p. Raniero Cantalamessa – Seconda Predica di Avvento 2020

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Alle ore 9.00 di questa mattina, nellโ€™Aula Paolo VI, il Predicatore della Casa Pontificia, Em.mo Card. Raniero Cantalamessa, O.F.M. Cap., ha tenuto la prima Predica di Avvento sul tema: ยซInsegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuoreยป (Salmo 90,12). Dopo il video, il testo della predica (fonte).

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โ€œConsolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dioโ€ (Is 40,1). Con queste parole di Isaia iniziava la prima lettura della Seconda Domenica di Avvento. Eโ€™ un invito, anzi un comando, perennemente attuale, rivolto ai pastori e ai predicatori della Chiesa. Oggi vogliamo raccogliere questo invito e meditare sullโ€™annuncio โ€“ in assoluto il piรน consolante โ€“ che la fede in Cristo ci offre.

La seconda โ€œveritร  eternaโ€ che la situazione della pandemia ha riportato a galla รจ la precarietร  e la transitorietร  di tutte le cose. Tutto passa: ricchezza, salute, bellezza, forza fisicaโ€ฆ รˆ qualcosa che abbiamo sotto gli occhi tutto il tempo. Basta confrontare le foto di oggi โ€“ nostre o di personaggi famosi โ€“ con quelle di venti o trentโ€™anni fa, per rendercene conto. Storditi dal ritmo della vita, noi non facciamo caso a tutto ciรฒ, non ci soffermiamo per trarne le dovute conseguenze.

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Ed ecco che, di colpo, tutto quello che davamo per scontato si รจ rivelato fragile, come una lastra di ghiaccio sul quale si sta pattinando allegramente, che improvvisamente si rompe sotto i piedi e fa andare a fondo. โ€La tempesta โ€“ diceva il Santo Padre in quella memorabile benedizione โ€œurbi et orbiโ€ del 27 Marzo scorso โ€“ smaschera la nostra vulnerabilitร  e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e prioritร โ€.

La crisi planetaria che stiamo vivendo puรฒ essere lโ€™occasione per riscoprire con sollievo che cโ€™รจ, nonostante tutto, un punto fermo, un terreno solido, anzi una roccia, su cui fondare la nostra esistenza terrena. La parola Pasqua -Pesach in ebraico โ€“ significa passaggio e in latino si traduce transitus. Questa parola evoca anchโ€™essa qualcosa di โ€œpasseggeroโ€ e di โ€œtransitorioโ€, dunque qualcosa di tendenzialmente negativo. Santโ€™Agostino ha percepito questa difficoltร  e lโ€™ha risolta in modo illuminante. Fare la Pasqua, ha spiegato, significa, sรฌ, passare, ma โ€œpassare a ciรฒ che non passaโ€; significa โ€œpassare dal mondo, per non passare con il mondoโ€ . Passare con il cuore, prima di passare con il corpo!

Ciรฒ che โ€œnon passa maiโ€ รจ, per definizione, lโ€™eternitร . Dobbiamo riscoprire la fede in un aldilร  della vita. รˆ questo uno dei grandi contributi che le religioni possono dare insieme allo sforzo per creare un mondo migliore e piรน fraterno. Essa ci fa capire che siamo tutti compagni di viaggio, in cammino verso una patria comune, dove non esistono distinzioni di razza o di nazione. Non abbiamo in comune solo il cammino, ma anche la meta. Con concetti e in contesti assai diversi, questa รจ una veritร  comune a tutte le grandi religioni, almeno a quelle che credono in un Dio personale. โ€œChi infatti si avvicina a Dio, deve credere che egli esiste e che ricompensa coloro che lo cercanoโ€ (Ebr 11, 6). Cosรฌ la Lettera agli Ebrei riassume la base comune โ€“ una specie di minimo denominatore comune โ€“ di ogni fede e di ogni religione.

Per i cristiani la fede nella vita eterna non si basa su discutibili argomenti filosofici circa lโ€™immortalitร  dellโ€™anima. Si basa su un fatto preciso, la risurrezione di Cristo, e sulla sua promessa: โ€œNella casa del Padre mio vi sono molte dimore. [โ€ฆ] Vado a prepararvi un posto. Quando sarรฒ andato e vi avrรฒ preparato un posto, verrรฒ di nuovo e vi prenderรฒ con me, perchรฉ dove sono io siate anche voiโ€ (Gv 14,2-3). Per noi cristiani la vita eterna non รจ una categoria astratta, รจ piuttosto una persona. Significa andare a stare con Gesรบ, a โ€œfare corpoโ€ con lui, a condividere il suo stato di Risorto nella pienezza e nel gaudio ineffabile della vita trinitaria: โ€œCupio dissolvi et esse cum Christoโ€, diceva san Paolo ai suoi cari Filippesi: โ€œDesidero lasciare questa vita per andare a stare con Cristoโ€ (Fil 1,23).

Una eclisse di fede

Ma che รจ successo โ€“ci domandiamo โ€“ alla veritร  cristiana della vita eterna? Nel nostro tempo, dominato dalla fisica e dalla cosmologia, lโ€™ateismo si esprime soprattutto come negazione dellโ€™esistenza di un creatore del mondo; nel secolo XIX, esso si รจ espresso di preferenza nella negazione di un aldilร . Hegel aveva affermato che โ€œi cristiani sprecano in cielo le energie destinate alla terraโ€ . Raccogliendo questa critica, Feuerbach e soprattutto Marx hanno combattuto contro la credenza in una vita dopo la morte, affermando che essa aliena dallโ€™impegno terreno. Allโ€™idea di una sopravvivenza personale in Dio si sostituisce lโ€™idea di una sopravvivenza nella specie e nella societร  del futuro.

A poco a poco, con il sospetto, sono caduti sulla parola โ€œeternitร โ€ lโ€™oblio e il silenzio. La secolarizzazione ha fatto il resto, al punto che appare addirittura sconveniente che si parli ancora di eternitร  fra persone colte e al passo con i tempi. La secolarizzazione รจ un fenomeno complesso e ambivalente. Puรฒ indicare lโ€™autonomia delle realtร  terrene e la separazione tra regno di Dio e regno di Cesare, e in questo senso essa non solo non รจ contro il Vangelo, ma trova in esso una delle sue radici piรน profonde. La parola secolarizzazione puรฒ, perรฒ, indicare anche tutto un insieme di atteggiamenti ostili alla religione e alla fede. In questo senso si preferisce usare il termine di secolarismo. Il secolarismo sta alla secolarizzazione come lo scientismo sta alla scientificitร  e il razionalismo alla razionalitร .

Anche cosรฌ delimitato, il fenomeno della secolarizzazione presenta molte facce a seconda dei campi in cui si manifesta: la teologia, la scienza, lโ€™etica, lโ€™ermeneutica biblica, la cultura, la vita quotidiana. Il suo senso primordiale tuttavia รจ unico e chiaro. โ€œSecolarizzazioneโ€, come โ€œsecolarismoโ€, deriva dalla parola saeculum che nel linguaggio comune ha finito per indicare il tempo presente โ€“ ยซlโ€™eone attualeยป, secondo la Bibbia โ€“, in opposizione allโ€™eternitร  โ€“ lโ€™eone futuro, o ยซi secoli dei secoliยป come lo chiama la Scrittura. In questo senso, secolarismo รจ sinonimo di temporalismo, di riduzione del reale alla sola dimensione terrena. Significa radicale eliminazione dellโ€™orizzonte dellโ€™eternitร .

Tutto questo ha avuto un chiaro contraccolpo sulla fede dei credenti. Essa si รจ fatta, su questo punto, timida e reticente. Quando abbiamo sentito lโ€™ultima predica sulla vita eterna? Aveva ragione il filosofo Kierkegaard: โ€œLโ€™aldilร  รจ diventato uno scherzo, unโ€™esigenza cosรฌ incerta che non solo nessuno piรน la rispetta, ma anzi neppure piรน la prospetta. Al punto che ci si diverte perfino al pensiero che cโ€™era un tempo in cui questโ€™idea improntava lโ€™intera esistenzaโ€ . Continuiamo a recitare nel Credo: โ€œAspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrร โ€, ma senza dare troppo peso a queste parole. La caduta dellโ€™orizzonte dellโ€™eternitร  ha sulla la fede cristiana lโ€™effetto che ha la sabbia gettata su una fiamma: la soffoca, la spegne.

Qual รจ la conseguenza pratica di questa eclisse dellโ€™idea di eternitร ? San Paolo riferisce il proposito di coloro che non credono nella risurrezione dei morti: โ€œMangiamo, beviamo, domani moriremoโ€ (1Cor 15,32). Il desiderio naturale di vivere sempre, distorto, diventa desiderio, o frenesia, di vivere bene, cioรจ piacevolmente, anche a spese degli altri, se necessario. La terra intera diventa quello che Dante Alighieri diceva dellโ€™Italia del suo tempo: โ€œlโ€™aiuola che ci fa tanto ferociโ€ . Caduto lโ€™orizzonte dellโ€™eternitร , la sofferenza umana appare doppiamente e irrimediabilmente assurda. Il mondo somiglia a โ€œun formicaio che si sgretolaโ€ e lโ€™uomo a โ€œun disegno creato dallโ€™onda sulla riva del mare che lโ€™onda successiva cancellaโ€.

Fede nellโ€™eternitร  ed evangelizzazione

La fede nella vita eterna costituisce una delle condizioni di possibilitร  dellโ€™evangelizzazione. โ€œSe Cristo non รจ risorto โ€“scrive lโ€™Apostolo- vuota รจ la nostra predicazione, vuota anche la nostra fede [โ€ฆ] Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare piรน di tutti gli uominiโ€ (1Cor 15, 14.19). Lโ€™annuncio della vita eterna costituisce la forza e il mordente della predicazione cristiana.

Guardiamo quello che avvenne nella primissima evangelizzazione cristiana. Lโ€™idea piรน antica e piรน diffusa nel paganesimo greco- romano era che la vita vera termina con la morte; dopo di essa cโ€™รจ solo unโ€™esistenza da larve, in un mondo di ombre, evanescente e incolore. Sono note le parole che lโ€™imperatore romano Adriano rivolse a se stesso prossimo alla morte, secondo lโ€™epitaffio inciso sulla sua tomba:

Piccola anima mia smarrita e soave,
compagna e ospite del corpo,
ora tโ€™appresti a ascendere in luoghi
incolori, aspri e spogli,
ove non avrai piรน gli svaghi consueti.
Un istante ancora,
guardiamo insieme le rive familiari,
le cose che certamente non rivedremo mai piรน.
Per un uomo che in vita aveva fatto costruire per sรฉ dimore di incredibile lusso (visitare la Villa Adriana presso Tivoli per convincersene!), questa prospettiva risultava ancora piรน sconsolante che per i comuni mortali. Per la propria tomba egli aveva edificato il Mausoleo di Adriano, lโ€™attuale Castel Santโ€™Angelo, ma sapeva bene che questo non cambiava il suo destino di avviarsi verso โ€œluoghi incolori e senza svaghiโ€.

Su questo sfondo, si comprende lโ€™impatto che doveva avere lโ€™annuncio cristiano di una vita dopo la morte infinitamente piรน piena e piรน luminosa di quella terrena, senza piรน lacrime, nรฉ morte, nรฉ affanno (cf. Ap 21, 4). Si capisce anche perchรฉ il tema e i simboli della vita eterna โ€“ il pavone, la palma, le parole โ€œrequies aeternaโ€œ โ€“ siano cosรฌ frequenti nelle sepolture cristiane delle catacombe.

Nellโ€™annunciare la vita eterna noi possiamo far leva, oltre che sulla nostra fede, anche sulla corrispondenza di essa con il desiderio piรน profondo del cuore umano. Noi siamo infatti โ€œesseri finiti capaci di infinitoโ€ (ens finitum, capax infiniti): esseri mortali con un innato anelito allโ€™immortalitร . A un amico argentino che gli rimproverava, quasi fosse una forma di orgoglio e di presunzione, il suo tormentarsi circa il problema dellโ€™eternitร , Miguel de Unamuno โ€“ non certo un apologeta del cristianesimo โ€“ rispose in una lettera:
Non dico che meritiamo un aldilร , nรฉ che la logica ce lo dimostri; dico che ne abbiamo bisogno, lo meritiamo o no, e basta. Dico che ciรฒ che passa non mi soddisfa, che ho sete dโ€™eternitร , e che senza questa tutto mi รจ indifferente. Ne ho bisogno, ne ho bisogno! Senza di essa non cโ€™รจ piรน gioia di vivere e la gioia di vivere non ha piรน nulla da dirmi. รˆ troppo facile affermare: โ€œBisogna vivere, bisogna accontentarsi della vitaโ€. E quelli che non se ne accontentano? .

Non รจ chi desidera lโ€™eternitร  โ€“ aggiungeva lo stesso pensatore โ€“ che mostra di disprezzare il mondo e la vita di quaggiรน, ma al contrario chi non la desidera: โ€œAmo tanto la vita che perderla mi sembra il peggiore dei mali. Non amano veramente la vita coloro i quali se la godono, giorno per giorno, senza curarsi di sapere se dovranno perderla del tutto o noโ€.

Santโ€™Agostino diceva la stessa cosa: โ€œA che giova vivere bene, se non รจ dato vivere sempre?โ€ โ€œQuid prodest bene vivere si non datur semper vivere?โ€ . โ€œTutto, tranne lโ€™eterno, al mondo รจ vanoโ€, ha cantato un nostro poeta . Agli uomini del nostro tempo che coltivano in fondo al cuore questo bisogno di eternitร , senza forse avere il coraggio di confessarlo neppure a se stessi, noi possiamo ripetere ciรฒ che Paolo diceva agli Ateniesi: โ€œQuello che voi venerate senza conoscerlo, io vengo ad annunciarlo a voiโ€ (cf. At 17,23).

La fede nellโ€™eternitร  come mezzo di santificazione

Una rinnovata fede nellโ€™eternitร  non ci serve solo per lโ€™evangelizzazione, cioรจ per lโ€™annuncio da fare agli altri; ci serve, prima ancora, per imprimere un nuovo slancio al nostro cammino di santificazione. Il suo primo frutto รจ quello renderci liberi, di non attaccarci alle cose che passano, ad accrescere il proprio patrimonio o il proprio prestigio.

Immaginiamo questa situazione. Una persona ha ricevuto lo sfratto e deve lasciare tra breve la sua abitazione. Fortunatamente, gli si presenta la possibilitร  di avere subito una nuova casa. Ma lui che fa? Spende tutto il suo denaro per rimodernare e abbellire la casa che deve lasciare, anzichรฉ arredare quella in cui deve andare! Non sarebbe da stolto? Ora noi siamo tutti degli โ€œsfrattatiโ€ in questo mondo e somigliamo a quellโ€™uomo stolto se pensiamo solo ad abbellire la nostra casa terrena, senza preoccuparci di fare opere buone che ci seguiranno dopo la morte.

Lโ€™affievolirsi dellโ€™idea di eternitร  agisce sui credenti, diminuendo in essi la capacitร  di affrontare con coraggio la sofferenza e le prove della vita. Dobbiamo ritrovare un poโ€™ della fede di san Bernardo e di santโ€™Ignazio di Loyola. In ogni situazione e davanti a ogni ostacolo, essi dicevano a se stessi: โ€œQuid hoc ad aeternitatem?โ€, che รจ questo di fronte allโ€™eternitร ?

Pensiamo a un uomo con una bilancia in mano: una di quelle bilance (si chiamano stadere) che si reggono con una sola mano e hanno da un lato il piatto su cui mettere le cose da pesare e dallโ€™altro una barra graduata che regge il peso o la misura. Se cade a terra, o si smarrisce la misura, tutto quello che si mette sul piatto fa sollevare in alto la barra e fa inclinare a terra la bilancia. Tutto ha il sopravvento, anche un pugno di piume..

Cosรฌ siamo noi quando smarriamo la misura di tutto che รจ lโ€™eternitร : le cose e le sofferenze terrene gettano facilmente la nostra anima a terra. Tutto ci sembra troppo pesante, eccessivo. Gesรน diceva: โ€œSe la tua mano ti รจ di ostacolo, tagliala; se il tuo occhio ti รจ di ostacolo, cavalo; รจ meglio entrare nella vita con una mano sola o con un occhio solo, anzichรฉ con tutti e due essere gettato nel fuoco eternoโ€ (cfr. Mt 18,8-9). Ma noi, avendo perso di vista lโ€™eternitร , troviamo giร  eccessivo che ci si chieda di chiudere gli occhi davanti a uno spettacolo immorale, o di portare in silenzio una piccola croce.

San Paolo osa scrivere: โ€œIl momentaneo, leggero peso della nostra sofferenza ci procura una quantitร  smisurata ed eterna di gloria, giacchรฉ noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili. Le cose visibili sono dโ€™un momento, quelle invisibili eterneโ€ (2Cor 4,17-18). Il peso della tribolazione รจ โ€œleggeroโ€ proprio perchรฉ momentaneo, quello della gloria รจ smisurato proprio perchรฉ eterno. Per questo lo stesso Apostolo puรฒ dire: โ€œPenso che le sofferenze del tempo presente non hanno un valore proporzionato alla gloria che si manifesterร  in noiโ€ (Rm 8,18).

Molti si chiedono: โ€œIn che consisterร  la vita eterna e che faremo tutto il tempo in cielo?โ€ La risposta รจ nelle parole apofatiche dellโ€™Apostolo: โ€œOcchio non vide, orecchio non udรฌ, nรฉ mai entrรฒ in cuore di uomo quello che Dio tiene preparato per coloro che lo amanoโ€ (cf. 1 Cor 2,9). Se รจ necessario balbettare qualche cosa, diremo che vivremo immersi nellโ€™oceano senza rive e senza fondo dellโ€™amore trinitario. โ€œMa non ci annoieremo?โ€ Domandiamo a dei veri innamorati se si annoiano al culmine del loro amore e se non vorrebbero piuttosto che quellโ€™istante durasse in eterno

Eternitร : una speranza e una presenza

Prima di concludere dobbiamo dissipare un dubbio che pesa sulla credenza nella vita eterna. Per il credente, lโ€™eternitร  non รจ solo una promessa e una speranza, o, come pensava Carlo Marx, un riversare in cielo le attese deluse della terra. Essa รจ anche una presenza e una esperienza. In Cristo ยซla vita eterna che era presso il Padre si รจ fatta visibile ยป. Noi โ€“ dice Giovanni โ€“ lโ€™abbiamo udita, vista con i nostri occhi, contemplata, toccata (cfr. 1Gv 1,1~3).

Con Cristo, Verbo incarnato, lโ€™eternitร  ha fatto irruzione nel tempo. Ne facciamo lโ€™esperienza ogni volta che facciamo un vero atto di fede in Cristo, perchรฉ chi crede in lui possiede giร  la vita eterna (cfr. 1Gv 5,13); ogni volta che riceviamo la comunione, perchรฉ in essa โ€œci viene dato il pegno della gloria futuraโ€; ogni volta che ascoltiamo le parole del Vangelo, che sono โ€œparole di vita eternaโ€ (cfr. Gv 6,68). San Tommaso dโ€™Aquino dice che โ€œla grazia รจ lโ€™inizio della gloriaโ€ .

Questa presenza dellโ€™eternitร  nel tempo si chiama lo Spirito Santo. Egli รจ definito โ€œla caparra della nostra ereditร โ€ (Ef 1,14; 2Cor 5,5), e ci รจ stato donato perchรฉ, avendo ricevuto le primizie, noi aneliamo alla pienezza. โ€œCristo โ€“ scrive santโ€™Agostino โ€“ ci ha dato la caparra dello Spirito Santo con la quale lui, che comunque non ci potrebbe ingannare, ha voluto renderci sicuri del compimento della sua promessa. Che cosa ha promesso? Ha promesso la vita eterna di cui รจ caparra lo Spirito che ci ha datoโ€ .

Tra la vita di fede nel tempo e la vita eterna cโ€™รจ un rapporto analogo a quello che esiste tra la vita dellโ€™embrione nel seno materno e quella del bambino venuto alla luce. Scrive il grande teologo medievale bizantino Nicola Cabasilas:
Questo mondo porta in gestazione lโ€™uomo interiore, nuovo, creato secondo Dio, finchรฉ egli, qui plasmato, modellato e divenuto perfetto, non sia generato a quel mondo perfetto che non invecchia. Al modo dellโ€™embrione che, mentre รจ nellโ€™esistenza tenebrosa e fluida, la natura prepara alla vita nella luce cosรฌ รจ dei santi [โ€ฆ]. Per lโ€™embrione tuttavia la vita futura รจ assolutamente futura: non giunge a lui nessun raggio di luce, nulla di ciรฒ che รจ di questa vita. Non cosรฌ per noi, dal momento che il secolo futuro รจ stato come riversato e commisto a questo presente [โ€ฆ]. Perciรฒ giร  ora รจ concesso ai santi non solo di disporsi e prepararsi alla vita, ma di vivere e di operare in essa .
Esiste una storiella che illustra questo paragone della gestazione e della nascita e mi permetto di raccontarlo nella sua semplicitร .

Cโ€™erano due gemellini, un maschietto e una femminuccia, cosรฌ intelligenti e precoci che, ancora nel grembo della madre, parlavano giร  tra di loro. La bambina domandava al fratellino: โ€œSecondo te, ci sarร  una vita dopo la nascita?โ€. Lui rispondeva: โ€œNon essere ridicola. Che cosa ti fa pensare che ci sia qualcosa al di fuori di questo spazio angusto e buio nel quale ci troviamo?โ€. La bimba, facendosi coraggio: โ€œChissร , forse esiste una madre, qualcuno insomma che ci ha messi qui e che si prenderร  cura di noiโ€. E lui: โ€œVedi forse una madre tu da qualche parte? Quello che vedi รจ tutto quello che cโ€™รจโ€. Lei di nuovo: โ€œMa non senti anche tu a volte come una pressione sul petto che aumenta di giorno in giorno e ci spinge in avanti?โ€. โ€œA pensarci bene โ€“ rispondeva lui โ€“ รจ vero; la sento tutto il tempoโ€. โ€œVedi โ€“ concludeva trionfante la sorellina โ€“ questo dolore non puรฒ essere per nulla. Io penso che ci stia preparando per qualcosa di piรน grande di questo piccolo spazioโ€.

La Chiesa dovrebbe essere quella bambina che aiuta gli uomini a prendere coscienza di questo loro anelito inconfessato e a volte persino ridicolizzato. Dobbiamo assolutamente smentire anche lโ€™accusa da cui รจ partito il sospetto moderno contro lโ€™idea della vita eterna: quello secondo cui lโ€™attesa dellโ€™eternitร  distoglie dallโ€™impegno per la terra e dalla cura del creato. Prima che le societร  moderne si assumessero esse stesse il compito di promuovere la salute e la cultura, di migliorare le coltivazioni della terra e le condizioni di vita della gente, chi ha portato avanti questi compiti piรน e meglio dei monaci che vivevano di fede nella vita eterna?

Pochi sanno che il Cantico delle creature di Francesco dโ€™Assisi รจ nato da un sussulto di fede nella vita eterna. Cosรฌ le fonti francescane descrivono la genesi del cantico. Una notte che Francesco era particolarmente sofferente per le sue numerose e dolorosissime infermitร , disse in cuor suo: โ€œSignore, vieni in soccorso alle mie infermitร , affinchรฉ io possa sopportarle con pazienza! โ€œ. E subito gli fu detto in spirito: โ€ Francesco, dimmi: se uno, in compenso delle tue malattie e sofferenze, ti donasse un grande prezioso tesoro, non considereresti tu come un niente, a paragone di tale tesoro, la terra e le pietre e le acque? Non ne saresti molto felice? โ€œ. Rispose Francesco: โ€œSignore, questo sarebbe un tesoro veramente grande e incomparabile, prezioso e amabile e desiderabile โ€œ. La voce concluse: โ€ Allora, sii felice ed esultante nelle tue infermitร  e tribolazioni; dโ€™ora in poi vivi nella serenitร , come se tu fossi giร  nel mio Regno โ€œ.

Alzandosi al mattino, Francesco disse ai suoi compagni: โ€œIo devo molto godere adesso in mezzo ai miei mali e dolori, e render grazie sempre a Dio per la grazia e benedizione cosรฌ grande che mi รจ stata elargita. Egli infatti si รจ degnato nella sua misericordia di donare a me, suo piccolo servo indegno ancora vivente quaggiรน, la certezza di possedere il suo Regno eterno. Voglio quindi, a lode di Lui e a mia consolazione e per edificazione del prossimo, comporre una nuova Lauda del Signore per le sue creature. Ogni giorno usiamo delle creature e senza di loro non possiamo vivere. E ogni giorno ci mostriamo ingrati per questo grande beneficio, e non ne diamo lode, come dovremmo, al nostro Creatore โ€œ. E postosi a sedere, si concentrรฒ a riflettere, e poi disse: โ€ Altissimo, onnipotente, bon Segnoreโ€ฆ โ€œ. Il pensiero della vita eterna non gli aveva ispirato il disprezzo di questo mondo e delle creature, ma un entusiasmo e una gratitudine ancora piรน grande per essi e gli aveva reso piรน sopportabile il dolore presente.

La nostra meditazione odierna sullโ€™eternitร  non ci esime certo dallo sperimentare con tutti gli altri abitanti della terra la durezza della prova che stiamo vivendo; dovrebbe perรฒ almeno aiutare noi credenti a non essere sopraffatti da essa e ad essere capaci di infondere coraggio e speranza anche in chi non ha il conforto della fede. Terminiamo con una bella preghiera della la liturgia:
O Dio, che unisci in un solo volere le menti dei fedeli, concedi al tuo popolo di amare ciรฒ che comandi e desiderare ciรฒ che prometti, perchรฉ fra le vicende del mondo lร  siano fissi i nostri cuori dove รจ la vera gioia. Per Cristo, nostro Signore.

1.S. Agostino, Trattati su Giovanni 55, 1 (CCL 36, pp. 463 s.).
2.Cf. G.W.F. Hegel, Frรผhe Schriften, 1, in Gesammelte Werke, 1, Amburgo 1989, p. 372.
3.S. Kierkegaard, Postilla conclusiva, Sez. II, cap. 4 (in Opere, a cura di C. Fabro, Firenze 1972, p. 458).
4.Paradiso, XXII, 151.
5.Miguel de Unamuno, โ€œCartas inรฉditas de Miguel de Unamuno y Pedro Jimรฉnez Ilundainโ€, a cura di H. Benรญtez, Revista de la Universidad de Buenos Aires 3 (9/1949) 135.150.
6.S. Agostino, Trattati sul Vangelo di Giovanni, 45, 2 (PL 35, 1720).
7.A. Fogazzaro, โ€œA Seraโ€, in Le poesie, Mondadori, Milano 1935, 194-197.
8.S. Tommaso dโ€™Aquino, Somma teologica, II-II, q. 24, a. 3, ad 2.
9.S. Agostino, Sermo 378, 1 (PL 39, 1673).
10.N. Cabasilas, Vita in Cristo, I, 1-2, a cura di U. Neri, UTET, Torino 1971, 65-67.
11.Legenda Perugina 43 (Fonti Francescane, 1591-1592)
12.Orazione XXI Domenica del Tempo Ordinario.

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