Gesù, il Re dei Giudei

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Quello di «re» può essere considerato come il titolo che abbraccia tutta la vicenda storica di Gesù. Il Vangelo secondo Matteo si apre con una domanda su Gesù che i Magi rivolgono a Erode: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei?» (Mt 2,2).

Il Vangelo secondo Giovanni si conclude con l’iscrizione che Pilato fa porre sulla croce di Gesù: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei» (Gv 19,19). Questa iscrizione ci è divenuta familiare perché la vediamo riportata sempre su ogni croce e su ogni crocifisso con le sole sue iniziali: INRI (= Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum, cioè «Gesù Nazareno, re dei Giudei»).

La regalità di Gesù non va intesa alla luce delle aspettative nazionalistiche dei suoi contemporanei. Essi vedevano nel «re» la figura messianica che avrebbe potuto dare libertà e splendore alla loro nazione (Cfr Gv 6,15).
La regalità di Gesù si rivela invece nell’umiltà dei due momenti più fragili dell’esistenza umana: la nascita e la morte.

Nella nascita Gesù è segnato unicamente dalla povertà delle fasce in cui è avvolto. Ma la povertà di queste fasce prelude già allo splendore della sua regalità di Risorto nell’evento della Pasqua.

ll’umiliazione della passione Gesù manifesta il vero significato del suo essere «re»: mentre i suoi avversari vedono nella sua morte la sconfitta della sua regalità, il Padre fa di Gesù sulla croce il vero re, il vero vincitore. 

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Primo Gironi, ssp, biblista

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