padre Giovanni Vannucci – Commento al Vangelo per domenica 10 Ottobre 2021

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LO SPIRITO DEL MONDO

«Va’, vendi quello che hai, dallo ai poveri, poi vieni e seguimi». Il giovane se ne andò via triste, poiché aveva molti beni (Marco 10, 21-22).

Lo spirito del mondo è lo spirito di attaccamento ai beni; non è detto naturalmente che ogni ricco sia un malvagio. Il giovane che si presenta a Cristo ha tutte le qualità per venire ammesso alla sequela di Cristo. Ha già trionfato di se stesso, della sua natura, della società, osservando i comandamenti. Ma aveva molte ricchezze! Lo spirito del mondo trionfa di Gesù. Le amare parole di Gesù: «Quanto è difficile, per chi possiede delle ricchezze, il salvarsi!», riconoscono questa sconfitta.

Lo spirito del mondo ha, nella ricchezza, il suo più forte ausilio. Chi ha grandi ricchezze vede la virtù come un’esplicazione elegante, un raffinamento dell’esistenza, un’esaltazione del proprio prestigio. Il giovane ricco può prostrarsi a Gesù, ma non seguirlo. Lo spirito del mondo lo tiene saldamente per il lembo delle ricchezze. Fintanto che egli possiede delle grandi ricchezze, ogni suo gesto è illuminato dal loro riflesso; l’ammirazione e lo stupore lo seguono, ma quando non le avrà più, passato il primo stupore del gesto di rinuncia, egli sarà nella massa uno dei tanti, non sarà più distinto; la sua personalità non avrà più la lusinga di emergere.

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Cristo non chiede i beni materiali, chiede di aver pronto quello spirito di rinuncia che solo può essere opposto allo spirito del mondo. Il giovane avrebbe fatto volentieri dei sacrifici al tempio, avrebbe dato con compiacenza il sovrappiù delle sue ricchezze, avrebbe praticato delle dure penitenze, seguito delle pratiche ascetiche, discusso sottilmente della legge, fatto lunghe preghiere, sarebbe stato ospitale, generoso con i poveri. Tutto questo l’avrebbe fatto per avere la vita eterna. Ma rinunciare ai propri beni, vender tutto per seguire Gesù come uno qualunque, uno dei tanti semplici? Questo non lo poteva fare!

Lo spirito del mondo è costituito da tre peccati che potrebbero venir chiamati teologali, essendo la controparte delle virtù teologali. Essi sono: l’orgoglio, l’affermazione prepotente del proprio «io»; l’avarizia che è il desiderio di potenza o di attaccamento ai beni; l’invidia, o complesso d’inferiorità, o dispiacere dei beni, dei doni, delle qualità altrui. La superbia si oppone alla fede; l’avarizia alla speranza; l’invidia alla carità.

Questi peccati sono insiti nell’anima, e lo spirito del mondo è tutto in essi. Così è lo spirito di avarizia che ridà al mondo il giovane ricco, spirito che si mimetizza in mille sottili maniere. Si può essere avari essendo generosi, prodighi addirittura; e tanto più si peccherà di avarizia quanto più si possederanno ricchezze: ecco perché è così difficile per i ricchi salvarsi. Essi non potranno mai considerare la vita a sé stante, non potranno mai liberarsi dallo spirito del mondo, non potranno quindi mai seguire Cristo: essere, in una parola, liberi. Lo spirito del mondo non si oppone alla virtù, la virtù occorre anche a lui; è necessario averne una buona dose ed essere dei veri asceti per seguire le iniziative dello spirito del mondo; solo delle anime complete e viventi possono costituire la corte del Principe di questo mondo.

Il contrasto tra Cristo e il mondo non è intorno alla virtù, ma intorno alla libertà. Cristo libera, il mondo incatena; Cristo distrugge la personalità egoica, il mondo l’esalta; Cristo vuole l’umiltà del cuore, il mondo l’orgoglio della mente. Cristo insegna le vie della semplicità, il mondo quelle della complicazione. Cristo esige il coraggio, il mondo la paura; Cristo vuole che l’uomo sia cosciente di ciò che è in lui; il mondo invece che si occupi di ciò che è fuori di lui. Cristo infine è cessazione di lotta, il mondo è esplicazione di lotta, ma i due grandi antagonisti abbisognano di uomini veramente nati e battezzati in fuoco e spirito: cioè virtuosi.

L’avversario di Cristo non può essere che degno di Lui, è il vero Anticristo, e precede l’avvento e i ritorni del Messia, costruisce le personalità che Cristo dominerà. Nelle epoche in cui lo spirito del mondo costruisce i suoi grandi epigoni mentali e in cui il valore umano, superesaltandosi in oligarchie, viene a testimoniare più fortemente la separazione, il ritorno di Cristo è imminente: Cristo viene a raccogliere ciò che il mondo a seminato, non senza combattere, raccoglie. I più indicati a raccogliere Cristo che torna dovrebbero essere i ricchi; più largamente dotati di mezzi di ascesa materiale, dispongono di tempo e di possibilità istruttive. Essi sono vicinissimi alla libertà; lo spirito del mondo, come una maledizione biblica, li incatena e li schiaccia.

«Com’è difficile per i ricchi entrare nel Regno dei cieli!». L’amara constatazione di Cristo rimarrà di monito a chiunque presume di trovare la libertà nell’oro.

La superbia potrà essere folgorata dall’umiliazione; l’invidia vinta dall’amore; il desiderio di potenza come potrà essere vinto? Solo la povertà volontaria vince lo spirito del mondo; ma chi sa di essere povero? Povero in spirito, povero internamente, povero nell’assoluto non attaccamento ad alcun bene? Lo straccione che teme di perdere la logora veste non è da meno del ricco che trema al pensiero di perdere le sue proprietà.

La povertà in spirito è una vera grazia del cielo, un vero dono dello Spirito di Dio; essa si identifica nella verità e nella libertà. Colui che è internamente povero vince lo spirito del mondo e signoreggia i cieli.

Giovanni Vannucci

(in Verso la luce, ed. CENS, Milano 1984, 28a domenica del tempo ordinario, Anno B, pp. 173-175).

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