Fabio Quadrini – Commento al Vangelo di domenica 29 Agosto 2021

596

«Tanto lo fanno tutti».
Oppure:
«Questo è il parere/volere della maggioranza».
Ovvero:
«La verità (che altro non è se non un “comportamento puro”) viene dalla maggioranza».

Nel Vangelo di questa domenica, estratto che la Liturgia ci offre in un modo abbastanza “spezzettato”, è presente un termine che riesce a legare in modo organico tutti questi frammenti evangelici proposti, e che è in grado di aiutarci a ragionare circa i virgolettati che abbiamo riportato in apertura.
Questo termine a cui facciamo riferimento è l’aggettivo (declinato in più modi) IMPURO.

Esso è presente, nella pericope odierna, ben 6* volte (cf. Mc 7, 2.5.15.21.23), ma se leggessimo l’intero capitolo 7 secondo Marco, le volte in cui il concetto di “impurità” è espresso salgono a 9* (in aggiunta ai sopracitati versetti cf. Mc 7, 18.20.25). *È bene far presente, per la precisione, quanto segue. Leggendo o ascoltando il testo evangelico in italiano, questa “impurità” è presente 6 volte (pericope odierna), ovvero 9 volte (Mc 7), così come abbiamo appena riportato. Nondimeno non è così nel testo originario greco. Difatti in due occasioni non è esattamente preciso tradurre con «impurità» e «impuro», poiché i termini maggiormente puntuali dovrebbero essere «fornicazioni» («Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità [porneīai appunto «fornicazioni»], furti, omicidi» – Mc 7, 21) e «immondo» («Una donna, la cui figlioletta era posseduta da uno spirito impuro [akátharton appunto «immondo»], appena seppe di lui, andò e si gettò ai suoi piedi» – Mc 7, 25). Al netto di questi due episodi, il termine greco usato nelle, a questo punto, 5 volte (pericope odierna), ovvero 7 volte (Mc 7) è sempre, come adesso vedremo, lo stesso

- Pubblicità -

Il termine greco adoperato nel testo evangelico per «impuro» è koinós (o nella forma verbale koinóo) che nella sostanza significa ben altro. -Ci perdoni il lettore per la brevità del commento presente. Il termine greco in analisi, infatti, è assai decisivo nella Scrittura, e nello specifico nel Nuovo Testamento, e meriterebbe un’ampia ed approfondita analisi (cf. At 2, 42-47 [la cosiddetta koinonía]). Tuttavia, nel nostro scritto, offriamo solo un minimo e puntuale spunto esegetico, ben consci di come su questo tema ci sia molto e molto da sviscerare e meditare
Difatti koinós (ovvero koinóo) intende nello specifico il significato proprio di «comune» (ovvero «rendere comune»).

Ebbene, come si arriva a far significare «impuro» ciò che significa «comune»? Come si passa, o come si arriva, dal «comune» all’«impuro», da koinós a koinós?
Se pensiamo alla situazione sociale pandemica che da circa un anno e mezzo il mondo sta vivendo, non è difficile darsi una risposta: l’“impurità” del coronavirus COVID-19 si combatte evitando la vita in “comune”.

Che riflessioni, quindi, possiamo rendere a fronte di questo?
Proviamo a manifestarne alcune.

Vogliamo caratterizzare una prima riflessione dandole, appunto, una accezione sociale.
Trovarsi a vivere e ad interagire in un contesto e in un panorama collettivo, comunitario, koinós appunto, non esenta il singolo dall’assumersi la propria responsabilità.
Il famigerato “bene-comune” (di cui tutti si riempiono la bocca, ma non v’è al mondo principio, ovvero obiettivo, più vituperato), infatti, è raggiungibile, ovvero avvicinabile, solo e soltanto se gutta cavat lapidem («la goccia scava la pietra»), solo se ogni singolo apporta il suo piccolo contributo, senza farsi frenare dalla scusa di considerare la propria singolarità una inutilità -quante volte infatti a ciascuno di noi capita di dire: «Tanto io sono uno, e uno in più uno in meno…che differenza fa?» o, peggio, evitando fortemente, e civilmente, di adagiarsi in quel becero, cinico ed incivile lassismo, in cui ogni responsabilità e dovere spettano solo all’altro, agli altri, al koinós insomma, mentre «a me spettano solo diritti».
Il «comune» (koinós), quindi, di per sé è «impuro» (koinós), di per sé è “male-comune” è “impuro-comune”, poiché dietro questo concetto, o entro questo concetto di «comune», è istintivo, è comodo, è indubbiamente naturale nascondersi o astenersi; adagiarsi o adeguarsi; rendermi, diciamo pure, «impuro» (cf. At 5, 1-11).
Solo con l’azione decisiva del singolo, perciò, azione questa caratterizzata dall’esporsi in volontà, scomodità, innaturalità, diciamo pure in purezza -come non concordare sul fatto di come la purezza sia figlia della volontà, della scomodità, dell’innaturalità, il «comune» (koinós) può dissociarsi dall’«impuro» (koinós) e divenire «bene-comune»/«puro-comune».

Alla seconda riflessione vorremmo dare carattere teologico.
La Verità (che è indubbiamente una purezza, la Purezza –Sappiamo, comunque, come la Verità non sia una espressione ideologica e filosofica ma una Persona: Gesù Cristo (cf. Gv 14, 6) non viene da ciò che fanno tutti; men che meno viene da ciò che pratica o stabilisce la maggioranza.
La Verità (ovvero la Purezza), spesso, molto molto spesso, non fa rima con koinós («comune») e conformarsi all’uso «comune» (koinós) per inerzia o, peggio, per vergogna (cf. Mc 8, 38), rinnegando il proprio credo, la propria fede, rinnegando Gesù Cristo Figlio di Dio: non v’è cosa più «impura» (koinós).
Proviamo a tradurre l’ultimo versetto della pericope odierna in maniera letterale:

«Tutte queste cose cattive [fornicazioni, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza] vengono fuori dall’interno e rendono COMUNE l’uomo» (Mc 7, 23).

La nostra fede (cattolica in Gesù Cristo Figlio di Dio), spesso, molto molto spesso, ci chiede di dissociarci dalla verità comune, che non di rado possiamo affermare essere effettivamente «impurezza comune».
Il cattolico, infatti, non deve essere «comune» (koinós), bensì deve distinguersi, deve farsi riconoscere, finanche farsi odiare (cf. Gv 7, 7; Mt 5, 11) da tutto quello che è «impuro» (koinós), poiché da che mondo è mondo il «Tanto lo fanno tutti» non ha mai fatto rima con «rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Mc 8, 34. Cf. Mt 16, 24; Lc 9, 23).

Fonte

Per gentile concessione di Fabio Quadrini che cura, insieme a sua moglie, anche la rubrica ALLA SCOPERTA DELLA SINDONE: https://unaminoranzacreativa.wordpress.com/category/sindone/