Commento al Vangelo del 7 settembre 2018 – Monastero di Bose

La buona notizia del regno di Dio che oggi ci raggiunge attraverso questa pagina dell’evangelo secondo Luca è anzitutto che la vita cristiana è una chiamata ad accogliere il dono di una relazione, la relazione che il Signore Gesù desidera instaurare con ogni uomo!

Sì, ogni pratica ascetica, ogni accoglienza di quell’appello alla conversione di cui Luca ha appena parlato al versetto precedente come una chiamata misericordiosa e condiscendente di Gesù verso ogni essere umano che si trova in una situazione di bisogno interiore, di malattia spirituale, è anzitutto una chiamata alla comunione, a quella forma di salute interiore che è il poter e saper vivere in relazione.

Per questo il digiuno cristiano non è un digiuno come tanti altri: non è una dieta in vista della salute fisica, non è uno sforzo di riduzione all’essenziale in vista di una sobrietà ascetica fine a se stessa, non è una via per giungere a una sorta di illuminazione interiore o psichica, ma il digiuno cristiano – e di “digiuno cristiano” si deve parlare! – è uno strumento, un mezzo per imparare a vivere quella mancanza, quell’apparente assenza, quella distanza della presenza fisica di quel preciso Gesù di Nazareth che caratterizza il tempo che viviamo, il tempo della chiesa, ogni nostro oggi.

Il mangiare – e non solo il nutrirsi, ma l’atto di mangiare – è segno di festa, è accettazione della vita, è segno della comunione instaurata dal fatto che lo Sposo, Gesù Cristo, è presente! Allo stesso modo, nella stessa logica, quando la presenza fisica dello Sposo viene meno il cristiano è chiamato ad aiutarsi a vivere questa distanza, a sostenere questa attesa, mediante il digiuno.

Digiuno che è un’assunzione del fatto che i cristiani vivono un tempo che è un tempo anche di attesa, di “non ancora”, e l’attesa ha bisogno sempre di essere sostenuta, perché perseverare nell’attesa può essere difficile. Si è tentati di colmare il vuoto della distanza – e oggi forse non si sa più sostenere la dilazione della presenza, una certa solitudine, che la distanza comporta – con molte altre presenze alternative, che fanno perdere di vista il Volto di colui che siamo chiamati ad attendere e che solo può donarci la pace.

Nell’attesa è necessario saper perseverare, poiché il desiderio non si nutre di se stesso, ma ha bisogno di essere costantemente alimentato, ravvivato, riscoperto, rivivificato; pena la stanchezza, il venir meno, il cedere di fronte al male, il disperdersi nella distrazione, il fare posto in noi a tanti falsi dèi, agli idoli che sempre si affacciano al nostro cuore.

Ma l’attesa è una componente essenziale dell’amore. Per questo, o il digiuno cristiano è aiuto ad aprirsi alla relazione con il Signore e con gli uomini o non ha senso, non è giustificabile, poiché criterio di ogni pratica ascetica è per il cristiano l’amore, la relazione, la carità, la comunione, con il Signore e con gli altri uomini e ogni altra creatura.

Ecco il vino nuovo, che ha bisogno di otri nuovi, rinnovati dall’azione dello Spirito santo nella vita di conversione dei credenti, e dunque capaci di accogliere con gioia questo dono dell’amore, della comunione, della relazione con il Signore Gesù che l’evangelo annuncia!

sorella Cecilia della comunità monastica di Bose

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Lc 5, 33-39
Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, i farisei e i loro scribi dissero a Gesù: «I discepoli di Giovanni digiunano spesso e fanno preghiere; così pure i discepoli dei farisei; i tuoi invece mangiano e bevono!».
Gesù rispose loro: «Potete forse far digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora in quei giorni digiuneranno».
Diceva loro anche una parabola: «Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo su un vestito vecchio; altrimenti il nuovo lo strappa e al vecchio non si adatta il pezzo preso dal nuovo. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo spaccherà gli otri, si spanderà e gli otri andranno perduti. Il vino nuovo bisogna versarlo in otri nuovi. Nessuno poi che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: “Il vecchio è gradevole!” ».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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