Le 5 vie per #Firenze2015

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Traccia-Firenze-2015-web-1Nella sua riflessione «Il senso e il percorso» offerta qualche giorno fa alla Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Cei ha esplicitato che il «mandato», il senso e il percorso che Francesco affida alla Chiesa italiana, nel vivo della preparazione al Convegno ecclesiale nazionale, che si svolgerà a Firenze in novembre, è: «Andate incontro a chiunque chieda ragione della speranza che è in voi: accoglietene la cultura, porgetegli con rispetto la memoria della fede e la compagnia della Chiesa, quindi i segni della fraternità, della gratitudine e della solidarietà», riprendendo un passaggio del discorso del Papa ai vescovi italiani del maggio scorso.

Un mandato che ritrova la sua “trama” nelle pieghe dell’esortazione Evangelii gaudium, da leggere – così suggerisce il segretario dei vescovi italiani – insieme agli Orientamenti pastorali del decennio sull’educazione e alla Traccia preparatoria di Firenze 2015. Un mandato che mons. Galantino articola in «cinque vie» proposte a tutta la Chiesa italiana «per una nostra conversione pastorale che ci porti a incarnare quanto il Papa indica e si aspetta dalla Chiesa di oggi: uscire, annunciare, abitare, educare e trasfigurare». Cinque verbi, cinque «vie sulle quali camminare non solo in vista di questo appuntamento ma per quella riforma della Chiesa a cui papa Francesco non si stanca di provocarci». Possiamo dire, dunque, che il tema di Firenze («In Gesù Cristo il nuovo umanesimo») è la sintesi della sfida e dell’impegno che attendono la Chiesa italiana, con l’esortazione apostolica del Papa come «magna charta».

Uscire. La prima “via” è quella – dice il segretario Cei – «che chiede una Chiesa dal bagaglio leggero: quanta zavorra contribuisce a frenarne il passo e a chiudere la porta alla condivisione e alla reciprocità!». La “Chiesa in uscita” esige «di superare la tentazione di prestare attenzione alla complessità di questo tempo in maniera semplicemente reattiva, per assumere la responsabilità di riconsiderare le attività pastorali e il funzionamento delle strutture ecclesiali alla luce del bene dei fedeli e dell’intera società». La domanda da porsi diventa questa: «Quali sono i “luoghi” reali – gli organismi pastorali – in cui la partecipazione di tutti diventa effettiva e favorisce un autentico discernimento?».

[ads2] Annunciare. Anche grazie all’effetto-Francesco, «la nostra stagione – spiega Galantino – ci consegna nuove opportunità proprio per l’annuncio, ma le condiziona a una forma e a uno stile testimoniali: non è più il tempo di chi parla per parlare… L’autenticità con cui si sta nella compagnia degli uomini – quindi il nostro vivere in prima persona il Vangelo – ne dice la credibilità». Esame di coscienza: «Quale immagine di Dio comunichiamo con il nostro annuncio e la nostra testimonianza?».

Abitare. È la «presenza capillare sul territorio» a connotare «il cattolicesimo italiano», con le parrocchie dove ancora «si manifesta una prossimità fattiva e salutare». Ma sono le «metamorfosi del presente» a imporre una domanda: «Sappiamo conservare l’orizzonte e la freschezza di una Chiesa di popolo, che investe sulla formazione e promuove l’impegno sociale e politico del laicato», anche «alzando la voce» per «una gestione sanitaria inclusiva, per un sostegno effettivo alle famiglie, per affrontare insieme l’inverno demografico»?

Educare. Oggi «la questione antropologica per eccellenza» comprende «la stessa nozione di vita umana, l’apprezzamento e la valorizzazione della differenza sessuale, la configurazione della famiglia e il senso del generare, il rapporto tra le generazioni», e poi «scuola», «ambiente», «comunicazione digitale», «legalità». Molte le domande possibili, riassumibili un una sola: «Come possiamo promuovere relazioni solide e continuative all’insegna della gratuità e dell’accoglienza?».

Trasfigurare. È in questione, conclude Galantino, «uno sguardo originale sulla realtà» per «poterla leggere con la luce che solo una nuova spiritualità – nutrita di preghiera e partecipazione alla vita liturgica – consente». Ne dipendono il «senso della festa e della domenica, quali spazi di vera umanità», e la capacità di «contemplare il volto di Cristo nel volto dell’uomo». E dunque: «Le nostre comunità sono capaci di momenti di contemplazione? E come possiamo esplicitare maggiormente su un piano pastorale la vita sacramentale, così che essa sia legata alla trasfor-mazione della vita personale e pubblica nel segno dell’inclusione e, quindi, della carità?». Cinque «terapie», altrettante domande. Lavoro per tutti.

A cura di Antonio Martino per Azione Cattolica