
Mi stupisco sempre nel vedere tanta gente ad ascoltare una riflessione sul tema del dolore. Ci scherzo anche: quale masochistica ragione vi ha spinti, stasera, ad uscire di casa per ascoltare uno che parla della sofferenza?
La conosco la risposta: il bisogno di capire.
Il tema รจ uno di quelli che piรน mi mette a disagio. Ascolto ciรฒ che dico e, soprattutto, ascolto ciรฒ che ci dice la Parola. Confermo che sono piuttosto bravo e convincente nella teoria, decisamente meno nella pratica.
Ma via, รจ andata, lo Spirito ha in qualche modo preso le mie parole e le ha depositate nel cuore dei presenti. Se anche solo una persona รจ tornata a casa con un poโ di luce in piรน ne รจ valsa la pena.
Stanco, svuotato, accolgo le persone che vogliono salutarmi, stringermi la mano, farsi firmare un libro. Sorrido, ascolto, poche battute, โbuona vitaโ.
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Come prevedibile arrivano anche le storie-macigno: genitori che hanno perso i figli, i mariti, mamme che accudiscono bambini allo stato vegetativo. Ascolto, lascio una carezza, prometto una piccola preghiera.
Fosse qui, ora, quel Nazareno che spalancava la speranza e liberava lโanima!
Un ultimo signore mi aspetta. Si presenta e mi dice che fa volontariato negli ospedali per far ridere i bambini. Mi mette in mano qualcosa: un naso finto da pagliaccio. Un regalo per me.
Dice che il suo lo tiene sempre in tasca e quando cede alla lamentazione e al vittimismo lo cerca, come se fosse un promemoria. Non per pensare alle disgrazie altrui e sentirsi fortunato, no, certo. Ma per misurare la propria vita in un ordine di grandezza diverso.
Fare memoria dellโimmensa fragilitร che siamo.
E della capacitร di ridere nelle tragedie, come ci insegnano in bambini ammalati.
Bella lezione.
