don Lucio D’Abbraccio – Commento al Vangelo di domenica 8 Settembre 2019

Il vero discepolo!

L’evangelista Luca annota che «una folla numerosa andava con Gesù». Anche oggi sono molti coloro che camminano dietro a Cristo Signore. Però, con quale cuore si segue Gesù? Con il cuore di Pietro o con quello di Giuda? Con il cuore di Tommaso o con quello di Giovanni? È importante chiarire cosa significa seguire Cristo. La risposta la da’ Gesù stesso quando voltandosi disse loro: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo». Queste parole di Gesù sono forti e ci fanno paura. Come si fa a mettere Cristo prima del padre e della madre, prima dei figli, prima di se stessi, prima di tutto? Cristo non chiede troppo?

Noi siamo consapevoli che per il cristiano il legame d’amore con Gesù, Parola di Dio fatta carne, deve avere l’assoluta precedenza su ogni altro vincolo, anche di sangue: è Cristo che il vero discepolo deve amare con tutto il cuore, la mente e le forze. Attenzione, però, non si tratta di una richiesta totalitaria: non bisogna amare lui soltanto, ma lui più degli altri nostri amori; bisogna amare, come lui ha amato (cf Gv 13, 34; 15,12), tutte le altre persone, senza alcuna distinzione.

Noi siamo tentati costantemente di preservare la nostra vita a ogni costo, di lasciar prevalere quella terribile pulsione dell’egoismo che ci spinge a vivere, molte volte, non solo come se gli altri non esistessero, ma anche come se Gesù Cristo non ci fosse. Ebbene, il cristiano, il vero discepolo, deve comprendere che la propria esistenza trova senso solo se lascia vivere Cristo in sé (cf Gal 2, 20), al punto che per lui dovremmo essere pronti anche a dare la nostra vita. Ricordiamoci che Gesù ha detto: «Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà» (cf Lc 9, 24). Se davvero vogliamo essere discepoli di Cristo, impariamo a portare la nostra croce ogni giorno: «Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo».

Per chi vive in questo modo risulta quasi naturale rinunciare anche ai propri beni, mettendo in pratica il monito di Gesù: «Chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo». Ciò significa che i nostri averi dobbiamo saperli usare a servizio dei fratelli, di saperli condividere con gioia, senza lasciarci rendere schiavi dalla malattia del possesso e dell’avarizia. Se Gesù è davvero il tesoro della nostra vita (cf Lc 12, 34), come potremo essere ancora preda dello stupido inganno della «seduzione della ricchezza» (cf Mt 13, 22) fino a smarrire il nostro cuore dietro ad essa?

La seconda lettura è una testimonianza sulla verità di questo vangelo. È tratta da una brevissima lettera scritta da san Paolo a Filèmone. In questa epistola si parla di Onesimo, schiavo fuggito da Colossi ad Efeso, forse finito in prigione, il quale incontra Paolo e si fa battezzare. Costui vorrebbe tornare dal suo padrone ma non ha il coraggio. Così Paolo scrive questo stupendo biglietto di raccomandazione al suo amico e discepolo Filèmone, perché lo accolga come fratello. Queste parole calde, umane, scritte dall’apostolo delle genti, ci ricordano che seguire Cristo significa fare come lui ha fatto: amare, perdonare!

Chiediamo al Signore affinché ci aiuti a essere dei veri discepoli, perseveranti fino alla morte, capaci di mettere Gesù Cristo al primo posto e amare veramente il prossimo come noi stessi.

Don Lucio D’Abbraccio

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Letture della
XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C

Prima Lettura

Chi può immaginare che cosa vuole il Signore?

Dal libro della Sapienza
Sap 9, 13-18
 

Quale uomo può conoscere il volere di Dio?
Chi può immaginare che cosa vuole il Signore?
 
I ragionamenti dei mortali sono timidi
e incerte le nostre riflessioni,
perché un corpo corruttibile appesantisce l’anima
e la tenda d’argilla opprime una mente piena di preoccupazioni.
 
A stento immaginiamo le cose della terra,
scopriamo con fatica quelle a portata di mano;
ma chi ha investigato le cose del cielo?
 
Chi avrebbe conosciuto il tuo volere,
se tu non gli avessi dato la sapienza
e dall’alto non gli avessi inviato il tuo santo spirito?
 
Così vennero raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra;
gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito
e furono salvati per mezzo della sapienza

Parola di Dio

Salmo Responsoriale

Dal Salmo 89 (90)

R. Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione.Tu fai ritornare l’uomo in polvere,
quando dici: «Ritornate, figli dell’uomo».
Mille anni, ai tuoi occhi,
sono come il giorno di ieri che è passato,
come un turno di veglia nella notte. R.
 
Tu li sommergi:
sono come un sogno al mattino,
come l’erba che germoglia;
al mattino fiorisce e germoglia,
alla sera è falciata e secca. R.
 
Insegnaci a contare i nostri giorni
e acquisteremo un cuore saggio.
Ritorna, Signore: fino a quando?
Abbi pietà dei tuoi servi! R.
 
Saziaci al mattino con il tuo amore:
esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.
Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio:
rendi salda per noi l’opera delle nostre mani,
l’opera delle nostre mani rendi salda. R.

Seconda Lettura

Accoglilo non più come schiavo, ma come fratello carissimo.

Dalla lettera a Filèmone
Fm 9b-10.12-17

 
Carissimo, ti esorto, io, Paolo, così come sono, vecchio, e ora anche prigioniero di Cristo Gesù. Ti prego per Onèsimo, figlio mio, che ho generato nelle catene. Te lo rimando, lui che mi sta tanto a cuore.
 
Avrei voluto tenerlo con me perché mi assistesse al posto tuo, ora che sono in catene per il Vangelo. Ma non ho voluto fare nulla senza il tuo parere, perché il bene che fai non sia forzato, ma volontario.
 
Per questo forse è stato separato da te per un momento: perché tu lo riavessi per sempre; non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come fratello carissimo, in primo luogo per me, ma ancora più per te, sia come uomo sia come fratello nel Signore.
Se dunque tu mi consideri amico, accoglilo come me stesso.

Parola di Dio

Vangelo

Chi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 14, 25-33

In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro:
«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.
Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.
Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».

Parola del Signore

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