LIBRO – Eravamo ebrei. Questa era la nostra unica colpa

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Alberto Mieli dopo settantโ€™anni racconta per la prima volta alla nipote Ester la sua infernale esperienza da deportato nel campo di concentramento di Auschwitz.

ยซNon cโ€™รจ ora del giorno o della notte in cui la mia mente non vada a ripensare alla vita nei campi, a quello che i miei occhi sono stati costretti a vedere.ยป

Ricorda la vita in una Roma nazifascista, le leggi razziali e il giorno in cui รจ stato portato via dalle SS, dopo il tragico 16 ottobre 1943. Rivive, ancora con le lacrime agli occhi, lโ€™arrivo nei campi, lโ€™odore acre dei corpi che bruciavano nei forni crematori in funzione tutti i giorni. Parla del lavoro giornaliero e stremante, dei corpi senza vita ammassati gli uni sugli altri, della stanchezza e della fame continua e cieca che pativa, fame che ha portato alla pazzia e poi alla morte migliaia di deportati.
Fame di cibo, di vita, di libertร .

ยซAd Auschwitz ho visto lโ€™apice della cattiveria umana.ยป

Con queste parole Alberto Mieli racconta, con dolore, aneddoti e luoghi, parla delle torture subite. Ridisegna volti di gente incontrata e poi persa, spiega come sia riuscito a convivere tutta una vita con questa doppia cicatrice: una alla gamba, causata da una granata lanciata dagli Alleati esplosagli troppo vicino e che a volte ancora sanguina, e una piรน grande nel cuore.

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