“Semplice, solenne, quasi gioioso”. Miย parla del rito di sepoltura di pรจre Jean-Pierre, l’ultimo monaco sopravvissuto di Tibhirine. Anne me ne parla con quella freschezza di emozione, come fosse accaduto ieri… e sono passati quasi due anni. In tutti i presenti, – confessa, poi – vi era la consapevolezza, triste e serena, di seppellire l’ultimo pezzo della storia di Tibhirine. Due vescovi, un paio di imam, alcuni amici musulmani, laici e religiose e i monaci del monastero: era un piccolo gruppo. “Quell’uomo semplice, umile e dolce ci regalava un momento di grazia,”ย continua sempre Anne, “un senso commosso di comunione.”ย Sembrava, seguendo il suo racconto, avesse convocato, in quell’occasione, il mondo in originali istanti di fraternitร .
Per me, il ricordo quando capitavo, anche dopo anni, al monastero… Ti si accostava delicatamente in chiesa, ti chiamava per nome, ti raccontava le ultime novitร . Componeva, poi, all’altare le rose del giardino, e, per una piccola mania, ne raccoglieva sempre sette alla volta. In memoria della vita dei sette monaci martiri. Oppure, venendo da lui con dei gruppi di giovani, lo sentivi dare una testimonianza sempre avvincente, profonda e serena. Ma confessava il suo stesso martirio: era una domanda che gli scavava l’anima. “Ma perchรฉ tutti loro sono partiti e io no?!” I suoi sette fratelli erano martiri, beati in cielo… e lui rimasto ancora su questa terra, con il tormento del loro ricordo.
Ho ancora presente quella volta quando gli chiesi di confessarmi. Mi fece sedere su una sedia, lui mi si inginocchiรฒ accanto, umile come un agnello, quasi scomparendo… Alzando poi decisa, ben alta, la mano destra, ti sembrava che tutta la misericordia di Dio ti piovesse addosso. Oppure ricordo quando fattasi sera, nel mese di ramadan, al ftour, cioรจ alla rottura del digiuno, si veniva invitati alle case dei vicini, e con i monaci, trotterellando contenti, lui in testa, ci si incamminava per una festiva cena fraterna, ogni sera a una casa diversa. Durante l’anno avevano ricevuto dei favori dal monastero, cosรฌ i vicini ricambiavano nel tempo sacro del ramadan. Un monastero in terra d’Islam รจ per davvero un ponte tra culture e religioni differenti. Non un mondo chiuso. Non uno spazio sacro, esclusivo per pochi. Negli ultimi tempi avevo incontrato Jean Pierre brevemente. Gli chiedevo quale mano il papa gli avesse baciato nel loro incontro a Rabat. Mi guardava, sorridendo… Ormai, a 97 anni, non parlava piรน.ย โSe vieni al mondo sapendo di essere amato e lo lasci sapendo la stessa cosa, allora tutto ciรฒ che nel frattempo รจ accaduto sarร valso la penaโ cantava Michael Jackson.
Cosรฌ, per salutarlo ancora una volta, mi sono recato in un angolo remoto del monastero. Vi accoglie un piccolo, povero cimitero, delizioso come un giardino, circondato intorno a semicerchio dal verde riposante di cipressi. Vegliano su otto tombe di monaci trappisti e di religiose: poveri cumuli di terra, bordati da una corona di piccoli ciottoli, scelti con cura, come pietre preziose. Alcuni disegnano una piccola croce al centro. Mani delicate, – lo si nota subito, – hanno composto tutto questo con amore. Sรฌ, un poema all’essenzialitร della fine dei nostri giorni… Il vostro sguardo, poi, cade su una sedia antica di legno, accanto all’ottava tomba, l’ultima, quella di Jean-Pierre. Essa vi invita, cosรฌ, a restare anche mezz’ora – dei momenti di eternitร in sua compagnia – in un dialogo silenzioso con colui che รจ tornato terra alla terra. La sua anima, perรฒ, รจ diventata per sempre preghiera. Era il suo sogno. I monaci in terra d’Islam sono chiamati “priants parmi les priants” (oranti tra gli oranti). In fondo, qui all’ombra dei cipressi, si gusta la pace dei santi. E, nella brezza che li accarezza, la presenza del mistero di Dio.
Accanto si distende la tomba di suor Adonai, colombiana, giovane di piรน o meno 40 anni. Venuta in Marocco si interrogava lungamente, prima della professione, se restare o tornare alla sua terra amata. Infine, dopo molto tempo di tormento, decise di restare in terra d’Islam. Poco dopo, un incidente la prese sul serio. Da allora, suor Adonai, latinoamericana, sposa per sempre questa terra africana.
Tornano alla mente, cosรฌ, leggere come il vento, le parole del cardinale Martini: “Mi sono riappacificato col pensiero di dover morire, quando ho compreso che senza la morte non arriveremmo mai a fare un atto di piena fiducia in Dio… La morte ci obbliga a fidarci totalmente di Lui”. E sarร il nostro andare incontro, a braccia aperte, all’eternitร . Che proprio qui si ritrova.
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Renato Zilio
Missionario a Casablanca
Autore: “Dio attende alla frontiera” EMIย 36.maย ediz.
Fonte della foto: Wikimedia

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