don Marco Pozza – Commento al Vangelo di domenica 18 Aprile 2021

L’intoccabile chiede d’essere toccato

Ritorna dagli amici vestito da spiga, Lui che se n’era andato via vestito da chicco di grano. E’ il medesimo, l’identica persona, lo stesso gigantesco Amore: lo aveva (pre)detto che «se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane da solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12,24). Cadere a terra, venire sepolto sotto terra, poi marcire: non per il gusto macabro di morire, ma per il sogno nascosto di tramutarsi in una spiga, la spiga più bella. (Diospiga bellissima, ora pro nobis!) Loro, quando udirono la storiella, forse fecero cenni col capo a mò d’apertura, o forse non ci dettero più di tanto peso (“E’ una delle tante storie del nostro amico narratore. E’ per gli altri” si saranno detti tra di loro gli amici): di certo non acciuffarono al volo il nettare di quel messaggio.

Erano, pure loro, uomini da tutto-e-subito: il sugo di pesce pronto, la ricetta di una torta veloce, una cena surgelata, la fotocamera istantanea. Lui, Chicco aspirante Spiga, s’intestardì nell’insegnare loro l’arte della pazienza. Quando sentiva di fallire il bersaglio, si ripeteva che occorreva tanta pazienza per imparare bene la pazienza: nel frattempo, si mostrò Re della pazienza. D’allora ogni potere umano è composto di tempo (tanto) e pazienza (altrettanta): perdere la pazienza, Cristo lo sa bene, significa perdere la guerra, anche la testa. La guerra, però, è tutta da vincere: una battaglia si può anche perdere, ma la guerra quella no. E nella guerra, un sorriso può fare molto, anzi moltissimo, certamente di più di uno sghignazzo: «Perchè siete turbati, e perchè sorgono dubbi nel vostro cuore?» La spiga non è un fantasma, è il chicco che ha mantenuto la promessa di diventare grande.

Anche da Risorto, come quand’era in vita, soffre per l’incredulità degli amici suoi. Oggi ancora più di ieri, perchè la croce Gli è passata sopra come un trattore nelle ossa. Patisce – è la seconda passione del Cristo, tutt’ora in corso d’opera – che alla morte gli amici ci abbiano creduto così tanto da scappare via sotto la contraerea delle minacce, delle ritorsioni, dei dubbi. La risurrezione, invece, non è materia affidabile per loro, pare ancora un espediente lasciato per soffrire meno il viaggio d’addio, sembra fuffa in confronto al rumore dei chiodi. Dunque, Cristo, che facciamo? “Il maggior disprezzo che io conosca è quello di lasciare qualcuno morire di dubbi. A maggior ragione se amico!” ribatte all’interlocutore esitante. Per questo ricomincia: riprende dalla materia-prima di comprensione per uomini avvezzi al pesce. Ricomincia dal pesce la festa del grande ritorno dell’Amico. A Gennesaret, quella volta, il Chicco disse ai pescatori di abbandonare tutto e di andare dietro a Lui. Stavolta, stessa storia, ma vestito da Spiga: «Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho».

L’invito a toccare, per i creduloni, parrà quasi una bestemmia: “Dio è intoccabile, bisogna mantenere le distanze del galateo. Gli va dato del Lei, cos’è tutta questa vostra confidenza, gente? É pur sempre Dio, portategli rispetto”, dicono gli scettici. Lui, invece, alza l’asticella: «Toccatemi!» L’intoccabile diventa toccabile, dopo essersi fatto mangiabile, deglutibile: prendete e mangiate(mi). Chiede d’essere toccato, perchè il tatto è una memoria, il tocco ha una sua memoria innata. Guarire è (ri)toccare con amore ciò che prima è stato toccato, o anche solo guardato, con tanta paura: «Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture». L’odore di quella pelle risorta fu per gli amici una musica da toccare: senza nemmeno toccarlo, nonostante l’invito a farlo, fu così chiaro che s’illuminò loro la vita.

“Ciao piccolo dubbio – ribattè Andrea ripensando al suo passato, alla sua fatica di credere -: adesso mi ricordo di te, di quando eri solo un piccolo dubbio. Adesso non sei più nemmeno un dubbio: è Lui!” Tornato dagli amici suoi, preme l’interruttore e accende in loro la luce della memoria. É strana la Risurrezione: è una lampada che fa luce indietro, il presente illumina il passato, la speranza riaccende la memoria. S’accorgono, tempo di una cena a base di pesce, che stando con Lui non s’illumina il futuro, ma si comprende ciò che è stato. Trovando la forza di continuare a fidarsi, visto com’è andata l’ultima volta. La spiga non è un chicco che ti abbandona, è un chicco pronto a sposarti.

Commento a cura di don Marco Pozza
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