Papa Francesco a Panama: Incontro con i Vescovi centroamericani

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INCONTRO CON I VESCOVI CENTROAMERICANI (SEDAC)

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Chiesa di S. Francisco de Asis (Panama)
Giovedรฌ, 24 gennaio 2019

Cari Fratelli!

Ringrazio Mons. Josรฉ Luis Escobar Alas, Arcivescovo di San Salvador, per le parole di benvenuto che mi ha rivolto a nome di tutti. Incontro qui degli amici di gioventรน: questo รจ molto belloโ€ฆ Sono felice di potervi incontrare e condividere in modo piรน familiare e diretto i vostri desideri, progetti e sogni di Pastori ai quali il Signore ha affidato la cura del suo popolo santo. Grazie per l’accoglienza fraterna.

Potermi incontrare con voi significa anche โ€œregalarmiโ€ lโ€™opportunitร  di abbracciare e sentirmi piรน vicino alla vostra gente, fare miei i loro desideri, anche il loro scoraggiamento e, soprattutto, quella fede coraggiosa che sa animare la speranza e smuovere la caritร . Grazie per avermi permesso di avvicinarmi alla fede provata ma semplice del volto povero della vostra gente che sa che ยซDio รจ presente, non dorme, รจ attivo, osserva e aiutaยป (S. Oscar Romero, Omelia, 16 dicembre 1979).

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Questo incontro ci ricorda un evento ecclesiale di grande rilevanza. I Pastori di questa regione furono i primi a creare in America un organismo di comunione e partecipazione che ha dato – e continua a dare – frutti abbondanti. Mi riferisco al Segretariato Episcopale dellโ€™America Centrale (SEDAC). Uno spazio di comunione, di discernimento e di impegno che nutre, rivitalizza e arricchisce le vostre Chiese. Pastori che hanno saputo fare passi avanti e dare un segnale che, lungi dallโ€™essere solo un elemento programmatico, ha indicato come il futuro dellโ€™America Centrale โ€“ e di qualunque altra regione del mondo โ€“ passa necessariamente attraverso la luciditร  e la capacitร  di ampliare la visione, di unire gli sforzi in un lavoro paziente e generoso di ascolto, comprensione, dedizione e impegno, e di poter cosรฌ discernere i nuovi orizzonti verso i quali lo Spirito ci sta conducendo (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 235).[1]

In questi 75 anni dalla sua fondazione, il SEDAC ha cercato di condividere le gioie e le tristezze, le lotte e le speranze dei popoli dellโ€™America Centrale, la cui storia รจ stata intrecciata e forgiata con la storia della vostra gente. Molti uomini e donne, sacerdoti, consacrati, consacrate e laici hanno offerto la vita fino a spargere il loro sangue per mantenere viva la voce profetica della Chiesa di fronte allโ€™ingiustizia, allโ€™impoverimento di tante persone e allโ€™abuso di potere. Ricordo che, quando ero giovane sacerdote, il nome di alcuni di voi era considerato una brutta parola, e la vostra costanza ha indicato la strada: grazie. Essi ci ricordano che ยซchi desidera veramente dare gloria a Dio con la propria vita, chi realmente anela a santificarsi perchรฉ la sua esistenza glorifichi il Santo, รจ chiamato a tormentarsi, spendersi e stancarsi cercando di vivere le opere di misericordiaยป (Esort. ap. Gaudete et exsultate, 107). E questo, non come elemosina ma come vocazione.

Tra i frutti profetici della Chiesa in America Centrale sono lieto di evidenziare la figura di Santโ€™Oscar Romero, che ho avuto il privilegio di canonizzare di recente nel contesto del Sinodo dei Vescovi sui giovani. La sua vita e il suo insegnamento sono fonte di ispirazione per le nostre Chiese e, in modo particolare, per noi Vescovi. Anche il suo nome venne considerato una brutta parola: sospettato, scomunicato nelle chiacchiere private di tanti vescovi.

Il motto che ha scelto per il suo stemma episcopale e che sormonta la sua tomba esprime chiaramente il suo principio ispiratore e ciรฒ che รจ stata la sua vita di Pastore: โ€œSentire con la Chiesaโ€. Bussola che ha segnato la sua vita nella fedeltร , anche nei momenti piรน turbolenti.

Questa รจ unโ€™ereditร  che puรฒ diventare una testimonianza attiva e vivificante per noi, chiamati a nostra volta alla dedizione martiriale nel servizio quotidiano alla nostra gente; e su questa ereditร  vorrei basarmi per questa riflessione: โ€œsentire con la Chiesaโ€. La riflessione che voglio condividere con voi, sulla figura di Romero. So che tra noi ci sono persone che lo hanno conosciuto in prima persona โ€” come il Cardinale Rosa Chรกvezโ€ฆ Il cardinale Quarracino diceva che era candidato al Premio Nobel per la fedeltร ! E quindi, Eminenza, se pensa che io mi sbagli in qualche osservazione mi puรฒ correggere, non cโ€™รจ problema. Appellarsi alla figura di Romero significa appellarsi alla santitร  e al carattere profetico che vive nel DNA delle vostre Chiese particolari.

Sentire con la Chiesa

1. Riconoscenza e gratitudine

Quando S. Ignazio propone le regole per sentire con la Chiesa โ€“ scusate la pubblicitร  โ€“ cerca di aiutare lโ€™esercitante a superare qualsiasi tipo di false dicotomie o antagonismi che possano ridurre la vita dello Spirito alla abituale tentazione di adattare la Parola di Dio al proprio interesse. Cosรฌ permette allโ€™esercitante la grazia di sentirsi e sapersi parte di un corpo apostolico piรน grande di lui e, nello stesso tempo, con la consapevolezza reale delle sue forze e delle sue possibilitร : nรฉ debole nรฉ selettivo o temerario. Sentirsi parte di un tutto, che sarร  sempre piรน della somma delle parti (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 235) e che รจ accompagnato da una Presenza che sempre lo supererร  (cfr Esort. ap. Gaudete et exsultate, 8).

Quindi vorrei concentrare questo primo โ€œSentire con la Chiesaโ€, ricevuto da Santโ€™Oscar, come ringraziamento, ossia gratitudine per il tanto bene ricevuto e non meritato. Romero ha potuto sintonizzarsi e imparare a vivere la Chiesa perchรฉ amava intimamente chi lo aveva generato nella fede. Senza questo amore intimo sarร  molto difficile comprendere la sua storia e la sua conversione, poichรฉ รจ stato questo medesimo amore a guidarlo fino a donarsi nel martirio; quellโ€™amore che nasce dallโ€™accogliere un dono totalmente gratuito, che non ci appartiene e che ci libera da ogni pretesa e tentazione di crederci i suoi proprietari o gli unici interpreti. Non abbiamo inventato la Chiesa, non รจ nata con noi e andrร  avanti senza di noi. Tale atteggiamento, lungi dallโ€™abbandonarci allโ€™apatia, suscita unโ€™insondabile e inimmaginabile gratitudine che dร  nutrimento a tutto. Il martirio non รจ sinonimo di pusillanimitร  o l’atteggiamento di qualcuno che non ama la vita e non sa riconosce il suo valore. Al contrario, il martire รจ colui che รจ in grado di incarnare e tradurre in vita questo rendimento di grazie.

Romero ha sentito con la Chiesa perchรฉ, prima di tutto, ha amato la Chiesa come madre che lo ha generato nella fede e si รจ sentito membro e parte di essa.

2. Un amore che sa di popolo

Questo amore, fatto di adesione e gratitudine, lo ha portato ad abbracciare con passione, ma anche con dedizione e studio, tutto lโ€™apporto e il rinnovamento magisteriale che il Concilio Vaticano II proponeva. Lรฌ trovava la mano sicura per seguire Cristo. Non รจ stato ideologo nรฉ ideologico; la sua azione รจ nata da una compenetrazione con i documenti conciliari. Illuminato da questo orizzonte ecclesiale, sentire con la Chiesa significa per Romero contemplarla come Popolo di Dio. Perchรฉ il Signore non ha voluto salvarci ciascuno isolato e separato, ma ha voluto costituire un popolo che lo confessasse nella veritร  e lo servisse nella santitร  (cfr Cost. dogm. Lumen gentium, 9). Un Popolo intero che possiede, custodisce e celebra lโ€™ โ€œunzione del Santoโ€ (ibid., 12) e davanti al quale Romero si poneva in ascolto per non rifiutare la sua ispirazione (cfr S. Oscar Romero, Omelia, 16 luglio 1978). Cosรฌ ci mostra che il Pastore, per cercare e incontrare il Signore, deve imparare e ascoltare il battito del cuore del suo popolo, sentire lโ€™ โ€œodoreโ€ degli uomini e delle donne di oggi fino a rimanere impregnato delle sue gioie e speranze, delle sue tristezze e angosce (cfr Cost. past. Gaudium et spes, 1) e cosรฌ comprendere in profonditร  la Parola di Dio (cfr Cost. dogm. Dei Verbum, 13). Ascolto del popolo a lui affidato, fino a respirare e scoprire per mezzo di esso la volontร  di Dio che ci chiama (cfr Discorso nella veglia in preparazione al Sinodo sulla famiglia, 4 ottobre 2014). Senza dicotomie o falsi antagonismi, perchรฉ solo lโ€™amore di Dio รจ capace di armonizzare tutti i nostri amori in un medesimo sentire e guardare.

Per lui, insomma, sentire con la Chiesa รจ prendere parte alla gloria della Chiesa, che consiste nel portare nel proprio intimo tutta la kenosis di Cristo. Nella Chiesa Cristo vive tra di noi, e perciรฒ essa devโ€™essere umile e povera, perchรฉ una Chiesa arrogante, una chiesa piena di orgoglio, una Chiesa autosufficiente non รจ la Chiesa della kenosis (cfr S. Oscar Romero, Omelia, 1ยฐ ottobre 1978).

3. Portare dentro di sรฉ la kenosis di Cristo

Questa non รจ solo la gloria della Chiesa, ma anche una vocazione, un invito affinchรฉ sia nostra gloria personale e via di santitร . La kenosis di Cristo non รจ una cosa del passato ma una garanzia attuale per sentire e scoprire la sua presenza operante nella storia. Presenza che non possiamo e non vogliamo tacere perchรฉ sappiamo e abbiamo sperimentato che solo Lui รจ โ€œVia, Veritร  e Vitaโ€. La kenosis di Cristo ci ricorda che Dio salva nella storia, nella vita di ogni uomo, che questa รจ anche la sua storia e lรฌ ci viene incontro (cfr Id., Omelia, 7 dicembre 1978). รˆ importante, fratelli, che non abbiamo paura di accostare e toccare le ferite della nostra gente, che sono anche le nostre ferite, e questo farlo nello stile del Signore. Il pastore non puรฒ stare lontano dalla sofferenza del suo popolo; anzi, potremmo dire che il cuore del pastore si misura dalla sua capacitร  di commuoversi di fronte a tante vite ferite e minacciate. Farlo nello stile del Signore significa lasciare che questa sofferenza colpisca e contrassegni le nostre prioritร  e i nostri gusti, colpisca e contrassegni lโ€™uso del tempo e del denaro e anche il modo di pregare, per poter ungere tutto e tutti con la consolazione dellโ€™amicizia di Gesรน in una comunitร  di fede che contenga e apra un orizzonte sempre nuovo che dia senso e speranza alla vita (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 49). La kenosis di Cristo esige di abbandonare la virtualitร  dellโ€™esistenza e dei discorsi per ascoltare il rumore e il richiamo costante di persone reali che ci provocano a creare legami. E, lasciatemelo dire, le reti servono a creare contatti ma non radici, non sono in grado di darci appartenenza, di farci sentire parte di uno stesso popolo. Senza questo sentire, tutto il nostro parlare, riunirci, incontrarci, scrivere sarร  segno di una fede che non ha saputo accompagnare la kenosis del Signore, una fede che รจ rimasta a metร  strada. Ricordo un pensatore latinoamericano [diceva che], peggio ancora, finisce per essere una religione con un Dio senza Cristo, un Cristo senza Chiesa e una Chiesa senza popolo.

La kenosis di Cristo รจ giovane

Questa Giornata Mondiale della Gioventรน รจ unโ€™occasione unica per andare incontro e avvicinarsi ancora di piรน alla realtร  dei nostri giovani, realtร  piena di speranze e desideri, ma anche profondamente segnata da tante ferite. Con loro potremo leggere in modo rinnovato la nostra epoca e riconoscere i segni dei tempi perchรฉ, come hanno affermato i Padri sinodali, i giovani sono uno dei โ€œluoghi teologiciโ€ in cui il Signore ci fa conoscere alcune delle sue aspettative e delle sue sfide per costruire domani (cfr Sinodo sui Giovani, Documento finale, 64). Con loro possiamo vedere meglio come rendere il Vangelo piรน accessibile e credibile nel mondo in cui viviamo; essi sono come un termometro per sapere a che punto siamo come comunitร  e come societร .

Essi portano dentro una inquietudine che dobbiamo apprezzare, rispettare, accompagnare; e quanto bene fa a tutti noi, perchรฉ ci smuove e ci ricorda che il Pastore non smette mai di essere un discepolo ed รจ sempre in cammino. Questa sana inquietudine ci mette in movimento e ci precede. Questo hanno ricordato i Padri sinodali quando hanno detto: ยซI giovani, per certi aspetti, precedono i Pastoriยป (ibid., 66). Il Pastore, rispetto al suo gregge, non sempre cammina davanti: a volte deve andare avanti per indicare la strada; a volte deve stare in mezzo per โ€œfiutareโ€ cosa succede, per capire il gregge; a volte deve stare indietro per proteggere gli ultimi, che nessuno resti indietro e diventi materiale di scarto. A volte deve riempirci di gioia constatare che la semina non รจ andata a vuoto. Molte di quelle aspirazioni e intuizioni dei giovani si sono sviluppate in seno alla famiglia, nutrite da una nonna o da una catechista. Parlando delle nonne, giร  รจ la seconda volta che la vedo: lโ€™ho vista ieri e la vedo oggi, una vecchietta, magrolina, della mia etร  o anche di piรน, con mitra, si era messa una mitra che si era fatta col cartone, e un cartello che diceva: โ€œSantitร , anche le nonne fanno chiassoโ€. Una meraviglia di gente! E i giovani hanno imparato le cose in famiglia o nella parrocchia, nella pastorale educativa o giovanile. Desideri che sono cresciuti nellโ€™ascolto del Vangelo e in comunitร  con fede viva e fervente che trova terra per germogliare. Come non ringraziare di avere giovani desiderosi di Vangelo! Certo che stancano, certo che a volte danno fastidio. Mi viene in mente questa frase che diceva un filosofo greco, la diceva di sรฉ stesso, a proposito dei giovani: โ€œ[I giovani] sono come un tafano sulla groppa di un nobile cavallo, perchรฉ non si addormentiโ€. Il cavallo siamo noi! Questa realtร  ci stimola a un maggiore impegno per aiutarli a crescere offrendo loro spazi maggiori e migliori che li generino al sogno di Dio. La Chiesa per sua natura รจ Madre e come tale genera e incuba la vita proteggendola da tutto ciรฒ che puรฒ minacciare il suo sviluppo. Gestazione nella libertร  e per la libertร . Vi esorto pertanto a promuovere programmi e centri educativi che sappiano accompagnare, sostenere e responsabilizzare i vostri giovani; per favore, โ€œrubateliโ€ alla strada prima che sia la cultura della morte che, โ€œvendendo loro fumoโ€ e soluzioni magiche, catturi e sfrutti la loro inquietudine e la loro immaginazione. E fatelo non con paternalismo, perchรฉ non lo sopportano, non dallโ€™alto in basso, perchรฉ non รจ nemmeno questo che il Signore ci chiede, ma come padri, come fratelli verso fratelli. Essi sono volto di Cristo per noi e a Cristo non possiamo arrivare dallโ€™alto in basso, ma dal basso in altro (cfr S. Oscar Romero, Omelia, 2 settembre 1979).

Sono molti i giovani che purtroppo sono stati sedotti con risposte immediate che ipotecano la vita. E tanti altri ai quali รจ stata data unโ€™illusione di corto respiro in alcuni movimenti, e che poi li rendono o pelagiani o convinti di bastare a sรฉ stessi, e poi li abbandonano a metร  strada. Ci dicevano i Padri sinodali: per costrizione o mancanza di alternative i giovani si trovano immersi in situazioni fortemente conflittuali e senza rapida soluzione: violenza domestica, femminicidio โ€“ che piaga vive il nostro continente in questo! โ€“ bande armate e criminali, traffico di droga, sfruttamento sessuale di minori e non piรน minori, e cosรฌ via; e fa male vedere che, alla base di molte di queste situazioni, ci sono esperienze di orfanezza frutto di una cultura e di una societร  che รจ โ€œimpazzitaโ€ [se fue โ€œdesmadrandoโ€] โ€“ senza madre, li ha resi orfani. Famiglie molto spesso logorate da un sistema economico che non mette al primo posto le persone e il bene comune e che ha fatto della speculazione il suo โ€œparadisoโ€ dove continuare a ingrassare non importa a spese di chi. E cosรฌ i nostri giovani senza il calore di una casa, senza famiglia, senza comunitร , senza appartenenza, sono lasciati in balรฌa del primo truffatore.

Non dimentichiamo che ยซun vero dolore che esce dallโ€™uomo, appartiene anzitutto a Dioยป (G. Bernanos, Diario di un curato di campagna, Milano 1998, 72). Non separiamo ciรฒ che Egli ha voluto unire nel suo Figlio!

Il futuro esige che si rispetti il presente riconoscendo la dignitร  delle culture dei vostri popoli e impegnandosi a valorizzarle. Anche in questo si gioca la dignitร : nellโ€™autostima culturale. La vostra gente non รจ la โ€œserie Bโ€ della societร  e di nessuno. Ha una storia ricca che va accettata, apprezzata e incoraggiata. I semi del Regno sono stati piantati in queste terre. Abbiamo il dovere di riconoscerli, prendercene cura e proteggerli perchรฉ niente di quello che Dio ha piantato di buono si secchi a causa di interessi falsi che diffondono dappertutto la corruzione e crescono spogliando i piรน poveri. Avere cura delle radici รจ tutelare il ricco patrimonio storico, culturale e spirituale che questa terra per secoli ha saputo amalgamare. Impegnatevi e alzate la voce contro la desertificazione culturale, contro la desertificazione spirituale dei vostri popoli, che produce unโ€™indigenza radicale perchรฉ lascia senza quella indispensabile immunitร  vitale che mantiene la dignitร  nei momenti di maggiore difficoltร . E mi congratulo con voi per lโ€™iniziativa di iniziare questa Giornata Mondiale della Gioventรน con la Giornata della gioventรน indigena โ€“ credo nella diocesi di David โ€“ e con la Giornata della gioventรน di origine africana: questo รจ stato un buon passo per mostrare le molte sfaccettature del nostro popolo.

Nellโ€™ultima lettera pastorale, voi affermate: ยซUltimamente la nostra regione รจ stata colpita dalla migrazione fatta in un modo nuovo, essendo di massa e organizzata, e ciรฒ ha messo in evidenza i motivi che causano una migrazione forzata e i pericoli che essa comporta per la dignitร  della persona umanaยป (SEDAC, Messaggio al Popolo di Dio e a tutti gli uomini di buona volontร , 30 novembre 2018).

Molti dei migranti hanno volto giovane, cercano qualcosa di meglio per le loro famiglie, non temono di rischiare e lasciare tutto pur di offrire le condizioni minime che garantiscano un futuro migliore. Su questo non basta solo la denuncia, ma dobbiamo anche annunciare concretamente una โ€œbuona notiziaโ€. La Chiesa, grazie alla sua universalitร , puรฒ offrire quellโ€™ospitalitร  fraterna e accogliente in modo che le comunitร  di origine e quelle di arrivo dialoghino e contribuiscano a superare paure e diffidenze e rafforzino i legami che le migrazioni, nellโ€™immaginario collettivo, minacciano di spezzare. โ€œAccogliere, proteggere, promuovere e integrareโ€ la gente possono essere i quattro verbi con cui la Chiesa, in questa situazione migratoria, coniuga la sua maternitร  nellโ€™oggi della storia (cfr Sinodo sui Giovani, Documento finale, 147). Il vicario generale di Parigi, mons. Benoist de Sinety, ha appena pubblicato un libro che ha come sottotitolo: โ€œAccogliere i migrantiโ€. Un appello al coraggio; รจ una gioia, questo libro. Lui รจ qui, alla Giornata.

Tutti gli sforzi che potrete compiere gettando ponti tra comunitร  ecclesiali, parrocchiali, diocesane, come pure mediante le Conferenze episcopali saranno un gesto profetico della Chiesa che in Cristo รจ ยซsegno e strumento dellโ€™intima unione con Dio e dellโ€™unitร  di tutto il genere umanoยป (Cost. dogm. Lumen gentium, 1). E cosรฌ la tentazione di limitarsi alla mera denuncia svanisce e si attua lโ€™annuncio della Vita nuova che il Signore ci dona.

Ricordiamo lโ€™esortazione di San Giovanni: ยซSe uno ha ricchezze di questo mondo e, vedendo il suo fratello in necessitร , gli chiude il proprio cuore, come rimane in lui lโ€™amore di Dio? Figlioli, non amiamo a parole nรฉ con la lingua, ma con i fatti e nella veritร ยป (1 Gv 3,17-18).

Tutte queste situazioni pongono domande, sono situazioni che ci chiamano alla conversione, alla solidarietร  e a unโ€™azione educativa incisiva nelle nostre comunitร . Non possiamo rimanere indifferenti (cfr Sinodo sui Giovani, Documento finale, 41-44). Il mondo scarta, lo spirito del mondo scarta, lo sappiamo e ne soffriamo; la kenosis di Cristo no, lโ€™abbiamo sperimentato e continuiamo a sperimentarlo nella nostra stessa carne con il perdono e la conversione. Questa tensione ci costringe a chiederci continuamente: da che parte vogliamo stare?

La kenosis di Cristo รจ sacerdotale

Sono ben noti lโ€™amicizia di Mons. Romero con il P. Rutilio Grande e lโ€™impatto che lโ€™assassinio di questโ€™ultimo ebbe sulla sua vita. รˆ stato un avvenimento che ha marchiato a fuoco il suo cuore di uomo, di sacerdote e di pastore. Romero non era un amministratore di risorse umane, non gestiva persone o organizzazioni, Romero sentiva, sentiva con amore di padre, amico e fratello. Una misura un poโ€™ alta, ma una misura utile per valutare il nostro cuore episcopale, una misura davanti alla quale possiamo chiederci: quanto mi tocca la vita dei miei preti? Quanto riesco a lasciarmi colpire da ciรฒ che vivono, dal piangere i loro dolori, dal festeggiare e gioire per le loro gioie? Il funzionalismo ecclesiale e il clericalismo โ€“ cosรฌ tristemente diffuso, che rappresenta una caricatura e una perversione del ministero โ€“ si comincia a misurarlo con queste domande. Non รจ questione di cambiamenti negli stili, nelle maniere o nel linguaggio โ€“ tutte cose certamente importanti โ€“, ma soprattutto รจ una questione di impatto e della capacitร  che i nostri programmi episcopali abbiano spazio per ricevere, accompagnare e sostenere i nostri sacerdoti, abbiano โ€œspazio realeโ€ per occuparci di loro. Questo fa di noi dei padri fecondi.

Su di loro normalmente ricade in modo speciale la responsabilitร  che questo popolo sia il popolo di Dio. Loro sono in prima linea. Portano sulle spalle il peso della giornata e il caldo (cfr Mt 20,12), sono esposti a una serie di situazioni quotidiane che possono renderli piรน vulnerabili e, pertanto, hanno anche bisogno della nostra vicinanza, della nostra comprensione e dellโ€™incoraggiamento, hanno bisogno della nostra paternitร . Il risultato del lavoro pastorale, dellโ€™evangelizzazione nella Chiesa e della missione non si basa sulla ricchezza dei mezzi e sulle risorse materiali, o sulla quantitร  di eventi o attivitร  che realizziamo, ma sulla centralitร  della compassione: una delle grandi caratteristiche che come Chiesa possiamo offrire ai nostri fratelli. Mi preoccupa come la compassione abbia perso la sua centralitร  nella Chiesa. Anche i gruppi cattolici lโ€™hanno persa โ€“ o la stanno perdendo, per non essere pessimisti. Anche nei mezzi di comunicazione cattolici, la compassione non cโ€™รจ. Cโ€™รจ lo scisma, la condanna, la cattiveria, lโ€™accanimento, la sopravvalutazione di sรฉ, la denuncia dellโ€™eresiaโ€ฆ Che non si perda nella nostra Chiesa la compassione, e non si perda nel vescovo la centralitร  della compassione. La kenosis di Cristo รจ lโ€™espressione massima della compassione del Padre. La Chiesa di Cristo รจ la Chiesa della compassione, e questo inizia a casa. รˆ sempre buona cosa chiederci come pastori: quanto mi tocca la vita dei miei sacerdoti? Sono capace di essere un padre o mi consolo con lโ€™essere un mero esecutore? Mi lascio scomodare? Ricordo le parole di Benedetto XVI allโ€™inizio del suo pontificato parlando ai suoi connazionali: ยซCristo non ci ha promesso una vita comoda. Chi cerca la comoditร  con Lui ha sbagliato strada. Egli ci mostra il percorso che porta alle cose grandi, al bene, a una vita umana autenticaยป (Discorso ai pellegrini tedeschi, 25 aprile 2005). Il vescovo deve crescere ogni giorno nella capacitร  di lasciarsi scomodare, di essere vulnerabile per i suoi preti. Penso a un vescovo, un vescovo emerito di una diocesi grande, gran lavoratore, faceva le udienze tutti i giorni al mattino e spesso, molto spesso, quando finiva le udienze del mattino e non vedeva lโ€™ora di andare a mangiare, cโ€™erano lรฌ due preti che non erano nellโ€™agenda ad aspettarlo. E lui tornava indietro e li ascoltava come se avesse tutta la mattina davanti. Lasciarsi scomodare e lasciare che la pasta si scuocia e che la bistecca si raffreddi. Lasciarsi scomodare dai sacerdoti.

Sappiamo che il nostro lavoro, nelle visite e negli incontri che svolgiamo, specialmente nelle parrocchie, ha una dimensione e una componente amministrativa che รจ necessario portare avanti. Bisogna assicurarsi che venga fatto, ma questo non significa che spetti a noi utilizzare il poco tempo che abbiamo in adempimenti amministrativi. Nelle visite, la cosa fondamentale e che non possiamo delegare รจ lโ€™ascolto. Ci sono tante cose che facciamo ogni giorno che dovremmo affidare ad altri. Quello che non possiamo delegare, invece, รจ la capacitร  di ascoltare, la capacitร  di seguire la salute e la vita dei nostri sacerdoti. Non possiamo delegare ad altri la porta aperta per loro. Porta aperta per creare le condizioni che rendano possibile la fiducia piรน che la paura, la sinceritร  piรน che lโ€™ipocrisia, lo scambio franco e rispettoso piรน che il monologo disciplinare.

Ricordo le parole del beato Rosmini โ€“ accusato di eresia e oggi beato โ€“: ยซCerto, solo grandi uomini possono formare altri grandi uomini [โ€ฆ]. Nei primi secoli, la casa del vescovo era il seminario dei preti e dei diaconi; la presenza e la santa conversazione del loro prelato era unโ€™infuocata lezione, continua, sublime, dove si apprendeva la teoria nelle sue dotte parole, congiunta alla pratica nelle sue assidue occupazioni pastorali. E in tal modo accanto agli Alessandri si vedevano allora crescere bellamente i giovani Atanasiยป (Delle cinque piaghe della santa Chiesa, Brescia 1966, 40).

รˆ importante che il sacerdote trovi il padre, il pastore in cui โ€œrispecchiarsiโ€ e non lโ€™amministratore che vuole โ€œpassare in rivista le truppeโ€. รˆ fondamentale che, con tutte le cose in cui ci differenziamo e anche quelle in cui non siamo dโ€™accordo e le discussioni che possono esserci (ed รจ normale e auspicabile che ci siano), i preti vedano nel vescovo un uomo capace di spendersi ed esporsi per loro, di farli andare avanti e tendere loro la mano quando si trovano impantanati. Un uomo di discernimento che sappia orientare e trovare vie concrete e praticabili nei diversi incroci di ogni storia personale. Quando ero in Argentina, a volte sentivo persone che dicevano: โ€œHo chiamato il vescovo โ€“ preti โ€“ e la segretaria mi ha detto che aveva lโ€™agenda piena, che richiamassi tra venti giorni, adesso era tutto pieno; e non mi ha chiesto cosa volevo, niente. โ€œVorrei vedere il Vescovoโ€ โ€“ โ€œNon puรฒ, la metto in listaโ€. รˆ chiaro che dopo il prete non ha chiamato piรน, ed รจ andato avanti con quello che voleva chiedergli โ€“ bene o male โ€“ dentro di sรฉ. Questo รจ non un consiglio, ma una cosa vi dico dal cuore: se avete lโ€™agenda piena, ringraziamo Dio, cosรฌ mangerete tranquilli perchรฉ vi siete guadagnati il pane; ma se vedete la chiamata di un prete, oggi, al massimo domani dovete chiamarlo e dirgli: โ€œMi hai chiamato, che succede? Puoi aspettare fino al tal giorno o no?โ€. Quel prete da quel momento sa che ha un padre.

La parola autoritร  deriva etimologicamente dalla radice latina augere che significa aumentare, promuovere, far progredire. Lโ€™autoritร  del Pastore consiste in particolare nellโ€™aiutare a crescere, nel promuovere i suoi presbiteri, piuttosto che nel promuovere sรฉ stesso โ€“ questo lo fa uno scapolo, non un padre โ€“. La gioia del padre/pastore รจ vedere che i suoi figli sono cresciuti e sono stati fecondi. Fratelli, che sia questa la nostra autoritร  e il segno della nostra feconditร .

Lโ€™ultimo punto: la kenosis di Cristo รจ povera

Sentire con la Chiesa รจ sentire con il popolo fedele, il popolo di Dio che soffre e spera. รˆ sapere che la nostra identitร  ministeriale nasce e si capisce alla luce di questa appartenenza unica e costitutiva del nostro essere. In questo senso, vorrei ricordare con voi ciรฒ che Santโ€™Ignazio scriveva a noi gesuiti: ยซla povertร  รจ madre e muroยป, genera e sostiene. Madre, perchรฉ ci chiama alla feconditร , alla generativitร , alla capacitร  di donazione che sarebbe impossibile in un cuore avaro o che cerca di accumulare. E muro, perchรฉ ci protegge da una delle tentazioni piรน sottili che noi consacrati dobbiamo affrontare, la mondanitร  spirituale: il rivestire di valori religiosi e โ€œpiiโ€ la sete di potere e di protagonismo, la vanitร  e persino lโ€™orgoglio e la superbia. Muro e madre che ci aiutano ad essere una Chiesa sempre piรน libera perchรฉ centrata nella kenosis del suo Signore. Una Chiesa che non vuole che la sua forza stia โ€“ come diceva Mons. Romero โ€“ nellโ€™appoggio dei potenti o della politica, ma che si svincoli con nobiltร  per camminare sorretta unicamente dalle braccia del Crocifisso, che รจ la sua vera forza. E questo si traduce in segni concreti ed evidenti; questo ci interroga e ci spinge ad un esame di coscienza sulle nostre scelte e prioritร  nellโ€™uso delle risorse, nellโ€™uso delle influenze e delle posizioni. La povertร  รจ madre e muro perchรฉ custodisce il nostro cuore perchรฉ non scivoli in concessioni e compromessi che indeboliscono la libertร  e la parresia a cui il Signore ci chiama.

Prima di concludere, mettiamoci sotto il manto della Vergine, preghiamo insieme perchรฉ ella custodisca i nostri cuori di Pastori e ci aiuti a servire meglio il Corpo di suo Figlio, il santo Popolo fedele di Dio che cammina, vive e prega qui in America Centrale.

Preghiamo la Madre. โ€œAve o Maria,โ€ฆโ€

Gesรน vi benedica e la Vergine Maria vi protegga. E, per favore, non dimenticatevi di pregare per me, perchรฉ possa fare tutto quello che ho detto. Grazie!

[1] Voglio tener presente la memoria di Pastori che, spinti dal loro zelo pastorale e dal loro amore per la Chiesa, hanno dato vita a questo organismo ecclesiale, come Mons. Luis Chรกvez y Gonzรกlez, arcivescovo di San Salvador, e Mons. Victor Sanabria, arcivescovo di San Josรฉ di Costa Rica, tra gli altri.

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