III Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) – Il Dio dei confini

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27 gennaio 2008 – Letture: Is 8,239,3 / Sal 27 / 1Cor 1,10-13.17 / Mt 4,12-23

UNA LUCE SI E' LEVATA NELLA GALILEA DELLE GENTI
Gesù sale a Cafarnao ed inizia la sua predicazione in quel luogo di
passaggio sorto sul confine, sulle rive del lago di Tiberiade, lungo la
strada che da Damasco portava al mar Mediterraneo. La conosce bene
questa cittadina, Matteo, lui vi abita e il suo banco delle imposte,
lungo la strada principale, è tristemente noto.
Gesù si rifugia a Nord dopo avere saputo dell’arresto del Battista: è
un evento triste che lo spinge a iniziare il suo ministero,
abbandonando il deserto di Giuda, dopo il suo ritiro di quaranta
giorni….
 
 

Ascolta il Vangelo di domenica 28 gennaio 2008 e continua a leggere il commento proposto da don Paolo Curtaz

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27 gennaio 2008 – Letture: Is 8,239,3 / Sal 27 / 1Cor 1,10-13.17 / Mt 4,12-23

UNA LUCE SI E' LEVATA NELLA GALILEA DELLE GENTI
Gesù sale a Cafarnao ed inizia la sua predicazione in quel luogo di
passaggio sorto sul confine, sulle rive del lago di Tiberiade, lungo la
strada che da Damasco portava al mar Mediterraneo. La conosce bene
questa cittadina, Matteo, lui vi abita e il suo banco delle imposte,
lungo la strada principale, è tristemente noto.
Gesù si rifugia a Nord dopo avere saputo dell’arresto del Battista: è
un evento triste che lo spinge a iniziare il suo ministero,
abbandonando il deserto di Giuda, dopo il suo ritiro di quaranta
giorni….

 

Gesù preferisce, prudentemente, di salire al Nord, cambiando i suoi
programmi. C’è poca mistica e molto martirio nella sua vita. Altre
volte, nella Scrittura, eventi inattesi e violenti provocano il
diffondersi della Parola, come l’uccisione di Giacomo apostolo, che
provocherà la diaspora dei discepoli lontano da Gerusalemme col
conseguente diffondersi della Parola. Se stiamo vivendo un momento
difficile, non temiamo, affidiamolo al Signore, sarà lui a
trasfigurarlo, e magari lo userà per diffondere la Buona Notizia.

Galilea delle genti
Siamo nel territorio di Zabulon e Neftali, come ci viene ricordato
nella prima lettura: luogo abitato dalle omonime due tribù di Israele,
tra le prime a cadere nel 733 a.C. nelle mani nemiche degli Assiri. Un
territorio di frontiera, guardato con sospetto dai puri di Gerusalemme,
luogo in cui si mischiavano credenze e riti, culture e lingue, luogo
imbastardito, meticcio, perduto. Al tempo di Gesù da quei territori
proveniva il movimento estremista degli zeloti, al punto che "Galileo"
era sinonimo di "terrorista". Da quel luogo Gesù inizia la sua
predicazione, dai confini della storia. Dio è sempre così, preferisce i
discoli ai bravi ragazzi, invita i primi della classe ad uscire e
sporcarsi le mani, obbliga chi lo segue ad andare verso le inquiete
frontiere della storia, piuttosto che serrare i recinti delle false
certezze della fede. Dio è così, ama il rischio, vuole sporcarsi le
mani, parte ad annunciare il Regno là dove nessuno lo aspetta, né lo
desidera. E così può/deve diventare la comunità cristiana, capace di
uscire dalle chiese per ridare Dio al popolo, per condividere con esso
il cammino. Gesù sceglie di abitare, di condividere tutto, con questi
abitanti, porta la luce, dona testimonianza. La nostra fede deve uscire
dalle nostre chiese, Dio è stanco di essere venerato nei tabernacoli e
di non riuscire ad entrare nelle nostre quotidianità, stufo di essere
tirato in ballo nei momenti "sacri" ed essere estromesso dai luoghi
dell’economia, della politica, del divertimento, della cultura. I
discepoli si radunano ogni domenica per gioire nel Signore e trovare
forza per diventare capaci di dire Cristo nel quotidiano, nel vissuto,
nel vero di ciascuno, una volta usciti di chiesa.

Convertitevi
E l’annuncio è bruciante: "Convertitevi perché il Regno si è fatto
vicino". Sì, così scrive Matteo: è il Regno ad essersi avvicinato, è
lui, Dio, che prende l’iniziativa, a noi di accorgerci, di girare lo
sguardo (convertirsi, appunto). Dio non esordisce con qualche
reprimenda morale, con qualche sensato discorso teso a suscitare
pentimento e cambiamento di condotta. Lui, lui per primo si offre, si
dona, rischia. Dice: "Io ti sono vicino, non te ne accorgi?" Accorgersi
significa davvero mollare tutto, lasciar andare i molti affari, le
molte cose, per recuperare l’essenziale, come Pietro, come Andrea, che
diventano – finalmente – pescatori di uomini. Il Regno è la
consapevolezza della presenza entusiasmante e sorridente di Dio. Il
Regno è là dove Dio regna, dove lui è al centro. E la Chiesa, comunità
di chiamati e di discepoli appartiene al regno anche se non lo
esaurisce. A Zabulon e Neftali siamo chiamati a dire: "Dio ti è
vicino". Non hai nessun merito perché ciò accada: è iniziativa libera
di Dio, tu, allarga il cuore. Rilassatevi, discepoli che prestate un
difficile servizio ecclesiale con i ragazzi o con le coppie,
tranquilli, amici che vi giocate nel sociale, là dove l’uomo è meno
uomo e dove il dolore domina: il Regno, lui si avvicina. Non dobbiamo
salvare il mondo, confratelli preti, è già salvo! È che non lo sa di
essere salvo. E vive nella disperazione. A noi di renderlo presente,
questo Regno, a noi di vivere da salvati, a noi di diventare
uomini-sandwich del Regno, farne pubblicità, vivere nella luce in mezzo
alle tenebre che avvolgono Neftali e Zabulon.

Pescatori di umanità
Per annunciare che il Regno è vicino, Dio ha bisogno di noi, proprio là
dove siamo. Chiamati a fare esperienza di fraternità (la parola
"fratello" viene ripetuta quattro volte di tre versetti!), possiamo
lasciare le reti che ci trattengono (paure, affari, logica mondana) per
diventare pescatori di uomini e di umanità. Siamo chiamati a tirar
fuori da noi stessi e dagli altri tutta l’umanità che Dio ha seminato
nei nostri cuori. I cristiani non sono a parte, non migliori, né
diversi: hanno lasciato uscire dal loro cuore l’aspetto più autentico
dell’uomo. E ogni uomo è chiamato a fare un’esperienza di comunione e
di autentica umanità. Capiamo allora l’energica protesta di Paolo (e
poi ci lamentiamo del brutto carattere di certi cristiani!), che
ammonisce le sue comunità a non diventare degli "ultras" da
stadio…Ogni esperienza (movimento, parrocchia, spiritualità) è
strumento e non esaurisce il Regno, il Regno è oltre, cominciamo a
farne parte che va già bene…

Lasciamo le reti che ci trattengono, i pregiudizi e le paure che ci
tengono legati, le incomprensioni che ci impediscono di essere e
raccontare il Regno, abbiamo ben di meglio da fare!

don Paolo Curtaz
http://www.tiraccontolaparola.it