Quanta nostalgia attraversa queste nostre giornate. Nostalgia di normalitร da recuperare, di responsabilitร da condividere, di parole sensate, di progetti realizzabili, di futuro credibile. Nostalgia anche di uomini e donne significativi per la serietร del loro impegno e per lโefficacia della loro presenza.
A volte puรฒ essere utile guardarsi un poโindietro.
Senza romanticismi a buon mercato e senza facili idealizzazioni. E, se appunto mi guardo indietro non posso dimenticare quel ยซsono un venditore di speranzaยป, comโera solito dire di sรฉ Giorgio La Pira (1904 – 1977). Mi piacerebbe che lโex sindaco di Firenze continuasse a vendere questa merce sempre piรน rara, anzi a volte contrabbandata con i suoi sottoprodotti: lโillusione, parole sdolcinate, promesse chiaramente irrealizzabili.
Temo perรฒ che oggi non sarebbe consentito a La Pira di vendere speranza, come non gli รจ stato facile da vivo. ยซMi dicono santo – si lamentava – per non dirmi grullo!ยป. Non รจ facile nemmeno ora che รจ stato introdotto il suo processo di beatificazione. Anzi, paradossalmente e per alcuni, la beatificazione potrebbe ridurre la forza rivoluzionaria della sua proposta a causa della nostra mania di imbalsamare i santi o di metter loro aureole pre-confezionate, che trascinano questi uomini e donne ai margini della storia che noi giorno per giorno viviamo.
ยซNon vorrei che lo si santificasse per metterlo in frigidaireยป, ha affermato Enzo Enriques Agnoletti. Stessa preoccupazione espressa dal cardinale Piovanelli (9 gennaio 1986) quando disse: ยซLungi da me la celebrazione di un passato per poter raccontare a noi stessi la nostalgia di un tempo dโoro perduto, col quale confrontare uno scialbo presenteยป.
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Pur in presenza di un forte bisogno di testimoni credibili in un mondo, il nostro, che sembra soffrirne terribilmente la mancanza, non serve nutrirsi di nostalgia inconcludente. Giorgio La Pira รจ inadatto a nutrire una simile nostalgia. ร un uomo che, come minimo, mette a disagio.
Un disagio provocato dalla mancanza di grandezza, dalla mancanza di “prudenza”, dalla mancanza di calcolo. Disagio provocato, a volte, addirittura dalla sua ingenuitร . Forse, รจ proprio partendo da questo disagio che possiamo scoprire ciรฒ che puรฒ fare, oggi, di La Pira un testimone e di tanta altra gente soltanto dei comuni strilloni di idee senza possibilitร di reali riscontri. Il disagio piรน evidente, dinanzi a La Pira, dovrebbero viverlo sia la struttura ecclesiastica sia quella politica. Di frequente esse sono tanto povere di speranza, da non riconoscere la luce e da non saper piรน correre i rischi e le imprudenze dellโamore. E quelli del sindaco di Firenze erano rischi veri, in quanto gesti vissuti da un uomo realmente attento al clima nel quale operava. Non ignorava, ad esempio, lโenorme potenziale distruttivo che era ed รจ ancora di piรน oggi nelle mani degli uomini. NellโEpifania del 1963, scrivendo un messaggio ai reggitori dei popoli di tutto il mondo, cosรฌ si esprimeva: ยซSiamo sul crinale apocalittico della storia, nellโun versante cโรจ la distruzione della terra e dellโintera famiglia dei popoli, dallโaltro versante cโรจ la millenaria fioritura della terra, della intera ed unitaria famiglia umanaยป.
Nel 1955 scrisse: ยซFino a quando voi mi lasciate in questo posto, mi opporrรฒ con energia massima a tutti i soprusi dei ricchi e dei potenti. Non lascerรฒ senza difesa la parte debole della cittร ; chiusure di fabbriche, licenziamenti e sfrattati troveranno in me una diga non facilmente abbattibile… Tuttavia la vera politica sta qui: difendere il pane e la casa della piรน gran parte del popolo italiano. Il pane (e quindi il lavoro) รจ sacro; la casa รจ sacra: non si tocca impunemente nรฉ lโuno nรฉ lโaltra. Questo non รจ marxismo: รจ Vangeloยป.
Questโultima annotazione non รจ buttata lรฌ per caso. Cโera chi, vedendolo realmente impegnato sulla base di quanto diceva, lo definiva un “comunistello da sacrestia” o, come capitava a don Sturzo, si preoccupava che, cosรฌ facendo, il sindaco di Firenze preparasse in Italia lโinstaurazione del socialismo. A questo La Pira replicava dicendo che ยซessere senza casa e senza lavoro รจ la peggiore delle calamitร ยป.
ร del 1950 un saggio divenuto famoso e pubblicato in Cronache sociali con il titolo “Lโattesa della povera gente”. In esso troviamo la tesi lapiriana riguardo alla disoccupazione: essa deve essere prevenuta per ragioni umane, politiche e religiose e puรฒ essere combattuta con tecniche appropriate.
ยซร un dovere morale – diceva – e si puรฒยป.
La disponibilitร di La Pira verso i giovani, poi, ebbe modo di esprimersi subito, appena questi si presentรฒ allโUniversitร in qualitร di professore di Diritto Romano. Agli studenti ebbe a dire: ยซLa mia vita รจ vostra e io ve la debbo fino allโultimo respiro, e voi lโavreteยป. Dare la vita non fu unโespressione generica, ma si concretizzรฒ nellโessere attento a leggere il “nuovo”, anche scomodo e provocante, che veniva dai giovani. ยซEssi – diceva – sono come le rondini, sentono in anticipo il cambio delle stagioni e volano verso la primaveraยป.
La Pira fu un grande utopista? Sรฌ, se per “utopia” intendiamo il realismo vero, quello che non si lascia isterilire dalla paura o dal calcolo.
NUNZIO GALANTINO
Fonte
Il Sole 24 Ore โ COMMENTI E INCHIESTE / Testimonianze dai confini โ 12 maggio 2018
