don Lucio D’Abbraccio – Commento al Vangelo della domenica – 23 Giugno 2019

Fate questo in memoria di me!

Celebriamo oggi la festa del SS. Corpo e Sangue del Signore. Questa solennità è strettamente collegata ai giorni del Giovedì santo e della Pasqua, che sono le feste eucaristiche per eccellenza.

La solennità del Corpus Domini nacque nel 1247 nella diocesi di Liegi, in Belgio, per celebrare la reale presenza di Cristonell’eucaristia in reazione alle tesi di Berengario di Tours, secondo il quale la presenza di Cristo non era reale, ma solo simbolica.

Il papa Urbano IV, con la bolla Transiturus dell’ 11 agosto 1264, da Orvieto dove aveva stabilito la residenza della corte pontificia, estese la solennità a tutta la Chiesa. All’anno precedente si fa risalire tradizionalmente anche il Miracolo eucaristico di Bolsena. Il suo scopo era quello di celebrare la presenza reale di Cristo nell’Eucaristia.

Le tre letture che la liturgia della parola ci propone, pongono la loro attenzione all’eucaristia come cibo per la nostra vita e come sacrificio di amore di Cristo che ci inserisce nella nuova ed eterna alleanza con il Padre.

Nella prima lettura si parla di Melchìsedek, personaggio misterioso, vissuto al tempo di Abramo, attorno all’anno 1800 a. C. A Melchìsedek, che era «re di Salem (Gerusalemme) e sacerdote del Dio altissimo», Abramo dopo aver ottenuta la vittoria contro alcuni re coalizzati contro di lui, gli porta in offerta per un sacrificio il pane e il vino, e ne ebbe in cambio la benedizione del Signore: «…benedisse Abram con queste parole: “Sia benedetto Abram dal Dio altissimo, creatore del cielo e della terra, e benedetto sia il Dio altissimo, che ti ha messo in mano i tuoi nemici”». Il sacerdote Melchìsedek era considerato dal popolo ebraico come figura dell’atteso Messia, e quindi è stato considerato dai primi cristiani come figura del Signore Gesù. Il pane e il vino offerti da questo sacerdote, non appartenente al clan di Abramo, sono stati interpretati come simbolo profetico e anticipatore del sacrificio di Gesù. Nel salmo 109, infatti, il salmista annuncia misteriosamente la venuta del Messia che sarà re e sacerdote: «Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchìsedek».

Nella seconda lettura l’apostolo Paolo, nella lettera che scrive ai Corinzi, racconta il momento dell’istituzione eucaristica, quando Gesù, «nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: “Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me”. Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: “Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me”».

Il brano del Vangelo ci presenta la narrazione della moltiplicazione dei pani e dei pesci che prefigura il dono del pane di vita che Gesù farà con il suo gesto sul pane alla vigilia della sua passione.

Gli apostoli sono appena rientrati felici dalla missione in cui hanno spezzato il pane della Parola nei villaggi, hanno fatto miracoli e hanno visto conversioni. Ora si trovano con Gesù e hanno davanti una folla immensa. Per la prima volta in Luca essi prendono l’iniziativa e pensano di dare un buon consiglio al Signore, invitandolo a congedare la folla, perché si procuri da mangiare: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo». Ma Gesù, a questa proposta risponde: «Voi stessi date loro da mangiare». Quest’ordine del Maestro li spiazza. È un comando contro il buon senso, la razionalità, dato che i discepoli non avevano altro che «cinque pani e due pesci», dunque non potevano fare quanto era stato loro richiesto.

Gesù prende allora risolutamente l’iniziativa e dice ai discepoli, che ancora non avevano compreso la potenza e la misericordia del Signore: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta. […] Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla». È fondamentale riconoscere l’importanza di questi quattro verbi: prendere, benedire, spezzare e dare. Sono gli stessi utilizzati per descrivere le azioni di Gesù durante l’ultima cena, quando egli prese il pane, cibo necessario alla vita dell’uomo; pronunciò su di esso la benedizione; lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me» (cf Lc 22, 19). Ed è significativo che i due discepoli di Emmaus riconosceranno Gesù Risorto proprio quando egli compirà queste quattro azioni (cf Lc 24, 30-31).

L’evangelista conclude dicendo: «Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste». Questa annotazione di Luca testimonia la sovrabbondanza del dono di Gesù Cristo, offerto a tutti gli uomini. Le dodici ceste ricordano le dodici tribù d’Israele della vecchia Alleanza e i dodici apostoli della nuova.

I dodici, dunque, senza saperlo, fanno esperienza di quello che sarà il loro compito fondamentale, dopo la risurrezione: spezzare per i fratelli il pane della Parola e il pane dell’Eucaristia. Non devono preoccuparsi della quantità, perché il Signore provvede in abbondanza, basta che essi credano in lui e facciano quello che lui dice.

Cristo è «il pane vivo disceso dal cielo, se uno mangia di questo pane vivrà in eterno» (cf Gv 6, 51). Crediamo che nell’Eucaristia è presente realmente Gesù in Corpo, Sangue, Anima e Divinità? E se ci crediamo e siamo convinti di questo, perché durante il momento della distribuzione della Comunione molte persone non si avvicinano per ricevere il Corpo del Signore? Ciò deve farci riflettere con quali sentimenti veniamo in Chiesa e con che stato d’animo partecipiamo alla celebrazione Eucaristica!

Chiediamo al Signore affinché mediante l’Eucaristia ci trasformi in veri cristiani perché come diceva san Tommaso d’Aquino: «L’Eucaristia è la più grande di tutte le meraviglie operate da Cristo, è il documento del suo amore immenso per gli uomini».

Don Lucio D’Abbraccio

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