don Pietro Pratolongo – Commento al Vangelo di domenica 19 Aprile 2020

Verifichiamo la nostra fede nella resurrezione

La celebrazione della festa di Pasqua continua, come fosse un giorno solo, per 50 giorni fino a Pentecoste. I Padri della Chiesa chiamavano questo tempo «lo spazio della gioia, della letizia». La motivazione di questa espressione la troviamo nel linguaggio apostolico, con cui i discepoli e gli Apostoli percepirono e trasmisero la resurrezione di Gesù come il «Risorto dai morti».
L’esperienza vissuta con il Risorto, che si manifestava, ruppe le loro paure. Gesù entrò a porte chiuse, rivelandosi come il «primogenito dei morti» (Col.1,18 ; Ap.1,5), il «primogenito fra molti fratelli» (Rm8,29), la «primizia di coloro che sono morti» (1Co.15,20.23), «L’Autore della vita» (At.3,15), Egli venne da loro e disse «Pace a voi».

Gli Apostoli hanno sperimentato la resurrezione di Gesù come inizio dei tempi messianici che l’ebraismo di allora intendeva come la fine della storia e collettiva resurrezione di tutti i morti. Erano dunque compiuti in Gesù i tempi messianici! Per la loro esperienza pasquale Dio resuscitando Gesù aveva dato inizio a qualcosa che riguarda tutti, una nuova creazione. Resuscitando Gesù Dio aveva fatto una cosa che lega indissolubilmente la resurrezione di Gesù con quella di tutti i morti (1Ts.4,14), essi si sentirono personalmente coinvolti e, noi con loro, nel processo della resurrezione di Gesù.

Non per nulla Gesù compie un gesto: «soffiò su di loro e disse “ricevete lo Spirito Santo”». Tale gesto rimanda all’atto creatore della Genesi dove si dice: «Dio soffiò nelle sue narici un alito di Vita e l’uomo divenne un essere vivente». È la Nuova Creazione, è la nuova creatura, che vive del Soffio vitale di Dio, lo Spirito santo! È il tempo nuovo dell’uomo nuovo, della «nuova Alleanza», promessa dal profeta Geremia (31,31). Il Risorto non viene descritto privo di corpo, Egli porta il segno dei chiodi e del colpo di lancia, é Lui, proprio Lui, il Maestro di Galilea, il figlio di Maria, Gesù di Nazaret ma in un corpo trasformato. La resurrezione non é una spiritualizzazione ma la redenzione della nostra corporeità liberata da ogni corruzione di peccato e di morte. In Gesù risorto tutto l’essere umano è redento!

Gli Apostoli non hanno incontrato un fantasma, non uno spirito incorporeo, ma Gesù in tutta la sua gloria. E i discepoli «gioirono al vedere il Signore». La Pasqua è la causa della nostra letizia. L’esperienza dell’Apostolo Tommaso é così sintetizzata da S. Agostino nel suo Commento al Vangelo di Giovanni: «Gli rispose. Signore mio e Dio mio! Vedeva e toccava l’uomo, ma confessava Dio che non vedeva né toccava. Attraverso ciò che vedeva e toccava, rimosso ormai ogni dubbio, credette a ciò che non vedeva». Vedeva l’uomo Gesù risorto e forse in quel momento, ricordando, comprendeva la risposte data da Gesù a Filippo che gli aveva chiesto: «mostraci il Padre..» con il detto: «chi vede me vede il Padre».

Tommaso comprese che nel Maestro risorto, nella sua carne trasformata, Dio dava sostanza alla sua fede (Gv.14,8-11). Per Tommaso la «carne di Gesù glorificata», la «carne assunta da Maria», vista e toccata, diventa il luogo della fede, come accade a tutti noi nell’Eucarestia, vediamo e tocchiamo pane e vino, ma confessiamo nella fede il vero corpo e sangue del Signore Gesù. È il realismo che l’apostolo stesso afferma nella sua prima Lettera: «quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi…» (1Gv,1-4)

Viviamo con gioia questi 50 giorni alla luce di quanto ci suggerisce Tertulliamo nella sua opera sul Battesimo. «È lo spazio gioioso (laetissimum) nel quale la resurrezione del Signore si è manifestata fra i discepoli, la grazia dello Spirito Santo si è rivelata, e la speranza della venuta del Signore è manifestata in figura». La Liturgia ambrosiana canta questa antifona di origine bizantina: «Le mani siano pure e avremo parte al dono che ci trasforma il cuore».
La Pasqua è l’annuale verifica della fede nella resurrezione, Cristo non è un fantasma, un mito, un buonista, un maestro di morale ma il Vivente operante in mezzo a noi. Egli si fa toccare nell’esperienza della fede, da cui sorge il cuore trasformato.

Non per nulla l’Evangelista Giovanni conclude il racconto di Tommaso con queste parole: «questi (fatti) sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo e perché , credendo (giorno dopo giorno) abbiate la vita nel suo nome» (Gv.20,31).

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don Pietro Pratolongo, parroco di Pontremoli e preside della Scuola di formazione teologico-pastorale della diocesi di Massa Carrara Pontremoli.

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