Il sapone di Natale

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Ahmed, Yassine e Omar non credevano ai propri occhi! Dopo aver assistito a lungo alla “preghiera dei cristiani” alla vigilia di Natale, eccoli, davanti alla porta della chiesa Saint François, Avenue Soekarno a Rabat. Nelle loro mani, un enorme cesto pieno di saponi al profumo di lavanda e biglietti di auguri. Così è stato anche il giorno di Natale. Ma ecco la loro sorpresa: accolti all’ingresso dal vescovo in persona, il Cardinale Cristóbal. È lui stesso a disporli, poi, sui gradini, allineati come statue di un presepe vivente, proprio davanti al portone della Cattedrale. Protagonista, naturalmente, il loro “sapone di Natale”.

In questo gesto inedito, che rompe le loro abitudini di tendere tristemente la mano per le strade di Rabat, stanno, invece, qui diritti, orgogliosi e seri. “L’homme est dignité!” (l’uomo è dignità) scriveva qualcuno. Anche il giovane Omar, mezzo addormentato, che aveva appena lottato con il freddo della notte nascosto dietro un cespuglio vicino alla cattedrale.

Espulso dalla sua stanza, a causa del mese non pagato. A fatica si riesce a convincerlo, volendo iniziare la giornata con il suo “lavoro” di mendicante… Così, alle porte della chiesa questi tre originali “re magi” offrono per pochi dirham ciò che provoca un sorprendente sorriso tra i fedeli…  Ecco qualcosa con cui lavarsi durante le feste! Precedentemente,  avevano decorato il tutto, come un regalo, con nastri argento e d’oro.

Sì, un lavoro ben fatto con entusiasmo per i cristiani, che escono da messa. E questo da loro, musulmani, subsahariani di nascita, nomadi per vocazione, coinvolti in un progetto incredibile per il loro coraggio: quello di passare a tutti i costi in Europa! Giovani maledetti. Sì, cacciati da tutte le terre: dalla propria, per mancanza di futuro e da quella sognata, per le dure illusioni svanite. Le offerte raccolte serviranno per il cibo, perché la fame è il loro peggiore nemico ma, paradossalmente, la loro compagnia quotidiana… Si presentano, così, il giorno della festa di Natale, vestiti miseramente come veri pastori.

Tanto somiglianti a quelli di Betlemme, quelli che per primi avevano accolto e adorato il Bambino, aggiungendo la loro voce alla corale degli angeli. I cristiani di tutto il mondo, in questa occasione, celebrano la nascita di Cristo. Era un grande profeta – questo loro lo sanno bene – ma che sceglieva la semplicità, l’umiltà e il silenzio di una notte, per dare speranza al mondo. Era come un’alba luminosa per coloro che vivono nell’oscurità, nel buio del male, della violenza o dell’odio. Realtà quanto mai attuale, così crudamente vera! Intanto, di fronte alla folla di credenti che riempiva la chiesa, i nostri tre giovani migranti avevano ben capito  la grandezza di questo Bambino.

Un vero profeta. Per i cristiani, invece, è il volto stesso di Dio, che finalmente si mostra all’umanità. E introduce tutti nel mistero dell’umiltà e della povertà… La sua ricchezza? La misericordia. Ecco, finalmente, un’incredibile buona Notizia! “Tutti vogliono crescere nel mondo, ogni bambino vuole essere un uomo. Ogni uomo vuole essere re. Ogni re vuole essere “dio”. Solo Dio vuole essere bambino” commenta L. Boff.

E qualcuno, poi, scrive: “L’amore ci rende buoni. Non importa chi amiamo e non importa se c’è reciprocità o stabilità… Basta l’esperienza di amare: ed è ciò che ci trasforma”.

Ma, il meglio per loro doveva ancora arrivare… Era a “Shouk’s Way”, un piccolo, accogliente ristorante a Takadoum, il loro quartiere: il pranzo di Natale! Si aspettava una piccola delegazione di sedici giovani, ma alla porta del ristorante se ne presentava il doppio, un battaglione! Don’t worry! L’invasione conquista il sorriso dei camerieri marocchini, la cui arte della flessibilità e dell’arrangiamento resta sempre proverbiale.

Non avendo una famiglia né qualcuno che si prenda cura di loro, questi giovani migranti (ammassati in stanze di sette o otto) si accontentano di un solo pasto al giorno e sempre lo stesso: riso, olio, qualche spezia. Ritrovarsi davanti alla scelta di specialità, di salse e di sapori della cucina marocchina, era qualcosa per loro di esaltante e incredibile! Ed era già un primo grido di gioia! Poi seguiva una lotteria organizzata con tutto l’entusiasmo in corpo di padre Modeste, giovane congolese, dove l’allegria collettiva allora toccava… la follia!

I premi ben in vista erano belli e vari. Ognuno con gli occhi aveva già scelto il migliore. Foto e applausi si scatenavano, allora, per ogni vincitore, uno dopo l’altro.  Era un vero momento di gloria! Benefico, come una boccata d’ossigeno. Sì, per una vita amara di giovani migranti, alla ricerca infinita del proprio destino. Potranno “recidere tutti i fiori, ma non fermeranno mai la primavera” concluderebbe con speranza Pablo Neruda.

Renato Zilio
Missionario in Marocco