Alle ore 9 di questa mattina, nellโAula Paolo VI, il Predicatore della Casa Pontificia, lโEm.mo Card. Raniero Cantalamessa, O.F.M. Cap., ha tenuto la prima Predica di Quaresima.
Tema delle meditazioni quaresimali รจ il seguente: โMa voi, chi dite che io sia?โ (Matteo 16,15).
Le successive prediche di Quaresima avranno luogo venerdรฌ 8, 15, e 22 marzo.
IO SONO LA LUCE DEL MONDO
In queste prediche di Quaresima ci siamo proposti di meditare sui grandi โIo Sonoโ (Ego eimi) pronunciati da Gesรบ nel Vangelo di Giovanni. Cโรจ perรฒ una domanda che si pone, a proposito di essi: sono stati davvero pronunciati da Gesรบ, o sono dovuti alla riflessione posteriore dellโEvangelista, come tante parti del Quarto Vangelo? La risposta che oggi praticamente tutti gli esegeti darebbero a questa domanda รจ la seconda. Io sono convinto, perรฒ, che tali affermazioni sono โdi Gesรบโ e cerco di spiegare perchรฉ.
Cโรจ una veritร storica e una veritร che possiamo chiamare reale o ontologica. Prendiamo uno di questi โIo Sonoโ di Gesรบ, per esempio quello che dice: โIo sono la via, la veritร e la vitaโ (Gv 14,6). Se per qualche improbabile nuova scoperta si venisse a conoscere che la frase fu, di fatto e storicamente, pronunciata dal Gesรน terreno, non รจ questo che la renderebbe โveraโ. Si puรฒ sempre pensare, infatti, che chi la pronuncia sia un illuso e si inganni! (Tanti hanno creduto di essere la luce del mondo prima e dopo di lui!). Ciรฒ che la rende โveraโ รจ il fatto che โ nella realtร e al di sopra di ogni contingenza storica โ egli รจ la via, la veritร e la vita.
In questo senso piรน profondo e piรน importante, tutte e singole le affermazioni che Gesรน fa nel Vangelo di Giovanni sono โvereโ, anche quella in cui dice: โPrima che Abramo fosse, io sonoโ (Gv 8,58). La definizione classica di veritร รจ โcorrispondenza tra la cosa e lโidea che si ha di essaโ (adaequatio rei et intellectus); la veritร rivelata รจ corrispondenza tra la realtร e la parola ispirata che la proclama. Le grandi parole che mediteremo sono dunque di Gesรบ: non del Gesรน storico, ma del Gesรบ che โcome aveva promesso ai discepoli (Gv 16,12-15) โ ci parla con lโautoritร del Risorto, mediante il suo Spirito.
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Dalla sinagoga di Cafarnao in Galilea, passiamo oggi al tempio di Gerusalemme, in Giudea, dove Gesรบ si รจ recato in occasione della festa delle Capanne. Qui si svolge il dibattito con โi giudeiโ, in cui รจ inserita lโauto-proclamazione di Gesรบ che, in questa meditazione, vogliamo raccogliere:
Io sono la luce del mondo.
chi segue me, non camminerร nelle tenebre,
ma avrร la luce della vita (Gv 8,12).
Questa parola รจ cosรฌ pregnante e cosรฌ bella che i cristiani, da subito, la scelsero come una delle designazioni preferite di Cristo. In molte basiliche antiche โ come nel duomo di Cefalรน e di Monreale in Sicilia โ nel mosaico dellโabside, Gesรบ รจ rappresentato come il Pantocrator, o Signore dellโuniverso. Tiene un libro aperto davanti a sรฉ e mostra la pagina dove sono scritte, in greco e in latino, proprio quelle parole: โEgรด eimi to phรดs tou cosmou โ Ego sum lux mundiโ: โIo sono la luce del mondoโ.
Gesรบ luce del mondo: per noi, oggi, questo รจ diventato una veritร creduta e proclamata, ma ci fu un tempo in cui essa non era soltanto questo; era una esperienza vissuta, come succede talvolta a noi, quando, dopo un blackout ritorna improvvisamente la luce, o quando, al mattino, aprendo la finestra, si รจ inondati della luce del giorno. La Prima Lettera di Pietro ne parla come di un essere โtrasferiti dalle tenebre allโammirabile luceโ (1 Pt 2, 9; Col 1, 12 ss. ). Rievocando il momento della sua conversione e del suo battesimo, Tertulliano lo descrive con lโimmagine del bambino che esce dallโutero buio della madre e si spaventa al contatto con lโaria e con la luce. โUscendo โscrive โ dal comune grembo di una stessa ignoranza, noi trasalimmo alla luce della veritร โ: ad lucem expaยฌvescentes vรฉritatisโ .
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Ci poniamo subito la domanda: cosa significa per noi, ora e qui, quella parola di Gesรบ: โIo sono la luce del mondoโ? Lโespressione โluce del mondoโ ha due significati fondamentali. Il primo significato รจ che Gesรบ รจ la luce del mondo in quanto la sua รจ la suprema e definitiva rivelazione di Dio allโumanitร . Lo afferma nel modo piรน netto e in tono solenne lโincipit della Lettera agli Ebrei:
Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo (Ebr 1, 1-2).
La novitร consiste nel fatto unico e irripetibile che il rivelatore รจ lui stesso la rivelazione! โIo sono la luceโ, non io porto la luce nel mondo. I profeti parlavano in terza persona: โCosรฌ dice il Signore!โ, Gesรบ parla in prima persona: โIo vi dico!โ. Nel 1964 Marshall McLuhan lanciรฒ il famoso slogan : โIl mezzo รจ il messaggioโ: The medium is the messageโ, volendo con ciรฒ significare che il mezzo con cui viene diffuso un messaggio condiziona il messaggio stesso. Questo detto si applica in maniera unica e trascendente a Cristo. In lui, il mezzo di trasmissione รจ davvero il messaggio; il messaggero รจ il messaggio!
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Questo, dicevo, รจ il primo significato dellโespressione โluce del mondoโ. Il secondo significato รจ che Gesรบ รจ la luce del mondo in quanto fa luce sul mondo, cioรจ rivela il mondo a se stesso; fa vedere ogni cosa nella sua giusta luce, per quello che รจ davanti a Dio. Riflettiamo su ognuno dei due significati, partendo dal primo, cioรจ da Gesรบ come suprema rivelazione della veritร di Dio.
Da questo punto di vista, la luce che รจ Cristo ha sempre avuto un agguerrito concorrente: la ragione umana. Ne parliamo non con intento polemico o apologetico, cioรจ per sapere cosa rispondere agli oppositori della fede, ma per confermarci nella fede. I dibattiti su fede e ragione โ piรน esattamente, su ragione e rivelazione โ sono affetti da una dissimmetria radicale. Il credente condivide la ragione con lโateo; lโateo non condivide la fede nella rivelazione con il credente. Il credente parla il linguaggio dellโinterlocutore ateo; lโateo non parla la lingua della controparte credente.
Per questo motivo il dibattito piรน giusto su fede e ragione รจ quello che avviene nella stessa persona, tra la propria fede e la propria ragione. Abbiamo casi famosi nella storia del pensiero umano di persone in cui non si puรฒ dubitare di unโidentica passione sia per la ragione che per la fede: Agostino di Ippona, Tommaso dโAquino, Blaise Pascal, Sรธren Kierkegaard, John Henry Newman, e potremmo aggiungere Giovanni Paolo II , Benedetto XVIโฆ
La conclusione a cui ciascuno di loro รจ giunto รจ che lโatto supremo della ragione umana รจ riconoscere che cโรจ qualcosa al di sopra di essa. ร anche ciรฒ che piรน nobilita la ragione perchรฉ indica la sua capacitร di trascendersi. La fede non si oppone alla ragione ma suppone la ragione, cosรฌ come โla grazia suppone la naturaโ.
Cโรจ un altro malinteso da chiarire riguardo al dialogo tra fede e ragione. La critica comune rivolta ai credenti รจ che essi non possono essere obiettivi, dal momento che la loro fede impone loro, fin dallโinizio, la conclusione a cui arrivare. In altre parole, agisce come una pre-comprensione e un pre-giudizio. Non si presta attenzione al fatto che lo stesso pregiudizio agisce, in senso opposto, anche nello scienziato o filosofo non credente, e in modo ancora piรน forte. Se si dร per scontato che Dio non esiste, che il soprannaturale non esiste e che i miracoli sono impossibili, anche la conclusione รจ predeterminata fin dallโinizio.
Un esempio tra tanti. Conoscendo la visione che Freud aveva della realtร , poteva egli ammettere che โlโamore universaleโ di Francesco dโAssisi avesse una componente soprannaturale chiamata grazia? Naturalmente no, e infatti egli fa di esso una โderivazione dellโamore genitaleโ. San Francesco รจ secondo lui โcito โ โcolui che รจ andato piรน lontano nellโusare lโamore a beneficio del suo sentimento interiore di felicitร โ . In altre parole, amava Dio, gli uomini, tutta la creazione e, in modo del tutto speciale, Cristo Crocifisso perchรฉ questo gli dava piacere e lo faceva sentire bene!
Lโuomo moderno, invece della veritร , pone la ricerca della veritร come valore supremo. Lessing ha scritto: โSe Dio tenesse stretta nella sua destra tutta la veritร , e nella sua sinistra solo lโaspirazione sempre viva alla veritร , fosse anche a condizione di essere eternamente in errore, e mi dicesse: โScegli!โ, mi inchinerei umilmente verso sinistra dicendo: โQuesta, Padre! La pura veritร appartiene solo a teโโ .
La ragione di ciรฒ รจ abbastanza semplice. Finchรฉ sei in fase di ricerca, sei tu a condurre il gioco, il protagonista, mentre al cospetto della Veritร riconosciuta come tale, non hai piรน scampo e devi prestare โlโobbedienza della fedeโ. La fede pone lโassoluto, mentre la ragione vorrebbe continuare senza fine la discussione. Come la bella Scheherazade di Mille e una Notte, la ragione umana ha sempre una nuova storia da raccontare per ritardare la sua resa.
Ci sono solo due soluzioni possibili alla tensione tra fede e ragione: o ridurre la fede โentro i limiti della pura ragioneโ, oppure rompere i limiti della pura ragione e โprendere il largoโ. Un poโ come quando lโUlisse di Dante raggiunse le โColonne dโErcoleโ, un tempo considerate il confine estremo della Terra, e decise di non fermarsi, e fare, piuttosto, dei remi, โali al folle voloโ.
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Devo perรฒ essere coerente con le mie stesse premesse. Il discorso su fede e ragione, prima di diventare un dibattito tra โnoi e loroโ, tra credenti e non credenti, deve essere un dibattito tra gli stessi credenti. Il peggiore tipo di razionalismo, infatti, non รจ quello esterno, ma quello interno alla teologia. San Paolo scriveva ai Corinzi:
La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perchรฉ la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio (1Cor 2,4-5).
E ancora:
Le armi della nostra battaglia non sono carnali, ma hanno da Dio la potenza di abbattere le fortezze, distruggendo i ragionamenti e ogni arroganza che si leva contro la conoscenza di Dio, e sottomettendo ogni intelligenza allโobbedienza di Cristo (2Cor 10,3-5).
Ciรฒ che lโApostolo temeva si รจ spesso verificato tra noi. La teologia, soprattutto in Occidente, si รจ sempre piรน allontanata dalla forza dello Spirito, per affidarsi alla sapienza umana. Il razionalismo moderno esigeva che il cristianesimo presentasse il suo messaggio in modo dialettico, cioรจ sottoponendolo, sotto tutti gli aspetti, alla ricerca e alla discussione, affinchรฉ potesse inserirsi nello sforzo generale, filosoficamente accettabile, di una comune e sempre provvisoria comprensione del destino umano e dellโuniverso. Ma cosรฌ facendo, lโannuncio sulla morte e risurrezione di Cristo viene sottoposto a unโistanza diversa, ritenuta superiore. Non รจ piรน un kerygma ma solo unโipotesi fra tante.
Il pericolo inerente a questo approccio alla teologia รจ che Dio viene oggettivato. Diventa un oggetto di cui parliamo, non un soggetto con cui โ o alla cui presenza โ parliamo. Un โluiโ โ o peggio, un โessoโ โ mai un โtuโ! ร il contraccolpo di aver fatto della teologia una โscienzaโ. Il primo dovere di chi fa scienza รจ quello di essere neutrale rispetto allโoggetto della propria ricerca; ma puรฒ uno essere neutrale quando ha a che fare con Dio? Questo fu il motivo principale che mi spinse, ad un certo punto della mia vita, ad abbandonare lโinsegnamento accademico della teologia e a dedicarmi a tempo pieno alla predicazione. La conseguenza di quel modo di fare teologia, infatti, รจ che essa diventa sempre piรน un dialogo con lโรฉlite accademica del momento, e sempre meno un nutrimento per la fede del popolo di Dio.
Da questa situazione si esce solo con la preghiera, parlando con Dio, prima ancora di parlare di Dio. โSe sei teologo pregherai veramente, e se preghi veramente sarai teologoโ, diceva un antico Padre del deserto . SantโAgostino fece la sua teologia piรน duratura โ e, aggiungiamo, anche la piรน sicura โ parlando a Dio nelle sue Confessioni. Aiuta in ciรฒ anche la contemplazione e lโimitazione della Madre di Dio. Ella non ha mai avuto niente a che fare con idee astratte su Dio e su suo Figlio Gesรบ, ma solo con la loro realtร vivente.
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Ho accennato, sopra, a un secondo significato dellโespressione โluce del mondoโ, ed รจ ad esso che vorrei dedicare lโultima parte della mia riflessione, anche perchรฉ รจ quella che ci riguarda piรน da vicino. Si tratta, dicevo, del significato, per cosรฌ dire, strumentale, in cui Gesรบ รจ luce del mondo: in quanto, cioรจ, fa luce su tutte le cose; fa, nei confronti del mondo, quello che fa il sole nei confronti della terra. Il sole non illumina e non rivela se stesso, ma illumina tutte le cose che sono sulla terra e far vedere ogni cosa nella luce giusta.
Anche in questo secondo senso, Gesรบ e il suo Vangelo hanno un concorrente che รจ il piรน pericoloso di tutti, essendo un concorrente interno, un nemico in casa. Lโespressione โluce del mondoโ cambia completamente di significato secondo che si prende lโespressione โdel mondoโ come genitivo oggettivo, o come genitivo soggettivo; a seconda, cioรจ, che il mondo sia lโoggetto illuminato, o invece il soggetto che illumina. In questo secondo caso, non รจ il Vangelo, ma il mondo che fa vedere tutte le cose alla propria luce. LโEvangelista Giovanni esortava i suoi discepoli con queste parole:
Non amate il mondo, nรฉ le cose del mondo! Se uno ama il mondo, lโamore del Padre non รจ in lui; perchรฉ tutto quello che รจ nel mondo โ la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita โ non viene dal Padre, ma viene dal mondo (1 Gv 2, 15-16).
Il pericolo di conformarsi a questo mondo โla mondanizzazione โ รจ lโequivalente, nellโambito religioso e spirituale, di quello che, nellโambito sociale, chiamiamo secolarizzazione. Nessuno (io meno di tutti) puรฒ dire che questo pericolo non incombe anche su di lui o su di lei. Un detto attribuito a Gesรบ in uno scritto antico non canonico dice: โSe non digiunerete dal mondo, non scoprirete il regno di Dioโ . Ecco il digiuno oggi piรน necessario di tutti: digiunare dal mondo, nesteuein tรด kosmรด, secondo il detto citato!
Il mondo di cui parliamo e al quale non dobbiamo conformarci non รจ il mondo creato e amato da Dio; non sono gli uomini del mondo ai quali, anzi, dobbiamo andare sempre incontro, specialmente i poveri, gli ultimi, i sofferenti. Il โmescolarsiโ con questo mondo della sofferenza e dellโemarginazione รจ, paradossalmente, il miglior modo di โsepararsiโ dal mondo, perchรฉ รจ andare lร , da dove il mondo rifugge con tutte le sue forze. ร separarsi dal principio stesso che regge il mondo, che รจ lโegoismo.
Prima che nelle opere, il cambiamento deve avvenire nel modo di pensare. San Paolo esortava i cristiani di Roma con le parole:
Non conformatevi a questo mondo, ma trasformatevi
rinnovando il vostro modo di pensare,
per poter discernere la volontร di Dio,
ciรฒ che รจ buono, a lui gradito e perfetto (Rom 12, 2).
Allโorigine della mondanizzaione ci sono tante cause, ma la principale รจ la crisi di fede. ร la fede il terreno di scontro primario tra il cristiano e il mondo. ร per la fede che il cristiano non รจ piรน โdelโ mondo. Inteso in senso morale, il โmondoโ รจ tutto ciรฒ che si oppone alla fede. โQuesta รจ la vittoria che ha sconfitto il mondoโ, scrive Giovanni nella Prima Lettera, โla nostra fedeโ (1 Gv 5, 4). Nella Lettera agli Efesini cโรจ, a questo riguardo, una parola sulla quale vale la pena soffermarsi un poโ piรน a lungo. Dice:
Anche voi eravate morti per le vostre colpe e i vostri peccati, nei quali un tempo viveste alla maniera di questo mondo, seguendo il principe delle potenze dellโaria, quello spirito che ora opera negli uomini ribelli (Ef 2,1-2).
Lโesegeta Heinrich Schlier ha fatto unโanalisi penetrante di questo โspirito del mondoโ considerato da Paolo il diretto antagonista dello โSpirito di Dioโ (1 Cor 2, 12). Un ruolo decisivo svolge in esso lโopinione pubblica. Oggi possiamo chiamarlo โ in senso anche letterale โ โlo spirito che รจ nellโariaโ, perchรฉ si diffonde soprattutto via etere, attraverso i mezzi di comunicazione virtuale.
Si determina โ scrive Schlier โ uno spirito di grande intensitร storica, a cui il singolo difficilmente puรฒ sottrarsi. Ci si attiene allo spirito generale, lo si reputa ovvio. Agire o pensare o dire qualcosa contro di esso รจ considerato cosa insensata o addirittura unโingiustizia o un delitto. Allora non si osa piรน porsi di fronte alle cose e alle situazione e soprattutto alla vita in modo diverso da come esso le presentaโฆLa sua caratteristica รจ di interpretare il mondo e lโesistenza umana alla sua maniera .
ร quello che chiamiamo โadattamento allo spirito dei tempiโ. La morale del mozartiano โCosรฌ fan tutteโ. Oggi possediamo una immagine nuova per descrivere lโazione corrosiva dello spirito del mondo, il virus dei computer. Per quel poco che ne so, il virus รจ un programma malignamente progettato che penetra nel computer per le vie piรน insospettate (scambio di e-mail, siti internetโฆ), e una volta dentro confonde o blocca le normali operazioni, alterando i cosiddetti โsistemi operativiโ.
Lo spirito del mondo agisce in modo analogo. Penetra in noi per mille canali, come lโaria che respiriamo, e una volta dentro, cambia i nostri modelli operativi: al modello โCristoโ sostituisce il modello โmondoโ. Il mondo ha anchโesso la sua โtrinitร โ, i suoi tre dei, o idoli, da adorare: piacere, potere, denaro. Tutti deprechiamo i disastri che essi creano nella societร , ma siamo sicuri che, nel nostro piccolo, noi stessi non ne siamo immuni?
La nostra piรน grande consolazione, in questa lotta con il mondo che รจ fuori di noi e con quello che รจ dentro di noi, รจ sapere che Cristo continua, da risorto, a pregare il Padre per noi con le parole con cui si congedรฒ dai suoi Apostoli:
Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondoโฆ Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondoโฆ Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola (Gv 17, 15-20).
1.Tertulliano, Apologeticum, 39, 9.
2.Tommaso dโAquino, S.Th. I, q.2, a.2, ad 1.
3.Sigmund Freud, Il disagio della civiltร , IV.
4.Gotthold Lessing, Eine Duplik, I, in Werke 3, Zรผrich 1974, p.149.
5.Dante Alighieri, Inferno, XXVI, 125
6.Evagrio Pontico, De oratione, 60 (PG 79, 1180).
7.Cf. Clemente Al., Stromati, 111, 15; A. Resch, Agrapha, 48 (TU, 30, 1906, p. 68).
8.H. Schlier, Demoni e spiriti maligni nel Nuovo Testamento, in Riflessioni sul Nuovo Testamento, Paideia, Brescia 1976, pp. 194 s. (Ed. originale in โGeist und Leben 31 (1958), pp. 173-183.