I simboli della Settimana Santa – UN TEMPO “LEGATO” NELL’UOMO DELLA CROCE

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«Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?» (Mt 26, 17)

Questa è certamente una delle domanda che ci stiamo ponendo in questi giorni. L’esperienza delle “zone a colori”, che tiene fermi a casa, ci fa vivere una “Pasqua in bilico”. Sembra di vivere un tempo “legato”: «Ecco, ti ho cinto di funi, in modo che tu non potrai voltarti né da una parte né dall’altra, finché tu non abbia ultimato i giorni della tua reclusione» (Ez 4, 8). Come Maria ai piedi della croce, così anche noi dobbiamo assumere un atteggiamento fermo e responsabile per vivere appieno il mistero pasquale. Come dimenticare le voci della tradizione che rompevano il silenzio delle nostre strade? Adoriamo il Crocifisso e non vergogniamoci di cantare ciò che i nostri nonni ci hanno insegnato: «Gesù mio, con dure funi come reo, chi ti legò? Sono stati i miei peccati Gesù mio, perdon, pietà». Ti senti fermo, immobile, legato da questa epidemia? Provi gli stessi sentimenti del salmista: «Mi stringevano funi di morte, ero preso nei lacci degli inferi, ero preso da tristezza e angoscia» (Sal 116)? Non lamentarti! Ammira Gesù legato! Osserva le sue catene e ricorda: «Il Signore è giusto: ha spezzato le funi dei malvagi» (Sal 129). Tra i tanti simboli della passione, quello delle funi è uno dei più incisivi: «I soldati, con il comandante e le guardie dei Giudei, catturarono Gesù e lo legarono» (Gv 18, 12).

Antonello da Messina, Cristo alla colonna, 1476, Museo del Louvre - Parigi
Antonello da Messina, Cristo alla colonna, 1476, Museo del Louvre – Parigi

Le funi sono uno strumento utilizzato per tanti lavori; adoperate per tenere fermo un oggetto o legare un animale, esse sono figura di stabilità. Con fermezza, Cristo non si oppose ai suoi carnefici, «maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca» (Is 53, 7). Le mani legate di Gesù ci ricordano la forza e il desiderio di morire per la nostra liberazione: «Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi» (Is 50, 5-6).

Scrive la mistica Anna Caterina Emmerick: «Mentre Gesù pregava, le mani dei due ladroni furono legate saldamente alle assi trasversali delle loro croci poste dietro la nuca. I carnefici rialzarono il Signore con terribile violenza, facendogli sentire sulle spalle tutto il peso dell’intera croce. Così cominciò la marcia trionfale del Re dei re, tanto ignominiosa sulla terra quanto gloriosa in cielo. Ai piedi del legno della croce erano state legate due corde, per mezzo delle quali due carnefici la tenevano sollevata. Altri quattro aguzzini tenevano delle funi attaccate alla catena che cingeva la cintura di Gesù». Le funi accompagnano tutta la passione di Gesù: «Allora il comandante e le guardie dei Giudei afferrarono Gesù, lo legarono (Gv 18, 12). Si impadronirono di colui al quale prima neppure avevano potuto avvicinarsi. Egli era il giorno, ed essi le tenebre, e tenebre rimasero perché non ascoltarono l’invito: “Avvicinatevi a lui e sarete illuminati” (Sal 33, 6).

Se si fossero avvicinati a lui in questo modo, lo avrebbero preso non per ucciderlo ma per accoglierlo nel loro cuore. Ma siccome lo presero in ben altro modo, si allontanarono da lui ancora di più; e legarono colui dal quale piuttosto avrebbero dovuto essere sciolti. E forse, tra coloro che caricarono Cristo di catene, vi era qualcuno che più tardi, da lui liberato, disse: Tu hai spezzato le mie catene (Sal 115, 16)» (Sant’Agostino). Se il pesante legno della croce è figura dei tanti peccati del mondo, le funi, che fermano il corpo di Gesù, ci ricordano che «Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio» (2 Cor 5,21). Si! Gesù si è lasciato stringere per legare su di se i nostri peccati: «L’empio è preda delle sue iniquità, è tenuto stretto dalle funi del suo peccato» (Pr 5, 22).

Guardiamo il volto di Gesù, osserviamo le sue mani legate ed impariamo da Lui a vivere con fermezza questo tempo di grazia.

A cura di Bartolomeo de Filippis su Facebook

 Antonello da Messina, Cristo alla colonna, 1476, Museo del Louvre – Parigi – Fonte: Wikipedia