
Sovente in ritiro con qualche fratello, vive ยซla grande tentazioneยป, mentre la salute fisica peggiora e la malattia lo rende debole e gli toglie la vista. Nella sua infermitร , รจ accolto da Chiara nel giardino del monastero, sempre piรน provato e tentato ma consolato dalla presenza di colei che si diceva ยซpianticella di Francescoยป.
Ormai somigliantissimo allโumano suo Signore, dopo una notte terribile, di tenebra anche interiore, al mattino si alzรฒ e disse ai frati che erano con lui: ยซPer la grazia e benedizione cosรฌ grande che mi รจ stata elargita… voglio, a lode di Lui e a mia consolazione e per lโedificazione del prossimo, comporre una nuova Lauda del Signore per le sue creatureยป (Leggenda perugina [Compilatio assisiensis] 43; Fonti francescane 1591).
E cosรฌ, fatto silenzio, con il volto verso il sole che non vedeva piรน, essendo i suoi occhi fasciati dopo essere stati cauterizzati, cominciรฒ a dire:
Altissimu onnipotente bon Signore, Tue soโ le laude, la gloria e lโhonore et onne benedictione. Ad Te solo, Altissimo, se konfane et nullu homo รจne dignu Te mentovare (il testo รจ tratto da Fonti francescane 263).
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Ecco comโรจ nato il Cantico di frate sole o Cantico delle creature: da un uomo, un cristiano malato, debole, povero e tentato, ormai cieco, impossibilitato a vedere il sole e le altre creature.
Con questo cantico nutrito di preghiera, ispirata dai salmi biblici e generata dal suo cuore capace di vedere e osservare con gli occhi la bellezza di ogni creatura animata o inanimata, Francesco dice innanzitutto un โamenโ, un โsรฌโ alla vita e a questo mondo, quindi loda, ringrazia il suo Signore che chiama con confidenza e amore โmiโ Signoreโ, il mio Signore. Come ci testimonia Tommaso da Celano, Francesco ยซnon era piรน un uomo che pregava, era ormai diventato preghiera viventeยป (non tam orans, quam oratio factus; il testo รจ in Vita seconda 95; Fonti francescane 682).
AllโAltissimo, al bon Signore, al miโ Signore โ epรฌteti divini disposti secondo una discesa dallโalto in basso, dal cielo alla terra โ Francesco innanzitutto confessa essere dovuta la lode, la gloria, lโonore e la benedizione, in una dossologia ispiratagli dalle acclamazioni delle liturgie celesti narrate nellโApocalisse (cfr. Apocalisse 4, 11; 5, 9-10.12-13, ecc.). Dio รจ colui che รจ Altissimo, perchรฉ Francesco si sente bassissimo (le trรจs-bas di Christian Bobin) e sente che nessun uomo, neanche lui, รจ degno di โmentovarloโ, di nominarlo, perchรฉ Dio resta ineffabile, indicibile, secondo tutte le Scritture dellโAntico e del Nuovo Testamento: ยซDio nessuno lโha mai vistoยป (Giovanni 1, 18), ยซDio nessuno lโha mai contemplatoยป (1 Giovanni 4, 12). Per questo non va nominato, essendo il suo Nome impronunciabile, misterioso, ed essendo operazione rischiosa dare nomi a Dio. In questa prima strofa del Cantico cโรจ dunque solo una confessione di lode a Dio e di umiltร -indegnitร di chi osa pregarlo.
Ecco allora la possibilitร della lode โattraversoโ e โconโ tutte le creature: la lode cosmica non รจ fatta di parole sonore, eppure รจ un messaggio che il giorno racconta al giorno e la notte alla notte (cfr. Salmo 19, 2-3), sicchรฉ il cosmo รจ pieno della lode che sale a Dio. Non convocano forse i salmi le creature del cielo, della terra e degli abissi a lodare il Signore? Nel libro di Enoch sta scritto: ยซIl sole e la luna rendono grazie e lodano incessantemente. Per loro, infatti, il ringraziamento รจ riposoยป (41, 6-7). Dunque il cantico di Francesco respira il ritmo allelujatico dellโinvito alla lode del Signore facendosi voce di ogni creatura.
Francesco ama tutte le creature che vede, incontra, sperimenta. Le vede, non le guarda soltanto, le contempla fino a esultare e a gioire per la loro esistenza o presenza. Francesco รจ un ricercatore della bellezza, un amator pulchritudinis (cfr. Regola di Agostino 8, 1), un visionario che penetra al di lร della materia, non negata, non disprezzata, ma percepita come riflesso, segno del Creatore. Afferma Gregorio Magno in unโomelia: ยซLโuomo possiede qualcosa di tutte le creature. Con le pietre ha in comune lโessere, con gli alberi la vita, con gli animali i sensi, con gli angeli lโintelligenza. Se dunque ha qualcosa in comune con tutte le creature, egli รจ, in certo senso, ogni creaturaยป (Omelie 29, 2, Sources Chrรฉtiennes 522,202). Lโessere umano รจ dunque abilitato non solo a ordinare, a sottomettere, ma soprattutto a custodire, a essere responsabile, a unire la sua voce a quella delle creature โ cum tucte le tue creature โ fino a farsi loro voce. Ecco allora come il Cantico procede:
Laudato sie, miโ Signore, cum tucte le Tue creature, spetialmente messor lo frate sole, lo quale รจ iorno, et allumini noi per lui. Et ellu รจ bellu e radiante cum grande splendore: de Te, Altissimo, porta significatione.
Per chi, per che cosa deve essere โspetialmenteโ โ cioรจ innanzitutto, soprattutto, in modo particolare โ lodato il Signore? Per โmessorโ, โil mio signoreโ, fratello sole. Il sole, il sole senza il quale non ci sarebbe la vita, senza il quale regnerebbe la tenebra di morte! Fu la prima creatura adorata dagli uomini, e leggero sarร il rimprovero per quelli che lo hanno reso idolo, ma perchรฉ sedotti dalla bellezza, dalla luce, dalle possibilitร di vita che porta con sรฉ (cfr. Sapienza 13, 1-7).
Per Francesco il sole รจ โsignificationeโ, perchรฉ nel sole egli contempla lโazione luminosa e vivificatrice di Dio. Il sole ci dona ogni mattina il giorno, illumina le nostre vite ed รจ bello, glorioso nel suo irradiare splendore. Chi di noi non ha sentito in sรฉ talvolta il bisogno di inginocchiarsi davanti a frate sole? Chi di noi non ha detto a se stesso, risvegliandosi al mattino e vedendo il sole, che quella giornata era piรน buona di una giornata nuvolosa, uggiosa? Certo, solo i cuori puri vedono Dio nelle creature, soprattutto nel sole!
Francesco, inoltre, era esercitato a cantare la lode di Dio allโalba, quando spunta dallโalto il sole, astro del mattino; a mezzogiorno, quando esso regna nel cielo e riscalda la terra e il cuore; alla sera, quando tramonta e scompare, come memoria che per ciascuno di noi cโรจ un termine al suo giorno. La sua preghiera, ritmata sui movimenti del sole, lo portava a ritenerlo โmessorโ, โmio signoreโ, e a leggerlo come il grande segno di Dio, di Cristo, il sole di giustizia (cfr. Marco 3, 20; Luca 1, 78; Apocalisse 2, 28; 22, 16). Dopo la lode per il sole, Francesco continua:
Laudato siโ, miโ Signore, per sora luna e le stelle: in celu lโร i formate clarite et pretiose et belle.
Dopo il sole, che fa giorno, ecco anche i luminari della notte, la luna e le stelle. Sono state plasmate dal Creatore โclariteโ, chiare, con una luce bianca, sono preziose come perle che trapuntano la notte e sono anche belle a vedersi, a contemplarsi. Guardare il cielo stellato, osservare il suo lento movimento, seguire lโapparire e lo scomparire dei pianeti, decifrare le fasi della luna nel suo crescere o diminuire, รจ operazione di riconoscimento della volta celeste che gli esseri umani hanno sempre fatto, sentendo estasiati lโaccelerazione dei battiti del proprio cuore. La luna, cosรฌ fedele ai suoi appuntamenti, la luna che dai tempi antichi segna il tempo, la luna al cui chiarore nella notte si puรฒ ascoltare il silenzio e la natura che geme e soffre. Anche Clara, cioรจ Chiara, era luminosa come le stelle nella notte di Francesco: luminosa, discreta e fedele!
Laudato siโ, miโ Signore, per frate vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale a le Tue creature dร i sustentamento.
Dopo il sole, la luna e le stelle, la lode sale al Signore per il vento e per il tempo che รจ nuvolo o sereno, come vuole. Il vento รจ il respiro del mondo, fa cantare le creature inanimate quando le accarezza o le flagella: cime e gole di monti, valli, alberi, erbe… Come lo Spirito, non sai da dove viene nรฉ dove va: simbolo di libertร , di forza che non si puรฒ impigliare, di realtร invisibili ma sperimentabili, che non si possono imbrigliare (cfr. Giovanni 3, 5-8). Grazie al vento che porta le nubi cariche di pioggia e poi le spazza via donando il sereno, Dio dร il sostentamento a tutte le creature, perchรฉ cosรฌ ยซfa piovere sui giusti e sugli ingiustiยป (Matteo 5, 45), quale Padre misericordioso. ยซNel vento, se lo si sa ascoltare, cโรจ Qualcunoยป, diceva Gaston Bachelard. Francesco sa che Dio ยซfa suoi messaggeri i ventiยป (cfr. Salmo 104, 4) e che il vento รจ segno della presenza del Signore, perchรฉ resta invisibile eppure รจ sperimentabile. Non ci fu forse vento allโinizio della creazione, quando soffiava sulle acque primordiali (cfr. Genesi 1, 2)? Non ci fu vento per lโuscita di Israele dal mar Rosso (cfr. Esodo 15, 8)? Non ci fu brezza silenziosa sul volto di Elia allโOreb (cfr. 1 Libro dei Re 19, 12)? Non ci fu vento gagliardo nella discesa dello Spirito a Pentecoste (cfr. Atti degli Apostoli 2, 1-2)? Sia lodato dunque il Signore per questa creatura, il vento, creatura invisibile ma la cui presenza รจ ravvisabile quando giunge sulle creature visibili che fremono al suo passaggio. Segue la lode per gli altri elementi: lโacqua, il fuoco, la terra. Si comincia dallโacqua:
Laudato siโ, miโ Signore, per sorโaqua, la quale รจ multo utile et humile et pretiosa et casta.
Per lโacqua sale a Dio la lode, perchรฉ essa รจ molto utile, utile come il sole per la vita. Senza acqua รจ possibile solo la terra desolata, il deserto, mentre dove giunge lโacqua scaturisce la vita. Per questo essa รจ destinata a tutti, non puรฒ sottostare alla logica del mio e del tuo! Di piรน, รจ destinata a tutti quelli che vivono sulla terra: animali, vegetali, ma anche minerali, che grazie allโacqua si trasformano, e possiamo dire che anche loro vivono, non biologicamente, ma mutando lungo i secoli.
Francesco sente il bisogno di dire che lโacqua non รจ solo utile, ma anche umile, umile nella sua semplicitร , umile perchรฉ sempre scende verso il basso. Ed รจ anche preziosa, perchรฉ feconda la terra: e di questa preziositร ci accorgiamo solo quando manca, nella siccitร , ma proprio per questo Francesco ricorda la sua preziositร . Infine lโacqua รจ casta, perchรฉ trasparente, limpida. La castitร , infatti, รจ trasparenza in ogni rapporto, esclude ogni fusionalitร , ogni nascondimento, ogni intorbidamento.
Laudato siโ, miโ Signore, per frate focu, per lo quale ennallumini la nocte: et ello รจ bello et iocundo et robustoso et forte.
Raramente ormai vediamo il fuoco e non lo accendiamo quasi mai. Eppure, fino a un secolo fa, ogni sera gli uomini e le donne accendevano il fuoco per illuminare la notte innanzitutto, ma anche per scaldarsi e per cuocere il loro cibo. Ogni casa aveva un focolare, sicchรฉ per indicare il numero di famiglie si diceva: ยซQuel villaggio ha tanti fuochi, tanti focolariยป. Accendere il fuoco era ritenuta azione sacra, e quando il fuoco divampava, la gioia riempiva il cuore. Per Francesco il fuoco, come il sole, la luna e le stelle, รจ bello a vedersi, a contemplarsi. Appare robusto, forte, perchรฉ brucia ogni cosa, arroventa e rende duttile il ferro, discerne e purifica lโoro.
Bisogna saper leggere il fuoco per apprezzarlo debitamente: i colori accesi della sua fiamma che dipendono dal legno secco o ancora verde con cui รจ alimentato, dai diversi alberi da cui la legna รจ tratta; il suo crepitio che sprigiona faville, le quali sembrano stelle che, invece di scendere, salgono danzando verso lโalto; il calore che sa emanare la brace coperta dalla cenere per conservare il fuoco per lโindomani… Il fuoco รจ segno di quello che Gesรน volle portare sulla terra e vedere ardere (cfr. Luca 12, 49), รจ segno della passione, dellโamore, dellโardore del nostro cuore (cfr. Cantico dei Cantici 8, 6). Come il fuoco anche lโamore si accende, divampa, brucia, scalda, va alimentato, custodito e a volte si spegne. E infine sorella e madre terra:
Laudato siโ, miโ Signore, per sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.
Se il sole era chiamato, โmessorโ, โmio Signorโ, la terra รจ chiamata sorella e madre, perchรฉ noi umani secondo la Bibbia siamo โterrosiโ, tratti dalla terra (adam tratto dalla โadamah: cfr. Genesi 2, 7), che รจ creatura come noi, dunque sorella. Ma essendo tratti dalla terra, noi torniamo alla terra (cfr. Genesi 3, 19), nelle braccia della madre terra, nelle sue viscere. La terra, questa terra che noi amiamo, questa terra che ci ha accolti e ci sostiene donandoci cibo, questa terra che abitiamo e sulla quale ci muoviamo, questa terra alla quale ci affezioniamo fino a soffrire nel doverla lasciare… Questa terra che non puรฒ essere mai โmiaโ e โtuaโ, ma sempre e soltanto nostra, di tutti noi umani! Questa terra che dobbiamo amare come noi stessi, secondo quello che amo definire lโundicesimo comandamento, sintesi degli altri dieci.
Questa รจ la stessa terra che anche Dio ha voluto abitare attraverso suo Figlio, Gesรน, che lโha amata: ha amato la Galilea, terra dei suoi padri; ha amato i campi dove si semina il grano, i fichi di cui cercava il frutto, le vigne di cui beveva il vino, i fiori dei campi che contemplava vestiti piรน gloriosamente di Salomone (cfr. Matteo 6, 29; Luca 12, 27); ha amato quella terra che i suoi piedi calcavano, prendendone la polvere… Madre terra! E Francesco la canta quale madre che ci dร il cibo come sostentamento, i frutti, ma anche i fiori cosรฌ gratuiti, che con la loro bellezza vivono accanto o in mezzo alle spighe del grano necessario per il pane. Su questa terra Francesco, agonizzante, volle essere steso nudo, per morire in contatto e comunione con essa.
Questo il Cantico di frate sole che Francesco compose e volle fosse cantato. Ma nel 1225-1226 nasce un dissidio tra il podestร e il vescovo di Assisi. Francesco, malato, vuole intervenire per mettere pace e, aggiunta una strofa al Cantico, invia uno dei suoi frati a cantarlo davanti ai due contendenti (cfr. Leggenda perugina [Compilatio assisiensis] 44; Fonti francescane 1593), mostrando come per lui lโattenzione alle creature non poteva essere disgiunta dallโattenzione alle vicende umane, alla cittร e alla storia. Questa la strofa che compose e fece cantare:
Laudato siโ, miโ Signore, per quelli ke perdonano per lo Tuo amore, et sostengo infirmitate et tribulatione. Beati quelli che โl sosterrano in pace, ka da Te, Altissimo, sirano incoronati.
Francesco sa lodare Dio con le creature del cielo e della terra, ma sa anche che la lode sale a Dio quando gli umani sulla terra si accordano, si perdonano, si riconciliano, fanno pace. Sono il perdono e la misericordia che, piรน di tutto, danno lode a Dio, perchรฉ รจ soprattutto questa la volontร del Signore: che gli esseri umani si sentano fratelli e si amino tra di loro come Cristo li ha amati (cfr. Giovanni 13, 34; 15, 12). La pace รจ il bene supremo per lโumanitร e nello stesso tempo รจ la piรน vera lode, glorificazione, benedizione che sale a Dio.
Autunno del 1226, alla vigilia della morte di Francesco. La sua vita รจ ormai trascorsa e ciรฒ che lโha contraddistinta รจ la fraternitร , la sororitร . Sรฌ, la vita di Francesco รจ stata fraternitร con i poveri, i malati, i peccatori, gli scarti della societร , e anche fraternitร con tutte le creature del cielo e della terra. Non ha mai disprezzato nessuna creatura, non ha mai cercato negli altri il male e il peccato, ma ha cercato di leggerne la sofferenza e il desiderio. Non รจ stato un monaco asceta che disprezzava il mondo e neppure รจ stato tentato di aderire ai catari, angosciati per le realtร di questo mondo fragile e peccatore e dediti a un ascetismo senza misura. Ha detto โamenโ alla vita, ha giudicato belle e buone le opere della creazione. Aveva pregato con la Bibbia, ma nellโessere ispirato da essa era anche andato oltre, scoprendo un legame di fraternitร e sororitร tra le creature e lโuomo che la Bibbia non aveva esplicitato.
Sรฌ, cโรจ un legame universale tra tutte le creature, una fraternitร e sororitร che Francesco rivela e canta. Se Adamo aveva dato il nome alle creature (cfr. Genesi 2, 19-20), Francesco le convoca in un conventum (da cum-venire), perchรฉ convento e chiostro era per lui il mondo, non il monastero fortezza e claustrum del Medioevo! A imitazione di Gesรน nudo sulla croce nellโora della morte, Francesco si fa deporre nudo sulla nuda terra, perchรฉ nella nuditร ha vissuto la comunione con tutte le creature, da lui amate nella loro nuditร , quella loro semplicitร che egli sapeva leggere come bellezza. E cosรฌ, facendo unโanamnesi della propria vita, e ritrovandovi la fraternitร e la sororitร da lui sempre vissute, con tutto e tutti, anche la morte che giunge puรฒ essere chiamata sorella:
Laudato siโ miโ Signore per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pรฒ scappare: guai a quelli che morrano ne le peccata mortali; beati quelli che trovarร ne le Tue sanctissime voluntati, ka la morte secunda no โl farrร male.
Anche la morte per Francesco รจ sorella. E noi qui guardiamo a lui e non commentiamo, perchรฉ inabilitati a dire una parola in piรน. Infatti, non sono ancora capace di chiamare la morte sorella!
Dunque nel silenzio, insieme a tutte le creature, lodiamo e benediciamo il Signore, ringraziamolo e restiamo davanti a lui nel servizio e nellโumiltร , come Francesco conclude il suo Cantico:
Laudate et benedicete miโ Signoreโ et rengratiate et serviateli cum grande humilitate.
Pubblicato su: Osservatore Romano
