L’ESERCITO DI UOMINI SOLI – I sacerdoti e la periferia esistenziale.
Ho visto un esercito di uomini soli combattere contro nemici piรน grandi di loro. Li ho visti arrancare, lottare, ribellarsi e gridare con la sensazione di non avere nessuno al mondo oltre la loro fede. Li ho visti camminare ciechi, incoscienti del fatto di avere al loro fianco fratelli fragili come loro, ma che per loro potrebbero essere forza. Li ho visti incapaci di chiedere aiuto, mentre affondavano nelle trincee dellโesistenza aspettando, difendendo i figli che erano stati loro affidati, senza piรน forza nemmeno per reggere in mano le loro armi, mentre si prendevano i colpi dellโartiglieria, sostenendo coloro che avevano alle spalle, incoraggiandoli ad andare avanti a vivere una vita di gioia, mentre loro non potevano contare sulla consolazione di nessuno. Li ho visti convincersi che questo era dovuto, e che lโangoscia e la solitudine nella quale vivevano fossero lo scotto da pagare per avere una vita santa.
Li ho visti, esistono.
ร lโesercito dei sacerdoti.
Uomini soli, periferia dellโesistenza, ignorata piรน di altre perchรฉ sconosciuta. Di essi non si conosce il dolore perchรฉ non se ne conosce lโintimitร , e quando qualcosa di quellโuniverso viene fuori, รจ solo nelle componenti piรน aberranti e distorte: come un tumore che, lasciato crescere indisturbato sotto la pelle, diventa visibile allโesterno solo quando รจ ormai impazzito, fuori controllo, e fa ribrezzo a chiunque lo vede.
Troppo agiati per generare la compassione riservata ai poveri, troppo in salute per avere quella dei malati, troppo (ancora) rilevanti socialmente di un drogato, perchรฉ se ne giustifichino allo stesso modo le debolezze.
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Da anni ho la grazia di vedere quel mondo al di lร del velo delle apparenze e dei giudizi: montagne di parole che tendono a classificare lโuno come santo e lโaltro come dannato, ma mai nessuno come umano. Di essi esaltiamo le doti o sottolineiamo i difetti, ma mai tolleriamo che gli uni e gli altri siano presenti nella stessa persona. Troppo asceti per essere umani, troppo peccatori per essere santi.
Lโillusione รจ che il sacramento che portano impresso nella loro anima li trasformi in qualcosa che non sono, quasi per una specie di magia che a un tratto li renda immuni dalle difficoltร , e a motivo della quale ci scandalizziamo se non รจ cosรฌ.
Ma fratelli, รจ ora che lo capiamo, non รจ cosรฌ.
PANE ABBANDONATO
Come il pane consacrato se bagnato e lasciato allโaperto non eviterร la muffa solo per essere Corpo di Cristo, nรฉ il vino che nรฉ diventa il Sangue eviterebbe di inacidirsi se lasciato allโaria, cosรฌ lโuomo che diventa sacerdote non sarร immune alla โmuffaโ dellโesistenza, o โallโaciditร โ delle incombenze quotidiane se esposto a pericoli e non trattato con cura. Le leggi che lo governano sono le stesse di qualsiasi altro uomo, anche se in sรฉ ha una presenza di Dio diversa da ogni altro.
Perciรฒ della sua fragilitร non dovremmo scandalizzarci, nemmeno quando essa arriva a toccare lโabominio, piรน di quanto non dovremmo fare della muffa su una particola dimenticata a marcire sotto un tappeto.
Ci fa ribrezzo? Sรฌ.
Ci addolora? Moltissimo.
Ma la domanda รจ: cosa abbiamo fatto noi per evitare che quella โparticolaโ cadesse e finisse dimenticata? Perchรฉ se abbiamo cura di riporre lโeucaristia al sicuro nel tabernacolo, dobbiamo avere la stessa attenzione e cura nel riporre i nostri sacerdoti nel โtabernacoloโ della nostra comunitร : perchรฉ sia un luogo sicuro, accogliente e pulito dove farli stare bene, perchรฉ tutti possano โmangiarneโ.
Chi si occupa di coloro che si occupano di tutti?
Ve lo dico io: nessuno. Il piรน delle volte, almeno.
Badate, non sono qui nรฉ a giustificare per partito preso un clero malato di cui ho visto negli anni le molte aberrazioni segrete, nรฉ a sostenere banalitร come che โper risolvere il problema della solitudine dei preti bisogna farli sposareโ. Il mio discorso non รจ per coloro che fin da principio hanno scelto di ingannare, sรฉ stessi, la Chiesa e (illusi!) Dio, entrando in seminario per assecondare il loro desiderio di dominio, o per avere uno stipendio fisso che gli permettesse di seguire indisturbati le proprie passioni e interessi, passando la vita dietro una scrivania a disquisire di teologia e di esegesi, o sollazzandosi in una vita mondana intervallata da qualche messa, mentre fuori il mondo muore.
Chi mi conosce sa che non ho mai avuto paura di mettermi contro nรฉ preti, nรฉ vescovi, ogni qualvolta di essi abbia visto la sostanziale cattiva fede e disonestร .
No, io sono qui per difendere tutti gli altri. Quelli che lottano, cadono e si rialzano, come tutti, ma senza il conforto che dovrebbe essere dato a tutti: qualcuno al proprio fianco che ti sostenga mentre cammini. Non da superiore o da sottoposto. Ma da pari.
NESSUNO SI LAVA I PIEDI DA SOLO
Nella nostra societร fatta di isole incapaci di comunicare, i sacerdoti sono le isole piรน lontane, quelle che non formano arcipelaghi con nessuno e per raggiungere le quali devi affrontare le imprevedibili tempeste dellโoceano del loro cuore: barriere immense che loro stessi hanno messo su nel corso di anni, per proteggersi. Poichรฉ, spesso fin dal seminario, gli รจ stato detto che la loro solitudine รจ necessaria alla loro vocazione, e che non puรฒ essere altrimenti.
Ma io mi chiedo: รจ davvero cosรฌ?
Gesรน ha forse mai elogiato la solitudine, tranne quando si trattava di pregare col Padre? Quando ha detto che โalcuni non si sposano per servire meglio il regno di Dioโ (Mt 19,12), ha anche detto che non avrebbero mai dovuto avere amici, o vivere soli per sempre? E perchรฉ allora avrebbe individuato nella vita data per lโamicizia, la forma piรน grande di amore (Gv 15,13)? Non ha forse Egli stesso condiviso la sua vita con dodici amici durante tutti gli anni del suo ministero? E persino nel momento dellโabbandono, non ha beneficiato del sostegno di quellโunico amico, Giovanni, che non fuggรฌ di fronte al suo dolore, rimanendo con sua Madre sotto la Croce? Non era forse Gesรน che li mandava nel mondo โa due a dueโ (Lc 10, 1)? E non era ancora Lui che la notte in cui ebbe inizio la sua Passione, si preoccupรฒ di lasciar loro detto che si lavassero i piedi โgli uni gli altriโ(Gv 13,14)?
Tutto questo dice con certezza, mi pare, che nessun uomo รจ fatto per stare solo, sacerdoti compresi. Infatti, come si possono lavare i piedi a qualcuno che li lavi a te, se non hai nessun fratello con cui condividere la vita? Il comando รจ chiaro e vicendevole: โgli uni gli altriโ. Cioรจ: cโรจ un tempo in cui devi servire, e uno in cui lasciarti servire; uno in cui lavare tu e uno in cui avere lโumiltร di lasciare che altri vedano la tua sporcizia, per lavarla via. Perchรฉ ci vuole piรน umiltร a mostrare il proprio fango sui piedi, che a togliere quello altrui. E questo รจ un comando impartito agli apostoli, i primi โvescoviโ della storia, coloro che hanno la pienezza del sacramento sacerdotale. Perchรฉ nessuno puรฒ โlavarsi i piediโ da solo, come nessuno puรฒ solo servire. Nemmeno un vescovo, fosse anche quello di Roma.
Figuratevi i sacerdoti, quelli veri. Quelli che lottano in questo esercito silenzioso, morendo ogni giorno un poโ di piรน, dallโaltro dei nostri pulpiti, nelle nostre parrocchie, in silenzio, col sorriso sulle labbra, mentre nessuno se ne accorge. Quelli che cadono, indeboliti da ferite mai curate seriamente, ma che nulla tolgono allโautenticitร della loro vocazione. Uomini che si sono convinti che โdare la vita per gli altriโ, significhi โtoglierselaโ, la vita, come in un suicidio spirituale che nulla ha a che vedere con lโamore.
Perchรฉ quando non ami piรน il tuo prossimo come te stesso, ma di piรน, di fatto stai smettendo di amare te.
E chi non si ama davvero, non รจ in grado di amare fino in fondo.
Sono questi uomini che desidero difendere. Soprattutto da loro stessi, e dalla loro incapacitร di lasciare che qualcuno prenda le loro difese.
Qualcuno dirร : โci sono i vescovi! Ci pensino loroโ. Ma noi non possiamo ragionare cosรฌ. Perchรฉ se ci รจ stato detto di amare il nostro prossimo, senza distinzione su chi egli sia, il sacerdote ci รจ prossimo, come noi siamo prossimi a lui. Non puoi aspettare che qualcun altro lo faccia per te. Se ci sei tu lรฌ, tu sei chiamato ad essere quella presenza di Dio. E come lui si occupa di noi, noi abbiamo la responsabilitร di occuparci di lui.
Sia chiaro, non in un modo banale e passato in uso da secoli, dove il laico fa da aiutante o da servitore, da volontario per il catechismo o da uomo delle pulizie. Non in un rapporto di sudditanza, ma di fratellanza. Perchรฉ fratelli loro lo sono, come noi. Prendersene cura non vuol dire diventare delle specie di badanti. Non siamo chiamati a imboccarli o fare loro le pulizie, piรน di quanto non sia necessario per un qualsiasi medico che si spende senza orari, avere una donna pagata che lo faccia. Certo, averli a cuore puรฒ significare anche questo. Ma ciรฒ che abbiamo da fare, il nutrimento che abbiamo da offrire loro รจ lo stesso di cui abbiamo bisogno noi. E non puรฒ essere pagato.
Si chiama Amore.
E se รจ vero che anche la moglie che cucina per la famiglia sta dimostrando con quel gesto il proprio amore per i figli, รจ vero anche che se questo restasse lโunico modo di amare, esso non produrrebbe altro che figli grassi e frustrati. Noi non viviamo solo di cucina, ma anche di intimitร , di calore, dellโavere qualcuno di fronte al quale essere pienamente noi stessi e pienamente amati, con tutte le nostre fragilitร .
In una parola, abbiamo bisogno di Umanitร . ย Qualcosa senza la quale lโamore non puรฒ esistere, e di cui nessun uomo puรฒ fare a meno, anche quando ha talmente disimparato a viverla da temerla o persino rifiutarla.
IL BAMBINO DIMENTICATO
I sacerdoti soffrono sรฌ. E tanto. Ma spesso quel dolore non รจ raccolto da nessuno, non solo perchรฉ nessuno si aspetta che un sacerdote lo provi, ma anche perchรฉ la maggior parte di loro รจ stata formata e addestrata a non chiedere mai aiuto se non al padre spirituale, e quindi resa incapace affettivamente proprio di quella umanitร che rendeva Gesรน cosรฌ straordinariamente Dio.
Perciรฒ non stupitevi se offrendovi di farvi loro vicino, essi fuggiranno o vi distanzieranno. ร normale. La maggior parte di loro non sa come si fa, come si esce dal ruolo. O meglio, come si unisce il ruolo alla vita, senza che da esso siano escluse parti di sรฉ stessi. E quando non รจ lโincapacitร , รจ la paura a frenarli, loro che sono sempre esposti al giudizio del mondo: troppo spesso visti come dispensatori di servizi, la gente dimentica che non sono macchine, ma persone (quante volte di fronte al parroco che si rivolge male a unโosservazione, ci chiediamo se lo fa perchรฉ essa รจ la centesima che riceve in un giorno? Io stesso, che pure dovrei vedere al di lร , me ne dimentico, e non capisco mai la misura giusta nel mediare tra ciรฒ che puรฒ essere giusto far notare e ciรฒ che lโaltro รจ in grado di sopportare).
So che non รจ facile. Ma nulla di quello che vale la pena รจ mai facile.
Spesso questi uomini sono stati educati in seminario a rispettare (spesso sopportare) unโautoritร , imposta, anaffettiva, e a volte ottusa, che sta allโautorevolezza fondata sullโamore, piรน o meno come il padre padrone e paternalista sta al padre che si preoccupa di spiegare con dolcezza ai figli il Bene che un divieto custodisce.
Cosรฌ quando sono loro a diventare rappresentanti di quellโautoritร , finiscono col trincerarsi dietro ad essa per difendere sรฉ stessi, proprio come il figlio che ha ricevuto durezza da un padre ferito, nonostante ne abbia sofferto, rischia inconsciamente di replicare quella durezza una volta diventato padre.
Ma voi non mollate, non fatevi scoraggiare. Non abbiate paura dei loro sguardi torvi, dei loro silenzi prolungati, dei loro modi freddi, dei loro abiti austeri, delle risposte secche e nervose, nรฉ accontentatevi delle parole di Luce che dal pulpito vi donano, per giustificarli in tutte queste cose: dietro tutto questo essi sono come noi. In ciascuno di questi uomini cโรจ un bambino bastonato che ha bisogno di essere ascoltato, ma che spesso ha ricevuto troppi schiaffi emotivi per potersi fidare. Un bambino sul cui sonno nessuno veglia; la cui testa non รจ mai stata accarezzata; il cui riposo รจ quasi considerato alla stregua di un peccato: da vivere di nascosto, temendo di essere giudicati; un bambino che a volte ha bisogno di piangere e puรฒ farlo solo in silenzio, nel segreto della sua stanza, senza qualcuno che lo abbracci quando non ce la fa piรน a sopportare il peso di tutto il dolore che gli si riversa addosso; che ha bisogno di sentirsi dire โva bene cosรฌ, hai fatto il possibile. Ora lascia andareโ.
Amateli cosรฌ, come bambini. Come andrebbero amati tutti.
Come vorreste essere amati voi.
Non mollate, vi dico! Amateli di piรน. In ogni modo, con ogni mezzo. Anche la durezza, quando serve a riportarli sulla terra, ma senza mai dimenticare lโamore, e uno sguardo di Bene che รจ lโunico che salva.
Altrimenti quel bambino si sentirร colpito nuovamente e si chiuderร ancora di piรน dietro a quel ruolo che per molti รจ lโunica difesa.
E lo avrete perso. E con esso avrete perso unโoccasione in piรน di amare davvero.
A me รจ successo, so cosa vuol dire avere la grazia di ricevere lโintimitร di un sacerdote, e perderla per una mancanza dโamore, una durezza eccessiva, una mancanza di pazienza. Se vi capita di ricevere un dono cosรฌ grande non lo sprecate. Vuol dire che Dio vi sta ritenendo degni di un grande compito.
Perchรฉ i sacerdoti non hanno bisogno (solo) del loro Vescovo o delle loro guide spirituali per essere aiutati, esattamente come un figlio non puรฒ crescere bene solo col sostegno del padre. Gesรน non ha detto โamatevi come padri e figliโ, ma come fratelli. Chi non ha fratelli, sperimenta la sofferenza di non avere compagni di strada, e il peso di una vita che grava solo sulle proprie spalle. Noi abbiamo bisogno di fratelli che ci siano pari.
Tutti noi. Soprattutto quando ci ritroviamo ad essere padri per qualcun altro.
UOMINI FRA GLI UOMINI
I Sacerdoti hanno bisogno di noi per sentire lโamore di Dio nella loro vita, come noi abbiamo bisogno di loro per averne la Presenza. Hanno bisogno di potersi mostrare fragili, perchรฉ in quella fragilitร si manifesti tutta la potenza di Dio. Hanno bisogno di qualcuno che non li tema, per poterli amare.
E quanto รจ bello, quando questo accade! Che dono grande รจ, vedere quella fragilitร , lโuomo nascosto in quellโabito sacro, sacro egli stesso nel suo essere uomo!
Lo ripeto: non sprecate mai questo dono!
Quando scendono dal pulpito e scherzano, quando si permettono di donare e ricevere affetto, e persino quando si abbandonano a qualche scurrilitร o leggerezza! Quanto รจ bello ridere con loro, parlando di cose normali, scoprirli normali e pieni di difetti come noi: quanto รจ liberante sapere che Dio sceglie uomini normali, per fare cose straordinarie, perchรฉ essi diventino le Sue mani. Quanto รจ commovente quando qualcuno di loro vi ritiene degni di stima per mostrarsi bisognoso di aiuto, lui che magari tante volte รจ stato aiuto per voi. Quanto infonde rispetto vederli mettersi in discussione. E quanto rappacifica scoprire che tutto questo non li priva di alcuna autorevolezza, poichรฉ nessuno di noi รจ degno del messaggio che porta, come lโasino che condusse Gesรน allโingresso di Gerusalemme non aveva in sรฉ nessuna nobiltร che non venisse dal fatto di adempiere a quel compito per il Figlio di Dio, cosรฌ comโera.
LโAMICIZIA, TABERNACOLO DโAMORE
Perciรฒ oggi parlo e imploro voi che leggete e che amate la Chiesa, di guardare con occhi nuovi a questi uomini che la Chiesa sono stati chiamati a guidarla. soprattutto quelli che vi fanno arrabbiare. Vi รจ concesso arrabbiarvi, ma se dovete criticarli non fatelo solo perchรฉ essi non rispondono alle vostre aspettative. Fatelo se non rispondono al Vangelo, magari troppo stanchi per vedere qualcosa che a voi pare evidente; fatelo per mostrare loro il Bene che voi sapete che possono essere e che forse anche loro hanno dimenticato, o non hanno mai saputo. Fatelo senza avere la presunzione di avere ragione, perchรฉ ci sono molte cose che noi non sappiamo dietro a ogni loro scelta; fatelo con lโumiltร di sapere che alla fine, dopo che avete parlato, comunque noi siamo chiamati ad accettare quella scelta, per quanto sia nostro diritto chiederne le ragioni. Perchรฉ di quelle scelte, giuste o sbagliate che siano, essi sono gli unici che portano lโonere della responsabilitร . E questo รจ un peso che nessuno puรฒ comprendere, se non lo vive.
Fate che essi vedano la sporcizia dei loro piedi solo perchรฉ voi siete giร lรฌ, in ginocchio, a lavarla via con amore. Fate che vedano che li amate cosรฌ come sono oggi, perchรฉ quellโamore li aiuti ad essere migliori domani.
Questa รจ la Chiesa: siamo noi il tabernacolo dโamore nel quale questo esercito silente ha bisogno di essere custodito. ร questa la strada perchรฉ ciascuno di loro alzi la testa e veda di non essere solo nella battaglia dellโesistenza, ma parte di un popolo destinato alla vittoria, perchรฉ forte ciascuno della forza degli altri, e tutti insieme di quella di Dio. E quando essi lo sperimenteranno da voi, forse saranno in grado di vivere questo con i loro confratelli: i primi che sono loro prossimi, e che piรน degli altri sarebbero autorizzati a porsi con loro alla pari, ma che troppo spesso tendono a non vedere come amici, ma come antagonisti da temere e schivare.
Fatelo: amateli per amore dellโumanitร . Perchรฉ per ogni sacerdote che aiuterete a rialzarsi, aiuterete tutte le migliaia di uomini e donne che a lui si affidano e che da lui imparano. In quel meraviglioso gioco dellโesistenza per cui ogni nostra azione ricade in modi misteriosi su tutta la Storia, e che in termini cristiani si chiama Comunione dei Santi.
In questo tempo di crisi delle vocazioni e di grandi eresie, voi potete mostrare al mondo che essere sacerdoti non deve significare per forza vivere nella solitudine e senza legami, ma piuttosto vivere ancora di piรน ciรฒ che Dio ci ha chiesto, โdare la vita per i propri amiciโ. Perchรฉ noi non ci muoviamo per privazione, ma solo attratti da una Bellezza e un bene maggiore: voi potete essere quella Bellezza, voi potete essere il legame che li tiene uniti a Dio.
Siate amici che danno la vita per loro, perchรฉ loro abbiano amici per cui dare la vita.
Giorgio Ponte – Fonte
