Il Vangelo del giorno con commento – 24 Ottobre 2018 – Dehoniane

Il commento alle letture del 24 Ottobre 2018 a cura del sito Dehoniane.

S. Antonio Maria Claret, vescovo (memoria facoltativa)
 XXIX settimana del tempo ordinario II settimana del salterio

Il mistero

Dopo aver annunciato che vale la pena aspettare la sua venuta, in qualunque circostanza ci capiti di doverlo fare, il Signore Gesù nel vangelo di oggi non trova sconveniente paragonare la sua futura venuta a quella di un ladro che, nel cuore della notte,  può introdursi nell’abitazione di un altro per rubare quello che trova. L’immagine non è certo tra le più piacevoli per immaginare il nostro definitivo incontro con «il dono della grazia di Dio» (Ef 3,7), eppure l’apparente sconvenienza del paragone viene persino rafforzata da un invito a compiere uno speciale sforzo di comprensione per afferrare la potenza simbolica che l’immagine del furto notturno intende comunicare: «Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa» (Lc 12,39).

La grande «libertà» (Ef 3,12) e la misteriosa «sapienza» (3,10) con cui Gesù accosta la sua figura a quella di un ladro qualunque è,  in realtà, una provocazione a verificare se la nostra «fiducia» in Dio sta diventando piena «mediante la fede» (3,12), oppure si sta logorando a causa degli imprevisti e delle sofferenze della vita. La riflessione dell’apostolo Paolo è un invito a comprendere quanto la conoscenza del «mistero» (3,3) di Dio – della sua venuta e di ogni suo ritorno dentro la storia umana – non possa mai prescindere da quel «ministero» (3,2) di fraternità e di servizio a cui dobbiamo offrire una disponibilità fedele ma anche creativa. Ciò   è possibile solo nella misura in cui affrontiamo il nostro combattimento senza la paura di essere privati di quello che abbiamo, talora faticosamente, conquistato e custodito nella nostra vita.

Dio diventa un ladro nella nostra casa solo quando ci dimentichiamo che è suo dono tutto quello che siamo e abbiamo e, soprattutto, che il più bel gesto di fiducia compiuto da Dio nei nostri confronti non è soltanto quello di affidarci i suoi beni, ma soprattutto quello di chiederci di amministrarli al posto suo:

«Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito?» (Lc 12,42). A ciascuno di noi, giorno per giorno, è chiesto – e «sarà chiesto» (12,48) – di saper rispondere a questa decisiva domanda con la propria vita, senza inutili protagonismi, ma anche senza pavide forme di irresponsabilità.

Attraverso il registro metaforico delle parabole, il Signore Gesù ci ricorda di non ridurre mai il nostro impegno a quello di semplici amministratori di cose altrui, fedeli al lavoro ordinario e talvolta disponibili anche a qualche turno di straordinario. Il discepolo della risurrezione è colui che attende e vive come un innamorato l’incontro con ogni cosa e l’attesa di ogni futuro evento. Perché è l’uomo libero da se stesso e dalle proprie passioni egoistiche, che ha imparato a non darsi il diritto di guardare le cose dall’alto in basso e a rinunciare agli inganni dell’egoismo e dell’individualismo. È l’uomo redento che, come Paolo, ha ormai scoperto il mistero di Cristo, il quale non verrà mai come un ladro perché, in realtà, viene sempre come uno sposo felice di abbracciare tutta la nostra esistenza. Per il discepolo, «il giorno in cui non se l’aspetta» e l’ora «che non sa» (12,46) non si possono identificare con un tempo di punizione o «di percosse» (12,48), ma come un luogo di felice incontro con gli altri, con tutte le genti «chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo» (Ef 3,6). Questo stupore di fronte al destino universale del regno dei cieli è autentico nella misura in cui si traduce non in forme di disimpegno, ma di silenzioso servizio e di appassionato annuncio verso gli altri, destinatari dello stesso vangelo che ha cambiato per sempre i nostri giorni.

Signore Gesù, il mistero è che noi continuiamo a temerti come un ladro invece che attenderti come lo sposo. Il mistero è che facciamo tanta fatica a ritenere le nostre cose al sicuro proprio se te le lasciamo prendere. Guariscici dal timore della privazione e donaci di comprendere il mistero più grande: che tu ci vuoi tuoi collaboratori per la salvezza dei fratelli.

LEGGI IL BRANO DEL VANGELO

Lc 12, 39-48
Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?».
Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi.
Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.
Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche.
A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

Fonte: LaSacraBibbia.net

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