Esegesi e commento al Vangelo di Domenica 5 Gennaio 2020 – p. Rinaldo Paganelli

Siamo rinviati alla sorgente

La Chiesa propone il Prologo del IV Vangelo, mirabile sintesi del mistero dell’Incarnazione, perché è attenta a non lasciarci disperdere nell’emotività, facendoci ritornare al significato esistenziale del Natale. «In principio..»: è necessario risalire alla sorgente, nel seno stesso della Trinità, per cogliere tutto lo spessore di fatti che a occhio umano appaiono tanto poveri e disadorni come lo era la grotta che accolse il Bambino Gesù a Betlemme. Solo così si può scoprire la preesistente grandezza divina del Figlio di Maria e al tempo stesso la sua condiscendenza nei nostri confronti, per arricchirci della sua divinità. San Giovanni, parlando del Verbo, rievoca un segno biblico molto eloquente, quello della tenda che Dio stesso aveva posto tra le tende del suo popolo in cammino verso la terra promessa, per indicare la sua presenza, la «Gloria di JHWH», la santa dimora dell’Altissimo. Ora la tenda e il nuovo tempio è questo bambino Gesù, con la sua fragile carne, nella quale «abita corporalmente tutta la pienezza della divinità» (Col 2,9); egli è «l’Emmanuele, Dio con noi» (Mt 1,23).

Incontriamo il Verbo che condivide la nostra fragilità

«E il Verbo si fece carne» significa non solo che ha assunto la nostra vera e concreta umanità, ma anche che ha condiviso in pieno con noi la stessa vicenda di fatica, di sofferenza e di morte. Pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio essere come Dio, ma svuotò se stesso facendosi simile agli uomini. In Cristo si rivela la sapienza di Dio perché solo lui apre all’uomo il segreto di Dio, il suo disegno creatore e salvifico, solo lui media concretamente l’incontro tra l’uomo e il suo ideale, secondo il progetto di Dio. Il mistero dell’incarnazione comprende la scelta, da parte del Verbo divino, di condividere fino in fondo la fragilità e le sofferenze che caratterizzano la vita dell’uomo sulla terra. Assieme al tema dell’incarnazione viene ripreso quello della creazione, un pensiero già presente nelle letture ebraiche, in particolare nel libro del Siracide da cui è tratta la prima lettura. Infatti Pr 8 e Sir 24 presentano la Sapienza come colei che è stata creata da Dio prima di ogni cosa, che abita presso Dio e con gli uomini, che entra nella storia del popolo di Israele e che prende una stabile dimora nella legge data da Mosè. In questo caso la Sapienza divina viene intesa come rivelazione in cui si può conoscere compiutamente la volontà divina e di conseguenza anche il senso del cosmo che da essa è scaturito.

Siamo attratti verso l’assoluto

Cosmo e storia sono un tutt’uno nella mente di Dio. Per lui liberare le bellezze del creato dal caos primordiale e liberare l’uomo dalla dispersione del male è un gesto solo, quello di colui che manifesta la sua gloria creando bellezza e promuovendo libertà per un’armonia cosmica e spirituale che celebri la sua gloria. Il vertice di santità a cui il Verbo vuole condurre la vita umana diventa luce. Egli attira l’uomo verso l’alto perché cada in alto. Essere nella luce vuol dire essere in una comunione che rivela le vere forme delle cose e delle persone contenute nel pensiero divino, e promuove una iniziazione alla bellezza voluta da Dio, senza misconoscere la lotta tremenda che esplode tra la luce e le tenebre, tra il bene e il male.

Prendiamo parte alla vita divina

Ciò che Cristo rivela è grande ma non utopico, è difficile e richiede lotta, ma non è impossibile. La posta in palio è unica: «Diventare figli di Dio… da Dio generati». La condizione posta è raggiungibile: infatti, basta accogliere. Questa semplice disposizione che fa l’uomo grande è una disposizione attivamente «passiva». Dio crea cose mirabili con una creta che si impasta bene. Non vuole annullare la libertà umana, ma piuttosto affermare il senso dell’essere uomini. Accogliendo e prendendo parte alla vita divina e attingendo a questa sorgente di amore infinito, possiamo amare come Dio ama. La memoria sapienziale delle opere di Dio ci fa riconoscere Cristo come unica consistenza e unico senso della vita dell’uomo. Il grande fallimento nostro è, perciò, la dimenticanza. Quando viene meno la memoria delle grandi opere di Dio prendono il sopravvento la superficialità del presente e l’incredulità. Sant’Ireneo ripeteva: «Dio si fa uno di noi per fare ognuno di noi uno di lui».

PER IL CONFRONTO NEL GRUPPO

– Che cosa ti spaventa maggiormente della fragilità umana?
– Quali doni di Dio riconosci presenti nella tua vita?

IN FAMIGLIA

Le luci in questi giorni non mancano, ma Cristo Gesù è la luce vera che dà vita, splende nelle tenebre e illumina.
Regalati un po’ di tempo con la tua famiglia per guardare la luce, ringraziare per la luce, meravigliarti per la luce…

p. Rinaldo Paganelli

Tratto da: Stare nella domenica alla mensa della Parola, Anno C – ElleDiCi


Letture della
II Domenica dopo Natale – ANNO A
Colore liturgico: BIANCO

Prima Lettura

La sapienza dio Dio è venuta ad abitare nel popolo eletto.

Dal libro del Siràcide
Sir 24,1-4.12-16, NV 24,1-4.12-16

La sapienza fa il proprio elogio,
in Dio trova il proprio vanto,
in mezzo al suo popolo proclama la sua gloria.
Nell’assemblea dell’Altissimo apre la bocca,
dinanzi alle sue schiere proclama la sua gloria,
in mezzo al suo popolo viene esaltata,
nella santa assemblea viene ammirata,
nella moltitudine degli eletti trova la sua lode
e tra i benedetti è benedetta, mentre dice:
«Allora il creatore dell’universo mi diede un ordine,
colui che mi ha creato mi fece piantare la tenda e mi disse:
“Fissa la tenda in Giacobbe e prendi eredità in Israele,
affonda le tue radici tra i miei eletti” .
Prima dei secoli, fin dal principio,
egli mi ha creato, per tutta l’eternità non verrò meno.
Nella tenda santa davanti a lui ho officiato
e così mi sono stabilita in Sion.
Nella città che egli ama mi ha fatto abitare
e in Gerusalemme è il mio potere.
Ho posto le radici in mezzo a un popolo glorioso,
nella porzione del Signore è la mia eredità,
nell’assemblea dei santi ho preso dimora».

Parola di Dio

Salmo Responsoriale

Sal 147

Il Verbo si è fatto carne e ha posto la sua dimora in mezzo a noi.

Celebra il Signore, Gerusalemme,
loda il tuo Dio, Sion,
perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte,
in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli. R.

Egli mette pace nei tuoi confini
e ti sazia con fiore di frumento.
Manda sulla terra il suo messaggio:
la sua parola corre veloce. R.

Annuncia a Giacobbe la sua parola,
i suoi decreti e i suoi giudizi a Israele.
Così non ha fatto con nessun’altra nazione,
non ha fatto conoscere loro i suoi giudizi. R.

Seconda Lettura

Mediante Gesù, Dio ci ha predestinati a essere suoi figli adottivi.

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini
Ef 1,3-6.15-18

Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo,
che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo.
In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo
per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità,
predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo,
secondo il disegno d’amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia,
di cui ci ha gratificati nel Figlio amato.

Perciò anch’io [Paolo], avendo avuto notizia della vostra fede nel Signore Gesù e dell’amore che avete verso tutti i santi, continuamente rendo grazie per voi ricordandovi nelle mie preghiere, affinché il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui; illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi.

Parola di Dio

Vangelo

Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi.

Dal vangelo secondo Giovanni
Gv 1,1-18

[In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste.
In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta.]
Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui.
Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce.
[Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe.
Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto.
A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità.]
Giovanni gli rende testimonianza e grida: “Ecco l’uomo di cui io dissi: Colui che viene dopo di me mi è passato avanti, perché era prima di me”.
Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia.
Perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito,
che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato.

Parola del Signore

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