Nicola Montereale – Commento al Vangelo del giorno, 26 Giugno 2020

LE PIAGHE DEL CORPO E LE PIEGHE DELL’ANIMA: LEBBROSI DI UNA FEDE SENZA PRETESE

«Signore, se vuoi, puoi…»
La scena evangelica di oggi è l’incontro tra Cristo e un lebbroso.
I lebbrosi erano, al tempo di Gesù, uomini scartati, uomini spazzatura. Le piaghe del loro corpo erano malattia contagiosa da evitare, mentre le pieghe della loro anima grido disperato da ascoltare.

Ma Cristo non ha paura di toccare l’infermità e la malattia dell’uomo, per cui non solo gli parla, ma avvicinandosi lo risana. Ed ecco che le piaghe del corpo sono cicatrizzate e le pieghe dell’anima dispiegate.
L’amore ha questo effetto: fa saltare il contagio.

La fede di quell’uomo, poi, è l’accoglienza di quel ribaltamento di condizione. Sembra di sentire le parole del salmista: “…là sedevamo e piangevamo ricordandoci di Sion.
Ai salici di quella terra appendemmo le nostre cetre”.
Se nella malattia la gioia è trasformata in tristezza e lacrime, nella guarigione anche i salici piangenti non piangono più ma fanno festa suonando.

Ma la fede del lebbroso sta tutta in quel
“Se vuoi”: è un modo gentile per non disturbare, per essere discreti, per non pretendere nulla.
Quante volte noi, invece, nelle nostre preghiere al “se vuoi” preferiamo il “devi”? Come se Dio fosse il genio della lampada.
La fede non è mai pretesa, ma attesa; non è mai capriccio, ma gentilezza; non è mai esclamativa, ma interrogativa.
Nella fede si domanda per essere e non per avere.
E se Dio fosse sordo?

Allora con il salmista preghiamo: “Svegliati, Signore, perché dormi? Destati e non respingerci”.
E se Dio fosse ancora silenzioso?
C’è un particolare nel testo del Vangelo di oggi, che non deve passare inosservato e che potrebbe rispondere alla nostra domanda: “[Gesù scese] dal monte”.

Ebbene non sappiamo quanto accade oltre la vetta dell’alta montagna. Per quanto l’uomo possa provarci molte piaghe rimangono aperte e sanguinanti e molte pieghe senza spiegazione e motivazione.
Per quanto la mente dell’uomo si sforzi di aggrapparsi per guadagnare la cima di quell’alta montagna, essa diviene impraticabile e scoscesa.
Scriveva Gregorio di Nissa: “Comprendi ora la vertigine della nostra intelligenza incombente sulla profondità degli argomenti trattati? A quali strettezze è ridotta la speranza degli uomini! Se trovandoci pericolanti sull’abisso di queste speculazioni si accosterà anche a noi la mano del Verbo, si poserà sulla nostra intelligenza e ci farà vedere il vero significato delle cose”.
Tutto questo però senza pretese, tutto con un: “se vuoi, tu puoi!”

N. Montereale


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