Papa Francesco ai Membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede per la presentazione degli auguri per il nuovo anno

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DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI MEMBRI DEL CORPO DIPLOMATICO ACCREDITATO PRESSO LA SANTA SEDE
PER LA PRESENTAZIONE DEGLI AUGURI PER IL NUOVO ANNO

Sala Regia
Lunedรฌ, 8 gennaio 2018

Eccellenze, Signore e Signori,

รจ una bella consuetudine questo incontro che, custodendo ancora viva nel cuore la gioia che promana dal Natale, mi dร  lโ€™occasione di formularvi personalmente gli auguri per lโ€™anno da poco iniziato e di manifestare la mia vicinanza e il mio affetto ai popoli che rappresentate. Ringrazio il Decano del Corpo Diplomatico, Sua Eccellenza il Signor Armindo Fernandes do Espรญrito Santo Vieira, Ambasciatore di Angola, per le deferenti parole che mi ha pocโ€™anzi indirizzato a nome dellโ€™intero Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Un particolare benvenuto rivolgo agli Ambasciatori giunti da fuori Roma per lโ€™occasione, il cui numero si รจ accresciuto in seguito allโ€™allacciamento delle relazioni diplomatiche con la Repubblica dellโ€™Unione del Myanmar avvenuto nel maggio scorso. Parimenti saluto i sempre piรน numerosi Ambasciatori residenti a Roma, nel cui novero vi รจ ora anche l’Ambasciatore della Repubblica del Sudafrica, mentre un pensiero particolare vorrei dedicare al compianto Ambasciatore della Colombia, Guillermo Leรณn Escobar-Herrรกn, deceduto pochi giorni prima di Natale. Vi ringrazio per le proficue e costanti relazioni che intrattenete con la Segreteria di Stato e con gli altri Dicasteri della Curia Romana, a testimonianza dellโ€™interesse della Comunitร  internazionale per la missione della Santa Sede e per lโ€™impegno della Chiesa Cattolica nei vostri rispettivi Paesi. In tale prospettiva si colloca pure lโ€™attivitร  pattizia della Santa Sede, che lo scorso anno ha visto la firma, nel mese di febbraio, dellโ€™Accordo Quadro con la Repubblica del Congo e, nel mese di agosto, dellโ€™Accordo tra la Segreteria di Stato e il Governo della Federazione Russa sui viaggi senza visto dei titolari di passaporti diplomatici.

Nel rapporto con le Autoritร  civili, la Santa Sede non mira ad altro che a favorire il benessere spirituale e materiale della persona umana e la promozione del bene comune. I viaggi apostolici che ho compiuto nel corso dellโ€™anno passato in Egitto, Portogallo, Colombia, Myanmar e Bangladesh sono stati espressione di tale sollecitudine. In Portogallo mi sono recato pellegrino, nel centenario delle apparizioni della Madonna a Fatima, per celebrare la canonizzazione dei pastorelli Giacinta e Francisco Marto. Lรฌ ho potuto constatare la fede piena di entusiasmo e di gioia che la Vergine Maria ha suscitato nei molti pellegrini convenuti per lโ€™occasione. Anche in Egitto, Myanmar e Bangladesh ho potuto incontrare le comunitร  cristiane locali che, sebbene numericamente esigue, sono apprezzate per il contributo che offrono allo sviluppo e alla convivenza civile dei rispettivi Paesi. Non sono mancati gli incontri con i rappresentanti di altre religioni, a testimonianza di come le peculiaritร  di ciascuna non siano un ostacolo al dialogo, bensรฌ la linfa che lo alimenta nel comune desiderio di conoscere la veritร  e praticare la giustizia. Infine, in Colombia ho voluto benedire gli sforzi e il coraggio di quellโ€™amato popolo, segnato da un vivo desiderio di pace dopo oltre mezzo secolo di conflitto interno.

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Cari Ambasciatori,

nel corso di questโ€™anno ricorre il centenario della fine della Prima Guerra Mondiale: un conflitto che ridisegnรฒ il volto dellโ€™Europa e del mondo intero, con lโ€™emergere di nuovi Stati che presero il posto degli antichi Imperi. Dalle ceneri della Grande Guerra si possono ricavare due moniti, che purtroppo lโ€™umanitร  non seppe comprendere immediatamente, giungendo nellโ€™arco di un ventennio a combattere un nuovo conflitto ancor piรน devastante del precedente. Il primo monito รจ che vincere non significa mai umiliare lโ€™avversario sconfitto. La pace non si costruisce come affermazione del potere del vincitore sul vinto. Non รจ la legge del timore che dissuade da future aggressioni, bensรฌ la forza della ragionevolezza mite che sprona al dialogo e alla reciproca comprensione per sanare le differenze[1]. Da ciรฒ deriva il secondo monito: la pace si consolida quando le Nazioni possono confrontarsi in un clima di paritร . Lo intuรฌ un secolo fa โ€“ proprio in questa data โ€“ lโ€™allora Presidente statunitense Thomas Woodrow Wilson, allorchรฉ propose lโ€™istituzione di una associazione generale delle Nazioni intesa a promuovere per tutti gli Stati, grandi e piccoli indistintamente, mutue garanzie dโ€™indipendenza e di integritร  territoriale. Si gettarono cosรฌ idealmente le basi di quella diplomazia multilaterale, che รจ andata acquisendo nel corso degli anni un ruolo e unโ€™influenza crescente in seno allโ€™intera Comunitร  internazionale.

Anche i rapporti fra le Nazioni, come i rapporti umani, ยซvanno regolati nella veritร , nella giustizia, nella solidarietร  operante, nella libertร ยป[2]. Ciรฒ comporta ยซil principio che tutte le comunitร  politiche sono uguali per dignitร  di naturaยป[3], come pure il riconoscimento dei vicendevoli diritti, unitamente allโ€™adempimento dei rispettivi doveri[4]. Premessa fondamentale di tale atteggiamento รจ lโ€™affermazione della dignitร  di ogni persona umana, il cui disprezzo e disconoscimento portano ad atti di barbarie che offendono la coscienza dellโ€™umanitร [5]. Dโ€™altra parte, ยซil riconoscimento della dignitร  inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertร , della giustizia e della pace nel mondoยป[6], come afferma la Dichiarazione Universale dei Diritti dellโ€™Uomo.

A tale importante documento, a settantโ€™anni dalla sua adozione da parte dellโ€™Assemblea Generale delle Nazioni Unite, avvenuta il 10 dicembre 1948, vorrei dedicare il nostro incontro odierno. Per la Santa Sede, infatti, parlare di diritti umani significa anzitutto riproporre la centralitร  della dignitร  della persona, in quanto voluta e creata da Dio a sua immagine e somiglianza. Lo stesso Signore Gesรน, guarendo il lebbroso, ridonando la vista al cieco, intrattenendosi con il pubblicano, risparmiando la vita dellโ€™adultera e invitando a curare il viandante ferito, ha fatto comprendere come ciascun essere umano, indipendentemente dalla sua condizione fisica, spirituale o sociale, sia meritevole di rispetto e considerazione. Da una prospettiva cristiana vi รจ dunque una significativa relazione fra il messaggio evangelico e il riconoscimento dei diritti umani, nello spirito degli estensori della Dichiarazione Universale dei Diritti dellโ€™Uomo.

Tali diritti traggono il loro presupposto dalla natura che oggettivamente accomuna il genere umano. Essi sono stati enunciati per rimuovere i muri di separazione che dividono la famiglia umana e favorire quello che la dottrina sociale della Chiesa chiama sviluppo umano integrale, poichรฉ riguarda la ยซpromozione di ogni uomo e di tutto lโ€™uomo [โ€ฆ] fino a comprendere lโ€™umanitร  interaยป[7]. Una visione riduttiva della persona umana apre invece la strada alla diffusione dellโ€™ingiustizia, dellโ€™ineguaglianza sociale e della corruzione.

Occorre tuttavia constatare che, nel corso degli anni, soprattutto in seguito ai sommovimenti sociali del โ€œSessantottoโ€, lโ€™interpretazione di alcuni diritti รจ andata progressivamente modificandosi, cosรฌ da includere una molteplicitร  di โ€œnuovi dirittiโ€, non di rado in contrapposizione tra loro. Ciรฒ non ha sempre favorito la promozione di rapporti amichevoli tra le Nazioni[8], poichรฉ si sono affermate nozioni controverse dei diritti umani che contrastano con la cultura di molti Paesi, i quali non si sentono perciรฒ rispettati nelle proprie tradizioni socio-culturali, ma piuttosto trascurati di fronte alle necessitร  reali che devono affrontare. Vi puรฒ essere quindi il rischio โ€“ per certi versi paradossale โ€“ che, in nome degli stessi diritti umani, si vengano ad instaurare moderne forme di colonizzazione ideologica dei piรน forti e dei piรน ricchi a danno dei piรน poveri e dei piรน deboli. In pari tempo, รจ bene tenere presente che le tradizioni dei singoli popoli non possono essere invocate come un pretesto per tralasciare il doveroso rispetto dei diritti fondamentali enunciati dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dellโ€™Uomo.

A settantโ€™anni di distanza, duole rilevare come molti diritti fondamentali siano ancor oggi violati. Primo fra tutti quello alla vita, alla libertร  e alla inviolabilitร  di ogni persona umana[9]. Non sono solo la guerra o la violenza che li ledono. Nel nostro tempo ci sono forme piรน sottili: penso anzitutto ai bambini innocenti, scartati ancor prima di nascere; non voluti talvolta solo perchรฉ malati o malformati o per lโ€™egoismo degli adulti. Penso agli anziani, anchโ€™essi tante volte scartati, soprattutto se malati, perchรฉ ritenuti un peso. Penso alle donne, che spesso subiscono violenze e sopraffazioni anche in seno alle proprie famiglie. Penso poi a quanti sono vittime della tratta delle persone che viola la proibizione di ogni forma di schiavitรน. Quante persone, specialmente in fuga dalla povertร  e dalla guerra, sono fatte oggetto di tale mercimonio perpetrato da soggetti senza scrupoli?

Difendere il diritto alla vita e allโ€™integritร  fisica, significa poi tutelare il diritto alla salute della persona e dei suoi familiari. Oggi tale diritto ha assunto implicazioni che superano gli intendimenti originari della Dichiarazione Universale dei Diritti dellโ€™Uomo, la quale mirava ad affermare il diritto di ciascuno ad avere le cure mediche e i servizi sociali necessari[10]. In tale prospettiva, auspico che, nei fori internazionali competenti, ci si adoperi per favorire anzitutto un facile accesso per tutti alle cure e ai trattamenti sanitari. รˆ importante unire gli sforzi affinchรฉ si possano adottare politiche in grado di garantire, a prezzi accessibili, la fornitura di medicinali essenziali per la sopravvivenza delle persone indigenti, senza tralasciare la ricerca e lo sviluppo di trattamenti che, sebbene non siano economicamente rilevanti per il mercato, sono determinanti per salvare vite umane.

Difendere il diritto alla vita implica pure adoperarsi attivamente per la pace, universalmente riconosciuta come uno dei valori piรน alti da ricercare e difendere. Eppure gravi conflitti locali continuano ad infiammare varie Regioni della terra. Gli sforzi collettivi della Comunitร  internazionale, lโ€™azione umanitaria delle organizzazioni internazionali e le incessanti implorazioni di pace che si innalzano dalle terre insanguinate dai combattimenti sembrano essere sempre meno efficaci di fronte alla logica aberrante della guerra. Tale scenario non puรฒ far diminuire il nostro desiderio e il nostro impegno per la pace, consapevoli che senza di essa lo sviluppo integrale dellโ€™uomo diventa irraggiungibile.

Il disarmo integrale e lo sviluppo integrale sono strettamente correlati fra loro. Dโ€™altra parte, la ricerca della pace come precondizione per lo sviluppo implica combattere lโ€™ingiustizia e sradicare, in modo non violento, le cause della discordia che portano alle guerre. La proliferazione di armi aggrava chiaramente le situazioni di conflitto e comporta enormi costi umani e materiali che minano lo sviluppo e la ricerca di una pace duratura. Il risultato storico raggiunto lo scorso anno con lโ€™adozione del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, al termine della Conferenza delle Nazioni Unite finalizzata a negoziare uno strumento giuridicamente vincolante per proibire le armi nucleari, mostra come il desiderio di pace sia sempre vivo. La promozione della cultura della pace per uno sviluppo integrale richiede sforzi perseveranti verso il disarmo e la riduzione del ricorso alla forza armata nella gestione degli affari internazionali. Desidero pertanto incoraggiare un dibattito sereno e il piรน ampio possibile sul tema, che eviti polarizzazioni della Comunitร  internazionale su una questione cosรฌ delicata. Ogni sforzo in tale direzione, per quanto modesto, rappresenta un risultato importante per lโ€™umanitร .

Da parte sua la Santa Sede ha firmato e ratificato, anche a nome e per conto dello Stato della Cittร  del Vaticano, il Trattato sulla proibizioni delle armi nucleari, nella prospettiva formulata da San Giovanni XXIII nella Pacem in terris, secondo la quale ยซgiustizia, saggezza ed umanitร  domandano che venga arrestata la corsa agli armamenti, si riducano simultaneamente e reciprocamente gli armamenti giร  esistenti; si mettano al bando le armi nucleariยป[11]. Infatti, anche ยซse รจ difficile persuadersi che vi siano persone capaci di assumersi la responsabilitร  delle distruzioni e dei dolori che una guerra causerebbe, non รจ escluso che un fatto imprevedibile ed incontrollabile possa far scoccare la scintilla che metta in moto lโ€™apparato bellicoยป[12].

La Santa Sede ribadisce dunque la ferma ยซpersuasione che le eventuali controversie tra i popoli non debbono essere risolte con il ricorso alle armi; ma invece attraverso il negoziatoยป[13]. Dโ€™altra parte, proprio la continua produzione di armi sempre piรน avanzate e โ€œperfezionateโ€ e il protrarsi di numerosi focolai di conflitto โ€“ di quella che piรน volte ho chiamato โ€œterza guerra mondiale a pezziโ€ โ€“ non puรฒ che farci ripetere con forza le parole del mio santo Predecessore: ยซRiesce quasi impossibile pensare che nellโ€™era atomica la guerra possa essere utilizzata come strumento di giustizia. [โ€ฆ] รˆ lecito tuttavia sperare che gli uomini, incontrandosi e negoziando, abbiano a scoprire meglio i vincoli che li legano, provenienti dalla loro comune umanitร  e abbiano pure a scoprire che una fra le piรน profonde esigenze della loro comune umanitร  รจ che tra essi e tra i rispettivi popoli regni non il timore, ma lโ€™amore: il quale tende ad esprimersi nella collaborazione leale, multiforme, apportatrice di molti beniยป[14].

In tale prospettiva, รจ di primaria importanza che si possa sostenere ogni tentativo di dialogo nella penisola coreana, al fine di trovare nuove strade per superare le attuali contrapposizioni, accrescere la fiducia reciproca e assicurare un futuro di pace al popolo coreano e al mondo intero.

Parimenti รจ importante che possano proseguire, in un clima propositivo di accresciuta fiducia tra le parti, le varie iniziative di pace in corso in favore della Siria, perchรฉ si possa finalmente mettere fine al lungo conflitto che ha coinvolto il Paese e causato immani sofferenze. Il comune auspicio รจ che, dopo tanta distruzione, sia giunto il tempo di ricostruire. Ma piรน ancora che costruire edifici, รจ necessario ricostruire i cuori, ritessere la tela della fiducia reciproca, premessa imprescindibile per il fiorire di qualunque societร . Occorre dunque adoperarsi per favorire le condizioni giuridiche, politiche e di sicurezza, per una ripresa della vita sociale, dove ciascun cittadino, indipendentemente dallโ€™appartenenza etnica e religiosa, possa partecipare allo sviluppo del Paese. In tal senso รจ vitale che siano tutelate le minoranze religiose, tra le quali vi sono i cristiani, che da secoli contribuiscono attivamente alla storia della Siria.

รˆ altrettanto importante che possano far ritorno in patria i numerosi profughi che hanno trovato accoglienza e rifugio nelle Nazioni limitrofe, specialmente in Giordania, in Libano e in Turchia. Lโ€™impegno e lo sforzo compiuto da questi Paesi in tale difficile circostanza merita lโ€™apprezzamento e il sostegno di tutta la Comunitร  internazionale, la quale nel contempo รจ chiamata ad adoperarsi a creare le condizioni per il rimpatrio dei rifugiati provenienti dalla Siria. รˆ un impegno che essa deve concretamente assumersi a cominciare dal Libano, affinchรฉ quellโ€™amato Paese continui ad essere un โ€œmessaggioโ€ di rispetto e convivenza e un modello da imitare per tutta la Regione e per il mondo intero.

La volontร  di dialogo รจ necessaria anche nellโ€™amato Iraq, perchรฉ le varie componenti etniche e religiose possano ritrovare la strada della riconciliazione e della pacifica convivenza e collaborazione, come pure nello Yemen e in altre parti della Regione, nonchรฉ in Afghanistan.

Un pensiero particolare rivolgo a Israeliani e Palestinesi, in seguito alle tensioni delle ultime settimane. La Santa Sede, nellโ€™esprimere dolore per quanti hanno perso la vita nei recenti scontri, rinnova il suo pressante appello a ponderare ogni iniziativa affinchรฉ si eviti di esacerbare le contrapposizioni, e invita ad un comune impegno a rispettare, in conformitร  con le pertinenti Risoluzioni delle Nazioni Unite, lo status quo di Gerusalemme, cittร  sacra a cristiani, ebrei e musulmani. Settantโ€™anni di scontri rendono quanto mai urgente trovare una soluzione politica che consenta la presenza nella Regione di due Stati indipendenti entro confini internazionalmente riconosciuti. Pur tra le difficoltร , la volontร  di dialogare e di riprendere i negoziati rimane la strada maestra per giungere finalmente ad una coesistenza pacifica dei due popoli.

Anche allโ€™interno di contesti nazionali, lโ€™apertura e la disponibilitร  allโ€™incontro sono essenziali. Penso specialmente al caro Venezuela, che sta attraversando una crisi politica ed umanitaria sempre piรน drammatica e senza precedenti. La Santa Sede, mentre esorta a rispondere senza indugio alle necessitร  primarie della popolazione, auspica che si creino le condizioni affinchรฉ le elezioni previste per lโ€™anno in corso siano in grado di avviare a soluzione i conflitti esistenti, e si possa guardare con ritrovata serenitร  al futuro.

La Comunitร  internazionale non dimentichi neppure le sofferenze di tante parti del Continente africano, specialmente in Sud Sudan, nella Repubblica Democratica del Congo, in Somalia, in Nigeria e nella Repubblica Centroafricana, dove il diritto alla vita รจ minacciato dallo sfruttamento indiscriminato delle risorse, dal terrorismo, dal proliferare di gruppi armati e da perduranti conflitti. Non basta indignarsi dinanzi a tanta violenza. Occorre piuttosto che ciascuno nel proprio ambito si adoperi attivamente per rimuovere le cause della miseria e costruire ponti di fraternitร , premessa fondamentale per un autentico sviluppo umano.

Un impegno comune a ricostruire i ponti รจ urgente pure in Ucraina. Lโ€™anno appena conclusosi ha mietuto nuove vittime nel conflitto che affligge il Paese, continuando a recare grandi sofferenze alla popolazione, in particolare alle famiglie che risiedono nelle zone interessate dalla guerra e che hanno perso i loro cari, non di rado anziani e bambini.

Proprio alla famiglia vorrei dedicare un pensiero speciale. Il diritto a formare una famiglia, quale ยซnucleo naturale e fondamentale della societร  [che] ha diritto ad essere protetta dalla societร  e dallo Statoยป[15], รจ infatti riconosciuto dalla stessa Dichiarazione del 1948. Purtroppo รจ noto come, specialmente in Occidente, la famiglia sia ritenuta un istituto superato. Alla stabilitร  di un progetto definitivo, si preferiscono oggi legami fugaci. Ma non sta in piedi una casa costruita sulla sabbia di rapporti fragili e volubili. Occorre piuttosto la roccia, sulla quale ancorare fondamenta solide. E la roccia รจ proprio quella comunione di amore, fedele e indissolubile, che unisce lโ€™uomo e la donna, una comunione che ha una bellezza austera e semplice, un carattere sacro e inviolabile e una funzione naturale nellโ€™ordine sociale[16]. Ritengo pertanto urgente che si intraprendano reali politiche a sostegno delle famiglia, dalla quale peraltro dipende lโ€™avvenire e lo sviluppo degli Stati. Senza di essa non si possono infatti costruire societร  in grado di affrontare le sfide del futuro. Il disinteresse per le famiglie porta poi con sรฉ unโ€™altra conseguenza drammatica โ€“ e particolarmente attuale in alcune Regioni โ€“ che รจ il calo della natalitร . Si vive un vero inverno demografico! Esso รจ il segno di societร  che faticano ad affrontare le sfide del presente e che divengono dunque sempre piรน timorose dellโ€™avvenire, finendo per chiudersi in se stesse.

In pari tempo, non si puรฒ dimenticare la situazione di famiglie spezzate a causa della povertร , delle guerre e delle migrazioni. Abbiamo fin troppo spesso dinanzi ai nostri occhi il dramma di bambini che da soli varcano i confini che separano il sud dal nord del mondo, sovente vittime del traffico di esseri umani.

Oggi si parla molto di migranti e migrazioni, talvolta solo per suscitare paure ancestrali. Non bisogna dimenticare che le migrazioni sono sempre esistite. Nella tradizione giudeo-cristiana, la storia della salvezza รจ essenzialmente storia di migrazioni. Nรฉ bisogna dimenticare che la libertร  di movimento, come quella di lasciare il proprio Paese e di farvi ritorno appartiene ai diritti fondamentali dellโ€™uomo[17]. Occorre dunque uscire da una diffusa retorica sullโ€™argomento e partire dalla considerazione essenziale che davanti a noi ci sono innanzitutto persone.

รˆ quanto ho inteso ribadire con il Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, celebratasi il 1ยฐ gennaio scorso, dedicato a โ€œMigranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di paceโ€. Pur riconoscendo che non sempre tutti sono animati dalle migliori intenzioni, non si puรฒ dimenticare che la maggior parte dei migranti preferirebbe stare nella propria terra, mentre si trova costretta a lasciarla ยซa causa di discriminazioni, persecuzioni, povertร  e degrado ambientale. [โ€ฆ] Accogliere lโ€™altro richiede un impegno concreto, una catena di aiuti e di benevolenza, unโ€™attenzione vigilante e comprensiva, la gestione responsabile di nuove situazioni complesse che, a volte, si aggiungono ad altri e numerosi problemi giร  esistenti, nonchรฉ delle risorse che sono sempre limitate. Praticando la virtรน della prudenza, i governanti sapranno accogliere, promuovere, proteggere e integrare, stabilendo misure pratiche, โ€œnei limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso, [per] permettere quellโ€™inserimentoโ€ (Pacem in terris, 57). Essi hanno una precisa responsabilitร  verso le proprie comunitร , delle quali devono assicurare i giusti diritti e lo sviluppo armonico, per non essere come il costruttore stolto che fece male i calcoli e non riuscรฌ a completare la torre che aveva cominciato a edificare (cfr Lc 14, 28-30)ยป[18].

Desidero nuovamente ringraziare le Autoritร  di quegli Stati che si sono prodigati in questi anni per fornire assistenza ai numerosi migranti giunti ai loro confini. Penso anzitutto allโ€™impegno di non pochi Paesi in Asia, in Africa e nelle Americhe, che accolgono e assistono numerose persone. Conservo ancora vivo nel cuore lโ€™incontro che ho avuto a Dacca con alcuni appartenenti al popolo Rohingya e desidero rinnovare i sentimenti di gratitudine alle autoritร  del Bangladesh per lโ€™assistenza che prestano loro sul proprio territorio.

Desidero poi esprimere particolare gratitudine allโ€™Italia che in questi anni ha mostrato un cuore aperto e generoso e ha saputo offrire anche dei positivi esempi di integrazione. Il mio auspicio รจ che le difficoltร  che il Paese ha attraversato in questi anni, le cui conseguenze permangono, non portino a chiusure e preclusioni, ma anzi ad una riscoperta di quelle radici e tradizioni che hanno nutrito la ricca storia della Nazione e che costituiscono un inestimabile tesoro da offrire al mondo intero. Parimenti, esprimo apprezzamento per gli sforzi compiuti da altri Stati europei, particolarmente la Grecia e la Germania. Non bisogna dimenticare che numerosi rifugiati e migranti cercano di raggiungere lโ€™Europa perchรฉ sanno di potervi trovare pace e sicurezza, che sono peraltro il frutto di un lungo cammino nato dagli ideali dei Padri fondatori del progetto europeo dopo la Seconda Guerra Mondiale. Lโ€™Europa deve essere fiera di questo suo patrimonio, basato su certi principi e su una visione dellโ€™uomo che affonda le basi sulla sua storia millenaria, ispirata dalla concezione cristiana della persona umana. Lโ€™arrivo dei migranti deve spronarla a riscoprire il proprio patrimonio culturale e religioso, cosรฌ che, riprendendo coscienza dei valori sui quali si รจ edificata, possa allo stesso tempo mantenere viva la propria tradizione e continuare ad essere un luogo accogliente, foriero di pace e di sviluppo.

Nellโ€™anno passato i governi, le organizzazioni internazionali e la societร  civile si sono interpellati reciprocamente sui principi di base, sulle prioritร  e sulle modalitร  piรน opportune per rispondere ai movimenti migratori ed alle situazioni protratte che riguardano i rifugiati. Le Nazioni Unite, a seguito della Dichiarazione di New York per i Rifugiati e i Migranti del 2016, hanno avviato importanti processi di preparazione in vista dellโ€™adozione di due Patti Mondiali (Global Compacts), rispettivamente, sui rifugiati e per una migrazione sicura, ordinata e regolare.

La Santa Sede auspica che tali sforzi, con i negoziati che si apriranno a breve, portino risultati degni di una comunitร  mondiale sempre piรน interdipendente, fondata sui principi di solidarietร  e di mutuo aiuto. Nellโ€™attuale contesto internazionale non mancano le possibilitร  e i mezzi per assicurare ad ogni uomo e ogni donna che vive sulla Terra condizioni di vita degne della persona umana.

Nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace di questโ€™anno, ho suggerito quattro โ€œpietre miliariโ€ per lโ€™azione: accogliere, proteggere, promuovere e integrare[19]. Vorrei soffermarmi in particolare su questโ€™ultima, sulla quale si confrontano posizioni diverse alla luce di altrettante valutazioni, esperienze, preoccupazioni e convincimenti. Lโ€™integrazione รจ โ€œun processo bidirezionaleโ€, con diritti e doveri reciproci. Chi accoglie รจ infatti chiamato a promuovere lo sviluppo umano integrale, mentre a chi รจ accolto si chiede lโ€™indispensabile conformazione alle norme del Paese che lo ospita, nonchรฉ il rispetto dei principi identitari dello stesso. Ogni processo di integrazione deve mantenere sempre la tutela e la promozione delle persone, specialmente di coloro che si trovano in situazioni di vulnerabilitร , al centro delle norme che riguardano i vari aspetti della vita politica e sociale.

La Santa Sede non intende interferire nelle decisioni che spettano agli Stati, i quali, alla luce delle rispettive situazioni politiche, sociali ed economiche, nonchรฉ delle proprie capacitร  e possibilitร  di ricezione e di integrazione, hanno la prima responsabilitร  dellโ€™accoglienza. Tuttavia, essa ritiene di dover svolgere un ruolo di โ€œrichiamoโ€ dei principi di umanitร  e di fraternitร , che fondano ogni societร  coesa ed armonica. In tale prospettiva, รจ importante non dimenticare lโ€™interazione con le comunitร  religiose, sia istituzionali che a livello associativo, le quali possono svolgere un ruolo prezioso di rinforzo nellโ€™assistenza e nella protezione, di mediazione sociale e culturale, di pacificazione e di integrazione.

Tra i diritti umani che vorrei richiamare questโ€™oggi vi รจ anche il diritto alla libertร  di pensiero, di coscienza e di religione, che include la libertร  di cambiare religione[20]. Purtroppo รจ noto come il diritto alla libertร  di religione sia sovente disatteso e non di rado la religione divenga o lโ€™occasione per giustificare ideologicamente nuove forme di estremismo o un pretesto per lโ€™emarginazione sociale, se non addirittura per forme di persecuzione dei credenti. La costruzione di societร  inclusive esige come sua condizione una comprensione integrale della persona umana, che puรฒ sentirsi davvero accolta quando รจ riconosciuta e accettata in tutte le dimensioni che costituiscono la sua identitร , compresa quella religiosa.

Infine, desidero richiamare lโ€™importanza del diritto al lavoro. Non vi รจ pace nรฉ sviluppo se lโ€™uomo รจ privato della possibilitร  di contribuire personalmente tramite la propria opera allโ€™edificazione del bene comune. Rincresce constatare invece come il lavoro sia in molte parti del mondo un bene scarsamente disponibile. Poche sono talvolta le opportunitร , specialmente per i giovani, di trovare lavoro. Spesso รจ facile perderlo non solo a causa delle conseguenze dellโ€™alternarsi dei cicli economici, ma anche per il progressivo ricorso a tecnologie e macchinari sempre piรน perfetti e precisi in grado di sostituire lโ€™uomo. E se da un lato si constata unโ€™iniqua distribuzione delle opportunitร  di lavoro, dallโ€™altro si rileva la tendenza a pretendere da chi lavora ritmi sempre piรน pressanti. Le esigenze del profitto, dettate della globalizzazione, hanno portato ad una progressiva riduzione dei tempi e dei giorni di riposo, con il risultato che si รจ persa una dimensione fondamentale della vita โ€“ quella del riposo โ€“ che serve a rigenerare la persona non solo fisicamente, ma anche spiritualmente. Dio stesso si รจ riposato il settimo giorno: lo benedisse e lo consacrรฒ, ยซperchรฉ in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creandoยป (Gen 2,3). Nellโ€™alternarsi di fatica e riposo, lโ€™uomo partecipa alla โ€œsantificazione del tempoโ€ operata da Dio e nobilita il proprio lavoro, sottraendolo alle ripetitive dinamiche di una quotidianitร  arida che non conosce sosta.

Sono poi motivo di particolare preoccupazione i dati pubblicati recentemente dallโ€™Organizzazione Mondiale del Lavoro circa lโ€™incremento del numero dei bambini impiegati in attivitร  lavorative e delle vittime delle nuove forme di schiavitรน. La piaga del lavoro minorile continua a compromettere seriamente lo sviluppo psico-fisico dei fanciulli, privandoli delle gioie dellโ€™infanzia, mietendo vittime innocenti. Non si puรฒ pensare di progettare un futuro migliore, nรฉ auspicare di costruire societร  piรน inclusive, se si continuano a mantenere modelli economici orientati al mero profitto e allo sfruttamento dei piรน deboli, come i bambini. Eliminare le cause strutturali di tale piaga dovrebbe essere una prioritร  di governi e organizzazioni internazionali, chiamati ad intensificare gli sforzi per adottare strategie integrate e politiche coordinate finalizzate a far cessare il lavoro minorile in tutte le sue forme.

Eccellenze, Signore e Signori,

nel richiamare alcuni dei diritti contenuti nella Dichiarazione Universale del 1948, non intendo tralasciare un aspetto strettamente connesso ad essa: ogni individuo ha pure dei doveri verso la comunitร , volti a ยซsoddisfare le giuste esigenze della morale, dellโ€™ordine pubblico e del benessere generale in una societร  democraticaยป[21]. Il giusto richiamo ai diritti di ogni essere umano, deve tener conto che ciascuno รจ parte di un corpo piรน grande. Anche le nostre societร , come ogni corpo umano, godono di buona salute se ciascun membro compie la propria opera, nella consapevolezza che essa รจ al servizio del bene comune.

Tra i doveri particolarmente impellenti vi รจ oggi quello di prendersi cura della nostra Terra. Sappiamo che la natura puรฒ essere di per sรฉ cruenta anche quando ciรฒ non รจ responsabilitร  dellโ€™uomo. Lโ€™abbiamo visto in quest’ultimo anno con i terremoti che hanno colpito diverse parti della terra, particolarmente negli ultimi mesi in Messico e in Iran mietendo numerose vittime, come pure con la forza degli uragani che hanno interessato diversi Paesi caraibici fino a giungere sulle coste statunitensi e che, piรน recentemente, hanno investito le Filippine. Tuttavia, non bisogna dimenticare che cโ€™รจ anche una precipua responsabilitร  dellโ€™uomo nell’interazione con la natura. I cambiamenti climatici, con lโ€™innalzamento globale delle temperature e gli effetti devastanti che esse comportano, sono anche conseguenza dellโ€™azione dellโ€™uomo. Occorre dunque affrontare, in uno sforzo congiunto, la responsabilitร  di lasciare alle generazioni che seguiranno una Terra piรน bella e vivibile, adoperandosi, alla luce degli impegni concordati a Parigi nel 2015, per ridurre le emissioni di gas nocivi allโ€™atmosfera e dannosi per la salute umana.

Lo spirito che deve animare i singoli e le Nazioni in questโ€™opera รจ assimilabile a quello dei costruttori delle cattedrali medievali che costellano lโ€™Europa. Tali imponenti edifici raccontano lโ€™importanza della partecipazione di ciascuno ad unโ€™opera capace di travalicare i confini del tempo. Il costruttore di cattedrali sapeva che non avrebbe visto il compimento del proprio lavoro. Nondimeno si รจ adoperato attivamente, comprendendo di essere parte di un progetto, di cui avrebbero goduto i suoi figli, i quali โ€“ a loro volta โ€“ lo avrebbero abbellito ed ampliato per i loro figli. Ciascun uomo e donna di questo mondo โ€“ e particolarmente chi ha responsabilitร  di governo โ€“ รจ chiamato a coltivare lo stesso spirito di servizio e di solidarietร  intergenerazionale, ed essere cosรฌ un segno di speranza per il nostro travagliato mondo.

Con queste considerazioni rinnovo a ciascuno di voi, alle vostre famiglie e ai vostri popoli lโ€™augurio di un anno ricco di gioia, di speranza e di pace. Grazie.

 

[1] Cfr Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris (11 aprile 1963), 67.

[2] Ibid., 47.

[3] Ibid., 49.

[4] Cfr ibid., 51.

[5] Cfr Dichiarazione Universale dei Diritti dellโ€™Uomo (10 dicembre 1948).

[6] Ibid., Preambolo.

[7] Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio (26 marzo 1967), 14.

[8] Cfr Dichiarazione Universale dei Diritti dellโ€™Uomo, Preambolo.

[9] Cfr ibid, art. 3.

[10] Cfr ibid., art. 25.

[11] N. 60.

[12] Ibid.

[13] Ibid, 67.

[14] Ibid.

[15] Dichiarazione Universale dei Diritti dellโ€™Uomo, art. 16.

[16] Cfr Paolo VI, Discorso in occasione della visita alla Basilica dellโ€™Annunciazione, Nazareth, 5 gennaio 1964.

[17] Cfr Dichiarazione Universale dei Diritti dellโ€™Uomo, art. 13.

[18] Messaggio per la LI Giornata Mondiale della Pace (13 novembre 2017), 1.

[19] Ibid., 4.

[20] Cfr Dichiarazione Universale dei Diritti dellโ€™Uomo, art. 18.

[21] Art. 29.

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