Lโavvento รจ il tempo dellโattesa di un Dio che si fa uomo, che si fa cosรฌ piccolo da essere accolto solo dai piccoli e dai poveri. Il tempo presente si gioca tutto nellโaccoglienza di questo Dio che, dopo essere entrato nella storia piรน di 2000 anni fa, continua a venire sulle strade del mondo in ogni uomo, donna, bambino.
Lโha detto Lui stesso: โchi accoglierร un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie meโ. (Mt 18,5). Si รจ identificato e chiede di essere riconosciuto in un bambino! Sta a dire nel piรน piccolo, quello che non conta. โBambinoโ รจ sinonimo di ogni povero, emarginato, straniero, rifiutato, โscartatoโ, per usare il linguaggio di Papa Francesco, che รจ anche il linguaggio del Vangelo. Gesรน stesso infatti si รจ riconosciuto in quella โpietra scartataโ dai costruttori che รจ divenuta testata dโangolo (cfr Mc, 12,10); รจ apparso come straniero tra i suoi, considerato come una presenza estranea, pericolosa, da eliminare a causa del suo insegnamento e dei suoi gesti di accoglienza nei confronti di coloro che erano ai margini della vita sociale e religiosa.
Il pensiero va immediatamente alla sfida enorme che ci viene dallโemergenza โimmigrazioneโ, che ci mette in crisi come singoli e come comunitร umana. Siamo messi in questione innanzitutto come uomini, perchรฉ lโaltro da accogliere รจ uguale a noi in dignitร e diritti. Come discepoli di Gesรน non possiamo evitare di chiederci da che parte stiamo noi, in questo mondo in cui sono tuttโaltre le voci che gridano piรน forte sullโonda della paura, del sospetto, del pregiudizio, del rifiuto, in cui ci si ostina a costruire muri anzichรฉ ponti. Ma perchรฉ รจ tanto difficile aprire la mente, il cuore, le mani allโaccoglienza e riconoscere in tutte queste persone che fuggono da situazioni di guerra, di ingiustizia, di povertร , degli uomini e delle donne come noi, che hanno lo stesso valore, lo stesso diritto di esistere e di trovare condizioni degne di una vita umana?
Perchรฉ facciamo cosรฌ fatica a riconoscerci fratelli? Siamo caduti nellโillusione che sia lโavere e il perseguimento del proprio benessere e sicurezza personale a scapito degli altri e del bene comune, a salvarci e a dare senso alla nostra esistenza. Cosรฌ ci sentiamo minacciati ogni volta che qualcuno viene a chiederci di sedersi alla nostra mensa, di condividere con lui il pane della fraternitร universale; abbiamo paura che ci porti via qualcosa, che diminuisca le nostre possibilitร di vita.
Eโ un individualismo che ci toglie il respiro e uccide la speranza di un futuro migliore per lโumanitร , ci rende ciechi anche di fronte alle nuove opportunitร che, attraverso queste sfide, la storia ci apre davanti. Per noi cristiani questo Avvento รจ il tempo propizio per misurarci proprio sugli atteggiamenti dellโaccoglienza e dellโapertura verso chi รจ piรน nel bisogno. Tutta lโumanitร vive la grande attesa di una salvezza che risponda alle aspirazioni piรน profonde del cuore umano, dei singoli, dei popoli, dellโintero creato.
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Gesรน ci indica una strada percorribile da tutti: quella del riconoscerci e accoglierci come fratelli. Ma bisogna scendere dal โtronoโ del nostro egoismo e farci piccoli. E accogliendo i piรน piccoli dei nostri fratelli ci capiterร di incontrare Lui, il vero โatteso delle gentiโ.
A cura di Anna Maria Menin, secolare Comboniana
