Esegesi e commento al Vangelo di Domenica 5 Maggio 2019 – p. Rinaldo Paganelli

È IL SIGNORE

La sorpresa dell’incontro

Si può pensare all’esclamazione del discepolo amato: «È il Signore!», come al cuore di questa domenica. Questo riconoscimento è la fonte della lode e dell’adorazione del vero Dio (Ap 5,12) e quindi il ripudio di ogni idolatria. Si tratta della terza apparizione di Gesù risorto ai suoi, e avviene sul lago che è stato lo scenario della chiamata dei primi discepoli (Mt 4,18) e della moltiplicazione dei pani (Gv 6). Nei sette discepoli riuniti è rappresentata la Chiesa nella sua pienezza. È presente il Signore secondo la promessa di essere con i suoi fino alla fine del mondo (Mt 28,20). Personaggi diversi interagiscono. Giovanni emerge con l’espressione semplicissima, egli dice: «È il Signore» (v. 7). Colui che per primo «vide e credette» (Gv 20,8), anche questa volta è il primo a riconoscere e a confessare il Cristo. La sua presenza nei racconti della risurrezione è decisiva per la crescita nella fede del Risorto.

La complicità della azioni

Pietro invece sembra assumere la dimensione della ministerialità, è lui che prende l’iniziativa di andare a pescare. Non è il migliore forse, ma ciò che conta è che ha scelto, dopo di che ognuno deve seguire la propria strada senza troppe domande sulla strada dell’altro. Non abbiamo bisogno di troppe spiegazioni su come Dio agisca, ma abbiamo bisogno di fedeltà alla sua azione. Il terzo personaggio del racconto è Gesù. Colpisce il modo progressivo del suo rivelarsi, e permette a ciascuno di riscoprire la propria vocazione, purificandola e ridimensionandola alla luce degli ultimi avvenimenti. Ancora una volta il Risorto si manifesta ai discepoli nella quotidianità; li raggiunge lì dove sono sempre stati e dove sono ancora. Il cuore amante di Giovanni fa sì che tutti possano riconoscerlo; lo incontrano attraverso la strada del cuore, la sola che può passare per i meandri a volte troppo oscuri della ragione. Un cuore che ama è un cuore attento, che vive in comunione con l’amato, che ha assimilato in sé la voce, i gesti, e per questo oltre a riconoscerlo è capace di annunciarlo.

La normalità del servizio

Ancora una volta il Signore Gesù è tra i suoi come Colui che serve, prepara da mangiare perché sa che i discepoli hanno faticato tutta la notte senza prendere nulla, serve il cibo che ha preparato per loro e chiede di mangiare anche quello che Lui gli ha regalato con una pesca abbondante, come a dire che nessuna fatica è vana, nulla di ciò che sembra perduto rimane senza speranza. E poi la professione di fede: Pietro l’impetuoso e il pauroso, il forte e il ribelle, colui che si getta in mare per raggiungere il Signore, confessa per tre volte il suo amore. Il racconto comincia con un fatto concreto, la pesca, e termina con un’immagine, quella del pastore del gregge. È attraverso la coscienza dell’amore che va oltre un puro sentimentalismo che si diventa pastori del gregge. L’essere annunciatori della buona notizia passa attraverso l’amore per Lui, ci rende pastori e guide in virtù del suo amore e della sua misericordia che ci dona senza riserve e per sempre.

La forza di una presenza

Nella pesca si rivela la presenza di Gesù, e questo sconfina nell’immagine perché la vera pesca non è opera di Pietro e delle sue scelte, ma dipende da una parola diretta di Cristo Gesù. Tra i fatti e le immagini si colloca il banchetto. Un dato tipicamente pasquale. Qui è Gesù che prepara da mangiare. Mentre la Chiesa vive la sua dimensione missionaria, il Cristo imbandisce la tavola e ad ogni pesca c’è del pesce fresco che viene aggiunto al pesce di sempre. La Chiesa ha preso il suo ritmo, come ricorda la lettura dell’Apocalisse. I 153 grossi pesci sono divenuti miriadi e miriadi (v. 11), dal silenzioso riconoscimento di Cristo Gesù si arriva al canto trionfale dell’Agnello (v. 12), al quale partecipano le creature (v. 13). L’unità della Chiesa è garantita dalla sequela di coloro che, stretti intorno a Pietro, ne condividono la fatica apostolica (cfr. 1Pt 2,4). C’era stata un’altra notte di vana fatica (Lc 5,11), quando Pietro aveva però gettato le reti «sulla Parola» del Signore e queste si erano riempite. Vana infatti è la fatica fatta nella notte dell’assenza di Gesù, mentre diventa feconda di bene quella fatta nella sua Parola, per cui è l’accoglienza della predicazione che porta la salvezza al mondo (cfr. 1Cor 1,20-31).

PER IL CONFRONTO NEL GRUPPO

  • Come si manifesta la presenza del Signore nel vostro gruppo?
  • Che cosa chiede ad ognuno di noi per rendere viva la comunità?

IN FAMIGLIA

È normale che in famiglia chi ha la responsabilità chieda che vengano fatte determinate cose, per il buon andamento della vita quotidiana.
Ed è normale che qualche volta ci siano resistenze.
Fermiamo l’attenzione su un gesto richiesto e compiuto magari controvoglia, ma che poi ha portato risultati positivi.
Lo analizziamo per mettere in luce e non disperdere tutto il positivo che è emerso.

p. Rinaldo Paganelli

Tratto da: Stare nella domenica alla mensa della Parola, Anno B – ElleDiCi | Fonte

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