Alle ore 9 di questa mattina, nella Cappellaย Redemptoris Mater, il Predicatore della Casa Pontificia, Rev.do P. Raniero Cantalamessa, O.F.M. Cap., ha tenuto la quinta e ultima Predica di Quaresima.
Tema delle meditazioni quaresimali รจ il seguente: โIn te ipsum rediโ Rientra in te stessoย (SantโAgostino).
Giovanni e Paolo: due sguardi diversi sul mistero
Nel Nuovo Testamento e nella storia della teologia ci sono cose che non si capiscono se non si tiene conto di un dato fondamentale, e cioรจ dellโesistenza di due approcci diversi, anche se complementari, al mistero di Cristo: quello di Paolo e quello di Giovanni.
Giovanni vede il mistero di Cristo a partire dallโincarnazione. Gesรบ, Verbo fatto carne, รจ per lui il supremo rivelatore del Dio vivente, colui fuori del quale nessuno โva al Padreโ. La salvezza consiste nel riconoscere che Gesรน โรจ venuto nella carneโ (2 Gv 7) e nel credere che egli โรจ il Figlio di Dioโ (1 Gv 5,5); โChi ha il Figlio, ha la vita; chi non ha il Figlio, non ha la vitaโ (1 Gv 5,12). Al centro di tutto, come si vede, sta โla personaโ di Gesรน uomo-Dio.
La peculiaritร di questa visione giovannea salta agli occhi se la confrontiamo con quella di Paolo. Per Paolo, al centro dellโattenzione non cโรจ tanto la persona di Cristo, intesa come realtร ontologica, cโรจ piuttosto lโoperato di Cristo, e cioรจ il suo mistero pasquale di morte e risurrezione. La salvezza non sta tanto nel credere che Gesรบ รจ il Figlio di Dio venuto nella carne, quanto nel credere in Gesรบ โmorto per i nostri peccati ed รจ risorto per la nostra giustificazioneโ (cf. Rom 4, 25). Lโevento centrale non รจ lโincarnazione, ma il mistero pasquale.
Sarebbe un errore fatale vedere in ciรฒ una dicotomia nellโorigine stessa del cristianesimo. Chiunque legge senza pregiudizi il Nuovo Testamento capisce che in Giovanni lโincarnazione รจ in vista del mistero pasquale, quando Gesรน finalmente effonderร il suo Spirito sullโumanitร (Gv 7, 39), e capisce che per Paolo il mistero pasquale suppone e si fonda sullโincarnazione. Colui che si รจ fatto obbediente fino alla morte e alla morte di croce, รจ uno che โera nella forma di Dioโ, uguale a Dio (cf. Fil 2, 5 ss). Le formule trinitarie in cui Gesรบ Cristo รจ menzionato insieme al Padre e allo Spirito Santo, sono una conferma che per Paolo lโoperato di Cristo prende senso dalla sua persona.
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La diversa accentuazione dei due poli del mistero riflette il cammino storico che la fede in Cristo ha fatto dopo la Pasqua. Giovanni riflette la fase piรน avanzata della fede in Cristo, quella che si ha alla fine, non allโinizio, della redazione degli scritti neotestamentari. Egli รจ al termine di un processo di risalita alle sorgenti del mistero di Cristo. Lo si nota osservando da dove iniziano i quattro vangeli. Marco inizia il suo vangelo dal battesimo di Gesรบ nel Giordano; Matteo e Luca, venuti dopo, fanno un passo indietro e fanno iniziare la storia di Gesรบ dalla sua nascita da Maria; Giovanni, che scrive per ultimo, fa un salto decisivo allโindietro e colloca lโinizio della vicenda di Cristo non piรน nel tempo ma nellโeternitร : โIn principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il verbo era Dioโ (Gv 1, 1).
Il motivo di questo spostamento di interesse รจ ben noto. La fede nel frattempo รจ entrata in contatto con la cultura greca e questa รจ piรน interessata alla dimensione ontologica che a quella storica. Quello che conta per essa non รจ tanto lo svolgimento dei fatti, quanto il loro fondamento (la archรจ). A questo fattore ambientale si aggiungevano le prime avvisaglie dellโeresia docetista che metteva in questione la realtร dellโincarnazione. Il dogma cristologico delle due nature e dellโunitร della persona di Cristo sarร quasi interamente fondato sulla prospettiva giovannea del Logos fatto carne.
ร importante tener conto di ciรฒ per capire la differenza e la complementarietร tra teologia orientale e la teologia occidentale. Le due prospettive, la paolina e la giovannea, pur fondendosi insieme (come avviene nel Credo Niceno-Costantinopolitano), conservano la loro diversa accentuazione, come due fiumi che, confluendo uno nellโaltro, conservano per lungo tratto il diverso colore delle loro acque. La teologia e la spiritualitร ortodossa si fonda prevalentemente su Giovanni; quella occidentale (la protestante piรน ancora di quella cattolica) si fonda prevalentemente su Paolo. Allโinterno della stessa tradizione greca, la scuola alessandrina รจ piรน giovannea, quella antiochena piรน paolina. Lโuna fa consistere la salvezza nella divinizzazione, lโaltra nellโimitazione di Cristo.
La croce, sapienza di Dio e potenza di Dio
Ora vorrei mostrare cosa tutto questo comporta per la nostra ricerca del volto del Dio vivente. Al termine delle meditazioni di Avvento ho parlato del Cristo di Giovanni che, nel momento stesso in cui si fa carne, introduce nel mondo la vita eterna. Al termine di queste meditazioni di Quaresima, vorrei parlare del Cristo di Paolo che sulla croce cambia il destino dellโumanitร . Ascoltiamo subito il testo dove appare piรน chiara la prospettiva paolina sulla quale vogliamo riflettere:
โPoichรฉ infatti, nel disegno sapiente di Dio, il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, รจ piaciuto a Dio salvare i credenti con la stoltezza della predicazione. Mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo รจ potenza di Dio e sapienza di Dio. Infatti ciรฒ che รจ stoltezza di Dio รจ piรน sapiente degli uomini, e ciรฒ che รจ debolezza di Dio รจ piรน forte degli uominiโ (1 Cor 1, 21-25).
LโApostolo parla di una novitร nellโagire di Dio, quasi un cambio di passo e di metodo. Il mondo non ha saputo riconoscere Dio nello splendore e nella sapienza del creato; allora egli decide di rivelarsi in modo opposto, attraverso lโimpotenza e la stoltezza della croce. Non si puรฒ leggere questa affermazione di Paolo senza ricordare il detto di Gesรบ: โTi rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perchรฉ hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoliโ (Mt 11, 25).
Come interpretare questo rovesciamento di valori? Lutero parlava di un rivelarsi di Dio โsub contraria specieโ, cioรจ attraverso il contrario di quello che ci si aspetterebbe da lui. Egli รจ potenza e si rivela nellโimpotenza, รจ sapienza รจ si rivela nella stoltezza, รจ gloria e si rivela nellโignominia, รจ ricchezza e si rivela nella povertร .
La teologia dialettica della prima metร del secolo scorso ha portato questa visione alle sue estreme conseguenze. Tra il primo e il secondo modo di manifestarsi di Dio non cโรจ, secondo Karl Barth, continuitร , ma rottura. Non si tratta di una successione soltanto temporale, come tra Antico e Nuovo Testamento, ma di una opposizione ontologica. In altre parole, la grazia non costruisce sulla natura, ma contro di essa; tocca il mondo โcome la tangente il cerchioโ, cioรจ lo sfiora, ma senza penetrarvi dentro come invece fa il lievito con la massa. ร lโunica differenza che, a detta dello stesso Barth, lo tratteneva dal dirsi cattolico; tutte le altre gli parevano, al confronto, di poco conto. Alla analogia entis, egli opponeva lโanalogia fidei, cioรจ alla collaborazione tra natura e grazia, lโopposizione tra la parola di Dio e tutto ciรฒ che appartiene al mondo.
Benedetto XVI, nella sua enciclica โDeus caritas estโ, mostra le conseguenze che questa diversa visione ha a proposito dellโamore. Karl Barth aveva scritto: โDove entra in scena lโamore cristiano, ha inizio immediatamente il conflitto con lโaltro amore [lโamore umano] e questo conflitto non ha piรน fineโ . Benedetto XVI scrive al contrario:
โEros e agape, โ amore ascendente e amore discendente โ non si lasciano mai separare completamente lโuno dallโaltro [โฆ]. La fede biblica non costruisce un mondo parallelo o un mondo contrapposto rispetto a quellโoriginario fenomeno umano che รจ lโamore, ma accetta tutto lโuomo intervenendo nella sua ricerca di amore per purificarla, dischiudendogli al contempo nuove dimensioniโ .
Lโopposizione radicale tra natura e grazia, tra creazione e redenzione, venne attenuandosi negli scritti posteriori dello stesso Barth e ora non trova quasi piรน sostenitori. Possiamo perciรฒ accostarci con piรน serenitร alla pagina dellโApostolo per capire in che consiste veramente la novitร della croce di Cristo.
Sulla croce Dio si รจ manifestato, sรฌ, โsotto il suo contrarioโ, ma sotto il contrario di quello che gli uomini hanno sempre pensato di Dio, non di quello che Dio รจ veramente. Dio รจ amore e sulla croce si รจ avuta la suprema manifestazione dellโamore di Dio per gli uomini. In un certo senso, solo ora, sulla croce, Dio si rivela โnella propria specieโ, in ciรฒ che gli รจ proprio. Il testo di Prima Corinzi sul significato della croce di Cristo va letto alla luce di un altro testo di Paolo nella Lettera ai Romani:
โQuando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morรฌ per gli empi. Ora, a stento qualcuno รจ disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo รจ morto per noiโ (Rom 5, 6-8).
Il teologo medievale bizantino Nicola Cabasilas (1322-1392) ci fornisce la chiave migliore per capire in che consiste la novitร della croce di Cristo. Scrive:
โDue caratteristiche rivelano lโamante e lo fanno trionfare: la prima consiste nel fare del bene allโamato in tutto ciรฒ che รจ possibile, la seconda nello scegliere di soffrire per lui e di patire cose terribili, se necessario. Questโultima prova di amore di gran lunga superiore alla prima, non poteva perรฒ convenire a Dio che รจ impassibile ad ogni male [โฆ]. Quindi per darci lโesperienza del suo grande amore e mostrare che ci ama di un amore senza limiti, Dio inventa il suo annientamento, lo realizza e fa in modo di divenire capace di soffrire e di patire cose terribili. Cosรฌ, con tutto quello che sopporta, Dio convince gli uomini del suo straordinario amore per loro e li attira nuovamente a sรฉโ .
Nella creazione Dio ci ha riempito di doni, nella redenzione ha sofferto per noi. Il rapporto tra le due cose รจ quello di un amore di beneficenza che si fa amore di sofferenza.
Ma che cosa รจ avvenuto di tanto importante nella croce di Cristo da farne il momento culminante della rivelazione del Dio vivente della Bibbia? La creatura umana cerca istintivamente Dio nella linea della potenza. Il titolo che segue il nome di Dio รจ quasi sempre โonnipotenteโ. Ed ecco che, aprendo il Vangelo, siamo invitati a contemplare lโimpotenza assoluta di Dio sulla croce. Il Vangelo rivela che la vera onnipotenza รจ la totale impotenza del Calvario. Ci vuole poca potenza per mettersi in mostra, ce ne vuole molta invece per mettersi da parte, per cancellarsi. Il Dio cristiano รจ questa illimitata potenza di nascondimento di sรฉ!
La spiegazione ultima sta dunque nel nesso inscindibile che esiste tra amore e umiltร . โUmiliรฒ se stesso facendosi obbediente fino alla morteโ (Fil 2, 8). Si umiliรฒ facendosi dipendente dallโoggetto del suo amore. Lโamore รจ umile perchรฉ, per sua natura, crea dipendenza. Lo vediamo, nel piccolo, da ciรฒ che succede quando due persone umane si innamorano. Il giovane che, secondo il rituale tradizionale, si inginocchia davanti a una ragazza per chiedere la sua mano fa lโatto piรน radicale di umiltร della sua vita, si fa mendicante. ร come se dicesse: โIo non basto a me stesso, ho bisogno di te per vivereโ. La differenza essenziale รจ che la dipendenza di Dio dalle sue creature nasce unicamente dallโamore che ha per esse, quella delle creature fra di loro nasce dal bisogno che hanno una dellโaltra.
โLa rivelazione di Dio come amore, ha scritto Henri de Lubac, obbliga il mondo a rivedere tutte le sue idee su Dioโ . La teologia e lโesegesi sono ancora lontane, credo, dallโaver tratto da ciรฒ tutte le conseguenze. Una di tali conseguenze รจ questa. Se Gesรน soffre in maniera atroce sulla croce non lo fa principalmente per pagare al posto degli uomini il loro insolvibile debito. (Con la parabola dei due servitori, in Luca 7, 41 ss., egli ha spiegato in anticipo che il debito di diecimila talenti viene condonato dal re gratuitamente!). No, Gesรบ muore crocifisso perchรฉ lโamore di Dio potesse raggiungere lโuomo nel punto piรน remoto nel quale si era cacciato ribellandosi a lui, e cioรจ nella morte. Anche la morte รจ ormai abitata dallโamore di Dio. Nel suo libro su Gesรน di Nazaret, Benedetto XVI, ha scritto:
โLโingiustizia, il male come realtร non puรฒ semplicemente essere ignorato, lasciato stare. Deve essere smaltito, vinto. Questa รจ la vera misericordia. E che ora, poichรฉ gli uomini non ne sono in grado, lo faccia Dio stesso โ questa รจ la bontร incondizionata di Dioโ .
Il motivo tradizionale dellโespiazione dei peccati mantiene, come si vede, tutta la sua validitร , ma non รจ il motivo ultimo. Il motivo ultimo รจ โla bontร incondizionata di Dioโ, il suo amore.
Possiamo individuare tre tappe nel cammino della fede pasquale della Chiesa.
– Allโinizio ci sono soltanto due nudi fatti: โร morto, รจ risortoโ. โVoi lโavete crocifisso, Dio lโha risuscitatoโ, grida alle folle Pietro il giorno di Pentecoste (cf. Atti 2, 23-24).
– In una seconda fase, ci si pone la domanda: โPerchรฉ รจ morto e perchรฉ รจ risorto?โ, e la risposta รจ il kerygma: โร morto per i nostri peccati; รจ risorto per la nostra giustificazioneโ (cf. Rom 4, 25).
– Restava ancora una domanda: โE perchรฉ รจ morto per i nostri peccati? Che cosa lโha spinto a farlo?โ La risposta (unanime, su questo punto, di Paolo e di Giovanni) รจ: โPerchรฉ ci ha amatoโ. โMi ha amato e ha dato se stesso per meโ, scrive Paolo (Gal 2,20); โAvendo amato i suoi che erano nel mondo li amรฒ sino alla fineโ, scrive Giovanni (Gv 13,1).
La nostra risposta
Quale sarร la nostra risposta di fronte al mistero che abbiamo contemplato e che la liturgia ci farร rivivere nella settimana santa? La prima e fondamentale risposta รจ quella della fede. Non una fede qualsiasi, ma la fede mediante la quale ci appropriamo di ciรฒ che Cristo ha acquistato per noi. La fede che โrapisceโ il regno di Dio (Mt 11,12). LโApostolo conclude il testo da cui siamo partiti con queste parole:
โCristo Gesรบ [โฆ] per noi รจ diventato sapienza per opera di Dio, giustizia, santificazione e redenzione, perchรฉ, come sta scritto, chi si vanta, si vanti nel Signoreโ (1 Cor 1, 30-31).
Quello che Cristo รจ diventato โper noiโ โ giustizia, santitร e redenzione โ ci appartiene; รจ piรน nostro che se lo avessimo fatto noi! Io non mi stanco di ripetere, a questo riguardo, ciรฒ che ha scritto san Bernardo:
โIo, in veritร , prendo con fiducia per me (usurpo!) ciรฒ che mi manca dalle viscere del Signore, perchรฉ esse traboccano di misericordia. [โฆ] Il mio merito, pertanto, รจ la misericordia del Signore. Non sarรฒ sicuramente privo di merito fino a quando il Signore non sarร privo di misericordia. Se le misericordie del Signore sono molte, anchโio sono molto grande per quanto riguarda i meriti [โฆ] Canterรฒ forse anche la mia giustizia? โSignore, mi ricorderรฒ solo della tua giustiziaโ (cf. Sal 71, 16). Essa, in veritร , รจ anche mia; perchรฉ tu ti sei fatto per me giustizia che viene da Dio (cf. 1 Cor 1, 30)โ .
Non lasciamo passare la Pasqua senza aver fatto, o rinnovato, il colpo di audacia della vita cristiana suggeritoci da san Bernardo. San Paolo esorta spesso i cristiani a โspogliarsi dellโuomo vecchioโ e โrivestirsi di Cristoโ . Lโimmagine dello svestirsi e rivestirsi non indica una operazione soltanto ascetica, consistente nellโabbandonare certi โabitiโ e sostituirli con altri, cioรจ nellโabbandonare i vizi e acquistare le virtรน. ร anzitutto unโoperazione da fare mediante la fede. Uno si mette davanti al crocifisso e, con un atto di fede, consegna a lui tutti i propri peccati, la propria miseria passata e presente, come chi si spoglia e getta nel fuoco i propri stracci sporchi. Poi si riveste della giustizia che Cristo ha acquistato per noi; dice, come il pubblicano nel tempio: โO Dio abbia pietร di me peccatore!, e se ne torna a casa come lui โgiustificatoโ (cf. Lc 18, 13-14). Questo sarebbe davvero un โfare la Pasquaโ, realizzare il santo โpassaggioโ!
Naturalmente non tutto finisce qui. Dalla appropriazione dobbiamo passare alla imitazione. Cristo โfaceva notare il filosofo Kierkegaard ai suoi amici luterani โ non รจ soltanto โil dono di Dio da accettare mediante la fedeโ; รจ anche โil modello da imitare nella vitaโ . Vorrei sottolineare un punto concreto su cui cercare di imitare lโagire di Dio: quello che il Cabasilas ha messo in luce con la distinzione tra lโamore di beneficenza e lโamore di sofferenza.
Nella creazione Dio ha dimostrato il suo amore per noi riempiendoci di doni: la natura con la sua magnificenza fuori di noi, lโintelligenza, la memoria, la libertร e tutti gli altri doni dentro di noi. Ma non gli รจ bastato. In Cristo ha voluto soffrire con noi e per noi. Succede cosรฌ anche nei rapporti delle creature tra di loro. Quando sboccia un amore, si sente subito il bisogno di manifestarlo facendo regali alla persona amata. ร quello che fanno tra di loro i fidanzati. Sappiamo perรฒ come vanno le cose: una volta sposati, emergono i limiti, le difficoltร , le differenze di carattere. Non basta piรน fare regali; per andare avanti e mantenere vivo il proprio matrimonio, occorre imparare a โportare i pesi lโuno dellโaltroโ (cf. Gal 6,2), a soffrire lโuno per lโaltro e lโuno con lโaltro. ร cosรฌ che lโeros, senza venir meno a se stesso, diventa anche agape, amore di donazione e non solo di ricerca. Benedetto XVI, nellโenciclica citata, si esprime cosรฌ:
Anche se lโeros inizialmente รจ soprattutto bramoso, ascendente โ fascinazione per la grande promessa di felicitร โ nellโavvicinarsi poi allโaltro si porrร sempre meno domande su di sรฉ, cercherร sempre di piรน la felicitร dellโaltro, si preoccuperร sempre di piรน di lui, si donerร e desidererร ยซ esserci per ยป lโaltro. Cosรฌ il momento dellโagape si inserisce in esso; altrimenti lโeros decade e perde anche la sua stessa natura. Dโaltra parte, lโuomo non puรฒ neanche vivere esclusivamente nellโamore oblativo, discendente. Non puรฒ sempre soltanto donare, deve anche ricevere. Chi vuol donare amore, deve egli stesso riceverlo in dono.
Lโimitazione dellโagire di Dio non riguarda soltanto il matrimonio e gli sposati; in un senso diverso, riguarda tutti noi, i consacrati prima di ogni altro. Il progresso, nel caso nostro, consiste nel passare dal fare tante cose per Cristo e per la Chiesa, al soffrire per Cristo e per la Chiesa. Succede nella vita religiosa quello che succede nel matrimonio e non cโรจ da stupirsi di ciรฒ, dal momento che รจ anchโessa un matrimonio, uno sposalizio con Cristo.
Una volta Madre Teresa di Calcutta parlava a un gruppo di donne e le esortava a sorridere al proprio marito. Una di loro le obbiettรฒ: โMadre, lei parla cosรฌ perchรฉ non รจ sposata e non conosce mio maritoโ. Lei le rispose: โTi sbagli. Sono sposata anchโio e ti assicuro che a volte non รจ facile neppure per me sorridere al mio Sposoโ. Dopo la sua morte si รจ scoperto a cosa alludeva la santa con quelle parole. In seguito alla chiamata a mettersi a servizio dei piรน poveri dei poveri, lei aveva intrapreso a lavorare con entusiasmo per il suo Sposo divino, mettendo in piedi opere che stupirono il mondo intero.
Ben presto perรฒ la gioia e lโentusiasmo vennero meno, lei piombรฒ in una notte oscura che lโaccompagnรฒ per tutto il resto della vita. Arrivรฒ a dubitare se avesse ancora la fede, tanto che quando, dopo la sua morte, furono pubblicati i suoi diari intimi qualcuno, del tutto ignaro delle cose dello spirito, parlรฒ addirittura di un โateismo di Madre Teresaโ. La santitร straordinaria di Madre Teresa sta nel fatto che visse tutto ciรฒ nel piรน assoluto silenzio con tutti, nascondendo la sua desolazione interiore sotto un sorriso costante del volto. In lei si vede cosa significa passare dal fare le cose per Dio, al soffrire per Dio e per la Chiesa.
ร un traguardo assai difficile, ma per fortuna Gesรบ sulla croce non ci ha dato solo lโesempio di questo genere nuovo di amore; ci ha meritato anche la grazia di farlo nostro, di appropriarcene mediante la fede e i sacramenti. Erompa perciรฒ dal nostro cuore, durante la Settimana Santa, il grido della Chiesa: โAdoramus te, Christe, et benedicimus tibi, quia per sanctam crucem tuam redemisti mundumโ. Ti adoriamo e ti benediciamo, o Cristo, perchรฉ con la tua santa croce hai redento il mondo.
Santo Padre, Venerabili Padri, fratelli e sorelle: Buona e santa Pasqua!
1.Cf. Martin Lutero, De servo arbitrio, in WA, 18, 633; cf. anche WA, 56, pp. 392. 446-447.
2.Karl Barth, Dommatica ecclesiale, IV, 2, 832-852. Lโincompatibilitร tra amore umano e amore divino รจ la tesi di Anders Nygren, Eros e agape. La nozione cristiana dellโamore e le sue trasformazioni, Bologna, Il Mulino, 1971(Edizione originale svedese, Stoccolma 1930).
3.Benedetto XVI, Deus caritas est, nr. 7-8.
4.Nicola Cabasilas, Vita in Cristo, VI, 2 (PG 150, 645)
5. H. de Lubac, Histoire et esprit, Paris 1950, ch.5.
6.Cf. J. Ratzinger โ Benedetto XVI, Gesรน di Nazaret, II Parte, Libreria Editrice Vaticana 2011, pp. 151.
7.S. Bernardo di Chiaravalle, Sermoni sul Cantico, 61, 4-5 (PL 183, 1072).
8.Cf. Col 3,9; Rom 13,14; Gal 3,27; Ef 4,24.
9.Cf. Sรธren Kierkegaard, Diario, X1, A, 154 (Anno 1849).
