Nota del Consiglio Episcopale sul Triduo Pasquale – Vicariato di Roma

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Reverendo Confratello,

il Triduo della Passione e della Risurrezione del Signore รจ il vertice dell’anno liturgico, ยซpoichรฉ l’opera della redenzione umana e della perfetta glorificazione di Dio รจ stata compiuta da Cristo specialmente per mezzo del Mistero Pasquale, col quale morendo ha distrutto la nostra morte e risorgendo ci ha ridonato la vitaยป (Norme generali dell’anno liturgico e del calendario, n. 18).

La riforma liturgica del Concilio Vaticano II, riprendendo fondamentalmente quella precedente di Pio XII andata in vigore nella Pasqua del 1956, ha recuperato e ribadito la visione del Triduo Pasquale come un tutto unitario, in cui si celebra la Passione, Morte e Risurrezione di Cristo (cfr. ICor 15, 3-4). Pertanto, la Liturgia di ciascuno dei giorni del Triduo, pur concentrando la sua attenzione su una delle fasi del Mistero Pasquale, mette sempre in evidenza la globalitร  e unicitร  del mistero.

Dalla celebrazione dello stesso Mistero Pasquale, che si compie in pienezza nell’eucaristia, la Chiesa non solo ha origine, ma continuamente vive e cresce (Lumen Gentium, n. 26), fino a raggiungere la pienezza di Cristo (cfr. Ef 4,13).

รˆ necessario, quindi, che il popolo di Dio celebri e viva le azioni liturgiche che si compiono nel Triduo con la consapevolezza che esse sono il centro di tutta la vita cristiana, tanto per la Chiesa universale, quanto per le comunitร  locali della medesima Chiesa (Cfr. Eucharisticum Mysterium, n. 6). La comunione della vita divina e l’unitร  del popolo di Dio, come corpo mistico di Cristo, รจ infatti adeguatamente espressa e mirabilmente realizzata da quanto viene celebrato (ivi).

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La Costituzione Sacrosantum Concilium ricorda, inoltre, che le celebrazioni liturgiche presiedute dal Vescovo, e in suo nome, dal parroco, devono avere la piรน grande importanza (Cfr. nn. 41-42), sapendo che in esse c’รจ la principale manifestazione della Chiesa come popolo della Nuova Alleanza.

Infatti, la Parrocchia, come รจ stato ripreso dal Concilio Vaticano II, รจ una comunitร  di fedeli costituiti nella Chiesa particolare sotto l’autoritร  del Vescovo che la affida a un Parroco che ne รจ il Pastore proprio (Cfr. CIC, can. 5151 ยง1).

San Giovanni Paolo II nella Esortazione post-sinodale sulla vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo Christifideles laici, ha sottolineato che: ยซLa comunione ecclesiale, pur avendo sempre una dimensione universale, trova la sua espressione piรน immediata e visibile nella Parrocchia: essa รจ l’ultima localizzazione della Chiesa, รจ in un certo senso la Chiesa stessa che vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie.

รˆ necessario che tutti riscopriamo, nella fede, il vero volto della Parrocchia, ossia il ยซmisteroยป stesso della Chiesa presente e operante in essa: anche se a volte povera di persone e di mezzi, anche se altre volte dispersa su territori quanto mai vasti o quasi introvabile all’interno di popolosi e caotici quartieri moderni, la Parrocchia non รจ principalmente una struttura, un territorio, un edificio; รจ piuttosto “la famiglia di Dio, come ima fraternitร  animata dallo spirito d’unitร ”, รจ “una casa di famiglia, fraterna ed accogliente”, รจ la “comunitร  di fedeli”. In definitiva, la Parrocchia รจ fondata su di una realtร  teologica, perchรฉ essa รจ una comunitร  eucaristica. Ciรฒ significa che essa รจ una comunitร  idonea a celebrare l’Eucaristia, nella quale stanno la radice viva del suo edificarsi e il vincolo sacramentale del suo essere in piena comunione con tutta la Chiesa.

Tale idoneitร  si radica nel fatto che la Parrocchia รจ una comunitร  di fede e una comunitร  organica, ossia costituita dai ministri ordinati e dagli altri cristiani, nella quale il parroco – che rappresenta il Vescovo diocesano – รจ il vincolo gerarchico con tutta la Chiesa particolareยป (Christifideles Laici, n. 26).

La Parrocchia, in quanto comunitร  radunata attorno alla mensa della Parola e dell’Eucaristia รจ il luogo dell’apostolato comunitario, perchรฉ fonde insieme tutte le diversitร  organiche, affinchรฉ vi risuoni la sinfonia composta dallo Spirito. รˆ giร  nella Parrocchia, pertanto, che si esprime la vocazione universale della Chiesa per cui il particolare รจ parte di un tutto organico e ciascuno รจ a servizio di tutto il corpo.

Ogni battezzato รจ invitato, cosรฌ, ad apportare alla Comunitร  particolare il proprio contributo e l’espressione del proprio carisma a ogni iniziativa apostolica missionaria della propria famiglia che la Parrocchia rappresenta (Cfr. Apostolicam Actuositatem, n.10).

Se questo รจ l’invito proposto ai laici, tanto piรน รจ rivolto alle Comunitร  religiose che sono sorte nella Chiesa come accadimento dello Spirito per il bene universale di tutti gli uomini.

Questa universalitร  il religioso/ a la puรฒ trovare servendo la Chiesa particolare in cui รจ inserito/ a, apportando con frutto la caratteristica del proprio carisma e del proprio servizio al popolo di Dio (cfr. Perfectae Caritatis, n. 2, c).

Anche la storia dei primi secoli ci dice che sia a Gerusalemme come a Roma, la comunitร  cristiana si riuniva tutta in un medesimo luogo, intorno al Vescovo, per la celebrazione della Pasqua settimanale e di quella annuale (Cfr. Giustino, Apologia, 65). Gli stessi monaci, che celebravano la Liturgia delle Ore nei loro rispettivi monasteri, partecipavano poi all’Eucaristia insieme al Vescovo, il clero e i fedeli. Tutto ciรฒ mirava a manifestare l’unitร  della Chiesa intorno all’unico evento sacramentale che fonda la comunione di tutti in Cristo Signore (Cfr. ICor 12,12).

Pertanto, dando seguito alle norme indicate dalla Congregazione per il Culto Divino nella Lettera circolare sulla preparazione e celebrazione delle feste pasquali, Pashalis sollemnitatis del 16 gennaio 1988 e alle note pastorali sulla celebrazione del Triduo Pasquale, giร  pubblicate sulla Rivista Diocesana di Roma (Anno XXI, N. 3-4, Marzo-Aprile 1980, pp. 438-443), il Consiglio Episcopale della Diocesi di Roma ha ritenuto opportuno

CONFERMARE E STABILIRE QUANTO SEGUE:

  1. per compiere convenientemente le celebrazioni del Triduo pasquale – che richiedono di per sรฉ un congruo numero di ministri e ministranti -, esprimere visibilmente l’unitร  del popolo santo Dio (cfr. Eucharisticum Mysterium 17) ed esperire in modo piรน profondo il senso di appartenenza alla comunitร  ecclesiale, coloro che frequentano le rettorie (e luoghi di culto equiparati: chiese annesse, luoghi sussidiari di culto, ecc.), nonchรฉ gli oratori aperti al pubblico delle comunitร  religiose e di altre comunitร  (gruppi, associazioni, movimenti e nuove comunitร ) sono esortati a prendere parte alle celebrazioni del Triduo pasquale nelle chiese parrocchiali (cfr. Eucharisticum Mysterium n. 26).
    La celebrazione delle azioni liturgiche del Triduo nelle chiese non parrocchiali sia, dunque, limitata ai soli casi di vera necessitร  pastorale, da sottoporre al giudizio del Vescovo ausiliare di settore e previo suo consenso[1]. Si devono considerare, pertanto, revocati tutti i permessi dati in precedenza.
    Qualora il Vescovo ausiliare autorizzi a fare piรน celebrazioni nel territorio della Parrocchia per un’autentica ragione pastorale, ci si impegni non solo a stabilire orari diversi, ma con l’ausilio dei Prefetti a valorizzare, in modo diversificato, gli elementi e le possibilitร  offerte dai libri liturgici.
  2. รˆ bene evitare che la Veglia Pasquale sia riservata a gruppi particolari e, pertanto, nessuna assemblea sia ยซchiusaยป: questo apparirebbe in aperto contrasto con il ยซsenso della Chiesaยป che tale celebrazione deve esprimere e fomentare (cfr. Lumen Gentium 11). Infatti, in ogni realtร  sacramentale e specialmente nell’Eucaristia, lo Spirito Santo ci trasforma in sostanza di Chiesa, ovvero in una comunitร  che si manifesta come ยซun solo corpo e un solo spiritoยป (Preghiera Eucaristica III).
    Tuttavia, oltre che nella Parrocchia, il Sacro Triduo potrร  essere celebrato in quei luoghi in cui si รจ oggettivamente impossibilitati a prendere parte alla celebrazione liturgica della comunitร  parrocchiale (come, per esempio, nei monasteri di clausura, negli ospedali e nelle carceri). In queste realtร , perรฒ, si celebri il Triduo con decoro e nella sua interezza – dalla Messa vespertina della Cena del Signore alla Domenica di Risurrezione – per garantire la visione unitaria del mistero di Passione, Morte e Risurrezione. Pertanto, qualora ciรฒ non fosse possibile, si eviti di celebrare solo una sua parte.
    Non รจ ammissibile la doppia celebrazione del Triduo pasquale, o di parte di esso, airinterno della stessa comunitร  parrocchiale, se non per ragioni pastorali comprovate.
  3. รˆ pastoralmente opportuno che il Battesimo sia conferito solo nella Veglia celebrata in Parrocchia o dove il Parroco presiede con la sua comunitร  parrocchiale[2].
    Se nello stesso territorio esistono piรน chiese non parrocchiali – rettorie o luoghi di culto equiparati – si scelga quello che risulti piรน idoneo per consentire una maggiore partecipazione dei fedeli e uno svolgimento piรน decoroso delle azioni liturgiche.
    Per l’importanza e unitร  del Triduo pasquale non si inserisca la Prima Eucaristia al Giovedรฌ Santo nella Messa ยซnella Cena del Signoreยป, come espressamente proibito dall’Istruzione della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti (cfr. Redemptionis sacramentum, n. 87).
  4. In prossimitร  o nei primi giorni della settimana santa si valorizzi la celebrazione comunitaria del Sacramento della Riconciliazione con la possibilitร  delle confessioni individuali. Tale celebrazione puรฒ essere convenientemente celebrata in quelle chiese (rettorie, ecc.) del territorio parrocchiale dove giร  questo Sacramento viene normalmente amministrato.
    Questa celebrazione si faccia, perรฒ, prima del Triduo pasquale e non preceda immediatamente la messa vespertina nella Cena del Signore. Si abbia cura, anzi, di non ascoltare le confessioni durante le celebrazioni liturgiche (cfr. Rito della penitenza, Premesse 13).
    รˆ, invece, cosa lodevole che tutti i sacerdoti disponibili ed in particolare i Rettori di chiese e i presbiteri religiosi si mettano a disposizione delle parrocchie in momenti stabiliti attraverso il ministero sacerdotale dell’ascolto delle confessioni e nella concelebrazione con i parroci, manifestando in tal modo quell’unitร  del sacerdozio che รจ una grazia della stessa Sacra Ordinazione.
  5. I Parroci, nelPimminenza della settimana santa, abbiano allora la premura pastorale di convocare i responsabili delle comunitร  religiose maschili e femminili che hanno una chiesa o un oratorio pubblico nel territorio parrocchiale, come pure quelli di eventuali comunitร  o gruppi ecclesiali, per concordare anche con loro le modalitร  e la preparazione della celebrazione del Triduo pasquale, seguendo le indicazioni del Messale Romano e degli altri Libri liturgici.
    Il Parroco si avvalga, dunque, del contributo di tutti (Lettori, Accoliti, Ministri straordinari della Comunione, Animatori del Coro, Gruppo liturgico) perchรฉ la partecipazione attiva alle azioni liturgiche della Parrocchia sia piรน proficua (cfr. Sacrosanctum Concilium n. 14).
  6. I movimenti ecclesiali che per Statuto approvato dall’Autoritร  ecclesiastica ritengano utile per il loro cammino formativo e catechetico, oppure in caso di un’assemblea troppo numerosa, celebrare la Veglia Pasquale con la loro comunitร , possono farlo con il permesso del Parroco anche in luoghi idonei all’esercizio del Culto Divino (chiese non parrocchiali, ecc.), tenendo presente che tuttavia รจ preferibile, se possibile, la celebrazione in Parrocchia e altresรฌ quanto esposto al punto c). Tuttavia, i responsabili di suddetti movimenti studino di favorire quanto piรน possibile la celebrazione quanto piรน partecipata possibile, riunendo piรน gruppi ed evitando la moltiplicazione non giustificata di piccole assemblee.
    Lร  dove l’aiuto di tali movimenti potrร  stimolare la Parrocchia a una partecipazione piรน ricca della Veglia pasquale il Parroco, in conformitร  a quanto qui precisato, coinvolga i responsabili dei movimenti tenendo sempre presente l’unitร  della Comunitร  parrocchiale.
  7. Si ricorda, a proposito, che la Veglia pasquale deve essere celebrata effettivamente ยซall’inizio della notte e terminare prima dell’alba della domenicaยป (Norme generali dell’anno liturgico e del calendario, 21).
    La riduzione delle letture previste, inoltre, non sia fatta con superficialitร  o per motivi non consoni a una vera utilitร  pastorale. La parola di Dio, infatti, che nelle varie pericopi presenta le fasi salienti della storia della salvezza, ยซรจ parte fondamentale della Vegliaยป (Norme generali dell’anno liturgico e del calendario, n. 21).

A tutti i carissimi Confratelli ricordiamo che se in ogni momento deve guidarci la preoccupazione di non disperdere il gregge e che tutti possano fare una matura e autentica esperienza di Chiesa, ancor piรน questa ansia apostolica e pastorale ci deve sostenere nei momenti celebrativi della Grande settimana Santa e in particolar modo del Sacro Triduo.

Il Consiglio Episcopale della Diocesi di Roma

[1] Si puรฒ suggerire di inoltrare domanda al Vescovo ausiliare di zona attraverso l’Ufficio Liturgico.

[2] Resta proibita senza eccezioni la celebrazione di questo Sacramento nelle Rettorie, in cappelle, in oratori anche aperti al pubblico (cfr. OC, can. 860).

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