M. Wildiers, Queriniana, Brescia 19952, p. 54.
5.T. de Chardin, La Messe sur le monde (1923), in Hymne de lโunivers, ลuvres, รฉd. du Seuil, Parigi 1961, pp. 17 ss.
6.T. de Chardin, Comment je crois (1923), ed. du Seuil, Parigi 1969, p. 90).
7.Secondo S. Agostino, la fine consisterร nella separazione dei buoni dai cattivi, nella distruzione (conflagratio) del mondo presente e nel suo rinnovo: cf. De civitate Dei, XX, 30,5.
8.C. Mooney, Teilhard de Chardin et le Mystรจre du Christ, Paris 1966, pp. 229 ss.
9.Gaudium et Spes, 26.
10.Tommaso dโAquino, Somma contro i gentili, IV, 20, n. 3570 (Marietti, Torino 1961, vol. 3, p. 286).
11.S. Basilio, Sullo Spirito Santo, XVI, 38 (PG 32, 136).
12.S. Ambrogio, Sullo Spirito Santo, II, 32.
13.Anonimo Quartodecimano del II sec [Pseudo Ippolito], Omelia sulla Santa Pasqua, 106 (SCh 27, 1950); trad. Italiana in I piรน antichi testi pasquali della Chiesa, a cura di R. Cantalamessa, Roma, Edizioni Liturgiche 2009, pp. 93-94).
14.Celano, Specchio di perfezione 12 (FF 1695).
