p. Ermes Ronchi – Commento al Vangelo di domenica 26 Dicembre 2021

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È in casa che si impara l’arte d’amare, di essere felici

Padre Ermes Ronchi commenta il brano del Vangelo di domenica 26 Dicembre 2021.

La Bibbia è popolata da famiglie, da generazioni, da storie di amore e di crisi familiari, fin dalla prima pagina, dove entra in scena la famiglia di Adamo ed Eva, con il suo carico di violenza, ma anche con la forza della vita che continua (Amoris laetitia,1). La Bibbia è una biblioteca sull’arte e sulla fatica di amare, è il racconto dell’amore, vivo e potente, incarnato e quotidiano, visibile o segreto. Lo è anche nel Vangelo di oggi: storia di una crisi familiare, di un adolescente difficile, di due genitori che non riescono a capire che cosa ha in testa.
Figlio, perché ci hai fatto stare in angoscia? È il racconto

di una famiglia che alterna giorni sereni tranquilli e altri drammatici, come accade in tutte le famiglie, specie con i figli adolescenti. Ma che sa fare buon uso delle crisi, attraverso un dialogo senza risentimenti e senza accuse. Figlio perché? L’interesse di Maria non è rivolto al rimprovero, non accusa, non giudica, non si deprime perché il figlio l’ha fatta soffrire, ma cerca di capire, di comprendere, di accogliere una diversità difficile.

Non sapevate che devo occuparmi delle cose del Padre mio? I nostri figli non sono nostri, appartengono al Signore, al mondo, alla loro vocazione, ai loro sogni. Un figlio non può, non deve strutturare la sua vita in funzione dei genitori. È come fermare la ruota della creazione.  […]

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Santa Famiglia

BEATA LA CASA DOVE SI IMPARA A SCONFINARE

Maria e Giuseppe cercano per tre giorni il loro ragazzo, avanti e indietro per la città.
Quel padre e quella madre angosciati ci sono vicini in questa fragilità che conosciamo bene.
Maria più che rimproverare il figlio, vuole capire: perché ci hai fatto questo?
Perché una spiegazione c’è sempre, e forse più bella e semplice di quanto temevi.
Un dialogo senza accuse: di fronte ai genitori, che ci sono e si vogliono bene – le due cose che importano ai figli – c’è un ragazzo che ascolta e risponde.

Grande cosa il dialogo, anche faticoso! Se le cose sono difficili a dirsi, a non dirle si scavano buie gallerie.
Non sapevate che devo occuparmi d’altro da voi?
I figli non sono nostri, appartengono a Dio, al mondo, alla loro vocazione, ai loro sogni. Un figlio non deve impostare la propria vita in funzione dei genitori, si fermerebbe così la ruota della creazione.
Non lo sapevate? Ma come, me lo avete insegnato voi il primato di Dio! Madre, tu mi hai insegnato ad ascoltare angeli! Padre, tu mi hai raccontato che talvolta la vita dipende dai sogni!
Ma essi non compresero.

Famiglia santa per definizione, eppure in cammino. Santi e profeti che non capiscono neppure la loro stessa casa. Ma ecco il tesoro nascosto: «sua madre conservava con cura tutte queste cose», serbava attenta le parole di Dio e i fatti della vita, li teneva nel cuore perché si dipanasse un giorno, dal loro confronto, il filo d’oro che li avrebbe spiegati e illuminati, legandoli assieme.
Gesù lascia i maestri della Legge e torna a casa con i genitori, suoi maestri di vita. Per anni impara l’arte di essere uomo guardandoli vivere: lei teneramente forte, mai passiva; lui padre non autoritario, che sa anche tirarsi indietro.
Come poteva altrimenti trattare le donne con quel suo modo sovranamente libero?
E inaugurare relazioni nuove tra uomo e donna, paritarie e senza paure?

Le beatitudini Gesù le ha viste tutte in quella casa, le ha imparate da loro: erano poveri, giusti, puri nel cuore, miti, costruttori di pace, con viscere di misericordia per tutti. E il loro parlare era: sì, sì; no, no. Stava così bene con loro, che con Dio adotta il linguaggio di casa, e lo chiama: abbà, papà.
Un amore vivo e potente, incarnato e quotidiano, che vive nella carezza, nel cibo preparato, nel nomignolo affettuoso, nella parola scherzosa che scioglie le tensioni, nella pazienza di ascoltare, nel desiderio di abbracciarsi.
A questo vangelo non chiederò consigli spiccioli per vivere, chiederò invece le cose di Dio: non vantare diritti di possesso sui figli, conservando nel cuore ciò che oggi non si capisce, perché un giorno la risposta verrà, e sarà luce.
Beata la famiglia dove si impara a sconfinare, verso gli uomini e verso Dio.

Beata la casa dove i figli imparano l’arte più importante quella di amare, l’arte che li farà felici.
Buon Natale amici cari!

AUTORE: p. Ermes Ronchi FONTE: Avvenire e PAGINA FACEBOOK