La data della Pasqua nella chiesa antica | La Civiltà Cattolica

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Come mai il Natale del Signore si celebra in un giorno fisso, il 25 dicembre, mentre la Pasqua varia tra il 21 marzo e il 25 aprile? La risposta è complessa, perché deve tener conto di tre fattori: 1) l’equinozio di primavera (memoria della creazione); 2) il 14 della prima luna (memoria della Pasqua ebraica); 3) la domenica (memoria della risurrezione di Gesù). Sulla questione della data della Pasqua annuale, che ancora oggi viene celebrata dai cristiani in giorni diversi salvo coincidenze tra i calendari, si possono sommariamente individuare tre riferimenti fondamentali: le prime testimonianze di Paolo, l’esito del Concilio di Nicea (325), e il dibattito riaperto nell’anno 387 in cui emerge come una luce il pensiero-guida di san Giovanni Crisostomo.

Innanzi tutto, non sappiamo quando i discepoli di Gesù abbiano cominciato a celebrare la loro Pasqua. Tuttavia è verosimile che essi, vivendo da giudei in mezzo ai giudei, abbiano continuato a partecipare alla festa giudaica, ma in modo nuovo. La testimonianza più antica di una Pasqua «cristiana» è data da Paolo. Siamo verso il 54, e quindi solo una ventina di anni dopo la morte e risurrezione di Gesù.

Arriviamo con un salto all’anno 325. Costantino prese l’iniziativa di convocare un Concilio «ecumenico», cioè di tutti i vescovi della Chiesa cattolica. L’agenda prevedeva due questioni maggiori: una difficile e dottrinale, che riguardava l’esatta collocazione teologica del Logos divino in rapporto a Dio Padre e al mondo; e una più pratica e pastorale, quella di unificare la data della Pasqua. Su questa, scrive Costantino, «si è deciso con giudizio unanime che la santissima festa della Pasqua sia celebrata in un unico e medesimo giorno».

L’anno 387 fu segnato da un riaccendersi della discussione. In quel frangente, emerge il pensiero di S. Giovanni Crisostomo. Il Crisostomo non si mette a disputare di date, di equinozi e di luna piena per giustificare una prassi piuttosto che un’altra, ma afferma semplicemente che Cristo non ha prescritto nulla in proposito, bensì «ha fatto tutto perché vivessimo nella pace e fossimo congiunti gli uni agli altri». Il solo argomento che egli porta a sostegno del 25 aprile – data fissata quell’anno e oggetto di contestazione – è che bisogna adeguarsi a quello che la Chiesa ha deciso nella sua grande maggioranza, perché è bene evitare ogni elemento di discordia e di divisione. Per Giovanni Crisostomo ogni Eucaristia è Pasqua, e quindi non è il giorno che conta, ma la testimonianza della carità e di una vita santa.

Per concludere, è possibile oggi ritrovare l’unità su questo punto? La decisione del Concilio di Nicea è ancora valida e la cosa è teoricamente possibile e, sebbene non riguardi un articolo di fede, è anche sommamente auspicabile.

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