DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI MEMBRI DEL CORPO DIPLOMATICO ACCREDITATO PRESSO LA SANTA SEDE
PER LA PRESENTAZIONE DEGLI AUGURI PER IL NUOVO ANNO
Sala Regia
Lunedรฌ, 8 gennaio 2018
Eccellenze, Signore e Signori,
รจ una bella consuetudine questo incontro che, custodendo ancora viva nel cuore la gioia che promana dal Natale, mi dร lโoccasione di formularvi personalmente gli auguri per lโanno da poco iniziato e di manifestare la mia vicinanza e il mio affetto ai popoli che rappresentate. Ringrazio il Decano del Corpo Diplomatico, Sua Eccellenza il Signor Armindo Fernandes do Espรญrito Santo Vieira, Ambasciatore di Angola, per le deferenti parole che mi ha pocโanzi indirizzato a nome dellโintero Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Un particolare benvenuto rivolgo agli Ambasciatori giunti da fuori Roma per lโoccasione, il cui numero si รจ accresciuto in seguito allโallacciamento delle relazioni diplomatiche con la Repubblica dellโUnione del Myanmar avvenuto nel maggio scorso. Parimenti saluto i sempre piรน numerosi Ambasciatori residenti a Roma, nel cui novero vi รจ ora anche l’Ambasciatore della Repubblica del Sudafrica, mentre un pensiero particolare vorrei dedicare al compianto Ambasciatore della Colombia, Guillermo Leรณn Escobar-Herrรกn, deceduto pochi giorni prima di Natale. Vi ringrazio per le proficue e costanti relazioni che intrattenete con la Segreteria di Stato e con gli altri Dicasteri della Curia Romana, a testimonianza dellโinteresse della Comunitร internazionale per la missione della Santa Sede e per lโimpegno della Chiesa Cattolica nei vostri rispettivi Paesi. In tale prospettiva si colloca pure lโattivitร pattizia della Santa Sede, che lo scorso anno ha visto la firma, nel mese di febbraio, dellโAccordo Quadro con la Repubblica del Congo e, nel mese di agosto, dellโAccordo tra la Segreteria di Stato e il Governo della Federazione Russa sui viaggi senza visto dei titolari di passaporti diplomatici.
Nel rapporto con le Autoritร civili, la Santa Sede non mira ad altro che a favorire il benessere spirituale e materiale della persona umana e la promozione del bene comune. I viaggi apostolici che ho compiuto nel corso dellโanno passato in Egitto, Portogallo, Colombia, Myanmar e Bangladesh sono stati espressione di tale sollecitudine. In Portogallo mi sono recato pellegrino, nel centenario delle apparizioni della Madonna a Fatima, per celebrare la canonizzazione dei pastorelli Giacinta e Francisco Marto. Lรฌ ho potuto constatare la fede piena di entusiasmo e di gioia che la Vergine Maria ha suscitato nei molti pellegrini convenuti per lโoccasione. Anche in Egitto, Myanmar e Bangladesh ho potuto incontrare le comunitร cristiane locali che, sebbene numericamente esigue, sono apprezzate per il contributo che offrono allo sviluppo e alla convivenza civile dei rispettivi Paesi. Non sono mancati gli incontri con i rappresentanti di altre religioni, a testimonianza di come le peculiaritร di ciascuna non siano un ostacolo al dialogo, bensรฌ la linfa che lo alimenta nel comune desiderio di conoscere la veritร e praticare la giustizia. Infine, in Colombia ho voluto benedire gli sforzi e il coraggio di quellโamato popolo, segnato da un vivo desiderio di pace dopo oltre mezzo secolo di conflitto interno.
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Cari Ambasciatori,
nel corso di questโanno ricorre il centenario della fine della Prima Guerra Mondiale: un conflitto che ridisegnรฒ il volto dellโEuropa e del mondo intero, con lโemergere di nuovi Stati che presero il posto degli antichi Imperi. Dalle ceneri della Grande Guerra si possono ricavare due moniti, che purtroppo lโumanitร non seppe comprendere immediatamente, giungendo nellโarco di un ventennio a combattere un nuovo conflitto ancor piรน devastante del precedente. Il primo monito รจ che vincere non significa mai umiliare lโavversario sconfitto. La pace non si costruisce come affermazione del potere del vincitore sul vinto. Non รจ la legge del timore che dissuade da future aggressioni, bensรฌ la forza della ragionevolezza mite che sprona al dialogo e alla reciproca comprensione per sanare le differenze[1]. Da ciรฒ deriva il secondo monito: la pace si consolida quando le Nazioni possono confrontarsi in un clima di paritร . Lo intuรฌ un secolo fa โ proprio in questa data โ lโallora Presidente statunitense Thomas Woodrow Wilson, allorchรฉ propose lโistituzione di una associazione generale delle Nazioni intesa a promuovere per tutti gli Stati, grandi e piccoli indistintamente, mutue garanzie dโindipendenza e di integritร territoriale. Si gettarono cosรฌ idealmente le basi di quella diplomazia multilaterale, che รจ andata acquisendo nel corso degli anni un ruolo e unโinfluenza crescente in seno allโintera Comunitร internazionale.
Anche i rapporti fra le Nazioni, come i rapporti umani, ยซvanno regolati nella veritร , nella giustizia, nella solidarietร operante, nella libertร ยป[2]. Ciรฒ comporta ยซil principio che tutte le comunitร politiche sono uguali per dignitร di naturaยป[3], come pure il riconoscimento dei vicendevoli diritti, unitamente allโadempimento dei rispettivi doveri[4]. Premessa fondamentale di tale atteggiamento รจ lโaffermazione della dignitร di ogni persona umana, il cui disprezzo e disconoscimento portano ad atti di barbarie che offendono la coscienza dellโumanitร [5]. Dโaltra parte, ยซil riconoscimento della dignitร inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertร , della giustizia e della pace nel mondoยป[6], come afferma la Dichiarazione Universale dei Diritti dellโUomo.
A tale importante documento, a settantโanni dalla sua adozione da parte dellโAssemblea Generale delle Nazioni Unite, avvenuta il 10 dicembre 1948, vorrei dedicare il nostro incontro odierno. Per la Santa Sede, infatti, parlare di diritti umani significa anzitutto riproporre la centralitร della dignitร della persona, in quanto voluta e creata da Dio a sua immagine e somiglianza. Lo stesso Signore Gesรน, guarendo il lebbroso, ridonando la vista al cieco, intrattenendosi con il pubblicano, risparmiando la vita dellโadultera e invitando a curare il viandante ferito, ha fatto comprendere come ciascun essere umano, indipendentemente dalla sua condizione fisica, spirituale o sociale, sia meritevole di rispetto e considerazione. Da una prospettiva cristiana vi รจ dunque una significativa relazione fra il messaggio evangelico e il riconoscimento dei diritti umani, nello spirito degli estensori della Dichiarazione Universale dei Diritti dellโUomo.
Tali diritti traggono il loro presupposto dalla natura che oggettivamente accomuna il genere umano. Essi sono stati enunciati per rimuovere i muri di separazione che dividono la famiglia umana e favorire quello che la dottrina sociale della Chiesa chiama sviluppo umano integrale, poichรฉ riguarda la ยซpromozione di ogni uomo e di tutto lโuomo [โฆ] fino a comprendere lโumanitร interaยป[7]. Una visione riduttiva della persona umana apre invece la strada alla diffusione dellโingiustizia, dellโineguaglianza sociale e della corruzione.
Occorre tuttavia constatare che, nel corso degli anni, soprattutto in seguito ai sommovimenti sociali del โSessantottoโ, lโinterpretazione di alcuni diritti รจ andata progressivamente modificandosi, cosรฌ da includere una molteplicitร di โnuovi dirittiโ, non di rado in contrapposizione tra loro. Ciรฒ non ha sempre favorito la promozione di rapporti amichevoli tra le Nazioni[8], poichรฉ si sono affermate nozioni controverse dei diritti umani che contrastano con la cultura di molti Paesi, i quali non si sentono perciรฒ rispettati nelle proprie tradizioni socio-culturali, ma piuttosto trascurati di fronte alle necessitร reali che devono affrontare. Vi puรฒ essere quindi il rischio โ per certi versi paradossale โ che, in nome degli stessi diritti umani, si vengano ad instaurare moderne forme di colonizzazione ideologica dei piรน forti e dei piรน ricchi a danno dei piรน poveri e dei piรน deboli. In pari tempo, รจ bene tenere presente che le tradizioni dei singoli popoli non possono essere invocate come un pretesto per tralasciare il doveroso rispetto dei diritti fondamentali enunciati dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dellโUomo.
A settantโanni di distanza, duole rilevare come molti diritti fondamentali siano ancor oggi violati. Primo fra tutti quello alla vita, alla libertร e alla inviolabilitร di ogni persona umana[9]. Non sono solo la guerra o la violenza che li ledono. Nel nostro tempo ci sono forme piรน sottili: penso anzitutto ai bambini innocenti, scartati ancor prima di nascere; non voluti talvolta solo perchรฉ malati o malformati o per lโegoismo degli adulti. Penso agli anziani, anchโessi tante volte scartati, soprattutto se malati, perchรฉ ritenuti un peso. Penso alle donne, che spesso subiscono violenze e sopraffazioni anche in seno alle proprie famiglie. Penso poi a quanti sono vittime della tratta delle persone che viola la proibizione di ogni forma di schiavitรน. Quante persone, specialmente in fuga dalla povertร e dalla guerra, sono fatte oggetto di tale mercimonio perpetrato da soggetti senza scrupoli?
Difendere il diritto alla vita e allโintegritร fisica, significa poi tutelare il diritto alla salute della persona e dei suoi familiari. Oggi tale diritto ha assunto implicazioni che superano gli intendimenti originari della Dichiarazione Universale dei Diritti dellโUomo, la quale mirava ad affermare il diritto di ciascuno ad avere le cure mediche e i servizi sociali necessari[10]. In tale prospettiva, auspico che, nei fori internazionali competenti, ci si adoperi per favorire anzitutto un facile accesso per tutti alle cure e ai trattamenti sanitari. ร importante unire gli sforzi affinchรฉ si possano adottare politiche in grado di garantire, a prezzi accessibili, la fornitura di medicinali essenziali per la sopravvivenza delle persone indigenti, senza tralasciare la ricerca e lo sviluppo di trattamenti che, sebbene non siano economicamente rilevanti per il mercato, sono determinanti per salvare vite umane.
Difendere il diritto alla vita implica pure adoperarsi attivamente per la pace, universalmente riconosciuta come uno dei valori piรน alti da ricercare e difendere. Eppure gravi conflitti locali continuano ad infiammare varie Regioni della terra. Gli sforzi collettivi della Comunitร internazionale, lโazione umanitaria delle organizzazioni internazionali e le incessanti implorazioni di pace che si innalzano dalle terre insanguinate dai combattimenti sembrano essere sempre meno efficaci di fronte alla logica aberrante della guerra. Tale scenario non puรฒ far diminuire il nostro desiderio e il nostro impegno per la pace, consapevoli che senza di essa lo sviluppo integrale dellโuomo diventa irraggiungibile.
Il disarmo integrale e lo sviluppo integrale sono strettamente correlati fra loro. Dโaltra parte, la ricerca della pace come precondizione per lo sviluppo implica combattere lโingiustizia e sradicare, in modo non violento, le cause della discordia che portano alle guerre. La proliferazione di armi aggrava chiaramente le situazioni di conflitto e comporta enormi costi umani e materiali che minano lo sviluppo e la ricerca di una pace duratura. Il risultato storico raggiunto lo scorso anno con lโadozione del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, al termine della Conferenza delle Nazioni Unite finalizzata a negoziare uno strumento giuridicamente vincolante per proibire le armi nucleari, mostra come il desiderio di pace sia sempre vivo. La promozione della cultura della pace per uno sviluppo integrale richiede sforzi perseveranti verso il disarmo e la riduzione del ricorso alla forza armata nella gestione degli affari internazionali. Desidero pertanto incoraggiare un dibattito sereno e il piรน ampio possibile sul tema, che eviti polarizzazioni della Comunitร internazionale su una questione cosรฌ delicata. Ogni sforzo in tale direzione, per quanto modesto, rappresenta un risultato importante per lโumanitร .
Da parte sua la Santa Sede ha firmato e ratificato, anche a nome e per conto dello Stato della Cittร del Vaticano, il Trattato sulla proibizioni delle armi nucleari, nella prospettiva formulata da San Giovanni XXIII nella Pacem in terris, secondo la quale ยซgiustizia, saggezza ed umanitร domandano che venga arrestata la corsa agli armamenti, si riducano simultaneamente e reciprocamente gli armamenti giร esistenti; si mettano al bando le armi nucleariยป[11]. Infatti, anche ยซse รจ difficile persuadersi che vi siano persone capaci di assumersi la responsabilitร delle distruzioni e dei dolori che una guerra causerebbe, non รจ escluso che un fatto imprevedibile ed incontrollabile possa far scoccare la scintilla che metta in moto lโapparato bellicoยป[12].
La Santa Sede ribadisce dunque la ferma ยซpersuasione che le eventuali controversie tra i popoli non debbono essere risolte con il ricorso alle armi; ma invece attraverso il negoziatoยป[13]. Dโaltra parte, proprio la continua produzione di armi sempre piรน avanzate e โperfezionateโ e il protrarsi di numerosi focolai di conflitto โ di quella che piรน volte ho chiamato โterza guerra mondiale a pezziโ โ non puรฒ che farci ripetere con forza le parole del mio santo Predecessore: ยซRiesce quasi impossibile pensare che nellโera atomica la guerra possa essere utilizzata come strumento di giustizia. [โฆ] ร lecito tuttavia sperare che gli uomini, incontrandosi e negoziando, abbiano a scoprire meglio i vincoli che li legano, provenienti dalla loro comune umanitร e abbiano pure a scoprire che una fra le piรน profonde esigenze della loro comune umanitร รจ che tra essi e tra i rispettivi popoli regni non il timore, ma lโamore: il quale tende ad esprimersi nella collaborazione leale, multiforme, apportatrice di molti beniยป[14].
In tale prospettiva, รจ di primaria importanza che si possa sostenere ogni tentativo di dialogo nella penisola coreana, al fine di trovare nuove strade per superare le attuali contrapposizioni, accrescere la fiducia reciproca e assicurare un futuro di pace al popolo coreano e al mondo intero.
Parimenti รจ importante che possano proseguire, in un clima propositivo di accresciuta fiducia tra le parti, le varie iniziative di pace in corso in favore della Siria, perchรฉ si possa finalmente mettere fine al lungo conflitto che ha coinvolto il Paese e causato immani sofferenze. Il comune auspicio รจ che, dopo tanta distruzione, sia giunto il tempo di ricostruire. Ma piรน ancora che costruire edifici, รจ necessario ricostruire i cuori, ritessere la tela della fiducia reciproca, premessa imprescindibile per il fiorire di qualunque societร . Occorre dunque adoperarsi per favorire le condizioni giuridiche, politiche e di sicurezza, per una ripresa della vita sociale, dove ciascun cittadino, indipendentemente dallโappartenenza etnica e religiosa, possa partecipare allo sviluppo del Paese. In tal senso รจ vitale che siano tutelate le minoranze religiose, tra le quali vi sono i cristiani, che da secoli contribuiscono attivamente alla storia della Siria.
ร altrettanto importante che possano far ritorno in patria i numerosi profughi che hanno trovato accoglienza e rifugio nelle Nazioni limitrofe, specialmente in Giordania, in Libano e in Turchia. Lโimpegno e lo sforzo compiuto da questi Paesi in tale difficile circostanza merita lโapprezzamento e il sostegno di tutta la Comunitร internazionale, la quale nel contempo รจ chiamata ad adoperarsi a creare le condizioni per il rimpatrio dei rifugiati provenienti dalla Siria. ร un impegno che essa deve concretamente assumersi a cominciare dal Libano, affinchรฉ quellโamato Paese continui ad essere un โmessaggioโ di rispetto e convivenza e un modello da imitare per tutta la Regione e per il mondo intero.
La volontร di dialogo รจ necessaria anche nellโamato Iraq, perchรฉ le varie componenti etniche e religiose possano ritrovare la strada della riconciliazione e della pacifica convivenza e collaborazione, come pure nello Yemen e in altre parti della Regione, nonchรฉ in Afghanistan.
Un pensiero particolare rivolgo a Israeliani e Palestinesi, in seguito alle tensioni delle ultime settimane. La Santa Sede, nellโesprimere dolore per quanti hanno perso la vita nei recenti scontri, rinnova il suo pressante appello a ponderare ogni iniziativa affinchรฉ si eviti di esacerbare le contrapposizioni, e invita ad un comune impegno a rispettare, in conformitร con le pertinenti Risoluzioni delle Nazioni Unite, lo status quo di Gerusalemme, cittร sacra a cristiani, ebrei e musulmani. Settantโanni di scontri rendono quanto mai urgente trovare una soluzione politica che consenta la presenza nella Regione di due Stati indipendenti entro confini internazionalmente riconosciuti. Pur tra le difficoltร , la volontร di dialogare e di riprendere i negoziati rimane la strada maestra per giungere finalmente ad una coesistenza pacifica dei due popoli.
Anche allโinterno di contesti nazionali, lโapertura e la disponibilitร allโincontro sono essenziali. Penso specialmente al caro Venezuela, che sta attraversando una crisi politica ed umanitaria sempre piรน drammatica e senza precedenti. La Santa Sede, mentre esorta a rispondere senza indugio alle necessitร primarie della popolazione, auspica che si creino le condizioni affinchรฉ le elezioni previste per lโanno in corso siano in grado di avviare a soluzione i conflitti esistenti, e si possa guardare con ritrovata serenitร al futuro.
La Comunitร internazionale non dimentichi neppure le sofferenze di tante parti del Continente africano, specialmente in Sud Sudan, nella Repubblica Democratica del Congo, in Somalia, in Nigeria e nella Repubblica Centroafricana, dove il diritto alla vita รจ minacciato dallo sfruttamento indiscriminato delle risorse, dal terrorismo, dal proliferare di gruppi armati e da perduranti conflitti. Non basta indignarsi dinanzi a tanta violenza. Occorre piuttosto che ciascuno nel proprio ambito si adoperi attivamente per rimuovere le cause della miseria e costruire ponti di fraternitร , premessa fondamentale per un autentico sviluppo umano.
Un impegno comune a ricostruire i ponti รจ urgente pure in Ucraina. Lโanno appena conclusosi ha mietuto nuove vittime nel conflitto che affligge il Paese, continuando a recare grandi sofferenze alla popolazione, in particolare alle famiglie che risiedono nelle zone interessate dalla guerra e che hanno perso i loro cari, non di rado anziani e bambini.
Proprio alla famiglia vorrei dedicare un pensiero speciale. Il diritto a formare una famiglia, quale ยซnucleo naturale e fondamentale della societร [che] ha diritto ad essere protetta dalla societร e dallo Statoยป[15], รจ infatti riconosciuto dalla stessa Dichiarazione del 1948. Purtroppo รจ noto come, specialmente in Occidente, la famiglia sia ritenuta un istituto superato. Alla stabilitร di un progetto definitivo, si preferiscono oggi legami fugaci. Ma non sta in piedi una casa costruita sulla sabbia di rapporti fragili e volubili. Occorre piuttosto la roccia, sulla quale ancorare fondamenta solide. E la roccia รจ proprio quella comunione di amore, fedele e indissolubile, che unisce lโuomo e la donna, una comunione che ha una bellezza austera e semplice, un carattere sacro e inviolabile e una funzione naturale nellโordine sociale[16]. Ritengo pertanto urgente che si intraprendano reali politiche a sostegno delle famiglia, dalla quale peraltro dipende lโavvenire e lo sviluppo degli Stati. Senza di essa non si possono infatti costruire societร in grado di affrontare le sfide del futuro. Il disinteresse per le famiglie porta poi con sรฉ unโaltra conseguenza drammatica โ e particolarmente attuale in alcune Regioni โ che รจ il calo della natalitร . Si vive un vero inverno demografico! Esso รจ il segno di societร che faticano ad affrontare le sfide del presente e che divengono dunque sempre piรน timorose dellโavvenire, finendo per chiudersi in se stesse.
In pari tempo, non si puรฒ dimenticare la situazione di famiglie spezzate a causa della povertร , delle guerre e delle migrazioni. Abbiamo fin troppo spesso dinanzi ai nostri occhi il dramma di bambini che da soli varcano i confini che separano il sud dal nord del mondo, sovente vittime del traffico di esseri umani.
Oggi si parla molto di migranti e migrazioni, talvolta solo per suscitare paure ancestrali. Non bisogna dimenticare che le migrazioni sono sempre esistite. Nella tradizione giudeo-cristiana, la storia della salvezza รจ essenzialmente storia di migrazioni. Nรฉ bisogna dimenticare che la libertร di movimento, come quella di lasciare il proprio Paese e di farvi ritorno appartiene ai diritti fondamentali dellโuomo[17]. Occorre dunque uscire da una diffusa retorica sullโargomento e partire dalla considerazione essenziale che davanti a noi ci sono innanzitutto persone.
ร quanto ho inteso ribadire con il Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, celebratasi il 1ยฐ gennaio scorso, dedicato a โMigranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di paceโ. Pur riconoscendo che non sempre tutti sono animati dalle migliori intenzioni, non si puรฒ dimenticare che la maggior parte dei migranti preferirebbe stare nella propria terra, mentre si trova costretta a lasciarla ยซa causa di discriminazioni, persecuzioni, povertร e degrado ambientale. [โฆ] Accogliere lโaltro richiede un impegno concreto, una catena di aiuti e di benevolenza, unโattenzione vigilante e comprensiva, la gestione responsabile di nuove situazioni complesse che, a volte, si aggiungono ad altri e numerosi problemi giร esistenti, nonchรฉ delle risorse che sono sempre limitate. Praticando la virtรน della prudenza, i governanti sapranno accogliere, promuovere, proteggere e integrare, stabilendo misure pratiche, โnei limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso, [per] permettere quellโinserimentoโ (Pacem in terris, 57). Essi hanno una precisa responsabilitร verso le proprie comunitร , delle quali devono assicurare i giusti diritti e lo sviluppo armonico, per non essere come il costruttore stolto che fece male i calcoli e non riuscรฌ a completare la torre che aveva cominciato a edificare (cfr Lc 14, 28-30)ยป[18].
Desidero nuovamente ringraziare le Autoritร di quegli Stati che si sono prodigati in questi anni per fornire assistenza ai numerosi migranti giunti ai loro confini. Penso anzitutto allโimpegno di non pochi Paesi in Asia, in Africa e nelle Americhe, che accolgono e assistono numerose persone. Conservo ancora vivo nel cuore lโincontro che ho avuto a Dacca con alcuni appartenenti al popolo Rohingya e desidero rinnovare i sentimenti di gratitudine alle autoritร del Bangladesh per lโassistenza che prestano loro sul proprio territorio.
Desidero poi esprimere particolare gratitudine allโItalia che in questi anni ha mostrato un cuore aperto e generoso e ha saputo offrire anche dei positivi esempi di integrazione. Il mio auspicio รจ che le difficoltร che il Paese ha attraversato in questi anni, le cui conseguenze permangono, non portino a chiusure e preclusioni, ma anzi ad una riscoperta di quelle radici e tradizioni che hanno nutrito la ricca storia della Nazione e che costituiscono un inestimabile tesoro da offrire al mondo intero. Parimenti, esprimo apprezzamento per gli sforzi compiuti da altri Stati europei, particolarmente la Grecia e la Germania. Non bisogna dimenticare che numerosi rifugiati e migranti cercano di raggiungere lโEuropa perchรฉ sanno di potervi trovare pace e sicurezza, che sono peraltro il frutto di un lungo cammino nato dagli ideali dei Padri fondatori del progetto europeo dopo la Seconda Guerra Mondiale. LโEuropa deve essere fiera di questo suo patrimonio, basato su certi principi e su una visione dellโuomo che affonda le basi sulla sua storia millenaria, ispirata dalla concezione cristiana della persona umana. Lโarrivo dei migranti deve spronarla a riscoprire il proprio patrimonio culturale e religioso, cosรฌ che, riprendendo coscienza dei valori sui quali si รจ edificata, possa allo stesso tempo mantenere viva la propria tradizione e continuare ad essere un luogo accogliente, foriero di pace e di sviluppo.
Nellโanno passato i governi, le organizzazioni internazionali e la societร civile si sono interpellati reciprocamente sui principi di base, sulle prioritร e sulle modalitร piรน opportune per rispondere ai movimenti migratori ed alle situazioni protratte che riguardano i rifugiati. Le Nazioni Unite, a seguito della Dichiarazione di New York per i Rifugiati e i Migranti del 2016, hanno avviato importanti processi di preparazione in vista dellโadozione di due Patti Mondiali (Global Compacts), rispettivamente, sui rifugiati e per una migrazione sicura, ordinata e regolare.
La Santa Sede auspica che tali sforzi, con i negoziati che si apriranno a breve, portino risultati degni di una comunitร mondiale sempre piรน interdipendente, fondata sui principi di solidarietร e di mutuo aiuto. Nellโattuale contesto internazionale non mancano le possibilitร e i mezzi per assicurare ad ogni uomo e ogni donna che vive sulla Terra condizioni di vita degne della persona umana.
Nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace di questโanno, ho suggerito quattro โpietre miliariโ per lโazione: accogliere, proteggere, promuovere e integrare[19]. Vorrei soffermarmi in particolare su questโultima, sulla quale si confrontano posizioni diverse alla luce di altrettante valutazioni, esperienze, preoccupazioni e convincimenti. Lโintegrazione รจ โun processo bidirezionaleโ, con diritti e doveri reciproci. Chi accoglie รจ infatti chiamato a promuovere lo sviluppo umano integrale, mentre a chi รจ accolto si chiede lโindispensabile conformazione alle norme del Paese che lo ospita, nonchรฉ il rispetto dei principi identitari dello stesso. Ogni processo di integrazione deve mantenere sempre la tutela e la promozione delle persone, specialmente di coloro che si trovano in situazioni di vulnerabilitร , al centro delle norme che riguardano i vari aspetti della vita politica e sociale.
La Santa Sede non intende interferire nelle decisioni che spettano agli Stati, i quali, alla luce delle rispettive situazioni politiche, sociali ed economiche, nonchรฉ delle proprie capacitร e possibilitร di ricezione e di integrazione, hanno la prima responsabilitร dellโaccoglienza. Tuttavia, essa ritiene di dover svolgere un ruolo di โrichiamoโ dei principi di umanitร e di fraternitร , che fondano ogni societร coesa ed armonica. In tale prospettiva, รจ importante non dimenticare lโinterazione con le comunitร religiose, sia istituzionali che a livello associativo, le quali possono svolgere un ruolo prezioso di rinforzo nellโassistenza e nella protezione, di mediazione sociale e culturale, di pacificazione e di integrazione.
Tra i diritti umani che vorrei richiamare questโoggi vi รจ anche il diritto alla libertร di pensiero, di coscienza e di religione, che include la libertร di cambiare religione[20]. Purtroppo รจ noto come il diritto alla libertร di religione sia sovente disatteso e non di rado la religione divenga o lโoccasione per giustificare ideologicamente nuove forme di estremismo o un pretesto per lโemarginazione sociale, se non addirittura per forme di persecuzione dei credenti. La costruzione di societร inclusive esige come sua condizione una comprensione integrale della persona umana, che puรฒ sentirsi davvero accolta quando รจ riconosciuta e accettata in tutte le dimensioni che costituiscono la sua identitร , compresa quella religiosa.
Infine, desidero richiamare lโimportanza del diritto al lavoro. Non vi รจ pace nรฉ sviluppo se lโuomo รจ privato della possibilitร di contribuire personalmente tramite la propria opera allโedificazione del bene comune. Rincresce constatare invece come il lavoro sia in molte parti del mondo un bene scarsamente disponibile. Poche sono talvolta le opportunitร , specialmente per i giovani, di trovare lavoro. Spesso รจ facile perderlo non solo a causa delle conseguenze dellโalternarsi dei cicli economici, ma anche per il progressivo ricorso a tecnologie e macchinari sempre piรน perfetti e precisi in grado di sostituire lโuomo. E se da un lato si constata unโiniqua distribuzione delle opportunitร di lavoro, dallโaltro si rileva la tendenza a pretendere da chi lavora ritmi sempre piรน pressanti. Le esigenze del profitto, dettate della globalizzazione, hanno portato ad una progressiva riduzione dei tempi e dei giorni di riposo, con il risultato che si รจ persa una dimensione fondamentale della vita โ quella del riposo โ che serve a rigenerare la persona non solo fisicamente, ma anche spiritualmente. Dio stesso si รจ riposato il settimo giorno: lo benedisse e lo consacrรฒ, ยซperchรฉ in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creandoยป (Gen 2,3). Nellโalternarsi di fatica e riposo, lโuomo partecipa alla โsantificazione del tempoโ operata da Dio e nobilita il proprio lavoro, sottraendolo alle ripetitive dinamiche di una quotidianitร arida che non conosce sosta.
Sono poi motivo di particolare preoccupazione i dati pubblicati recentemente dallโOrganizzazione Mondiale del Lavoro circa lโincremento del numero dei bambini impiegati in attivitร lavorative e delle vittime delle nuove forme di schiavitรน. La piaga del lavoro minorile continua a compromettere seriamente lo sviluppo psico-fisico dei fanciulli, privandoli delle gioie dellโinfanzia, mietendo vittime innocenti. Non si puรฒ pensare di progettare un futuro migliore, nรฉ auspicare di costruire societร piรน inclusive, se si continuano a mantenere modelli economici orientati al mero profitto e allo sfruttamento dei piรน deboli, come i bambini. Eliminare le cause strutturali di tale piaga dovrebbe essere una prioritร di governi e organizzazioni internazionali, chiamati ad intensificare gli sforzi per adottare strategie integrate e politiche coordinate finalizzate a far cessare il lavoro minorile in tutte le sue forme.
Eccellenze, Signore e Signori,
nel richiamare alcuni dei diritti contenuti nella Dichiarazione Universale del 1948, non intendo tralasciare un aspetto strettamente connesso ad essa: ogni individuo ha pure dei doveri verso la comunitร , volti a ยซsoddisfare le giuste esigenze della morale, dellโordine pubblico e del benessere generale in una societร democraticaยป[21]. Il giusto richiamo ai diritti di ogni essere umano, deve tener conto che ciascuno รจ parte di un corpo piรน grande. Anche le nostre societร , come ogni corpo umano, godono di buona salute se ciascun membro compie la propria opera, nella consapevolezza che essa รจ al servizio del bene comune.
Tra i doveri particolarmente impellenti vi รจ oggi quello di prendersi cura della nostra Terra. Sappiamo che la natura puรฒ essere di per sรฉ cruenta anche quando ciรฒ non รจ responsabilitร dellโuomo. Lโabbiamo visto in quest’ultimo anno con i terremoti che hanno colpito diverse parti della terra, particolarmente negli ultimi mesi in Messico e in Iran mietendo numerose vittime, come pure con la forza degli uragani che hanno interessato diversi Paesi caraibici fino a giungere sulle coste statunitensi e che, piรน recentemente, hanno investito le Filippine. Tuttavia, non bisogna dimenticare che cโรจ anche una precipua responsabilitร dellโuomo nell’interazione con la natura. I cambiamenti climatici, con lโinnalzamento globale delle temperature e gli effetti devastanti che esse comportano, sono anche conseguenza dellโazione dellโuomo. Occorre dunque affrontare, in uno sforzo congiunto, la responsabilitร di lasciare alle generazioni che seguiranno una Terra piรน bella e vivibile, adoperandosi, alla luce degli impegni concordati a Parigi nel 2015, per ridurre le emissioni di gas nocivi allโatmosfera e dannosi per la salute umana.
Lo spirito che deve animare i singoli e le Nazioni in questโopera รจ assimilabile a quello dei costruttori delle cattedrali medievali che costellano lโEuropa. Tali imponenti edifici raccontano lโimportanza della partecipazione di ciascuno ad unโopera capace di travalicare i confini del tempo. Il costruttore di cattedrali sapeva che non avrebbe visto il compimento del proprio lavoro. Nondimeno si รจ adoperato attivamente, comprendendo di essere parte di un progetto, di cui avrebbero goduto i suoi figli, i quali โ a loro volta โ lo avrebbero abbellito ed ampliato per i loro figli. Ciascun uomo e donna di questo mondo โ e particolarmente chi ha responsabilitร di governo โ รจ chiamato a coltivare lo stesso spirito di servizio e di solidarietร intergenerazionale, ed essere cosรฌ un segno di speranza per il nostro travagliato mondo.
Con queste considerazioni rinnovo a ciascuno di voi, alle vostre famiglie e ai vostri popoli lโaugurio di un anno ricco di gioia, di speranza e di pace. Grazie.
[1] Cfr Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris (11 aprile 1963), 67.
[5] Cfr Dichiarazione Universale dei Diritti dellโUomo (10 dicembre 1948).
[6] Ibid., Preambolo.
[7] Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio (26 marzo 1967), 14.
[8] Cfr Dichiarazione Universale dei Diritti dellโUomo, Preambolo.
[9] Cfr ibid, art. 3.
[10] Cfr ibid., art. 25.
[11] N. 60.
[12] Ibid.
[13] Ibid, 67.
[14] Ibid.
[15] Dichiarazione Universale dei Diritti dellโUomo, art. 16.
[16] Cfr Paolo VI, Discorso in occasione della visita alla Basilica dellโAnnunciazione, Nazareth, 5 gennaio 1964.
[17] Cfr Dichiarazione Universale dei Diritti dellโUomo, art. 13.
[18] Messaggio per la LI Giornata Mondiale della Pace (13 novembre 2017), 1.
[19] Ibid., 4.
[20] Cfr Dichiarazione Universale dei Diritti dellโUomo, art. 18.
[21] Art. 29.
