Fr. Cantalamessa – Corpus Christi

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Le ragioni della speranza

Omelia di fr. Cantalamessa per la domenica del Corpus Christi. Guarda il filmato.

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Corpus Christi A – 2008-05-25

Deuteronomio 8,2-3.14b-16a; 1 Corinzi 10, 16-17; Giovanni 6, 51-59

Nella seconda lettura san Paolo ci presenta l’Eucaristia come mistero
di comunione: “Il calice che benediciamo non è forse comunione con il
sangue di Cristo? E il pane che spezziamo non è forse comunione con il
corpo di Cristo?” Comunione significa scambio, condivisione. Ora la
regola fondamentale della condivisione è questa: quello che è mio è tuo
e quello che è tuo è mio. Proviamo ad applicare questa regola alla
comunione eucaristica e ci renderemo conto della “enormità” della cosa.

Che cosa ho io di propriamente “mio”? La miseria, il peccato: questo
solo è esclusivamente mio. E che cosa ha di “suo” Gesú se non santità,
perfezione di tutte le virtù? Allora la comunione consiste nel fatto
che io do a Gesú il mio peccato e la mia povertà, e lui mi da la sua
santità. Si realizza il “meraviglioso scambio”, come lo definisce la
liturgia.

Conosciamo diversi tipi di comunione. Una comunione assai intima è
quella tra noi e il cibo che mangiamo, perché questo diventa carne
della nostra carne e sangue del nostro sangue. Ho sentito delle mamme
dire alla loro creatura, mentre se la stringevano al petto e la
baciavano: “Ti voglio così bene che ti mangerei!”.

È vero che il cibo non è una persona vivente e intelligente con la
quale possiamo scambiarci pensieri e affetti, ma supponiamo, per un
momento, che il cibo sia esso stesso vivente e intelligente, non si
avrebbe, in tal caso, la perfetta comunione? Ma questo è precisamente
ciò che avviene nella comunione eucaristica. Gesù, nel brano
evangelico, dice: “Io sono il pane vivo disceso dal cielo…La mia
carne è vero cibo…Chi mangia la mia carne avrà la vita eterna”. Qui
il cibo non è una semplice cosa, ma è una persona vivente. Si ha la più
intima, anche se la più misteriosa, delle comunioni.

Guardiamo cosa avviene in natura, nell’ambito della nutrizione. È il
principio vitale più forte che assimila quello meno forte. È il
vegetale che assimila il minerale; è l’animale che assimila il
vegetale. Anche nei rapporti tra l’uomo e Cristo si attua questa legge.
È Cristo che assimila noi a sé; noi ci trasformiamo in lui, non lui in
noi. Un famoso materialista ateo ha detto: “L’uomo è ciò che mangia”.
Senza saperlo ha dato un’ottima definizione dell’Eucaristia. Grazie ad
essa, l’uomo diventa davvero ciò che mangia, cioè corpo di Cristo!

Ma leggiamo il seguito del testo iniziale di S. Paolo: “Poiché c’è un
solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti
partecipiamo dell’unico pane”. È chiaro che in questo secondo caso la
parola “corpo” non indica più il corpo di Cristo nato da Maria, ma
indica “tutti noi”, indica quel corpo di Cristo più grande che è la
Chiesa. Questo vuol dire che la comunione eucaristica è sempre anche
comunione tra noi. Mangiando tutti dell’unico cibo, noi formiamo un
solo corpo.

Quale la conseguenza? Che non possiamo fare vera comunione con Cristo,
se siamo divisi tra noi, ci odiamo, non siamo pronti a riconciliarci.
Se tu hai offeso un tuo fratello, diceva S. Agostino, se hai commesso
un’ingiustizia contro di lui, e poi vai a ricevere la comunione come
niente fosse, magari pieno di fervore nei confronti di Cristo, tu
somigli a una persona che vede venire verso di sé un amico che non vede
da molto tempo. Gli corre incontro, gli getta le braccia al collo e si
alza in punta di piedi per baciarlo sulla fronte…Ma, nel fare questo,
non si accorge che gli sta calpestando i piedi con scarpe chiodate. I
fratelli infatti, specie i più poveri e derelitti, sono le membra di
Cristo, sono i suoi piedi posati ancora sulla terra. Nel darci l’ostia
il sacerdote dice: “Il corpo di Cristo”, e noi rispondiamo: “Amen!”.
Adesso sappiamo a chi diciamo “Amen”, cioè sì, ti accolgo: non solo a
Gesù, il Figlio di Dio, ma anche al prossimo.

Nella festa del Corpus Domini non posso nascondere una tristezza. Ci
sono delle forme di malattia mentale che impediscono di riconoscere le
persone che sono accanto. Continuano a gridare per ore: “Dov’è mio
figlio? Dove mia moglie? Perché non si fa vivo?” e, magari, il figlio o
la moglie sono lì che gli stringono la mano e gli ripetono: “Sono qui,
non mi vedi? Sono con te!”. Succede così anche a Dio. Gli uomini nostri
contemporanei cercano Dio nel cosmo o nell’atomo; discutono se ci fu o
meno un creatore all’inizio del mondo. Continuiamo a domandare: “Dov’è
Dio?” e non ci accorgiamo che è con noi e si è fatto cibo e bevanda per
essere ancora più intimamente unito a noi.

Giovanni Battista dovrebbe ripetere mestamente: “In mezzo a voi c’è uno
che voi non conoscete”. La festa del Corpus Domini è nata proprio per
aiutare i cristiani a prendere coscienza di questa presenza di Cristo
in mezzo a noi, per tenere desto quello che Giovanni Paolo II chiamava
“lo stupore eucaristico”.

Fonte:
http://www.cantalamessa.org/it/omelieView.php?id=324

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