Il Padre Nostro spiegato da: Cirillo di Gerusalemme

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Cirillo, nato tra il 313 ed il 315 a Gerusalemme e consacrato vescovo della sua cittร  nell’anno 348, fu per ben due volte deposto dalla carica: nel 357, a seguito di un sinodo tenutosi proprio a Gerusalemme e, successivamente, nel 360. Con l’avvento al trono di Giuliano l’Apostata, Cirillo tornรฒ a Gerusalemme ma fu di nuovo cacciato in esilio dall’imperatore Valente, nel 367. L’esilio durรฒ 11 anni, fino al 378 e, nel 381, Cirillo prese parte al Concilio di Costantinopoli. Morรฌ a Gerusalemme nel 386/387. Importantissime, nell’opera di Cirillo, sono le 24 Catechesi pronunciate nel tempio del S. Sepolcro e pubblicate grazie agli stenogrammi di un uditore. Le ultime cinque, le piรน importanti, sono dette “mistagogiche “, in quanto trattano dei sacramenti ricevuti nella festa di Pasqua. Queste catechesi contengono il commento al Padre nostro riportato di seguito.

Eleviamo a Dio la preghiera che il Signore Gesรน insegnรฒ ai suoi discepoli, affinchรฉ pregassero il Padre con cuore puro.

Padre nostro che sei nei cieli

L’amore di Dio per gli uomini รจ infinito. La riprova di ciรฒ sta nel fatto che, nonostante i peccati piรน gravi, Dio consente agli uomini di chiamarlo “Padre”.

Per “cieli” intendiamo i giusti, quelli cioรจ che portano in sรฉ lo Spirito di Dio e nei quali Dio ha fissato la Sua dimora.

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Sia santificato il Tuo nome

Lo vogliamo riconoscere o no, il nome di Dio รจ santo. Ma i nostri peccati lo hanno profanato a tal punto che ogni giorno il Suo nome รจ disprezzato (cfr. Isaia 52, 5). Sta in ciรฒ il motivo per cui chiediamo che esso sia santificato in noi; da parte nostra ci sforziamo di santificarci e di vivere come i giusti.

Venga il Tuo regno

Solo colui che ha un cuore puro, puรฒ dire “venga il Tuo regno”.

Questa petizione significa, secondo l’insegnamento di Paolo, “non regni dunque piรน il peccato nel vostro corpo mortale” (Rom. 6, 12). E quindi, quando diciamo a Dio “venga il Tuo regno”, manifestiamo la nostra intenzione di conservarci puri e di amare Dio con tutte le nostre forze, con tutta la nostra mente e con tutto il nostro cuore; in pratica di realizzare nella nostra vita lo “Shema”.

Sia fatta la Tua volontร  come in cielo cosรฌ in terra. Gli angeli compiono completamente la volontร  di Dio, come dice David nel Salmo 102 (v. 20): “Benedite il Signore, voi tutti suoi angeli, potenti esecutori dei Suoi comandi”. Quindi รจ chiaro che cosa chiediamo quando preghiamo in questo modo: come la volontร  di Dio รจ fatta “in cielo” dai Suoi angeli, che il Signore faccia in modo che anche gli uomini quaggiรน “sulla terra” possano compierla.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano

Non intendiamo il pane comune, necessario alla nostra sussistenza, ma il pane destinato a nutrire la nostra anima. Questo pane non perisce nรฉ si decompone, ma alimenta il nostro corpo e la nostra anima.

Quando diciamo “oggi”, intendiamo “per sempre”; รจ questo infatti il pensiero che si legge nell’Epistola agli Ebrei, quando si dice:” … finchรฉ dura quest’oggi” (Eb. 3, 13).

Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori

Noi abbiamo commesso numerosi e gravi peccati in pensieri, parole ed opere; tanto che “se diciamo che non abbiamo peccato, facciamo di Lui un bugiardo e la veritร  non รจ in noi” (r Gv. 1, 8). Quindi, quando chiediamo a Dio di rimetterci le colpe ed anche noi condoniamo i debiti al nostri prossimo, facciamo un accordo con Lui. Le offese che gli altri ci hanno fatto sono un nulla a confronto dei peccati che abbiamo commesso nei riguardi di Dio; per noi il perdono non puรฒ derivare se non dalla caritร  divina. Badiamo dunque a non rifiutare il perdono al nostro prossimo per non vederci rifiutare il perdono dei gravissimi peccati commessi verso Dio.

Non ci indurre in tentazione

Il Signore ci chiede forse di pregare per non essere. mai tentati? Certamente no, se la Scrittura afferma: “Chi non ha avuto delle prove, poco conosce” (Sir. 34, 10) e, in un altro passo, “considerate perfetta letizia, fratelli miei, quando subite ogni sorta di prove … ” (Gc. 1, 2).

Ma “essere indotti in tentazione” sarebbe forse sinonimo di “essere sommersi dalla tentazione”? In realtร  coloro che resistono alla tentazione sono simili a dei valenti nuotatori che riescono a guadare un fiume impetuoso senza esserne travolti dalla corrente; al contrario di altri che, invece, vi affogano, cercando di passarlo. Ricordiamo Giuda: egli fu sollecitato dalla tentazione dell’avarizia; non seppe, secondo il paragone, attraversarla a nuoto e ne fu travolto.

Ricordiamo Pietro: cadde nella tentazione di rinnegare Gesรน, ma, alla fine, sempre seguendo la similitudine del nuotatore, riuscรฌ adยท arrivare all’altra riva, dove si salvรฒ.

Ricordiamo i santi: furono tentati, riuscirono a rimanere fedeli ed ora cantano la loro gratitudine:

“Dio, tu ci hai messo alla prova,
ci hai provato al crogiolo come l’argento.
Ci hai fatto cadere in un agguato,
hai messo un peso ai nostri fianchi.
Hai fatto cavalcare uomini sulle nostre teste,
ci hai fatto passare per il fuoco e l’acqua,
ma poi ci hai dato sollievo” (Sal. 65, 10-12).

I santi esultano di gioia per aver fatto la traversata senza pericolo. Dio ha dato loro sollievo: cioรจ li ha liberati dalla tentazione.

Ma liberaci dal maligno

Dopo aver chiesto di evitare ogni tentazione, il Signore ci esorta a chiedere di essere liberati dal maligno, cioรจ dal demonio.

Alla fine diciamo “Amen”, cioรจ “cosรฌ sia”, a conferma di tutto quanto รจ contenuto in questa preghiera.

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