Commento a Lettera ai Gàlati 5, 19-23

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In grande evidenza e in aperto contrasto si pongono nel nostro brano “le opere della carne” (ver.19) e “il frutto dello Spirito” (ver.22)!!

Le opere della carne sono la triste operosità dell’uomo peccatore!

All’opposto, il frutto dello Spirito è l’operosità di Dio stesso in noi, che siamo morti al peccato e siamo risorti in Lui! Siamo risorti nel Signore, che è morto ed è risorto per noi!

Tutto quello che in noi avviene e si compie come “frutto dello Spirito”, è lo Spirito del Signore a compierlo in noi!

Per questo la nostra vita nuova nel Signore viene definita non come “opera” nostra, ma appunto come “frutto” della presenza in noi dello Spirito del Signore e suo frutto!

E’ quindi affascinante e meravigliosa l’interpretazione di Paolo circa “la Legge”!

Nel regime della Legge viene inevitabilmente rivelata la condizione umana prigioniera del male e della morte!

Contro di essa, la Legge rivela e denuncia la colpa e quindi la condanna del peccatore, ma nulla può fare per strapparlo da tale condizione di male e di condanna.

Al contrario, la Legge nulla ha da dire e da fare riguardo al “frutto dello Spirito”!

Per questo, io darei un’interpretazione “ironica” alla battuta finale del nostro testo, quando Paolo afferma che “contro queste”, e cioè (!!) contro le operazioni dello Spirito – “amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (ver.22) – “contro queste cose non c’è Legge” (ver.23)!!

E questo perché la Legge ovviamente nulla ha da dire e da fare “contro queste cose”!

Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.

Leggi qui il brano.

A cura di don Giovanni Nicolini