Viaggio Apostolico in Marocco: Conferenza Stampa del Santo Padre durante il volo di ritorno da Rabat (Volo Papale, 31 marzo 2019)

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CONFERENZA STAMPA DEL SANTO PADRE
DURANTE IL VOLO DI RITORNO DA RABAT

Volo Papale
Domenica, 31 marzo 2019

Foto – ACI Stampa

GISOTTI

Buonasera Santo Padre, buonasera a tutti voi. Abbiamo un volo più breve di quello programmato, ma penso che farà piacere anche a voi una maggiore facilità di ritornare a casa e quindi anche la conferenza stampa un po’ più breve. Per cui io non aggiungo altro nell’introduzione, se non questo, Santo Padre: ieri dicevamo “servitore della speranza”, abbiamo visto la gioia, la speranza, tantissimi giovani, ed è bello a pochi giorni dalla firma della Christus vivit, che fra due giorni viene pubblicata; quindi questo è anche un segno bello che è venuto dal Marocco. Non so se vuole anche Lei aggiungere qualcosa prima di dare spazio alle domande.

PAPA FRANCESCO

Vi ringrazio della compagnia, del viaggio, del vostro lavoro, è stato tanto impegnativo perché in un giorno e mezzo c’erano tante cose. Grazie del vostro lavoro. E adesso sono al vostro servizio.

GISOTTI

Chiaramente, come è tradizione, iniziamo con i media locali. Siham Toufiki, vouz voulez poser la question en français ou en anglais?

SIHAM TOUFIKI, Agenzia Map :

En français. Il y a des moments qui sont très forts de cette visite e des messages touchants. Cette visite est un événement exceptionnel et historique pour le peuple marocain…  La question est quelles sont les fruits au future de la visite pour la paix au monde e pour la coexistence de dialogue et de culture?

[Ci sono stati momenti molto forti in questa visita e messaggi incisivi. Questa visita è stata un avvenimento eccezionale, storico per il popolo marocchino. La domanda è quali saranno i frutti di questa visita per il futuro, per la pace nel mondo, per la convivenza nel dialogo tra culture?]

PAPA FRANCESCO

Direi che adesso ci sono i fiori, i frutti verranno dopo! Ma i fiori sono promettenti. Sono contento, perché in questi due viaggi [Emirati Arabi Uniti e Marocco] ho potuto parlare di questa realtà che mi sta tanto a cuore, tanto, cioè la pace, l’unità, la fraternità. Con i fratelli e le sorelle musulmani abbiamo sigillato questa fraternità nel Documento di Abu Dhabi, e qui in Marocco con ciò che tutti abbiamo visto: una libertà, una fraternità, un’accoglienza; tutti fratelli con un rispetto tanto grande. E questo è un bel “fiore”, un bel fiore di convivenza che promette di dare frutti. Non dobbiamo mollare! È vero che ci saranno ancora difficoltà, ci saranno tante difficoltà perché purtroppo ci sono gruppi intransigenti. Anche questo vorrei ribadirlo chiaramente: in ogni religione c’è sempre un gruppo integralista che non vuole andare avanti e vive dei ricordi amari, delle lotte passate e cerca piuttosto la guerra e semina la paura. Noi abbiamo visto che è più bello seminare la speranza, seminare la speranza e camminare tenendosi per mano, sempre avanti. Abbiamo visto che nel dialogo con voi qui in Marocco ci vogliono dei ponti, e siamo addolorati quando vediamo le persone che preferiscono costruire dei muri. Perché siamo addolorati? Perché coloro che costruiscono i muri finiranno prigionieri dei muri che costruiscono. Invece quelli che costruiscono ponti andranno tanto avanti. Costruire ponti è per me una cosa che va quasi oltre l’umano, perché ci vuole uno sforzo molto grande. Mi ha colpito molto una frase dello scrittore Ivo Andrić, nel romando Il ponte sulla Drina: dice che il ponte è fatto da Dio con le ali degli angeli perché gli uomini comunichino, tra le montagne e le rive di un fiume, perché gli uomini possano comunicare tra loro. Il ponte è per la comunicazione umana. Questo è bellissimo e l’ho visto in Marocco. Invece i muri sono contro la comunicazione, sono per l’isolamento, e si diventa prigionieri di quei muri… Dunque, riassumendo: i frutti non si vedono ma si vedono tanti fiori che daranno dei frutti. Andiamo avanti così.

GISOTTI

Santo Padre, un’altra domanda dai media del Marocco, Nadia Hammouchi

NADIA HAMMOUCHI, TV 2M

Votre Sainteté, Vous vous êtes rendu pendant deux jours en terre d’islam. Vous êtes chef de l’Eglise Catholique, vous avez rencontrez le Roi du Maroc qui est aussi Commandeur des croyants. Vous avez donc eu le temps de changer, de dialoguer dans le cadre de ce nécessaire rapprochement entre les religions, entre le cultures, et vous avez aussi signé quelque chose de concret concernant Jérusalem. Dans quel sens cette visite avec tous les moments forts qu’elle a comporté peux renforcer ce dialogue, cet élan et puis la relation que le Chef de l’Eglise entretien avec la Commanderie des croyant au Maroc ?

[Santità, Lei si è recato per due giorni in terra d’Islam. Lei è il capo della Chiesa Cattolica e ha incontrato il Re del Marocco che è il Comandante dei credenti. Avete così avuto il tempo per uno scambio, per dialogare nel quadro di questo necessario riavvicinamento tra le religioni, tra le culture, e avete anche firmato qualcosa di concreto riguardante Gerusalemme. In che senso questa visita con tutti i momenti forti che ha comportato può rafforzare questo dialogo, questo slancio e questa relazione tra il Capo della Chiesa Cattolica  e il Comando dei credenti in Marocco?]

PAPA FRANCESCO

Sempre, quando c’è un dialogo fraterno, c’è un rapporto a vari livelli. Permettetemi un’immagine: il dialogo non può essere “di laboratorio”, dev’essere umano, e se è umano è con la mente, con il cuore e con le mani, e così si fanno dei patti e si firmano. Per esempio, l’Appello comune su Gerusalemme è stato un passo avanti fatto non da un’autorità del Marocco e da un’autorità del Vaticano, ma fatto da fratelli credenti che soffrono vedendo questa “Città della speranza” non essere ancora così universale come tutti vogliamo: ebrei, musulmani e cristiani. Tutti vogliamo questo. E per questo abbiamo firmato questo auspicio: più che un accordo è un auspicio, un appello alla fraternità religiosa che è simboleggiata da quella città che è tutta “nostra”. Tutti siamo cittadini di Gerusalemme, tutti i credenti. Non so se questa era la domanda che Lei voleva farmi. Mi è piaciuto anche l’incontro con alcuni leader religiosi rispettosi e desiderosi di dialogare. I vostri leader religiosi sono fraterni, sono aperti e questa è una grazia. Andiamo avanti su questa strada.

GISOTTI

Santo Padre, Le pone ora la domanda Nicolas Senèze, di La Croix.

NICOLAS SENEZE, La Croix

Buonasera, Santo Padre. Ieri il Re del Marocco ha detto che proteggerà gli ebrei marocchini e i cristiani di altri Paesi che vivono in Marocco. Faccio la domanda sui musulmani che si convertono al cristianesimo: volevo sapere se è preoccupato per questi uomini e donne che rischiano la prigione o – in alcuni Paesi musulmani come gli Emirati, che Lei ha visitato – la morte? E anche una domanda – un po’ furba! – sul cardinale Barbarin che è nato a Rabat che abbiamo visitato due giorni…

GISOTTI

Una domanda!

SENEZE

…è un po’ furba, lo so. Questa settimana il Consiglio della diocesi di Lione ha votato quasi all’unanimità che sia trovata una soluzione duratura al suo ritiro. Mettendo da parte la sorte giudiziaria del Cardinale, volevo sapere se è possibile per Lei, che è molto attaccato alla sinodalità della Chiesa, di ascoltare questo appello di una diocesi in una situazione tanto difficile?

PAPA FRANCESCO

Posso dire che in Marocco c’è libertà di culto, c’è libertà religiosa, c’è libertà di appartenenza a un credo religioso. Poi la libertà sempre si sviluppa, cresce… Pensa a noi cristiani, 300 anni fa, se c’era questa libertà che abbiamo oggi. La fede cresce nella consapevolezza, nella capacità di capire se stessa. Un monaco francese, Vincenzo di Lerins, del quinto secolo, ha coniato un’espressione bellissima per spiegare come si può crescere nella fede, spiegare meglio le cose, crescere anche nella morale ma sempre essendo fedeli alle radici. Lui ha detto tre parole ma che segnano la strada: dice che crescere nell’esplicitazione e nella coscienza della fede e della morale deve essere ut annis consolidetur, dilatetur tempore, sublimetur aetate, cioè la crescita dev’essere consolidata negli anni, allargata nel tempo, ma è la stessa fede che è sublimata con gli anni. Così si capisce, per esempio, che oggi noi abbiamo tolto dal Catechismo della Chiesa Cattolica la pena di morte. 300 anni fa bruciavano vivi gli eretici. Perché la Chiesa si è accresciuta nella coscienza morale, nel rispetto della persona. E la libertà di culto cresce pure, anche noi dobbiamo continuare a crescere. Ci sono cattolici che non accettano quello che il Vaticano II ha detto sulla libertà di culto, sulla libertà di coscienza. Ci sono cattolici che non l’accettano. Anche noi abbiamo questo problema. Ma anche i fratelli musulmani crescono nella coscienza, e alcuni Paesi non capiscono bene o non crescono come altri. In Marocco c’è questa crescita. In questo quadro c’è il problema della conversione: alcuni Paesi ancora non la prevedono. Non so se è vietata, ma in pratica lo è. Altri Paesi come il Marocco non fanno problema, sono più aperti, più rispettosi e cercano un certo modo di procedere con discrezione. Altri Paesi, con i cui rappresentanti ho parlato, dicono: noi non abbiamo problema ma preferiamo che il battesimo lo facciano fuori dal Paese e tornino cristiani. Sono modi di progredire nella libertà di coscienza e nella libertà di culto. Ma a me preoccupa un’altra cosa: il regresso di noi cristiani quando togliamo la libertà di coscienza: pensa ai medici e alle istituzioni ospedaliere cristiane che non hanno il diritto alla obiezione di coscienza, per esempio per l’eutanasia. Come? La Chiesa è andata avanti e voi Paesi cristiani andate indietro? Pensate a questo perché è una verità. Oggi noi cristiani abbiamo il pericolo che alcuni governi ci tolgano la libertà di coscienza, che è il primo passo per la libertà di culto. Non è facile la risposta, ma non accusiamo i musulmani, accusiamo anche noi stessi per questi Paesi dove succede questo e ci deve far vergognare.

Poi, sul Cardinale Barbarin. Lui, uomo di Chiesa, ha dato le dimissioni, ma io non posso moralmente accettarle perché giuridicamente, anche nella giurisprudenza mondiale classica, c’è la presunzione di innocenza, durante il tempo in cui la causa è aperta. Lui ha fatto ricorso in appello e la causa è aperta. Quando il secondo tribunale darà la sentenza vediamo cosa succede. Ma sempre c’è la presunzione di innocenza. Questo è importante perché va contro la superficiale condanna mediatica: “Ha fatto questo…”. Ma guarda bene: cosa dice la giurisprudenza? Che se una causa è aperta c’è la presunzione di innocenza. Forse non è innocente ma c’è la presunzione. Una volta ho parlato di un caso in Spagna, di come la condanna mediatica ha rovinato la vita di alcuni sacerdoti che poi sono stati giudicati innocenti. Prima di fare una condanna mediatica bisogna pensarci due volte. Non so se ho risposto. Lui [il Cardinale] ha preferito onestamente dire: “Io mi ritiro, prendo un congedo volontario e lascio al vicario generale di gestire l’arcidiocesi fino al momento in cui il tribunale darà la sentenza finale”. Capito? Grazie.

GISOTTI

Vi prego, brevità e una sola domanda, proprio per rispettare tutti i gruppi linguistici. C’è Cristina Cabrejas della Efe.

CRISTINA CABREJAS, agenzia Efe

Buenas tardes, Papa Francisco. La domanda la faccio in italiano. Nel discorso di ieri alle autorità ha detto che il fenomeno migratorio non si risolve con le barriere fisiche, ma qui in Marocco la Spagna ha costruito due barriere con lame taglienti per tagliare quelli che le vogliono superare. Ha conosciuto qualcuno di loro in qualche incontro. E il Presidente Trump in questi giorni ha detto che vuole chiudere completamente le frontiere e in più sospendere gli aiuti a tre Paesi centroamericani. Cosa vorrebbe dire a questi governanti, a questi politici che difendono ancora queste decisioni? Grazie.

PAPA FRANCESCO

Prima di tutto quello che ho detto un momento fa: i costruttori di muri, siano di filo di ferro con lame taglienti o di mattoni, diventeranno prigionieri dei muri che fanno. Primo. La storia dirà. Secondo: Jordi Évole, quando mi ha fatto l’intervista, mi ha fatto vedere un pezzo di quel filo con le lame. Ti dico sinceramente, sono rimasto commosso e poi quando se ne è andato ho pianto. Ho pianto perché non entra nella mia testa e nel mio cuore tanta crudeltà. Non entra nella mia testa e nel mio cuore vedere affogare nel Mediterraneo e fare un muro ai porti. Questo non è il modo di risolvere il grave problema dell’immigrazione. Io capisco: un governo, con questo problema ha la patata bollente tra le mani, ma deve risolverlo altrimenti, umanamente. Quando ho visto quel filo, con le lame, sembrava incredibile. Poi una volta ho avuto la possibilità di vedere un filmato fatto in un carcere, di rifugiati che sono respinti indietro. Carceri non ufficiali, carceri di trafficanti. Se vuoi, posso inviartelo. Fanno soffrire… fanno soffrire. Le donne e i bambini li vendono, rimangono gli uomini. E le torture che si vedono filmate lì sono da non credere. È stato un filmato fatto di nascosto, con i servizi.  Ecco, io non lascio entrare, è vero, perché non ho posto, ma ci sono altri Paesi, c’è l’Unione Europea. Si deve parlare, l’Unione Europea intera. Non li lascio entrare e li lascio annegare o li mando via sapendo che tanti di loro cadranno nelle mani di questi trafficanti che venderanno le donne e i bambini e uccideranno o tortureranno per fare schiavi gli uomini? Questo filmato è alla vostra disposizione. Una volta ho parlato con un governante, un uomo che rispetto e dirò il nome, con Alexis Tsipras. E parlando di questo e degli accordi per non lascare entrare, lui mi ha spiegato le difficoltà, ma alla fine mi ha parlato col cuore e ha detto questa frase: “I diritti umani sono prima degli accordi”. Questa frase merita il premio Nobel.

GISOTTI

La domanda la rivolge Michael Schramm, ARD, tedesco.

MICHAL WERNER SCHRAMM, ARD Roma

Mi devo scusare, il mio italiano non è buono, scusate. La mia domanda: Lei combatte da molti anni per proteggere e aiutare i migranti, come ha fatto negli ultimi giorni in Marocco. La politica europea va esattamente nella direzione opposta. L’Europa diventa come un bastione contro i migranti. Questa politica rispecchia l’opinione degli elettori. La maggioranza di questi elettori sono cristiani cattolici. Lei come si sente con questa triste situazione?

PAPA FRANCESCO

È vero che tanta gente di buona volontà, non solo cattolici, ma gente buona, di buona volontà è un po’ presa dalla paura, che è la “predica” usuale dei populismi: la paura. Si semina paura e poi si prendono delle decisioni. La paura è l’inizio delle dittature. Andiamo al secolo scorso, alla caduta della Repubblica di Weimar, questo lo ripeto spesso. La Germania aveva necessità di una via di uscita e, con promesse e paure, è andato avanti Hitler. Conosciamo il risultato. Impariamo dalla storia! Questa non è una novità: seminare paura è fare una raccolta di crudeltà, di chiusure e anche di sterilità. Pensate all’inverno demografico dell’Europa. Anche noi che abitiamo in Italia: sotto zero. Pensate alla mancanza di memoria storica: l’Europa è stata fatta da migrazioni e questa è la sua ricchezza. Pensiamo alla generosità di tanti Paesi, che oggi bussano alla porta dell’Europa, con i migranti europei dall’84 in su, i due dopoguerra, in massa, America del Nord, America Centrale, America del Sud. Mio papà è andato lì nel dopoguerra in accoglienza. Anche l’Europa un po’ di gratitudine potrebbe averla… Direi due cose. È vero che il primo lavoro che dobbiamo fare è cercare che le persone che migrano per la guerra o per la fame non abbiano questa necessità. Ma se l’Europa così generosa vende allo Yemen le armi che ammazzano i bambini, come può l’Europa essere coerente? Questo è un esempio, l’Europa vende delle armi. Poi c’è il problema della fame, della sete. L’Europa, se vuole essere la “madre” Europa e non la “nonna” Europa, deve investire, deve cercare intelligentemente di aiutare a far crescere con l’educazione, con gli investimenti. E questo non è mio, lo ha detto il Cancelliere Merkel. È una cosa che lei porta avanti abbastanza: impedire l’emigrazione non con la forza ma con la generosità, gli investimenti educativi, economici, e così via, e questo è molto importante. Secondo, come agire: è vero che un Paese non può ricevere tutti, ma c’è tutta l’Europa per distribuire i migranti, c’è tutta l’Europa. Perché l’accoglienza deve essere con il cuore aperto, poi si tratta di accompagnare, promuovere e integrare. Se un Paese non può integrare deve pensare subito di parlare con altri Paesi: “tu quanto puoi integrare?”, per dare una vita degna alla gente. Un altro esempio – che io ho vissuto sulla mia pelle nel tempo delle dittature, dell’operazione Condor a Buenos Aires – in America Latina: Argentina, Cile e Uruguay. È stata la Svezia ad accogliere con una generosità impressionante. Imparavano subito la lingua, a carico dello Stato, trovavano lavoro, casa. Adesso la Svezia si sente un po’ in difficoltà nell’integrare, ma lo dice e chiede aiuto. Quando io sono stato a Lund, l’anno scorso o l’altro non ricordo, mi ha accolto il Primo Ministro, ma poi nella cerimonia di congedo c’era una Ministra, una giovane Ministra, credo dell’educazione, era un po’ bruna perché era figlia di una svedese e di un migrante africano: così integra un Paese che io porto come esempio, la Svezia. Ma per questo ci vuole generosità, bisogna andare avanti. Con la paura non andremo avanti, con i muri rimarremo chiusi in questi muri… Sto facendo una predica, scusami!

GISOTTI

C’è la domanda adesso di Cristiana Caricato, di TV2000.

CRISTIANA CARICATO, TV2000

Santo Padre, Lei ha appena parlato di paure e del rischio di dittature che queste paure possono generare. Proprio oggi un Ministro italiano, in riferimento al convegno di Verona, ha detto che più che della famiglia bisogna avere paura dell’Islam. Lei invece, ormai da anni dice tutt’altro. Secondo Lei siamo a rischio dittatura nel nostro Paese? È frutto del pregiudizio della non conoscenza? Cosa ne pensa? E poi una curiosità: Lei denuncia spesso l’azione del diavolo, lo ha fatto anche nel recente summit sulla protezione dei minori. Mi sembra che nell’ultimo periodo sia molto attivo, si sia dato molto da fare il diavolo, ultimamente, anche nella Chiesa… Cosa fare per contrastarlo, soprattutto in merito agli scandali della pedofilia, bastano le leggi? Perché è così attivo il diavolo in questo momento?

PAPA FRANCESCO

Benissimo, grazie per la domanda. Un giornale, dopo il mio discorso alla fine dell’Incontro sulla protezione dei minori dei Presidenti delle Conferenze episcopali, ha detto: “Il Papa è stato furbo, prima ha detto che la pedofilia è un problema mondiale, una piaga mondiale; poi ha detto qualcosa sulla Chiesa, alla fine se ne è lavato le mani e ha dato la colpa al diavolo”. Un po’ semplicistico, no? Quel discorso è chiaro. Un filosofo francese, negli anni Settanta, aveva fatto una distinzione che a me ha dato molta luce, si chiamava Roqueplo [Philippe], e mi ha dato una luce ermeneutica. Lui diceva: per capire una situazione bisogna dare tutte le spiegazioni e poi cercare i significati, cosa significa socialmente?, cosa significa personalmente, o religiosamente? Io cerco di dare tutte le spiegazioni, anche le misure delle spiegazioni, ma c’è un punto che non si capisce senza il mistero del male. Pensa a questo: la pedo-pornografia virtuale. Ci sono stati due incontri, importanti, uno a Roma e l’altro ad Abu Dhabi. Mi domando come mai questo fenomeno è diventato una realtà del quotidiano? Come mai? E sto parlando di statistiche serie. Come mai se tu volessi vedere un abuso minorile sessuale dal vivo, tu puoi collegarti con la pedo-pornografia virtuale e te lo fanno vedere. Guarda, non dico bugie, è nelle statistiche. Mi domando: i responsabili dell’ordine pubblico non possono fare nulla? Noi nella Chiesa faremo di tutto per finirla con questa piaga, faremo di tutto. E io in quel discorso ho dato misure concrete. Ce n’erano già anche prima del summit, quando i Presidenti delle Conferenze mi hanno dato quell’elenco che ho dato a tutti voi. Ma i responsabili di queste sporcizie, sono innocenti? Quelli che guadagnano con questo? A Buenos Aires, una volta, con due parlamentari della città, non del governo nazionale, abbiamo fatto una “ordinanza”, una disposizione, non è legge, una disposizione non vincolante per gli alberghi lussuosi, in cui si diceva di mettere alla reception [questo avviso]: “In questo albergo non si permettono amusement con i minori”. Nessuno ha voluto metterlo. “No, ma sai, non si può… Sembra che siamo sporchi… Si sa che non lo facciamo, ma senza il cartello”. Un governo, per esempio, non può individuare dove si fanno queste cose con i bambini? Tutti filmati dal vivo. Per dire che la piaga mondiale è grande, ma per dire anche che questo non si capisce senza lo spirito del male, è un problema concreto. Dobbiamo risolverlo in concreto, ma dire anche che è lo spirito del male. E per risolvere questo ci sono due pubblicazioni che raccomando: un articolo di Gianni Valente, credo su “Vatican Insider”, dove parla dei donatisti. Il pericolo della Chiesa oggi di diventare donatista facendo prescrizioni umane, che si devono fare, ma limitandosi a queste e dimenticando le altre dimensioni spirituali, la preghiera, la penitenza, l’accusa di sé stesso, che non siamo abituati a fare. Ci vogliono ambedue! Perché per vincere lo spirito del male non bisogna “lavarsi le mani” dicendo: “è opera del diavolo”. No. Noi dobbiamo lottare anche contro il diavolo, come dobbiamo lottare contro le cose umane. L’altra pubblicazione è della “Civiltà Cattolica”. Io avevo scritto un libro, nell’87, le Lettere della tribolazione, che erano le lettere del Padre Generale dei Gesuiti del tempo in cui stava per essere sciolta la Compagnia. Ho fatto un prologo, e hanno fatto uno studio sulle lettere che io ho scritto all’episcopato cileno e al popolo del Cile, per come agire su questo problema: i due aspetti, quello umano, scientifico, e anche legale, per contrastare il fenomeno; e poi l’aspetto spirituale. Lo stesso ho fatto con i Vescovi degli Stati Uniti perché le proposte erano troppo centrate sull’organizzazione, sulle metodologie, e senza volerlo era trascurata questa seconda dimensione spirituale. Con i laici, con tutti… Io vorrei dirvi: la Chiesa non è una chiesa “congregazionista”, è una Chiesa cattolica, dove il vescovo deve prendere in mano la cosa come pastore. Il Papa deve prenderla in mano come pastore. Come? Con le misure disciplinari, con la preghiera, la penitenza, con l’accusa di sé stessi. E in quella lettera che ho scritto prima che loro [i Presidenti delle Conferenze episcopali] incominciassero gli Esercizi spirituali, anche questa dimensione è ben spiegata. Sarei grato se studiaste le due cose: l’aspetto umano e anche quello della lotta spirituale.  Grazie.

GISOTTI

Abbiamo veramente sforato i tempi e mi dispiace ma è una conferenza-stampa che è diventata lunga…

PAPA FRANCESCO

[riguardo all’altra domanda di C. Caricato] Davvero io di politica italiana non ne capisco. Non capisco… Avevo letto sull’Espresso qualcosa di un “Family day”.  Non so cosa sia, so che è uno dei tanti “day” che si fanno… Ho letto la lettera che il Cardinale Parolin ha inviato e sono d’accordo. Una lettera pastorale, educata, di un cuore di pastore. Ma di politica italiana non domandarmi, non capisco. Grazie.

GISOTTI

C’è solo un minuto per una piccola sorpresa per due colleghi che ieri hanno compiuto gli anni: Phil Pullella e Gerard O’Connell, due grandi colleghi, e questo è un piccolo dono anche da parte della comunità dei vostri colleghi e di tutti noi.

PAPA FRANCESCO

Mi dici che lui è più vecchio di me… Ma questo ne fa 45 e questo 50! Tanti auguri! Grazie e buon viaggio, buona cena e pregate per me per favore. Grazie!