Catechesi su Charles de Foucauld di don Gabriele Faraghini

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“ORANTI E COMUNICANTI”: CATECHESI DU CHARLES DE FOUCAULD DI DON GABRIELE FARAGHINI

SESTO INCONTRO SU “GAUDETE ET EXSULTATE”

Basilica di San Giovanni in Laterano, 11 marzo 2019

Charles de Foucauld è un Santo difficile da “condensare” in una definizione, almeno per me. Direi che è stato “strano forte”! Tanto è vero che ci sono diverse comunità religiose e gruppi di amicizia spirituale, nonché tante persone che cercano di seguire Gesù ispirandosi al suo esempio: chi sottolinea il suo contatto con l’Islam, chi sottolinea il suo voler essere operaio come Gesù a Nazaret, chi l’amicizia con la gente, chi il suo essere stato monaco, chi il suo essere stato prete, chi mette insieme almeno un paio di questi aspetti.

Credo però di poter dire che l’elemento unificante della vita di Charles de Foucauld è GESU’ SOLO. Diceva Renè Voillaume, il fondatore dei piccoli fratelli di Gesù e dei piccoli fratelli del Vangelo: “per un piccolo fratello il problema essenziale deve essere quello della sua amicizia con Gesù che fu tutta la spiritualità di padre de Foucauld.

Ma soprattutto lo diceva lui stesso: “E il segreto della mia vita: ho perduto il mio cuore per questo GESÙ di Nazaret crocifisso 1900 anni fa e passo la mia vita a cercare di imitarlo tanto quanto lo permette la mia debolezza ” (lettera a un amico del liceo).

Certamente anche di Gesù si può dire che è stato strano e difficile da contenere in una definizione! Ogni decisione nella vita di frere Charles si è sempre ispirata a Gesù solo… certo la sua fortuna era anche di avere un padre spirituale in Francia attraverso il quale comunicava per lettera. Dal momento che non c’era internet non sono state poche le volte che ha chiesto un consiglio per poi fare di testa sua in attesa della risposta! La sua vita sembra un po’ confusionaria, lo ammetto, ma il filo conduttore è stato Gesù solo: monaco trappista per sette anni, tre anni a Nazaret presso il monastero delle clarisse come factotum, prete diocesano fidei donum in Algeria (questo è il titolo della beatificazione – era incardinato nella diocesi francese della Trappa dove aveva vissuto), prova a vivere da monaco nel deserto, ma poi si dedica ai Tuareg completamente fino a diventare uno di loro (un episodio in particolare: durante una carestia lo trovano svenuto nell’eremo e gli procureranno a fatica del latte di capra per dargli un po’ di nutrimento sostanzioso…quando Charles lo racconta è felice e dice che finalmente lo considerano uno di loro), nel deserto farà da cappellano militare, viaggerà anche al seguito dei soldati francesi per conoscere meglio i Tuareg, inventerà dei caratteri per scrivere la lingua Tuareg, scriverà un dizionario TuaregFrancese, tradurrà i Vangeli in lingua Tuareg, ma soprattutto coltiverà l’amicizia con loro.

Provo a descrivere solo qualcosa di questa vita strana al seguito di Gesù.

CONVERSIONE

DON GABRIELE FARAGHINI

Colpiscono della sua conversione alcuni aspetti:

Un’umanità che cresce nello scoprire cos’è vita. Da gaudente e smidollato visconte passa ad essere un militare coraggioso e poi un esploratore geografico eroico. Diventa pian piano un uomo che si pone domande serie sulla vita.

  • Il cogliere la testimonianza di preghiera dei mussulmani. Questo aspetto poi lo segnerà nella scelta che farà anni dopo di spendere la sua vita per la piccola tribù mussulmana dei Tuareg.
  • La bella giaculatoria che si è inventato: mio Dio, se esisti, fa che io ti conosca, e che ama ripetere in chiesa nel periodo che precede la conversione.

Lo strano consiglio del prete dal quale va a chiedere informazioni su Dio e invece lo fa confessare e comunicare.

VERSETTO PREFERITO

Nel giugno del 1916, commentando Lc 2, 50-51 scrive:

‘discese con loro e tornò a Nazaret, e stava loro sottomesso’… Discese: per tutta la vita non ha fatto altro che discendere: discendere incarnandosi, discendere obbedendo, discendere facendosi bambino, discendere facendosi… povero, abbandonato, esiliato, perseguitato, suppliziato, mettendosi sempre all’ultimo posto: ‘quando siete invitati ad un festino, sedetevi all’ultimo posto, (…) Andò a Nazaret, il luogo della vita nascosta, della vita ordinaria, della vita di famiglia, di preghiera, di lavoro, di oscurità, di virtù silenziose, praticate senza altri testimoni se non Dio, i parenti, i vicini di questa vita santa, umile, benefica, oscura, che è quella della maggioranza degli uomini e di cui ci diede l’esempio per trent’anni… era loro sottomesso, Lui Dio, ad essi, persone umane: esempio di obbedienza, di umiltà, di rinuncia al gusto proprio, infinito come la sua divinità.

Non credo di aver mai sentito uno che mi abbia detto di essere stato colpito da questo versetto del Vangelo! Eppure Charles ci legge dentro il senso della vita di Gesù e ovviamente della sua. Cercherà di imitare Gesù “discendendo”. Inizierà da monaco trappista per poi continuare a interrogarsi su come poter imitare più perfettamente la povertà di Gesù. Comincerà dal monastero a scrivere delle regole per una comunità religiosa… quei piccoli fratelli che nasceranno solo diciassette anni dopo la sua morte! Anche questa è una stranezza rispetto a tanti fondatori che hanno visto grandi frutti già in vita – mentre lui muore solo nel deserto. Comunque tornando al tempo della Trappa, chiederà dopo sette anni di monastero di iniziare lui a vivere come Gesù a Nazaret andando proprio lì. Avuto il permesso passa tre anni a Nazaret vivendo vicino al monastero delle Clarisse e ricambiando l’ospitalità con lavoretti vari…e tanti disegni e santini (è stato lì dal 1897 al 1900 e ancora ce ne sono in giro!)

IL SAHARA

A Nazaret matura l’idea di esser prete che prima escludeva perché lo avrebbe reso lontano dai poveri. Pregando legge in sé il desiderio di essere prete per poter celebrare l’Eucaristia e imitare Gesù più perfettamente.

Scrive durante il ritiro per l’ordinazione presbiterale:

Non sarebbe meglio, come prima cosa, andare in Terra Santa? No. Una sola anima ha più valore dell’intera Terra Santa e di tutte le creature irrazionali messe insieme. Bisogna andare non là dove la terra è più santa, ma là dove le anime si trovano nel più gran bisogno. In Terra Santa c’è molta abbondanza di sacerdoti e di religiosi e poche anime da conquistare; nel Marocco e nelle regioni limitrofe c’è un ‘estrema carestia di sacerdoti e di religiosi e un grandissimo numero di anime da salvare…Là terra; qui anime; là, abbondanza di sacerdoti; qui penuria

All’amico Henry de Castriers scrive:

Sapendo per esperienza che nessun popolo era più abbandonato dei musulmani del Marocco, del Touat, del Sahara algerino (ci sono tredici preti per una diocesi 7 0 8 volte più grande della Francia, e da 12 a 15 milioni di abitanti almeno), ho chiesto e ottenuto il permesso di venire a Beni Abbés, piccola oasi del Sahara algerino ai confini del Marocco, e di viverci in solitudine, come monaco di clausura, impegnandomi a santificarmi e a condurre le altre anime a GESÙ non con la parola né con la predicazione ma con la bontà, la preghiera, la penitenza, l’esempio della vita evangelica, soprattutto con la presenza del SS. Sacramento

Non va nel deserto per amore del silenzio, ma per incontrare un popolo abbandonato e per far sì ce anche questo popolo incontri Gesù.

IL PENDOLO

Ma frere Charles è innamorato di Dio o dell’uomo? Amava più Gesù o i suoi fratelli? la sua vocazione è quella del pendolo: ama Gesù e i fratelli senza poter dire chi di più o chi per primo. In una lettera del novembre 1959 a Giorgio Pecorini, don Milani scrive: “e io come potevo spiegare a loro così pii e così puliti che io i miei figlioli li amo e che ho perso la testa per loro, che non vivo che per farli crescere, per farli aprire, perfarli sbocciare, perfarlifruttare? Come facevo a spiegare che amo i miei parrocchiani molto più che la Chiesa o il papa? E che se un rischio corro per I ‘anima mia non è certo quello di aver poco amato, ma piuttosto d’amare troppo

All’amico Henri Duveyrier scrive Charles:

“Tutti gli uomini sono figli di Dio che li ama infinitamente: è dunque impossibile amare, voler amare Dio senza amare, senza voler amare gli uomini: più si ama Dio più si amano gli uomini: l’ultimo comandamento di Nostro Signore. Gesù Cristo, qualche ora prima della Sua morte è stato: «Miei figlioli, amatevi gli uni gli altri; è da questo che si vedrà che siete miei discepoli se vi amate gli uni gli altri». L’amore di Dio, I ‘amore degli uomini, è tutta la mia vita, sarà tutta la mia vita lo spero. Mi vedo con stupore passare dalla vita contemplativa alla vita del Santo Ministero: vi sono condotto mio malgrado dal bisogno delle anime: ti parlerò, mia cara, dei miei “figli” (lettera a sua cugina Maria).

Pensate che per un periodo ha accettato di restare solo con i Tuareg nel deserto senza poter celebrare la Messa neanche la notte di Natale, piuttosto che lasciarli per andare in un posto dove ci fossero i soldati che avrebbero potuto assisterlo. Ecco cosa scrive quando riceve l’autorizzazione:

“Deo gratias! Deo gratias! Deo gratias! Mio Dio come siete buono! Ricevo oggi una lettera di Laperrine che mi annuncia che il Papa mi ha accordato I ‘autorizzazione di celebrare la santa Messa, assolutamente solo senza chi serve né chi assiste. E alla richiesta del Procuratore dei Padri Bianchi che il santo Padre mi ha fatto questo grande favore. Domani potrò dunque celebrare la Santa Messa ” (diario di Tamanrasset)

Nello stesso tempo è follemente innamorato di Gesù. La Parola di Dio che amava leggere e pregare (e non era così frequente al tempo) e soprattutto l’adorazione eucaristica considerata come stare con Gesù e portare Gesù in mezzo alla gente:

  • Presenza non sempre sperimentata:

Gesù non è contento di me… Aridità e tenebre: tutto mi è faticoso: santa comunione, preghiera, orazione, tutto, tutto, anche dire a Gesù che l’amo… Bisogna ch/io mi aggrappi alla vita di fede. Se almeno sentissi che Gesù mi ama. Ma Lui non me lo dice mai (Nazaret 1897).

  • Anche se a volte gustata:

Eccomi ai tuoi piedi, o mio Gesù… Sono anch’io ai tuoi piedi; ti vedo anch’io risorto… E non è per un istante solo che mi appari: da sei ore non hai mai cessato di stare dinanzi a me. Tu sei dinanzi a me risorto… Sei dinanzi a me risorto e non morraipiù… Tu che sei qui dinanzi a me, Tu sei beato, per l’eternità […] Tu sei beato, Tu sei dinanzi a me. Io ti vedo lì, a due passi da me, beato per sempre […J. Tu stai dinanzi a me, visibile, beato, sempre a due passi da me, solo con me durante tutto il giorno in questa piccola stanza larga meno di quattro metri e lunga cinque (Pasqua 1898).

  • L’eucaristia è in particolare questa presenza – tanto è vero che il suo desiderio era di portare Gesù tra i popoli più abbandonati con il suo tabernacolo.

Il buon Dio — scrive all’abbé Huvelin nel 1904 — m’ha fatto la grazia di essere da quattro mesi in un paese fino ad oggi chiuso all’Ostia santa, al santo Vangelo. Faccio qui ciò che posso: con molta prudenza, con molta discrezione cerco di portare gli indigeni, i Tuareg, ad avere confidenza con me, cerco di familiarizzare con essi, di far regnare tra noi l’amicizia. Io semino, altri mieteranno. Posso celebrare ogni giorno il santo Sacrificio: l’Ostia santa prende possesso del suo dominio.

IL MARTIRIO

Anche la sua morte ha contorni strani che hanno fatto si che non venisse considerata come martirio. Il I dicembre 1916 cadrà ucciso quasi per errore da una banda di Tuareg ribelli venuti per saccheggiare il fortino nel quale abitava da poco, costruito per ripararsi in caso di guerra (erano le ripercussioni della prima guerra mondiale).

In una lettera di condoglianze alla famiglia di Carlo de Foucauld, Mussa Ag Amastane, capo dei Tuareg, scriverà:

Charles il marabutto non è morto solo per voi, è morto anche per tutti noi. Che Dio gli dia misericordia e possiamo incontrarci con lui in paradiso”.

Lo stesso giorno della sua morte, fratel Carlo aveva scritto alla signora de Bondy:

il nostro annientamento è il mezzo più potente che abbiamo per unirci a Gesù e per fare il bene alle anime

La sua imitazione di Cristo culmina proprio in questa morte, morte che poi ha dato il suo frutto nelle congregazioni ed associazioni che sono nate e nel movimento spirituale associato a fratel Carlo che ha dato tanto alla vita della Chiesa.

IL MIRACOLO

Alla sua morte Charles aveva un gruppetto di amici che avevano formato un’associazione chiamata Sodalitè, che si proponeva di sostenerlo con la preghiera e l’aiuto nella sua missione tra i Tuareg. Fu da questo gruppo e in particolare dall’amico Louis Massignon che nacque l’idea di far scrivere un libro che raccontasse la vita di quest’uomo straordinario. Nel 1921, a cinque anni dalla morte, esce questo libro scritto dallo storico Renè Bazin. Leggendo questo libro alcuni uomini e donne trovano l’ispirazione di mettersi alla sequela di Gesù sulle orme da lui segnate e cominciano a nascere le comunità religiose a lui ispirate. Nel 1927 inizia la causa di beatificazione nella diocesi del Sahara. Nel 2001 viene proclamato venerabile dopo un lunghissimo processo. Manca solo un miracolo per la beatificazione. Ma Charles non lo fa! Si racconta di piccola sorella Magdaleine, fondatrice delle piccole sorelle di Gesù, che dopo aver affidato nella preghiera a frere Charles alcune sorelle malate che però erano morte, invitata ad affidare all’intercessione di frere Charles la guarigione di un’altra sorella, disse: “è no! Mi serve viva!”

Quando si dice: vita morte e miracoli. Proprio tutto in lui ha assunto connotazioni particolari. Durante il Giubileo del 2000, una coppia di Desio, Giovanni Pulici e Giovanna Citeri, di passaggio a Roma per il Giubileo degli Artisti incontra una piccola sorella di Gesù (che guarda caso era proprio l’incaricata di seguire il processo di beatificazione) e Giovanni dice alla moglie che quella era una delle suore di fratel Carlo che l’aveva guarita e chiede alla piccola sorella quando fosse prevista la beatificazione. Lei ha risposto che mancava miracolo. A quel punto, Giovanni dice che ne aveva uno proprio di fronte a lei, indicando sua moglie. Alla fine del 1983, infatti, Giovanna era stata colpita da un tumore osseo, che nella Quaresima del 1984 era già molto avanzato. Suo marito, allora, aveva chiesto espressamente l’intercessione del “fratello universale” e la moglie era guarita. A quel punto trovato finalmente il miracolo si è potuti arrivare alla beatificazione il 13 novembre 2005 (anche se avrebbe dovuto farla papa Giovanni Paolo II ad aprile…e tra gli ultimi imprevisti c’è stata anche la sua morte).

PADRE MIO

La preghiera per la quale è conosciuto il beato Charles ha anche questa un’origine particolare. Viene da una sua meditazione sul Vangelo di Luca relativa alle ultime parole di Gesù sulla croce: “Padre nelle tue mani consegno il mio spirito”. Charles immagina quello che è passato per la mente e il cuore di Gesù in quel momento. Scrisse questa meditazione quando era ancora trappista ed è improbabile pensare che l’abbia mai usata come preghiera. Dalle parole di questa meditazione uno dei primi piccoli fratelli, Marc Gérin, scrisse sul retro di un’immagine di Charles de Foucauld, le parole che noi diciamo oggi. Regalò quest’immagine ad un amico prete e questi gliela lesse andandolo a trovare quando Marc era in punto di morte, il 26 aprile 1945. All’udire queste parole Marc si illuminò nel viso e disse: “Ecco è questo, è proprio questo”. Concludo pregandola:

Padre mio,
io mi abbandono a Te fa di me ciò che ti piace!
Qualunque cosa tu faccia di me, ti ringrazio. Sono pronto a tutto, accetto tutto,
purchè la Tua volontà si compia in me e in
tutte le Tue creature. Non desidero niente altro, mio Dio.
Rimetto la mia anima nelle Tue mani, te la dono, mio Dio, con
tutto l’amore del mio cuore, perché ti amo.
Ed è per me un ‘esigenza d’amore il donarmi, il rimettermi nelle Tue mani senza misura, con una confidenza
infinita, poiché Tu sei il Padre mio.

Fonte: Diocesi di Roma