Commento al Vangelo di oggi, lunedì 6 aprile 2015 – lunedì in albis

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La gioia e il martirio

Più una notizia è importante, più si fa urgente il suo annuncio. Quanto più si è coinvolti in essa, tanto più si fa impellente trasmetterla a chi ci è vicino e amiamo. Il Signore è risorto! C’è una notizia più grande? L’ascolto di questa notizia, e l’esperienza della sua veridicità nell’incontro con Gesù vivo, spinge prepotentemente le donne nella fretta di trasmetterla. La stessa fretta della Vergine Maria: anche Lei, con l’annuncio fecondo appena accolto nel grembo, si reca in fretta a sperimentarne l’autenticità, a vedere l’impossibile che si stava compiendo in sua cugina Elisabetta. Gesù risorto sul cammino delle mirofore, Elisabetta in cinta sulla soglia di casa ad accogliere la Piena di Grazia, incinta dello Spirito Santo. Così, tra l’aurora e il compimento della vicenda di Gesù Salvatore, come un arcobaleno tra la terra e il Cielo, si stende il miracolo dell’impossibile divenuto possibile. Il Vangelo è questa Buona Notizia: è vero che “nulla è impossibile a Dio”. Non vi è nulla che possa qualcosa di fronte al potere di Dio: non la morte di un grembo sterile, non la verginità sigillata sulla fecondità biologica, non una pietra adagiata dinanzi ad un sepolcro: “Grida la pietra stessa, gridano i sigilli che avete messo, aggiungendo guardie per sorvegliare il sepolcro: Cristo è veramente risorto e vive nei secoli!” (S. Andrea di Creta). Grida la gioia! La “gioia grande” delle donne incontra la Gioia infinita, Colui che, vincendo la tristezza e il dolore, è divenuto Egli stesso gioia pura, sottratta alla contaminazione della fine, alla corruzione del sepolcro. Gesù viene incontro alle donne, ed è un cortocircuito esplosivo: “Rallegratevi!”, lo stesso invito rivolto dall’Arcangelo Gabriele alla Vergine Maria investe ora loro, le prime testimoni della risurrezione, – secondo il verbo usato da Gesù rivolgendosi alle donne nell’originale greco identico a quello dell’Annunciazione -. E lo stesso stupore e timore dinanzi a quelle parole e a quell’evento inaspettato. Non conosceva uomo Maria, e ha generato l’Uomo. Nessuno a ribaltare la pietra del sepolcro, e una vittoria che rovescia ogni lapide e fa di ogni sepolcro la porta spalancata sulla vita che non muore. Di fronte a tutto questo non poteva essere che la gioia l’unica risposta delle donne, esattamente come è stata quella di Maria. Gioia che non si può contenere e che si fa, naturalmente, fretta e corsa per annunciare il prodigio che cambia, definitivamente, il corso della storia e dell’esistenza di ogni uomo: la morte è vinta! Così anche per ciascuno di noi, immerso nell’incertezza di fronte alle tante pietre che sigillano i nostri sepolcri. La pietra che gravava sul nostro cuore è stata rovesciata da Cristo! La Chiesa ce lo ha annunciato nella notte delle notti,  e, nutriti nel sacramento di quella carne e di quel sangue liberati dalla morte, siamo ritornati di corsa alla nostra vita, “con gioia e timore grandi”, ad annunciare il miracolo avvenuto in noi.     

Gioia e timore costituiscono il fondo della missione della Chiesa. Lo stupore deve sedimentare, scendere, passare ad essere consapevolezza e certezza; per questo lo stupore necessita un cammino, anzi, si può dire che proprio questo è il “timore”, il balbettare dei passi alla ricerca delle orme che sigillino nel cuore quanto visto e udito; il timore è la necessità di un appoggio, dei fratelli ai quali annunciare e dai quali ascoltare; la Chiesa, nella quale camminare per incontrare ogni giorno il Signore. Gesù, infatti, appare sulla via della missione a indicare la Galilea, il più in là dell’evangelizzazione. Non ci si può fermare, pena la putrefazione. La Galilea delle genti, i lontani, coloro che non conoscono lo stupore e la gioia, che non hanno visto Cristo vivo. La nostra personale Galilea di ogni giorno, alla quale siamo inviati ad andare per vedere il suo volto. Anche se in apparenza nulla è cambiato, nulla è più come prima! Possiamo “cingere i suoi piedi”, come la peccatrice perdonata, e possiamo “adorarlo”: ciò significa concretamente che nella Galilea dove appare Cristo si schiudono per noi le porte del Tempo Pasquale, immagine e primizia della Vita celeste. Dove, sui sentieri di ogni giorno, appare Cristo risorto, è già Regno dei Cieli, e noi vi siamo accolti come suoi cittadini. Oggi il Signore appare a casa e al lavoro, a scuola e nel condominio: per questo possiamo perdonare ciò che è stato sino ad oggi imperdonabile; possiamo servire e umiliarci davanti a coloro di cui ci siamo sentiti superiori; possiamo caricarci dei peccati di chi abbiamo sempre giudicato; possiamo aprirci alla vita, essere sinceri, obbedire; possiamo adorare Cristo in Spirito e Verità perché, finalmente, possiamo amare. 

Ma contemporaneamente inizia anche la persecuzione. Essa segna l’alba della risurrezione, è orientata a spingere la Chiesa ogni giorno di più tra le braccia del suo Signore risorto, ad attingere, istante dopo istante, la fede e la certezza dell’evento udito, visto e sperimentato. Essa deve essere provata nel crogiolo della tentazione e della persecuzione, perché non si corrompa, e la missione non divenga mestiere. Soprattutto, perché la gioia della risurrezione non evapori come rugiada del mattino. Per questo il Signore, entrando nella sua passione, aveva rincuorato i suoi apostoli dicendo loro di non temere di fronte alle persecuzioni che avrebbero sofferto nel mondo; quando la ragione sarà attaccata dai sofismi di satana, per indurre al dubbio. Ogni persecuzione e tentazione, infatti, prende avvio dalla goffa menzogna inventata dai sommi sacerdoti e dagli anziani. Le guardie “annunciano” ai sommi sacerdoti “quanto era accaduto”: che cosa descrivono? Dopo che Gesù è stato deposto nella tomba, i sommi sacerdoti “andarono e assicurarono il sepolcro, sigillando la pietra e mettendovi la guardia”. Questo è il fatto precedente la mattina di Pasqua. Racconta poi Matteo che, all’alba di Pasqua, mentre le donne si stavano recando al sepolcro, “vi fu un gran terremoto: un angelo del Signore, sceso dal cielo, si accostò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Il suo aspetto era come la folgore e il suo vestito bianco come la neve”. E qui descrive quanto è occorso alle guardie: “Per lo spavento che ebbero “di lui” le guardie tremarono tramortite”. Dunque le guardie hanno visto l’angelo scendere dal cielo, lo hanno visto rotolare la pietra assicurata dai capi del popolo e sedervi sopra. Hanno tremato tramortite, forse non sono riuscite a cogliere le parole dell’angelo alle donne, ma hanno di certo visto l’evento eccezionale che fugava ogni possibilità di furto del corpo di Gesù da parte dei discepoli. E questo hanno annunciato ai sommi sacerdoti! Un annuncio dunque è giunto anche a loro, ma avevano il cuore indurito, come quello del faraone. E un cuore indurito può solo partorire la menzogna già architettata. Non avevano creduto alle parole di Gesù circa la sua identità, lo avevano creduto un impostore quando annunciava la sua risurrezione, e lo hanno condannato come bestemmiatore. Così, di fronte all’evidenza del fatto annunciato loro dalle guardie, l’unica preoccupazione è quella di far tacere sul nascere la verità. Il dubbio non li sfiora neppure, anzi; forse addirittura hanno creduto alle guardie, schiavi di se stessi e delle proprie convinzioni, per difenderle a dispetto di ogni smentita,continuano a mentire,e “corrompono”, come il lievito vecchio. Corrompono la verità con il denaro, ferendola con la cupidigia. Non solo, si impegnano e si fanno carico di persuadere il governatore che le cose erano andate proprio come essi avevano inventato, facendosi missionari della menzogna. Accanto alla Verità infatti appare sempre la menzogna. Perché la testimonianza sia credibile e perché ogni uomo possa essere davvero libero nell’accoglierla o nel rifiutarla, è necessaria la menzogna, come accadde nel paradiso ai progenitori. 

[ads2]Per questo, contemporaneamente alla corsa delle donne e degli apostoli sulle strade della missione, corre anche la menzogna, che spesso si fa persecuzione sanguinaria. Accanto all’annuncio del vangelo corre un altro annuncio, persuasivo, subdolo, falso. Per questo, al fatto della risurrezione che si compie ogni giorno nella Chiesa e nei suoi figli, nelle famiglie, nei posti di lavoro, ovunque arrivino e vivano i cristiani, si oppone sempre la menzogna architettata dal demonio, sui giornali come nei nostri cuori: il fatto non esiste, anche se è lì, autentico, visibile. E’ un’impostura dei discepoli, è il tentativo della Chiesa di fare adepti, di conquistare denaro e potere, è l’oppio dei popoli. E’ l’attacco del demonio al cuore degli apostoli: se cadono di fronte alle menzogne, se il dubbio corrompe anche i loro cuori è fatta. Ma essi hanno la certezza incrollabile che Cristo è risorto! Essi sono uniti perché stretti a Cristo risorto nel Cenacolo della comunità, suo corpo vivo! La stessa certezza che viene offerta anche a noi: mangiare e bere con Cristo, vederlo all’opera nei fratelli, sperimentare la sua presenza nel cammino di ogni giorno! La differenza è tutta in questa esperienza: gli apostoli l’hanno sigillata nel cuore e la rinnovano ogni giorno; i nemici di Cristo no, anche davanti ai segni e ai fatti non possono che opporre la propria carne malata e cieca d’orgoglio. Non possono credere, anche se la menzogna mostra tutti i suoi limiti: come è possibile credere a delle guardie che, esercitate e formate proprio per vegliare e custodire, dormano tutte insieme nello stesso momento… E’ grottesco, eppure… Negli inganni del demonio, in quelli grandi che si traducono in grandi persecuzioni, come in quelle che soffriamo ogni giorno, vi è sempre una falla, una crepa che svela la menzogna. Come credere a delle guardie che si addormentano? Eppure la diceria ha preso piede. Così come il mondo crede più facilmente alle menzogne del demonio che alla verità di Cristo. Per questo occorre essere astuti come serpenti e semplici come colombe, e, come la Vergine Maria, correre ogni giorno da Elisabetta, ovvero ai fatti reali della nostra vita dove Dio ha compiuto l’impossibile, per certificare in noi l’autenticità della resurrezione di Cristo, il suo amore e il suo perdono. E per esultare di gioia come Lei, in un magnificat che sembra proprio la colonna sonora della Risurrezione. Maria, infatti, esclama tra l’altro: “Ha disperso i superbi nei pensieri dei loro cuori”. Il greco originale ha “dianoia cardias”, che è qualcosa di diverso dai semplici pensieri: sono piuttosto i propositi, le trame del cuore, gli stessi che albergavano nel cuore dei giudei avversari di Gesù, e da Lui smascherati. La sua risurrezione ha disperso e frantumato le trame di menzogna che vogliono vanificare l’annuncio del Vangelo. Uniti a Lui, sperimentando il suo potere nella nostra vita, possiamo vedere anche noi dileguarsi le tentazioni per correre sulle strade della missione che ci è affidata, annunciare a tutti la gioia della Pasqua.

Don Antonello Iapicca

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