p. Ermes Ronchi – Commento al Vangelo di domenica 1 Agosto 2021

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L’opera del Signore è nutrire la vita

Padre Ermes Ronchi commenta il brano del Vangelo di domenica 1 Agosto 2021.

Gesù ha appena compiuto il “segno” al quale tiene di più, il pane condiviso, ed è poi quello più frainteso, il meno capito. La gente infatti lo cerca, lo raggiunge e vorrebbe accaparrarselo come garanzia contro ogni fame futura. Ma il Vangelo di Gesù non fornisce pane, bensì lievito mite e possente al cuore della storia, per farla scorrere verso l’alto, verso la vita indistruttibile.

Davanti a loro Gesù annuncia la sua pretesa, assoluta: come ho saziato per un giorno la vostra fame, così posso colmare le profondità della vostra vita! E loro non ce la fanno a seguirlo. Come loro anch’io, che sono creatura di terra, preferisco il pane, mi fa vivere, lo sento in bocca, lo gusto, lo inghiotto, è così concreto e immediato. Dio e l’eternità restano idee sfuggenti, vaghe, poco più che un fumo di parole.

E non li giudico, quelli di Cafarnao, non mi sento superiore a loro: c’è così tanta fame sulla terra che per molti Dio non può che avere la forma di un pane. Inizia allora un’incomprensione di fondo, un dialogo su due piani diversi: Qual è l’opera di Dio? E Gesù risponde disegnando davanti a loro il volto amico di Dio: Come un tempo vi ha dato la manna, così oggi ancora Dio dà. Due parole semplicissime eppure chiave di volta della rivelazione biblica: nutrire la vita è l’opera di Dio. Dio non domanda, Dio dà. Non pretende, offre. Dio non esige nulla, dona tutto.  […] Continua a leggere tutto il testo del commento su Avvenire


FAME E PAURA

Il lago si è riempito di barche e di speranze. Lago che germoglia di domande.

Rabbi, perché ti nascondi? Quando sei venuto qua?

E la folla pone la terza domanda: quale segno fai perché possiamo crederti? Mosè ci ha dato la manna, ma tu che cosa ci dai?

Gesù interroga la mia fede illusoria: io amo Dio o i favori di Dio? Abramo, padre dei credenti, i profeti, credono nella Parola più che nella sua realizzazione. E io? Amo i doni che attendo o amo il Donatore?

E Gesù svela la sua distanza: molto più di un lago c’è di mezzo tra me e voi… Incompreso, è sempre sull’altra riva.

Ma lui, che ha sfamato la folla, vuole svegliare in loro un’altra fame, per un pane diverso; e risponde con due parole semplicissime, che sono la chiave di volta del Vangelo: Dio dà.

Dio non chiede, Dio dà.

Non pretende, non esige, Dio dà. Non pane in cambio di potere, neppure del potere sulle anime. Dio dà vita al mondo.

Ma Rabbi, cosa dobbiamo fare per avere questo pane?

Dovete credere che io porto senso, profondità, forza e canto alla vita. Credere, ma con fede pura, che va oltre. Non cercandomi solo perché avete mangiato!

Le cose, lo sappiamo, non bastano mai. E le persone? Quando ci hanno dato tutto ciò che potevano, affetti, stima, amore, capiamo «di conclamarci a vicenda immortali, con la morte fra le braccia» (Turoldo).

Neanche le persone ci colmano la vita. E se ne vanno. E ci limitano.

Ma Dio ha fatto il cuore più profondo di tutte le creature della terra messe insieme.

L’uomo nasce affamato. Ed è la sua fortuna. Il bambino ha fame di sua madre, gli amanti hanno fame l’uno dell’altro, e poi di un figlio che incarni il loro amore, dove vedere affacciarsi il futuro per sempre.

E quando una famiglia è completa, dovrebbe sentirsi appagata. E invece l’uomo sente una felicità sempre minacciata.

Ed ha fame e paura, desidera amici e teme tradimenti. Ha fame di corpi e poi di infinito.

La risposta a questa fame non è nel creato, è fuori. E’ un pane dal cielo.

Pane è parola piena di significati. Non è solo un pugno di farina passato nel fuoco, ma tutto ciò che serve a mantenere la vita. Amore. Essenzialità. Pace. Dignità. Energia. Libertà.

Il miracolo che tracima dal vangelo dice che non tutto si risolve nelle tue leggi, o nelle regole che sai: «Dio offre i suoi doni su piatti di luce, avvolti in bende di luce» (Rab’ia).

Il cristianesimo non è un corpo dottrinale cui aggiungere nuove definizioni dogmatiche, ma una calda corrente che ci inonda affinché giunga a maturazione l’uomo celeste che è in noi, sbocciando nel tempo e nell’eterno.

Io ho saziato per un giorno la tua fame, ma posso colmare tutta la tua vita, e riempire tutte le profondità insoddisfatte della tua esistenza.

L’uomo non può vivere senza mistero, e la sua sete di cielo non si placherà mai solo con larghe sorsate di terra.

AUTORE: p. Ermes Ronchi FONTE: Avvenire PAGINA FACEBOOK