Fabio Quadrini – Commento al Vangelo di domenica 20 Dicembre 2020

Il passo odierno del Vangelo è un brano notissimo e assai familiare a ciascuno di noi, circa il quale proporre commenti diviene quasi “pericoloso”.
Difatti, con riguardo all’annuncio della nascita di Gesù è stato detto (cf. ECCO), e viene detto, moltissimo (cf. I CAPITOLI DELL’INFANZIA), tanto dagli studi esegetici quanto dagli omileti domenicali, e il fatto di scavare e scavare entro questo episodio, per cercare di essere ogni volta “originali”, rischia di condurre il presuntuoso commentatore ad una disastrosa eisegesi. -Col termine “es-egesi” (dal greco ex-egéomai, ovvero «condurre-da») si intende quel processo interpretativo del Testo Sacro, volto a scrutare, e quindi a “recuperare/riconoscere”, i sensi profondi, intimi o celati della Parola di Dio. Col termine “eis-egesi”, invece (dal greco eis-egéomani, ovvero condurre-verso) la direzione è esattamente l’opposto, alla stregua di una “forzatura interpretativa” cucita artatamente dal commentatore attorno al Testo Sacro, a cagione di incompetenza o anche, purtroppo, di tornaconto. Infatti con l’esegesi il commentatore lascia che sia il Testo a parlare, mentre con l’eisegesi è il commentatore che parla, ovvero che “mette in bocca” al Testo non quello che quest’ultimo effettivamente, o nascostamente, dice, ma ciò che il commentatore vorrebbe che il Testo dicesse

Cercando di non cadere nei tranelli dell’eisegesi, cerchiamo di soffermarci al versetto di Lc 1, 29:
«A queste parole [pronunziate dall’angelo Gabriele] ella [Maria] fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo».

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Grotta di Nazaret – Basilica dell’Annunciazione – Israele


Vorremmo, nel nostro breve intervento, mettere in relazione tale riga con quella che descrive, invece, l’approccio che, in precedenza, ebbe, al cospetto dell’angelo, Zaccaria:
«Quando lo vide, Zaccaria si turbò e fu preso da timore» (Lc 1, 12).
È noto che Zaccaria rimase muto dopo il dialogo con l’angelo, perché non credette alle parole del divino messaggero (cf. Lc 1, 20), mentre Maria, al contrario, manifestò a Gabriele la sua piena disponibilità ad accogliere la sua pronunzia (cf. Lc 1, 34.38).
Tuttavia, andiamo al testo greco originale del Vangelo, per cercare di scrutare qualche particolare dettaglio.

Partiamo da Zaccaria.
Letteralmente il versetto di Lc 1, 12 si potrebbe rendere così:
«Zaccaria, vedendo [l’angelo], fu turbato (etaráchthe) e lo spavento cadde sopra (epépesen) sopra a lui (ep’ autón)».
Mettiamo in evidenza la formula verbale «fu turbato», che in greco è resa col verbo tarásso, che intende propriamente «turbare/sconvolgere».
L’altra espressione sottolineata, in greco è data dal verbo epi-pípto che letteralmente è così come appena dato, ovvero «cadde (pípto) sopra (epi)».
Da notare come la preposizione epi sia presente tanto nella composizione epi-pípto quanto, da sola, esattamente appena dopo («sopra [epi] a lui [auton]»), quasi a rafforzarsi: come se su Zaccaria, la parola dell’angelo non cadde come pioggia che impregna la terra (cf. Is 55, 10-11), ma precipitò come macigno che schiaccia e tramortisce.

Ora passiamo al versetto che riguarda Maria (Lc 1, 29), proponendo anche per questo una versione letterale:
«Ella, sulla parola [pronunziata dall’angelo], fu attraversata da turbamento (dietaráchthe) e fu attraversata da un ragionamento volto a calcolare (dielogízeto) da quale paese (potapòs) fosse questo saluto».

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La Grotta di Nazaret (Basilica dell’Annunciazione, Israele) – la Camera di Loreto (Santuario della Santa Casa, Italia)


Rispetto a Zaccaria la prima differenza che notiamo in Maria è che il suo turbamento non è meramente tarásso, ma è dia-tarásso, ovvero un turbare che non rimane “esterno”, assumendo la condizione di “ostacolo che sbarra la strada” (macigno che schiaccia e tramortisce) ma diviene “interno”, ovvero viene accolto/accettato da Maria, come se questa permettesse al turbamento (tarásso) di agire in lei (dia), divenendo non impedimento che blocca, bensì “scossa che spinge/muove/attiva” (pioggia che impregna la terra; che permette alla terra di germogliare. Cf. Lc 1, 39: «In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda»). -La preposizione greca epi vale letteralmente «sopra»; la preposizione dià esprime propriamente «attraverso»
La seconda differenza che ci permettiamo di notare, segue il tracciato che abbiamo or ora indicato.
Il turbamento “interno” di Maria la porta a scuotersi, a ragionare, a considerare.
Il fatto che ella sia turbata, infatti, non diviene per lei un’angustia che la serra, bensì un domandarsi come può porsi al cospetto di tale turbamento, ovvero come può sciogliere e risolvere questo turbamento.
È straordinario come Maria, lasciando che il turbamento l’attraversi (dia-tarásso), quindi accogliendo/accettando il turbamento, riesca ad assorbirlo e a mutarlo da momento negativo ad impulso positivo, in quanto il suo animo passa dall’essere attraversato dal turbamento, all’essere pervaso dalla volontà di comprensione (dia-logízomai) di tale turbamento. -Interessante notare come in Zaccaria la preposizione caratterizzante e ribadita sia epi («sopra»), mentre in Maria sia dià («attraverso»). Il Signore, invero, pur se Altro, e “Alto” (epi), dall’uomo, non è Altro nell’uomo, poiché Egli, attraverso (dia) l’uomo (Maria è una donna, ma con “uomo” si intende “essere umano”, così come con “fratelli” si è inteso da sempre, e senza che nessuno mai lo abbia contestato o messo in discussione, “l’intera comunità dei fedeli”. Eppure attualmente il cosiddetto “gergo inclusivo” sembra divenuto imprescindibile, anche nella Liturgia), si è fatto uomo; poiché Egli interviene nella storia per e con (dia) l’uomo
Interessante riflettere, poi, sull’espressione «da quale paese», in greco potapòs/podapós (molto più forte della traduzione che leggiamo o ascoltiamo: «che senso avesse»), poiché ci consente di ipotizzare, o anche di immaginare, come Maria fosse giunta immediatamente a comprendere come il saluto di Gabriele non potesse appartenere ad una formale cortesia terrena, ma fosse portatore di un sotteso mistero divino, “di un altro paese” appunto. -Nella traduzione letterale che abbiamo sopra proposto («fu attraversata da un ragionamento volto a calcolare (dielogízeto) da quale paese (potapòs)») ci è piaciuto usare il termine «calcolare» sia perché logízomai vale, come primo significato, proprio «calcolare/contare», sia anche perché nella parola pot-apòs/pod-após è possibile ascoltare il nome «piede/passo» (in greco poús, podós), quasi che Maria si fosse disposta tecnicamente a contare la distanza fra il finito e l’Infinito, la distanza fra i Suoi (del Signore) e i nostri metodi (dove méth-odos in greco significa esattamente «via che si percorre»); o come se a Maria fosse stata concessa la facoltà di misurare l’Incommensurabile, e le fosse stato porto l’invito a computare l’Eterno, lei che effettivamente è stato il tramite che ha reso determinato l’Ineffabile

Come chiudere il commento odierno?
Avremmo da dire moltissimo, ma ci piace terminare nel seguente modo.
Nel Vangelo secondo Giovanni c’è un avverbio su cui si gioca l’intero Testo: póthen, ovvero «da dove» («Ma costui sappiamo di dov’è [póthen]; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove [póthen] sia» – Gv 7, 27).
Ebbene, Maria è proprio quel tramite che conduce al “Luogo” -Il versetto di Lc 1, 29, infatti, sembra che si giochi tutto e proprio sul tema del “moto/muoversi”, ovvero sul tema del “cammino” (dia + poús-podós). Invero Maria è la “donna in cammino”, la “donna del cammino”, così come l’esperienza del cammino era propria per il popolo di Israele (cf. Sal 106, 9). E il cammino è una delle caratteristiche principali che ha imperniato la predicazione di Gesù (cf. Lc 13, 33). E il concetto di “cammino” è imprescindibilmente legato al concetto di “luogo”: lei che non ha rigettato alcun turbamento, ma se ne è sempre fatta carico; lei che accogliendo ed accettando, nel nome del Signore, ogni turbamento, ha reso prossimo l’Altissimo, tanto a sé stessa, quanto a noi -Il termine ebraico hammakóm, ovvero «luogo», era uno dei nomi di YHWH. Dio, infatti, è l’Hammakóm per antonomasia, il primo Luogo Santo

Fonte

Per gentile concessione di Fabio Quadrini che cura, insieme a sua moglie, anche la rubrica ALLA SCOPERTA DELLA SINDONE: https://unaminoranzacreativa.wordpress.com/category/sindone/


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