Alle ore 9.00 di questa mattina, nellโAula Paolo VI, il Predicatore della Casa Pontificia, Em.mo Card. Raniero Cantalamessa, O.F.M. Cap., ha tenuto la prima Predica di Avvento sul tema: ยซInsegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuoreยป (Salmo 90,12). Dopo il video, il testo della predica (fonte).
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โConsolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dioโ (Is 40,1). Con queste parole di Isaia iniziava la prima lettura della Seconda Domenica di Avvento. Eโ un invito, anzi un comando, perennemente attuale, rivolto ai pastori e ai predicatori della Chiesa. Oggi vogliamo raccogliere questo invito e meditare sullโannuncio โ in assoluto il piรน consolante โ che la fede in Cristo ci offre.
La seconda โveritร eternaโ che la situazione della pandemia ha riportato a galla รจ la precarietร e la transitorietร di tutte le cose. Tutto passa: ricchezza, salute, bellezza, forza fisicaโฆ ร qualcosa che abbiamo sotto gli occhi tutto il tempo. Basta confrontare le foto di oggi โ nostre o di personaggi famosi โ con quelle di venti o trentโanni fa, per rendercene conto. Storditi dal ritmo della vita, noi non facciamo caso a tutto ciรฒ, non ci soffermiamo per trarne le dovute conseguenze.
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Ed ecco che, di colpo, tutto quello che davamo per scontato si รจ rivelato fragile, come una lastra di ghiaccio sul quale si sta pattinando allegramente, che improvvisamente si rompe sotto i piedi e fa andare a fondo. โLa tempesta โ diceva il Santo Padre in quella memorabile benedizione โurbi et orbiโ del 27 Marzo scorso โ smaschera la nostra vulnerabilitร e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e prioritร โ.
La crisi planetaria che stiamo vivendo puรฒ essere lโoccasione per riscoprire con sollievo che cโรจ, nonostante tutto, un punto fermo, un terreno solido, anzi una roccia, su cui fondare la nostra esistenza terrena. La parola Pasqua -Pesach in ebraico โ significa passaggio e in latino si traduce transitus. Questa parola evoca anchโessa qualcosa di โpasseggeroโ e di โtransitorioโ, dunque qualcosa di tendenzialmente negativo. SantโAgostino ha percepito questa difficoltร e lโha risolta in modo illuminante. Fare la Pasqua, ha spiegato, significa, sรฌ, passare, ma โpassare a ciรฒ che non passaโ; significa โpassare dal mondo, per non passare con il mondoโ . Passare con il cuore, prima di passare con il corpo!
Ciรฒ che โnon passa maiโ รจ, per definizione, lโeternitร . Dobbiamo riscoprire la fede in un aldilร della vita. ร questo uno dei grandi contributi che le religioni possono dare insieme allo sforzo per creare un mondo migliore e piรน fraterno. Essa ci fa capire che siamo tutti compagni di viaggio, in cammino verso una patria comune, dove non esistono distinzioni di razza o di nazione. Non abbiamo in comune solo il cammino, ma anche la meta. Con concetti e in contesti assai diversi, questa รจ una veritร comune a tutte le grandi religioni, almeno a quelle che credono in un Dio personale. โChi infatti si avvicina a Dio, deve credere che egli esiste e che ricompensa coloro che lo cercanoโ (Ebr 11, 6). Cosรฌ la Lettera agli Ebrei riassume la base comune โ una specie di minimo denominatore comune โ di ogni fede e di ogni religione.
Per i cristiani la fede nella vita eterna non si basa su discutibili argomenti filosofici circa lโimmortalitร dellโanima. Si basa su un fatto preciso, la risurrezione di Cristo, e sulla sua promessa: โNella casa del Padre mio vi sono molte dimore. [โฆ] Vado a prepararvi un posto. Quando sarรฒ andato e vi avrรฒ preparato un posto, verrรฒ di nuovo e vi prenderรฒ con me, perchรฉ dove sono io siate anche voiโ (Gv 14,2-3). Per noi cristiani la vita eterna non รจ una categoria astratta, รจ piuttosto una persona. Significa andare a stare con Gesรบ, a โfare corpoโ con lui, a condividere il suo stato di Risorto nella pienezza e nel gaudio ineffabile della vita trinitaria: โCupio dissolvi et esse cum Christoโ, diceva san Paolo ai suoi cari Filippesi: โDesidero lasciare questa vita per andare a stare con Cristoโ (Fil 1,23).
Una eclisse di fede
Ma che รจ successo โci domandiamo โ alla veritร cristiana della vita eterna? Nel nostro tempo, dominato dalla fisica e dalla cosmologia, lโateismo si esprime soprattutto come negazione dellโesistenza di un creatore del mondo; nel secolo XIX, esso si รจ espresso di preferenza nella negazione di un aldilร . Hegel aveva affermato che โi cristiani sprecano in cielo le energie destinate alla terraโ . Raccogliendo questa critica, Feuerbach e soprattutto Marx hanno combattuto contro la credenza in una vita dopo la morte, affermando che essa aliena dallโimpegno terreno. Allโidea di una sopravvivenza personale in Dio si sostituisce lโidea di una sopravvivenza nella specie e nella societร del futuro.
A poco a poco, con il sospetto, sono caduti sulla parola โeternitร โ lโoblio e il silenzio. La secolarizzazione ha fatto il resto, al punto che appare addirittura sconveniente che si parli ancora di eternitร fra persone colte e al passo con i tempi. La secolarizzazione รจ un fenomeno complesso e ambivalente. Puรฒ indicare lโautonomia delle realtร terrene e la separazione tra regno di Dio e regno di Cesare, e in questo senso essa non solo non รจ contro il Vangelo, ma trova in esso una delle sue radici piรน profonde. La parola secolarizzazione puรฒ, perรฒ, indicare anche tutto un insieme di atteggiamenti ostili alla religione e alla fede. In questo senso si preferisce usare il termine di secolarismo. Il secolarismo sta alla secolarizzazione come lo scientismo sta alla scientificitร e il razionalismo alla razionalitร .
Anche cosรฌ delimitato, il fenomeno della secolarizzazione presenta molte facce a seconda dei campi in cui si manifesta: la teologia, la scienza, lโetica, lโermeneutica biblica, la cultura, la vita quotidiana. Il suo senso primordiale tuttavia รจ unico e chiaro. โSecolarizzazioneโ, come โsecolarismoโ, deriva dalla parola saeculum che nel linguaggio comune ha finito per indicare il tempo presente โ ยซlโeone attualeยป, secondo la Bibbia โ, in opposizione allโeternitร โ lโeone futuro, o ยซi secoli dei secoliยป come lo chiama la Scrittura. In questo senso, secolarismo รจ sinonimo di temporalismo, di riduzione del reale alla sola dimensione terrena. Significa radicale eliminazione dellโorizzonte dellโeternitร .
Tutto questo ha avuto un chiaro contraccolpo sulla fede dei credenti. Essa si รจ fatta, su questo punto, timida e reticente. Quando abbiamo sentito lโultima predica sulla vita eterna? Aveva ragione il filosofo Kierkegaard: โLโaldilร รจ diventato uno scherzo, unโesigenza cosรฌ incerta che non solo nessuno piรน la rispetta, ma anzi neppure piรน la prospetta. Al punto che ci si diverte perfino al pensiero che cโera un tempo in cui questโidea improntava lโintera esistenzaโ . Continuiamo a recitare nel Credo: โAspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrร โ, ma senza dare troppo peso a queste parole. La caduta dellโorizzonte dellโeternitร ha sulla la fede cristiana lโeffetto che ha la sabbia gettata su una fiamma: la soffoca, la spegne.
Qual รจ la conseguenza pratica di questa eclisse dellโidea di eternitร ? San Paolo riferisce il proposito di coloro che non credono nella risurrezione dei morti: โMangiamo, beviamo, domani moriremoโ (1Cor 15,32). Il desiderio naturale di vivere sempre, distorto, diventa desiderio, o frenesia, di vivere bene, cioรจ piacevolmente, anche a spese degli altri, se necessario. La terra intera diventa quello che Dante Alighieri diceva dellโItalia del suo tempo: โlโaiuola che ci fa tanto ferociโ . Caduto lโorizzonte dellโeternitร , la sofferenza umana appare doppiamente e irrimediabilmente assurda. Il mondo somiglia a โun formicaio che si sgretolaโ e lโuomo a โun disegno creato dallโonda sulla riva del mare che lโonda successiva cancellaโ.
Fede nellโeternitร ed evangelizzazione
La fede nella vita eterna costituisce una delle condizioni di possibilitร dellโevangelizzazione. โSe Cristo non รจ risorto โscrive lโApostolo- vuota รจ la nostra predicazione, vuota anche la nostra fede [โฆ] Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare piรน di tutti gli uominiโ (1Cor 15, 14.19). Lโannuncio della vita eterna costituisce la forza e il mordente della predicazione cristiana.
Guardiamo quello che avvenne nella primissima evangelizzazione cristiana. Lโidea piรน antica e piรน diffusa nel paganesimo greco- romano era che la vita vera termina con la morte; dopo di essa cโรจ solo unโesistenza da larve, in un mondo di ombre, evanescente e incolore. Sono note le parole che lโimperatore romano Adriano rivolse a se stesso prossimo alla morte, secondo lโepitaffio inciso sulla sua tomba:
Piccola anima mia smarrita e soave,
compagna e ospite del corpo,
ora tโappresti a ascendere in luoghi
incolori, aspri e spogli,
ove non avrai piรน gli svaghi consueti.
Un istante ancora,
guardiamo insieme le rive familiari,
le cose che certamente non rivedremo mai piรน.
Per un uomo che in vita aveva fatto costruire per sรฉ dimore di incredibile lusso (visitare la Villa Adriana presso Tivoli per convincersene!), questa prospettiva risultava ancora piรน sconsolante che per i comuni mortali. Per la propria tomba egli aveva edificato il Mausoleo di Adriano, lโattuale Castel SantโAngelo, ma sapeva bene che questo non cambiava il suo destino di avviarsi verso โluoghi incolori e senza svaghiโ.
Su questo sfondo, si comprende lโimpatto che doveva avere lโannuncio cristiano di una vita dopo la morte infinitamente piรน piena e piรน luminosa di quella terrena, senza piรน lacrime, nรฉ morte, nรฉ affanno (cf. Ap 21, 4). Si capisce anche perchรฉ il tema e i simboli della vita eterna โ il pavone, la palma, le parole โrequies aeternaโ โ siano cosรฌ frequenti nelle sepolture cristiane delle catacombe.
Nellโannunciare la vita eterna noi possiamo far leva, oltre che sulla nostra fede, anche sulla corrispondenza di essa con il desiderio piรน profondo del cuore umano. Noi siamo infatti โesseri finiti capaci di infinitoโ (ens finitum, capax infiniti): esseri mortali con un innato anelito allโimmortalitร . A un amico argentino che gli rimproverava, quasi fosse una forma di orgoglio e di presunzione, il suo tormentarsi circa il problema dellโeternitร , Miguel de Unamuno โ non certo un apologeta del cristianesimo โ rispose in una lettera:
Non dico che meritiamo un aldilร , nรฉ che la logica ce lo dimostri; dico che ne abbiamo bisogno, lo meritiamo o no, e basta. Dico che ciรฒ che passa non mi soddisfa, che ho sete dโeternitร , e che senza questa tutto mi รจ indifferente. Ne ho bisogno, ne ho bisogno! Senza di essa non cโรจ piรน gioia di vivere e la gioia di vivere non ha piรน nulla da dirmi. ร troppo facile affermare: โBisogna vivere, bisogna accontentarsi della vitaโ. E quelli che non se ne accontentano? .
Non รจ chi desidera lโeternitร โ aggiungeva lo stesso pensatore โ che mostra di disprezzare il mondo e la vita di quaggiรน, ma al contrario chi non la desidera: โAmo tanto la vita che perderla mi sembra il peggiore dei mali. Non amano veramente la vita coloro i quali se la godono, giorno per giorno, senza curarsi di sapere se dovranno perderla del tutto o noโ.
SantโAgostino diceva la stessa cosa: โA che giova vivere bene, se non รจ dato vivere sempre?โ โQuid prodest bene vivere si non datur semper vivere?โ . โTutto, tranne lโeterno, al mondo รจ vanoโ, ha cantato un nostro poeta . Agli uomini del nostro tempo che coltivano in fondo al cuore questo bisogno di eternitร , senza forse avere il coraggio di confessarlo neppure a se stessi, noi possiamo ripetere ciรฒ che Paolo diceva agli Ateniesi: โQuello che voi venerate senza conoscerlo, io vengo ad annunciarlo a voiโ (cf. At 17,23).
La fede nellโeternitร come mezzo di santificazione
Una rinnovata fede nellโeternitร non ci serve solo per lโevangelizzazione, cioรจ per lโannuncio da fare agli altri; ci serve, prima ancora, per imprimere un nuovo slancio al nostro cammino di santificazione. Il suo primo frutto รจ quello renderci liberi, di non attaccarci alle cose che passano, ad accrescere il proprio patrimonio o il proprio prestigio.
Immaginiamo questa situazione. Una persona ha ricevuto lo sfratto e deve lasciare tra breve la sua abitazione. Fortunatamente, gli si presenta la possibilitร di avere subito una nuova casa. Ma lui che fa? Spende tutto il suo denaro per rimodernare e abbellire la casa che deve lasciare, anzichรฉ arredare quella in cui deve andare! Non sarebbe da stolto? Ora noi siamo tutti degli โsfrattatiโ in questo mondo e somigliamo a quellโuomo stolto se pensiamo solo ad abbellire la nostra casa terrena, senza preoccuparci di fare opere buone che ci seguiranno dopo la morte.
Lโaffievolirsi dellโidea di eternitร agisce sui credenti, diminuendo in essi la capacitร di affrontare con coraggio la sofferenza e le prove della vita. Dobbiamo ritrovare un poโ della fede di san Bernardo e di santโIgnazio di Loyola. In ogni situazione e davanti a ogni ostacolo, essi dicevano a se stessi: โQuid hoc ad aeternitatem?โ, che รจ questo di fronte allโeternitร ?
Pensiamo a un uomo con una bilancia in mano: una di quelle bilance (si chiamano stadere) che si reggono con una sola mano e hanno da un lato il piatto su cui mettere le cose da pesare e dallโaltro una barra graduata che regge il peso o la misura. Se cade a terra, o si smarrisce la misura, tutto quello che si mette sul piatto fa sollevare in alto la barra e fa inclinare a terra la bilancia. Tutto ha il sopravvento, anche un pugno di piume..
Cosรฌ siamo noi quando smarriamo la misura di tutto che รจ lโeternitร : le cose e le sofferenze terrene gettano facilmente la nostra anima a terra. Tutto ci sembra troppo pesante, eccessivo. Gesรน diceva: โSe la tua mano ti รจ di ostacolo, tagliala; se il tuo occhio ti รจ di ostacolo, cavalo; รจ meglio entrare nella vita con una mano sola o con un occhio solo, anzichรฉ con tutti e due essere gettato nel fuoco eternoโ (cfr. Mt 18,8-9). Ma noi, avendo perso di vista lโeternitร , troviamo giร eccessivo che ci si chieda di chiudere gli occhi davanti a uno spettacolo immorale, o di portare in silenzio una piccola croce.
San Paolo osa scrivere: โIl momentaneo, leggero peso della nostra sofferenza ci procura una quantitร smisurata ed eterna di gloria, giacchรฉ noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili. Le cose visibili sono dโun momento, quelle invisibili eterneโ (2Cor 4,17-18). Il peso della tribolazione รจ โleggeroโ proprio perchรฉ momentaneo, quello della gloria รจ smisurato proprio perchรฉ eterno. Per questo lo stesso Apostolo puรฒ dire: โPenso che le sofferenze del tempo presente non hanno un valore proporzionato alla gloria che si manifesterร in noiโ (Rm 8,18).
Molti si chiedono: โIn che consisterร la vita eterna e che faremo tutto il tempo in cielo?โ La risposta รจ nelle parole apofatiche dellโApostolo: โOcchio non vide, orecchio non udรฌ, nรฉ mai entrรฒ in cuore di uomo quello che Dio tiene preparato per coloro che lo amanoโ (cf. 1 Cor 2,9). Se รจ necessario balbettare qualche cosa, diremo che vivremo immersi nellโoceano senza rive e senza fondo dellโamore trinitario. โMa non ci annoieremo?โ Domandiamo a dei veri innamorati se si annoiano al culmine del loro amore e se non vorrebbero piuttosto che quellโistante durasse in eterno
Eternitร : una speranza e una presenza
Prima di concludere dobbiamo dissipare un dubbio che pesa sulla credenza nella vita eterna. Per il credente, lโeternitร non รจ solo una promessa e una speranza, o, come pensava Carlo Marx, un riversare in cielo le attese deluse della terra. Essa รจ anche una presenza e una esperienza. In Cristo ยซla vita eterna che era presso il Padre si รจ fatta visibile ยป. Noi โ dice Giovanni โ lโabbiamo udita, vista con i nostri occhi, contemplata, toccata (cfr. 1Gv 1,1~3).
Con Cristo, Verbo incarnato, lโeternitร ha fatto irruzione nel tempo. Ne facciamo lโesperienza ogni volta che facciamo un vero atto di fede in Cristo, perchรฉ chi crede in lui possiede giร la vita eterna (cfr. 1Gv 5,13); ogni volta che riceviamo la comunione, perchรฉ in essa โci viene dato il pegno della gloria futuraโ; ogni volta che ascoltiamo le parole del Vangelo, che sono โparole di vita eternaโ (cfr. Gv 6,68). San Tommaso dโAquino dice che โla grazia รจ lโinizio della gloriaโ .
Questa presenza dellโeternitร nel tempo si chiama lo Spirito Santo. Egli รจ definito โla caparra della nostra ereditร โ (Ef 1,14; 2Cor 5,5), e ci รจ stato donato perchรฉ, avendo ricevuto le primizie, noi aneliamo alla pienezza. โCristo โ scrive santโAgostino โ ci ha dato la caparra dello Spirito Santo con la quale lui, che comunque non ci potrebbe ingannare, ha voluto renderci sicuri del compimento della sua promessa. Che cosa ha promesso? Ha promesso la vita eterna di cui รจ caparra lo Spirito che ci ha datoโ .
Tra la vita di fede nel tempo e la vita eterna cโรจ un rapporto analogo a quello che esiste tra la vita dellโembrione nel seno materno e quella del bambino venuto alla luce. Scrive il grande teologo medievale bizantino Nicola Cabasilas:
Questo mondo porta in gestazione lโuomo interiore, nuovo, creato secondo Dio, finchรฉ egli, qui plasmato, modellato e divenuto perfetto, non sia generato a quel mondo perfetto che non invecchia. Al modo dellโembrione che, mentre รจ nellโesistenza tenebrosa e fluida, la natura prepara alla vita nella luce cosรฌ รจ dei santi [โฆ]. Per lโembrione tuttavia la vita futura รจ assolutamente futura: non giunge a lui nessun raggio di luce, nulla di ciรฒ che รจ di questa vita. Non cosรฌ per noi, dal momento che il secolo futuro รจ stato come riversato e commisto a questo presente [โฆ]. Perciรฒ giร ora รจ concesso ai santi non solo di disporsi e prepararsi alla vita, ma di vivere e di operare in essa .
Esiste una storiella che illustra questo paragone della gestazione e della nascita e mi permetto di raccontarlo nella sua semplicitร .
Cโerano due gemellini, un maschietto e una femminuccia, cosรฌ intelligenti e precoci che, ancora nel grembo della madre, parlavano giร tra di loro. La bambina domandava al fratellino: โSecondo te, ci sarร una vita dopo la nascita?โ. Lui rispondeva: โNon essere ridicola. Che cosa ti fa pensare che ci sia qualcosa al di fuori di questo spazio angusto e buio nel quale ci troviamo?โ. La bimba, facendosi coraggio: โChissร , forse esiste una madre, qualcuno insomma che ci ha messi qui e che si prenderร cura di noiโ. E lui: โVedi forse una madre tu da qualche parte? Quello che vedi รจ tutto quello che cโรจโ. Lei di nuovo: โMa non senti anche tu a volte come una pressione sul petto che aumenta di giorno in giorno e ci spinge in avanti?โ. โA pensarci bene โ rispondeva lui โ รจ vero; la sento tutto il tempoโ. โVedi โ concludeva trionfante la sorellina โ questo dolore non puรฒ essere per nulla. Io penso che ci stia preparando per qualcosa di piรน grande di questo piccolo spazioโ.
La Chiesa dovrebbe essere quella bambina che aiuta gli uomini a prendere coscienza di questo loro anelito inconfessato e a volte persino ridicolizzato. Dobbiamo assolutamente smentire anche lโaccusa da cui รจ partito il sospetto moderno contro lโidea della vita eterna: quello secondo cui lโattesa dellโeternitร distoglie dallโimpegno per la terra e dalla cura del creato. Prima che le societร moderne si assumessero esse stesse il compito di promuovere la salute e la cultura, di migliorare le coltivazioni della terra e le condizioni di vita della gente, chi ha portato avanti questi compiti piรน e meglio dei monaci che vivevano di fede nella vita eterna?
Pochi sanno che il Cantico delle creature di Francesco dโAssisi รจ nato da un sussulto di fede nella vita eterna. Cosรฌ le fonti francescane descrivono la genesi del cantico. Una notte che Francesco era particolarmente sofferente per le sue numerose e dolorosissime infermitร , disse in cuor suo: โSignore, vieni in soccorso alle mie infermitร , affinchรฉ io possa sopportarle con pazienza! โ. E subito gli fu detto in spirito: โ Francesco, dimmi: se uno, in compenso delle tue malattie e sofferenze, ti donasse un grande prezioso tesoro, non considereresti tu come un niente, a paragone di tale tesoro, la terra e le pietre e le acque? Non ne saresti molto felice? โ. Rispose Francesco: โSignore, questo sarebbe un tesoro veramente grande e incomparabile, prezioso e amabile e desiderabile โ. La voce concluse: โ Allora, sii felice ed esultante nelle tue infermitร e tribolazioni; dโora in poi vivi nella serenitร , come se tu fossi giร nel mio Regno โ.
Alzandosi al mattino, Francesco disse ai suoi compagni: โIo devo molto godere adesso in mezzo ai miei mali e dolori, e render grazie sempre a Dio per la grazia e benedizione cosรฌ grande che mi รจ stata elargita. Egli infatti si รจ degnato nella sua misericordia di donare a me, suo piccolo servo indegno ancora vivente quaggiรน, la certezza di possedere il suo Regno eterno. Voglio quindi, a lode di Lui e a mia consolazione e per edificazione del prossimo, comporre una nuova Lauda del Signore per le sue creature. Ogni giorno usiamo delle creature e senza di loro non possiamo vivere. E ogni giorno ci mostriamo ingrati per questo grande beneficio, e non ne diamo lode, come dovremmo, al nostro Creatore โ. E postosi a sedere, si concentrรฒ a riflettere, e poi disse: โ Altissimo, onnipotente, bon Segnoreโฆ โ. Il pensiero della vita eterna non gli aveva ispirato il disprezzo di questo mondo e delle creature, ma un entusiasmo e una gratitudine ancora piรน grande per essi e gli aveva reso piรน sopportabile il dolore presente.
La nostra meditazione odierna sullโeternitร non ci esime certo dallo sperimentare con tutti gli altri abitanti della terra la durezza della prova che stiamo vivendo; dovrebbe perรฒ almeno aiutare noi credenti a non essere sopraffatti da essa e ad essere capaci di infondere coraggio e speranza anche in chi non ha il conforto della fede. Terminiamo con una bella preghiera della la liturgia:
O Dio, che unisci in un solo volere le menti dei fedeli, concedi al tuo popolo di amare ciรฒ che comandi e desiderare ciรฒ che prometti, perchรฉ fra le vicende del mondo lร siano fissi i nostri cuori dove รจ la vera gioia. Per Cristo, nostro Signore.
1.S. Agostino, Trattati su Giovanni 55, 1 (CCL 36, pp. 463 s.).
2.Cf. G.W.F. Hegel, Frรผhe Schriften, 1, in Gesammelte Werke, 1, Amburgo 1989, p. 372.
3.S. Kierkegaard, Postilla conclusiva, Sez. II, cap. 4 (in Opere, a cura di C. Fabro, Firenze 1972, p. 458).
4.Paradiso, XXII, 151.
5.Miguel de Unamuno, โCartas inรฉditas de Miguel de Unamuno y Pedro Jimรฉnez Ilundainโ, a cura di H. Benรญtez, Revista de la Universidad de Buenos Aires 3 (9/1949) 135.150.
6.S. Agostino, Trattati sul Vangelo di Giovanni, 45, 2 (PL 35, 1720).
7.A. Fogazzaro, โA Seraโ, in Le poesie, Mondadori, Milano 1935, 194-197.
8.S. Tommaso dโAquino, Somma teologica, II-II, q. 24, a. 3, ad 2.
9.S. Agostino, Sermo 378, 1 (PL 39, 1673).
10.N. Cabasilas, Vita in Cristo, I, 1-2, a cura di U. Neri, UTET, Torino 1971, 65-67.
11.Legenda Perugina 43 (Fonti Francescane, 1591-1592)
12.Orazione XXI Domenica del Tempo Ordinario.
