Fabio Quadrini – Commento al Vangelo di domenica 16 Maggio 2021

437

Ma Gesù «fu elevato» (passivo: ha subìto l’azione compiuta da un agente – cf. Mc 16, 19), oppure “si è elevato” (riflessivo: lui stesso ha compiuto l’azione per sé stesso – cf. Gv 20, 17)?

La stessa questione potrebbe sorgere anche circa la Risurrezione: Gesù, infatti, “è risorto” (cf. Mc 16, 6), oppure Qualcuno «lo ha risuscitato» (cf. At 2, 32)?
La stessa questione, inoltre, potrebbe germogliare anche in merito all’Incarnazione: Gesù, difatti, “è stato messo al mondo” (cf. Lc 1, 31.35), oppure «si è fatto carne» (cf. Gv 1, 14; 18, 37)?

Nel versetto che questa domenica ascoltiamo o leggiamo, il verbo adoperato è analambáno:

- Pubblicità -

«Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato (anelémfthe, coniugato appunto da analambáno) in cielo e sedette alla destra di Dio» (Mc 16, 19).

Corretta, assolutamente, la traduzione, tanto come significato quanto come coniugazione passiva.
Ergo: Gesù certamente «fu elevato».

Nondimeno l’analisi del verbo in questione (analambáno appunto), ci permette di esplicare la profondità teologica che ci cela dietro questa vicenda.
Tale termine ha il suo nucleo forte nel verbo lambáno prendere»), il quale è preceduto dalla preposizione aná («su»).
Tuttavia è proprio questa piccola (e alle volte trascurabile) preposizione aná ad essere decisiva per una lettura esegetica della questione che siamo a trattare.
Tale preposizione, infatti, nella combinazione specifica con lambáno, non ha un univoco significato, bensì offre tre diverse sfumature di senso, in quanto essa opera su altrettanti livelli semantici molto molto simili, ma allo stesso tempo ciascuno con la propria e specifica particolarità e distinzione.

1 – La prima sfumatura di significato che aná produce su lambáno, è quella che abbiamo appena sopra riferito, la quale esprime chiaramente il significato base, ovvero «prendere (lambáno) su (aná)».

2 – La seconda sfumatura, però, lascia che aná valga anche «di nuovo» (quindi analambáno = «prendere di nuovo»).

3 – La terza sfumatura, infine, vuole che la preposizione aná sia intesa pure come «indietro» (quindi analambáno = «prendere indietro»).

Da ciò, risulta notevolmente interessante notare il fatto di come le tre Persone della Trinità abbiano ciascuno la propria identificazione nelle tre sfumature di senso appena identificate dalla preposizione aná.

1 – Invero, il primo senso di ana-(lambáno), ovvero «su-(prendere)», detiene un’enfasi di significato che sembra effettivamente porre l’accento sull’operare dello Spirito.
Il movimento espresso da questa preposizione-avverbio «su», infatti, riesce a farci intravvedere, in dissolvenza, l’azione che lo Spirito, mandato dal Padre per il Figlio, ha posto in essere per sollevare in cielo il Signore Gesù, affinché potesse sedere alla destra di Dio (cf. Mc 16, 19).

2 – Il secondo senso di ana-(lambáno), ovvero «di nuovo-(prendere)», invece, sembra propriamente appartenere nello specifico alla signoria del Figlio.
Il Signore Gesù Cristo, infatti, è Dio il Signore, e nell’Ascensione, invero, è Egli stesso che da sé, in sé e per sé ha operato.

3 – Il terzo senso di ana-(lambáno), ovvero «indietro-(prendere)», infine, sembra legarsi fortemente all’abbraccio di recupero del Padre.
Difatti l’Ascensione è, in senso figurato, il rientro trionfante del Signore nel Regno di Dio; la ri-unificazione, per lo Spirito (unificazione questa mai disunita in Spirito), del Figlio nel seno del Padre che lo aveva mandato.

Chiaramente non si possono sviscerare definitivamente i misteri che caratterizzano la nostra fede, tantomeno possiamo farlo in poche righe di commento, tuttavia, la risposta alla domanda iniziale (Ma Gesù «fu elevato», oppure “si è elevato”?) prevede che siano accolte validamente entrambe le opzioni, e tale duplicità è da recepirsi pienamente in egual misura e maniera, poiché i sensi che si vogliono esprimere valgono tutti e due e tutti e due hanno valore compiuto.

Invero, se si adopera il passivo («fu elevato» – cf. Mc 16, 19), l’enfasi viene posta sull’intervento che Dio Padre nel Figlio per lo Spirito ha rivolto ai meriti dell’Unigenito incarnato, morto e risorto.
La formula passiva, quindi, pone in risalto il ruolo esercitato e svolto dall’Unità Trinitaria in occasione dell’atto di gloria dell’Ascensione di Gesù.
E questo vale anche per la Risurrezione (cf. At 2, 32: «Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato»).
E questo vale anche per l’Incarnazione (cf. Lc 1, 35: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio»)

Invece l’utilizzo della formula col riflessivo (“si è elevato”), pone l’enfasi sul riconoscimento del fatto che Gesù Cristo è Dio il Signore.
La formula riflessiva, quindi, pone in risalto il fatto che l’Ascensione è scaturita intimamente dal Signore Gesù, dato che questo movimento di glorificazione è azione che appartiene solo a Dio (cf. Gv 20, 17: «Gesù le disse: “Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”»).
E questo vale anche per la Risurrezione (cf. Gv 10, 17-18: «[…] io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo»).
E questo vale anche per l’Incarnazione (cf. Gv 18, 37: «[…] Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo […]»).

Una nota su questa immagine, che esula, ma non esula, con il discorso appena fatto.
Il versetto che precede quello da noi appena analizzato («Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio» – Mc 16, 19), termina così:

«[Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome] … imporranno le mani ai malati e questi guariranno» (Mc 16, 18).

Il verbo «guariranno» nel greco originario del testo è reso con la formula kalõs éxousin (che letteralmente sarebbe: «avranno [éxousin]» bellamente/benemente [kalõs]).
Facendo un gioco esegetico, è molto curioso notare come l’avverbio in questione kalõs (a caratteri greci καλῶς) si scrive con le medesime lettere di un sostantivo, ovvero kálos (a caratteri greci κάλως). E questo sostantivo si traduce con «corda/fune».
Proviamo, ora, a tradurre il passo del versetto in questione, mettendo il sostantivo al posto dell’avverbio:

«[Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome] … imporranno le mani ai malati e questi avranno corda».

Ebbene, anche da un gioco possiamo trarre spunti esegetici profondi.
Infatti, il Signore Gesù che «fu elevato in cielo», e l’Ascensione potrebbe figurarsi per immagine proprio come l’incordarsi trinitario del Figlio al Padre per lo Spirito (cf. Mc 16, 19), è Egli stesso la corda che ci solleva dalle sabbie mobili, guarendo le nostre miserie.
Il Signore Gesù che fu asceso al cielo, è Egli stesso l’Ascensione (cf. 1Tm 2, 5) che farà elevare in cielo anche noi (sempre che a Lui rivolgiamo e tendiamo la nostra mano: difatti per noi non c’è il riflessivo, ma solo il passivo).

Fonte

Per gentile concessione di Fabio Quadrini che cura, insieme a sua moglie, anche la rubrica ALLA SCOPERTA DELLA SINDONE: https://unaminoranzacreativa.wordpress.com/category/sindone/